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Contesto convenzione e intenzione

AUSTIN E L'AZIONALITA' DEL LINGUAGGIO

5. La natura del contesto nella teoria degli atti linguistic

5.4 Contesto convenzione e intenzione

L'indagine che si sta svolgendo a proposito della natura del contesto era iniziata dalla constatazione che Austin lega la nozione di atto illocutorio alla nozione di convenzione e procede a spiegare al concetto di convenzione corrispondano due facce di una stessa medaglia: le convenzione linguistiche e le convenzioni sociali.

5.4.1 Contesto pragmatico vs mentalismo

Siamo giunti invece, a partire dalla ripresa del tema dell'intenzione da parte di Strawson, fino alla trasformazione della Teoria degli atti linguistici di Searle, a constatare che, per

115 Searle 1969, 1976, p. 75.

116 A questa concezione degli indicatori di forza è legata la formulazione del celebre principio di

esprimibilità di Searle ("Tutto ciò che si può voler dire può essere detto") la possibilità in linea di

principio di sostituire le formulazioni implicite degli atti linguistici, che si avvalgono di indicatori di forza, con quelle esplicite, che usano la formula performativa, (Searle 1969, 1976, p. 44).

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un verso, la nozione di convenzionalità sembra dover convivere con un sempre più ingombrante concetto di intenzionalità e, per un altro verso, che se in Austin la caratteristica fondamentale dell'atto illocutorio era identificata con la convenzionalità dell'azione rituale, in Searle essa è ridotta a una nozione di convenzionalità puramente linguistica che non sembra rimandare a una dimensione ulteriore. Mentre per Austin le intenzioni del parlante sono considerate in quanto elementi indispensabili per la procedura cui fa riferimento l'atto illocutorio (se non sono rispettati l'atto è un abuso), per Searle invece esse assumono un'importanza decisiva in quanto, non solo le condizioni di felicità dell'atto illocutorio vengono formulate in termini di intenzione del parlante, ma anche perché: "[c]ontemporaneamente anche vari requisiti contestuali posti dalle condizioni preparatorie sono intesi da Searle non come riguardanti la situazione in quanto tale, ma come riguardanti le credenze di parlante e interlocutore riguardo ad essa".117 L'analisi della nozione di atto illocutorio e dei concetti di convenzionalità da una parte ed di intenzionalità dall'altra ci consente di stabilire che tali mutamenti all'interno della teoria degli atti linguistici hanno determinato "una decisa enfatizzazione del ruolo del soggetto parlante e dei suoi stati mentali".118

Tornando quindi alla domanda sul tipo di contesto che emerge dalla Teoria degli Atti Linguistici, si può dire che in Austin emerge un tipo di contesto che è, più che un contesto oggettivo o metafisico inteso alla maniera del paradigma dominante,119 un contesto pragmatico, cioè un contesto che tiene insieme la situazione concreta di proferimento, le intenzioni del parlante, e l'elemento di condivisione pubblica del linguaggio, mentre in Searle si fa strada un concetto di contesto pragmatico di natura cognitiva, il contesto epistemico o cognitivo che sarà acquisito dalla pragmatica vero- condizionale.120

Dai due diversi approcci si evince che i due autori muovono da due prospettive di ricerca diverse:

• l'indagine di Searle ha come obiettivo l'analisi di quei meccanismi che permettono al soggetto, che è il primum, di inserirsi in una dimensione intersoggettiva; la

117 Sbisà «Teoria degli atti linguistici», p.17. 118 Ibid..

119 Si veda capitolo V paragrafo 2 La visione metafisica del contesto.

120 Si veda capitolo IX paragrafo 4 Il contesto cognitivo-pragmatico e capitolo XI paragrafo 1 Da contesto

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ricerca si svolge infatti dagli stati mentali per stabilire come essi possano giocare un ruolo nell'attività sociale;

• l'indagine di Austin invece che è volta ad evidenziare l'interconnessione tra il linguaggio e le dinamiche sociali e si incentra sulla dimensione pubblica del linguaggio, che vorrebbe tenere in considerazione sia gli effetti dell'azione linguistica sul contesto pragmatico e quindi anche sociale, sia la questione della responsabilità dell'azione e dei suoi effetti connessa all'idea di linguaggio come azione.121

L'azionalità del linguaggio che Austin era riuscito a mettere in evidenza, in Searle sembra andare a perdersi in una suddivisione che vede la convenzione come proprietà linguistica e l'azione legata ad uno stato interiore: l'intenzionalità. Il tema dell'intenzionalità sembra essere il filo conduttore delle opere di Searle, l'autore in Intentionality. An Essay in the Philosophy of Mind,122 presuppone una corrispondenza di struttura tra atto linguistico e stato intenzionale secondo cui:

• gli atti linguistici sono composti da un contenuto proposizionale dato con una certa forza illocutoria,

• gli stati intenzionale sono composti da un contenuto rappresentativo in un certo modo psicologico.

In questo modo si pone una relazione primaria tra atto linguistico e stato intenzionale, dove per intenzionalità si intende la proprietà di stati e eventi mentali di essere direzionati verso o relativi a oggetti e stati di cose del mondo. In questa prospettiva Searle sostiene che l'intenzionalità dell'atto linguistico dipende dagli stati mentali a esso collegati. In questo caso l'atto linguistico diventerebbe l'atto che manifesta gli stati intenzionali del parlante, e il ruolo dell'interlocutore nell'interazione comunicativa

121 Una posizione critica nei confronti della nozione di soggetto parlante, ispirata alla nozione semiotica

di “enunciazione”, secondo la quale "il soggetto enunciatore è proiettato dal testo e non aderisce necessariamente al parlante come individuo psicofisico" è esposta da Sbisà. Inoltre si ricordi il tentativo di Gazdar di definire l'effetto illocutorio in termini di cambiamento del contesto, ritornando a una concezione dell'atto linguistico come azione, e con ciò come qualcosa che produce un risultato (idea ripresa da Sbisà 1989), (Gazdar 1981).

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verrebbe ridotto al loro solo riconoscimento. Come osserva Sbisà, l'accentuazione del concetto di intenzionalità "ha determinato per la teoria degli atti linguistici una decisa enfatizzazione del ruolo del soggetto parlante e dei suoi stati mentali. Non sorprende perciò che nello sviluppo del pensiero searliano abbia avuto luogo una svolta dalla filosofia del linguaggio alla filosofia della mente".123