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La generalizzazione pragmatica del contesto e il riconoscimento dell'implicito

Per quanto riguarda Wittgenstein la riflessione sul contesto può essere approfondita mediante le osservazione contenute nelle Ricerche filosofiche nelle quali si evidenzia il fatto che la pratica linguistica si inserisce sempre all’interno di un contesto di pratiche pre-linguistiche. Non solo, la presenza del concetto di contesto nell’opera matura del filosofo austriaco risulta ancor più pregnante se si prende in considerazione il temine forse più discusso coniato dal filosofo: gioco linguistico.

Attraverso questo termine Wittgenstein intendeva riferirsi ad un'attività nella quale si intersecano azioni verbali, azioni non verbali, abitudini, modalità di reazione, etc. Secondo Penco, la radicalizzazione che Wittgenstein pera del concetto di contesti, può certamente intendersi come uno sviluppo del principio di contestualità di Frege. Per Wittgenstein, infatti, comprendere un enunciato significa comprendere un linguaggio. In questo senso allora si può parlare di una generalizzazione pragmatica del concetto di contesto.

Anche la questione dell’implicito trova ampio spazio all’interno della riflessione wittgensteiniana; basti pensare all’attenzione che l’autore dedica alla tematica del

59 Kaplan 1977.

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seguire una regola. Come è noto, per saper seguire una regola un individuo deve possedere tutta una serie di abilità condivise che non sono però esplicitamente tematizzate, ma sono parte di ciò che è seguire una regola. In questo senso per Wittgenstein seguire una regola è innanzitutto una prassi. Inoltre, l’autore delle Ricerche fa notare che le regole possono essere sempre soggette a diverse interpretazioni, è solo la pratica condivisa che conferisce correttezza all’applicazione della regola, cioè è necessario il riferimento ad un contesto comunitario.

Vale la pena di ricordare un altro importante contributo al tema dell’importanza che il contesto ha per comprensione adeguata degli usi linguistici Si tratta delle osservazione che Waismann propone nell’articolo Verifiability (1940).61 Qui l'autore utilizza la suggestiva espressione open texture per descrivere l’orizzonte di possibilità in cui si dispiega ogni conoscenza fattuale. Secondo Waismann tale caratteristica va attribuita soltanto a quelli che definisce termini empirici e che contrappone ai termini matematici o della geometria (cioè dei linguaggi formali). Per quanto concerne i termini matematici il significato è stabilito a priori, una volta per tutte, per così dire. I termini empirici, invece, sono dotati di un'incompletezza costitutiva perché sono delimitati solo in funzione della conoscenza dei parlanti e dei loro interessi, obiettivi, attività. I loro limiti semantici, quindi, non sono definibili e definitivi, ma neppure vaghi, in quanto manifestano gli scopi attuali di una comunità linguistica e culturale, aperta a usi inediti e alla creazione di nuove convenzioni in contesti inattesi (odd cases, extraordinary cases). Da questo punto di vista occorre ripensare la possibilità di verificare gli enunciati che contengono termini empirici perché sembra doversi riconoscere che all'incompletezza dei termini empirici corrisponda l'incompletezza (la parzialità) della loro verifica.

6.1 Contesto e implicito nella filosofia analitica contemporanea: alcuni esempi

L'interpretazione wittgensteiniana del principio di contestualità rappresenta la matrice o, almeno, una delle matrici sulla quale si svilupperanno le idee di Davidson e Quine.

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Il primo descrive così il principio del contesto: “Frege diceva che una parola ha significato soltanto nel contesto di un enunciato; nello stesso spirito, avrebbe potuto aggiungere che un enunciato (e pertanto una parola) ha significato solo nel contesto del linguaggio”.62 Il secondo in I due dogmi dell'empirismo63 riprende esplicitamente la tesi che Wittgenstein aveva sostenuto in Some Remarks on Logical Form, ossia l’affermazione che “ogni proposizione è situata in un sistema di proposizioni che viene accostato alla realtà come un metro” e su questa base critica l’idea di analisi del senso come riduzione a proposizioni elementari indipendenti. Da un punto di vista epistemologico, Quine sostiene che l’unità di conferma empirica è l’intero sistema della scienza. Secondo tale visione olistica non è possibile fornire una verifica di singole proposizioni. In questo ambito Quine insiste pertanto sul fatto che le teorie empiriche sono sottodeterminate dall’esperienza, aprendo così la strada a a Kuhn e Feyerabend e all’idea del carattere incommensurabile.

E’ necessario notare però come i due concetti di contesto in Wittgenstein e in Quine si differenzino in maniera sostanziale sotto almeno un aspetto essenziale. Mentre Wittgenstein attua una generalizzazione pragmatica del principio del contesto, Quine ne da invece una formulazione linguistico-teorica. Per lui infatti le teorie scientifiche restano degli insiemi di enunciati. A questo punto, nel campo dell’epistemologia, si conferma la necessità di una riflessione nuova sul contesto, perché inizia a profilarsi il rischio dell’identificazione di contestualismo e relativismo.

In Quine si trovano elementi anche per una discussione del contesto di emissione. In Parola e oggetto64 egli afferma che esistono dei casi (i cosiddetti enunciati “eterni”) in cui il contesto o non è rilevante o può essere reso esplicito e dunque neutralizzato. Si tratta di una mossa (quella di una de-contestualizzazione totale) per diversi aspetti problematica. Penco, per esempio, ritiene che per ottenere enunciati “eterni” si dovrebbe aggiungere anche la variabile contesto teorico, infatti: “decontestualizzare un enunciato vuol dire almeno due cose: esplicitare la teoria in cui è collocato ed esplicitare la situazione di emissione”.65

62 Davidson 1968. 63 Quine 1953. 64 Quine 1970.

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Una ripresa del principio del contesto di Wittgenstein è stata fatta da McCarthy nell’ambito della ricerca sulla intelligenza artificiale. Contro gli “enunciati eterni” di matrice quineana, McCartty riprende la critica mossa da Wittgenstein all’idea socratica di essenza del concetto, sostiene che non esiste un super-contesto (generalità)su cui fondare una completa decontestualizzazione. Secondo questa concezione il contesto può individuare una teoria o un sistema di assiomi e regole di un particolate linguaggio. Da riflessioni come queste si sono sviluppate le più recenti teorie dei sistemi multi-contesti che nascono dall’esigenza di trovare un formalismo che permetta di esplicitare le relazioni di compatibilità tra i contenuti dei diversi contesti.

Ispiratasi alle considerazioni wittgensteiniane sul seguire una regola, il campo dell'intelligenza artificiale sviluppa l'idea che qualsiasi formula può sempre essere reinterpretata in un altro sistema cognitivo o a causa di nuove informazioni non considerate nel tempo dell’emissione. L'intuizione sta nel porre un'analogia tra l’idea di frame con valori di default e il concetto di somiglianze di famiglia. Nella semantica dei frame ciò che interessa è salvaguardare da un lato un certo margine di vaghezza e contemporaneamente la determinatezza della struttura portante (stereotipo), il fine è quello di mantenere una struttura di dati manovrabile la cui pertinenza è data da valori di default che variano a seconda delle informazioni. Secondo Penco: “l’idea di concepire il contesto come un oggetto ricco di cui tenere conto come uno degli elementi base su cui fare girare i formalismi della IA è una possibile interpretazione dell’idea centrale del principio del contesto di Wittgenstein”.