AUSTIN E L'AZIONALITA' DEL LINGUAGGIO
4. L’azionalità del linguaggio
4.2 Inconsistenza separata degli stati mental
L'esegesi dei brani di Austin che è stata proposta, è plausibile per almeno tre ragioni: I. La porzione analizzata e il brano di cui fa parte sono inclusi in un più ampio e
articolato discorso in cui il filosofo sta criticando l’atteggiamento filosofico che attribuisce all’asserzione un ruolo di primo piano se non di unicità nell’analisi del linguaggio.
II. Austin, come si è messo in rilievo nel paragrafo 1 Storia di un'idea, sembra essere allergico alle dicotomie, alle divisioni nette dettate dalla volontà di semplificazione; si può quindi dedurre che non fosse nemmeno d’accordo con l’ipersemplificazione rappresentata dall’idea di significato come oggetto o stato interiore o idea interna e della parola come suo segno esteriore e quindi con la dicotomia interno/esterno.
III. Un modello del codice basato sulla referenzialità delle parole esterne a stati spirituali interni, non pare poter render conto di una teoria dell’azione come quella formulata dall’autore di How to do things with words.
È questa terza la ragione più rilevante. Austin ha insistito sul fatto l’atto io prometto non è il segno esteriore di un più originario sentimento interiore che si riferisce all’atto di promettere. Egli ribadisce che i performativi non sono descrizioni di uno stato di cose e nemmeno il segno manifesto di un atto spirituale interiore. Atto locutorio, atto illocutorio e atto perlocutorio sono infatti trattati separatamente solo a livello di analisi teorica, ma nell’azione linguistica compiuta nella sua concretezza sono inscindibili; essi sono l’atto linguistico. Non c’è quindi alcuna separazione tra interiorità ed esteriorità nella teoria degli atti linguistici, sussiste invece una complessità di aspetti di un’unica azione. Tuttavia, è vero che, almeno per quanto riguarda le infelicità di tipo Γ.1, l’anomalia nell’atto compiuto è causata da pensieri, sentimenti, intenzioni coinvolti nell’azione specifica. Ma questo significa forse che l’autore sta postulando l’esistenza di stati mentali o intenzionali interni, privati, che, se pur non lo esauriscono, nondimeno
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costituiscono l’atto linguistico? A giudicare dalla trattazione dell'atto linguistico fornita da Austin in How to do thinks with words e dalla critica al concetto di asserzione e a quello astratto di verità cui è collegato, esposta in Performatif - Constatif, la risposta alla domanda posta poc'anzi è verosimilmente no.83 E' indubbiamente vero che Austin dichiara apertamente che le "azioni mentali" sono generalmente "necessarie" all'esecuzione di atti linguistici, ma è altrettanto vero che quest'affermazione è inserita in un discorso in cui sono poste come generalmente necessarie anche "altre azioni fisiche" e le "circostanze appropriate".84 Essa si ricollega al discorso riguardo alla regola o condizione necessaria perché un performativo sia compiuto felicemente e rimanda alla trattazione del fatto che certi sentimenti, intenzioni e pensieri sono concomitanti a diversi tipi di atti linguistici riusciti.85
4.2.1 La subordinazione dell'intenzione alla convenzione
La prima cosa da notare riguardo alla questione degli stati mentali nella teoria dell'azione linguistica è:
I. l'azione mentale è uno dei "normali fatti concomitanti" al fatto di compiere un atto linguistico. Tali “fatti” sono parte di una regola che determina l'atto e ne sono una componente in quanto collegati all'intenzione di chi compie l'azione. In quanto aspetti interiori che fanno parte di una regola non possono essere definiti privati, nella misura in cui una regola è qualcosa di pubblico e di condiviso.
Gli atti linguistici sono per Austin innanzi tutto degli atti sociali, come tali sono regolati da convenzioni condivise; è quindi il contesto sociale, relazionale, collettivo a fissarne le regole e condizioni e con esse la felicità o l'infelicità. Le "azioni mentali" non sono quindi considerate come stati mentali, ma piuttosto come esperienze sociali in cui la dimensione dell'esperienza mentale è marginale; quello che invece concorre al compimento dell'atto è quella componente mentale che sembra essere legata alla forza illocutiva dell'atto linguistico, alla sua dimensione convenzionale. Infatti, fare una
83 Austin 1962 c, pp. 49-60. 84 Austin 1962, 1987, p. 12. 85 Ibid., capitolo IV.
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promessa senza avere l'intenzione di compiere l'azione promessa equivale, secondo Austin, a fare una promessa "senza credere che sia in mio potere compierla", ciò che conta non è la credenza o l'intenzione, ma la violazione della regola che in questo modo fa di un atto un abuso, nel senso che "si è abusato della formula"; nel caso di prometto, non ci siamo impegnati realmente a fare qualcosa.86 Una seconda indicazione da cogliere riguardo alla natura degli stati mentali in Austin risiede nel fatto che:
II. gli stati mentali o azioni mentali (sentimenti, pensieri, intenzioni), essendo parte dell'atto linguistico e, di conseguenza, dell'azione compiuta, comportano degli effetti di realtà visibili, manifesti; sono quindi in ultima istanza pubblicamente riconoscibili e quindi di nuovo non privati.
A questo proposito è bene non dimenticare che fin dalla sua origine l'idea di azionalità del linguaggio proposta da Austin fu collegata all'idea di efficacia sociale degli enunciati performativi. L’idea di fondo di Austin è quella di considerare il fatto di contrarre degli impegni, per esempio tramite una promessa o un giuramento, come usi del linguaggio.87 Per esempio se Ilaria, rivolgendosi a Leonardo proferisce:
b. «ti prometto che non lascerò mai la redazione della nostra rivista»,
Ilaria, secondo Austin, sta compiendo consapevolmente una procedura convenzionalmente riconosciuta di assunzione di impegno, sta creando un obbligo; attraverso il linguaggio fa essere qualcosa che prima non c'era nel contesto della relazione lavorativa tra lei e il suo direttore (Leonardo). Non solo, l'aver proferito l'atto linguistico b. prevede anche degli effetti illocutori secondo cui l'azione compiuta, per rispettare completamente la procedura, deve essere consapevole e cioè conforme allo stato d'animo previsto per quell'azione, in questo caso la sincerità, e deve corrispondere all'adempimento degli atti futuri previsti dall'azione: Ilaria deve restare nella redazione
86 Austin 1962 c, pp. 49-60.
87 Si ricordi che sul pensiero di Austin ha influito l'opera di Prichard che in Moral Obligation tratta della
promessa come assunzione d'impegno sociale, anche se la sua concezione rimandava a una fonte pre- linguistica delle convenzioni sociali, (Prichard 1949).
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della rivista di cui è direttore Leonardo. Questo significa che l'atto linguistico produce un effetto socialmente valido.
Nella Teoria degli atti linguistici il parlante è caratterizzato dal rispondere dell'azione in prima persona, cioè dall'essere il soggetto conscio, dichiarato e identificabile dell'atto che compie. Questo aspetto consente di dare una lettura ancora più significativa all'idea di Austin di identificare i performativi attraverso il criterio dei verbi che presentano un'asimmetria tra la prima persona del presente rispetto al verbo alle altre persone o agli altri tempi; solo alla prima persona del presente, infatti, si può parlare di esecuzione di un atto.88