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Gli effetti perlocutori e la responsabilità dell'azione

AUSTIN E L'AZIONALITA' DEL LINGUAGGIO

4. L’azionalità del linguaggio

4.4 Gli effetti perlocutori e la responsabilità dell'azione

L'atto perlocutorio è importante per una teoria generale dell'azione linguistica perché garantisce il non appiattimento dell'enunciato performativo su un unico aspetto dell'atto linguistico corrispondente all'atto illocutorio. L'atto perlocutorio pone l'attenzione sul confine della responsabilità del parlante rispetto agli atti linguistici che compie. Certamente non è facile una distinzione chiara in tal senso. Come si è ricordato, gli effetti perlocutori sono legati al contesto linguistico ed extralinguistico, all'atteggiamento del parlante e al tipo di relazione che sussiste tra coloro che sono coinvolti nell'interazione linguistica. Se, per esempio, Nicola dice ad Antonio:

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Antonio potrebbe reagire male e potrebbe (come spesso accade quando si ricevono consigli sui nostri punti deboli) arrabbiarsi terribilmente. Ma anche se gli effetti perlocutori rappresentano un campo di indagine così complesso, il fatto di essere strettamente legati al contesto e alla dimensione dell'implicito, ne fanno una oggetto di studio che appartenere di necessità a un'interpretazione pragmatica del linguaggio. Tale aspetto della filosofia di Austin, da lui stesso non del tutto chiarito, deve essere accolto e ripensato all'interno di una prospettiva autenticamente pragmatica sul linguaggio. A questo proposito risulta interessante ricordare che Derrida in Signature évenement contexte pone l'attenzione sul modo in cui all'interno della teoria degli atti linguistici vengono trattati gli atti linguistici fittizi, nel senso di non seri.92

Si è visto che per poter applicare le condizioni di felicità ad un atto linguistico, Austin presuppone che esso sia compiuto realmente e seriamente; solo così si può determinare, a partire dalla procedura condivisa, se l'intenzione del parlante soddisfi la condizione di felicità. Sappiamo anche che Austin parla a questo proposito di "eziolamenti",93 di usi non naturali del linguaggio, nei quali, pur non compiendosi un vero e proprio atto illocutorio reale, sembra compiersi invece l'atto locutorio in cui, come accade nel caso di un attore che recita, si riscontra una coincidenza tra parlante ed enunciatore e, come può avvenire in uno scherzo, possono accadere degli scopi o seguiti perlocutori.94 A differenza di Searle che relega il fenomeno dell'atto linguistico nella fiction a atto linguistico finto, perché in un contesto tale si fa solo finta di compiere atti illocutori,95 Austin invece non sembra escludere la possibilità di trattare gli atti linguistici non seri nei termini di uno spostamento contestuale degli effetti dell'atto, senza vincolare la possibilità del compimento dell'atto alla sola intenzione del parlante. In questo senso sembra muoversi l'analisi di Recanati che propone di modificare la teoria di Austin dissociando il conteso locutorio dal contesto illocutorio, estendendo all’atto illocutorio l’idea che il contesto pertinente per l’analisi semantica è il contesto interno determinato dal senso dell’enunciato. Recanati sostiene che nella teoria di Austin non ci sia spazio

92 Sulle obiezioni di Derrida alla teoria degli atti linguistici si veda in questo capitolo il §. 4. L'azionalità

del linguaggio.

93 Si veda in questo capitolo il § 4.1.2.1 Prima obiezione: a) contro il feticcio vero/falso.

94 "Non menzioneremo sempre, ma dobbiamo tenere a mente la possibilità dell''eziolamento' che ricorre

quando usiamo il linguaggio in rappresentazioni teatrali, nella narrativa e nella poesia, nella citazione e nella recitazione" (Austin, 1962, 1987, nota 3 p. 69).

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per una distinzione tra contesto locutorio contesto illocutorio. Infatti o il parlante dice qualcosa seriamente e compie effettivamente l’atto illocutorio di cui : "il contenuto semantico del suo enunciato indica il compimento", oppure l'atto non è serio e "non va oltre alla messa in scena locutoria di questo atto. Nei due casi c’è un solo contesto, il contesto di enunciazione: quando il locutore è serio compie in questo contesto i due atti, locutorio e illocutorio; quando non è serio egli compie un solo atto, l’atto locutorio".96

4.4.1 Gli atti come gesti separabili in Searle

La tendenza che si è verificata è stata invece quella di ridimensionare l'atto perlocutorio a favore della centralità dell'atto illocutorio nella teoria degli atti linguistici. Emblematica nella rielaborazione della teoria degli atti linguistici operata da Searle, è proprio la soppressione della nozione di atto perlocutorio in favore dell'assunzione dell'atto illocutorio come l'atto linguistico completo. Searle ritiene infatti che l'atto perlocutorio non sia identificabile, non sia riconoscibile e che quindi la sua nozione sia ricompresa in quella di atto illocutorio; dalla descrizione dell'atto perlocutorio fornita da Austin esso non risulta distinguibile né mediante l'intenzione - si è mostrato che può essere non intenzionale - né mediante gesti da parte del parlante.97 L'atteggiamento di Searle nei confronti dell'atto perlocutorio è causato da due considerazioni a nostro avviso interdipendenti:

I. Gli atti sono considerati come gesti fisici: movimenti e psichici: atteggiamenti mentali dell'agente;

96 "Dans la théorie d’Austin, il n’y a pas de place pour une distinction entre le contexte locutoire et

contexte illocutoire. De deux choses l’une: soit le locuteur qui dit quelque chose est 'sérieux' et accomplit effectivement l’acte illocutoire dont le contenu sémantique de son énoncé indique l’accomplissement; soit il n’est pas sérieux et ne va pas au delà de la mise en scène locutoire de cet acte. Dans les deux cas il y a un seul contexte, le contexte d’énonciation: lorsque le locuteur est sérieux, il accomplit dans ce contexte les deux actes, locutoire et illocutoire; lorsqu’il n’est pas sérieux, il y accomplit un seul acte, l’acte locutoire. Je propose de modifier la théorie d’Austin sur ce point et de dissocier le contexte locutoire et le contexte illocutoire, en étendant à l’acte illocutoire l’idée que le contexte pertinent pour l’analyse sémantique est le contexte interne déterminé par le sens de l’énoncé.", traduzione mia, (Recanati 2006, p. 6).

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II. L'atto perlocutorio rappresenta qualcosa che si aggiunge all'atto linguistico, ma non ne è parte integrante.98

Il fatto di considerare l'atto come un gesto, comporta l'idea che non sia possibile identificare un atto perlocutorio diverso dall'atto illocutorio, in quanto l'atto perlocutorio non si manifesta in qualcosa di determinato; nel caso poi in cui siano riscontrabili effetti dell'atto non intenzionali, essi rappresenterebbero qualcosa che si aggiunge al gesto intenzionale e che, in un certo senso, rappresentano degli accidenti.99 In quest'ottica Searle sembra affermare che, poiché l'intenzione di conseguire un effetto perlocutorio non è necessaria al compimento dell'atto illocutorio, allora anche quando si verifica una conseguenza perlocutoria tipica della forza illocutoria dell'atto linguistico, essa può essere un puro accidente in quanto il parlante potrebbe aver ottenuto tale conseguenza involontariamente rispetto all'atto compiuto. Un esempio di quanto sostenuto da Searle potrebbe essere il caso in cui si fa un'affermazione senza preoccuparsi che la cosa affermata venga creduta dal destinatario. Per esempio se Giovanni dice ad Ernesto:

«So che non ti piacciono i bruscandoli, ma devi mangiarli»,

L'affermazione «So che non ti piacciono i bruscandoli», è completa anche qualora Ernesto non la ritenesse vera.100

Nella concezione di Searle l'aspetto convenzionale viene posto in secondo piano rispetto al ruolo dell'intenzione del parlante nella determinazione dell'atto linguistico

98 Searle 1969, 1976.

99 Secondo Mulligan tanto Austin quanto Searle non chiariscono adeguatamente la distinzione tra gli atti

complessi e i loro costituenti: "Sia Austin che Searle - e Searle (1973) in particolare quando critica Austin - lottano con le distinzioni fra atti complessi e atti costituenti, parti d’atto dipendenti e indipendenti, ma ad entrambi manca una vera e propria teoria di queste nozioni, teoria che invece troviamo in Husserl e Reinach." (Mulligan 2000, p. 38).

100 A proposito dell'atto perlocutorio si ricorda che Davis ha sottolineato che esso deve produrre il suo

effetto attraverso la competenza linguistica dell'ascoltatore, egli analizza l'atto perlocutorio in termini causali: l'atto perlocutorio rè riuscito se la comprensione da parte dell'ascoltatore di ciò che il parlante vuol dire causa nell'ascoltatore un certo effetto. A questa interpretazione si contrappone quella di Gu che sostiene che l'effetto perlocutorio non è causato dall'atto linguistico, ma comporta una partecipazione attiva del ricevente. (Davis 1980), (Gu 1993). Inoltre si ricorda che la distinzione tra atto illocutorio e perlocutorio si riscontra anche nella teoria dell'agire comunicativo di Habermas. Lo scopo ultimo di Habermas è quello dimostrare, anche attraverso concetti elaborati da Austin e Grice che è possibile pensare una razionalità comunicativa che corrisponda ad un agire orientato all' intesa comune, diversa da quella razionalità consistente nell'essere l'azione che persegue efficacemente uno scopo, quale è, secondo lui, l'atto perlocutorio, (Habermas 1981).

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(considerazioni I e II), ma questo sembra contravvenire all'indicazione di Austin contenuta nel brano poc'anzi citato, secondo cui non bisogna lasciarsi fuorviare dall'idea dell'atto: "come una cosa fisica, fissa che facciamo, distinta dalle convenzioni e distinta dalle conseguenze".

4.4.2 Un'unità complessa

Seguendo le indicazioni fornite da Austin sembra di poter affermare che in una teoria dell'azione linguistica è necessario considerare l'atto linguistico nella sua totalità, solo così si può rendere conto della nozione di atto perlocutorio. Atto locutorio, illocutorio e perlocutorio sono solo i diversi aspetti in cui viene studiato l'atto linguistico che è un oggetto di ricerca molto complesso. Ciò che tiene insieme l'atto perlocutorio con l'atto illocutorio non è l'atteggiamento o stato mentale, ma è un aspetto oggettivo dell'azione linguistica: la responsabilità ascrivibile all'agente. Gli effetti perlocutori corrispondono allora alle conseguenze manifeste, gli eventi successivi, di cui il parlante è responsabile. Qui il punto non è l'intenzione o meno nel provocare l'effetto causato, ma la diretta o indirette responsabilità del parlante. Nel caso degli obiettivi perlocutori, si può parlare di responsabilità diretta, nel caso dei seguiti perlocutori, si parlerà di responsabilità indiretta.101