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Prospettive pragmatiche della semantica modellistica

In questo paragrafo mi prefiggo di confrontare i concetti di contesto e di implicito con la semantica vero-condizionale per la quale questi due concetti, in un certo senso troppo

66 "Si tratta della definizione che riconduce il significato delle unità linguistiche all'intenzione del parlante

di produrre degli effetti sull'uditorio, e precisamente di ottenere tali effetti mediante il riconoscimento, da parte dell'uditorio dell'intenzione stessa." (Sbisà 1978, p. 21).

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vaghi e open per una determinazione vero-condizionale del significato degli enunciati, risultano, per così dire, insidiosi.

Secondo la semantica tradizionale, qui identificata con la semantica modellistica, le espressioni linguistiche sono caratterizzate da sensi fissi stabiliti dalle convenzioni del linguaggio ed hanno condizioni di verità determinate. Anche se negli anni il paradigma semantico tradizionale ha conosciuto delle aperture toriche rispetto al ruolo del contesto e a quello dell’implicito nella determinazione del significato delle espressioni, soprattutto sotto la pressione dei fenomeni della ambiguità e della deissi, così diffusi e presenti nel linguaggio quotidiano, resta evidente, in questa tradizione un mancato approfondimento dell’aspetto pragmatico del linguaggio. Quest’ultimo viene infatti sì considerato, ma come qualcosa di periferico, come limite superiore o inferiore del nucleo semantico; è sempre il significato linguistico che determina il valore semantico, e il non linguistico viene, per così dire, confinato nella (vaga e fluttuante) pragmatica. Gli autori presi in considerazione sono gli esponenti delle teorie degli anni ’70, i quali pur restando sostanzialmente fedeli ai dettati del paradigma semantico tradizionale (il nucleo semantico rimane competenza delle regole semantiche), tentano di relativizzare l’interpretazione di un enunciato deittico al contesto.

La novità che rende possibile questa operazione, senza andare ad intaccare con dimensioni non linguistiche il nucleo semantico, sta nell’introduzione di un livello semantico ulteriore accanto a quello di intensione/estensione.

Il senso si suddivide in:

carattere cioè il significato linguistico (ruolo) stabilito dalle convenzioni del linguaggio;

contenuto cioè le condizioni di verità;

estensione cioè i valori di verità.

L’idea è quella di assegnare ad ogni espressione una funzione o carattere o ruolo, che determina, per il contesto dato, un’intensione cioè un contenuto.

Il contenuto è una funzione da circostanze di valutazione a valore di verità. Qui la scelta del fattore contestuale pertinente viene imposta da una regola codificata dal significato

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linguistico dell’espressione. La regola in questo caso fissa il carattere cioè il significato linguistico che a sua volta determina il contenuto cioè le condizioni di verità. Ovviamente, solo nel caso degli indicali il contesto è pertinente per fissare le condizioni di verità dell'enunciato, negli altri casi infatti il carattere è fisso: hanno lo stesso contenuto in ogni contesto.

8.1 Kaplan e gli indicali puri

Per gli indicali la questione è particolare, perché il carattere non è una componente dell’espressione espressa, ma determina il riferimento, ha quindi un legame diretto con l’azione (reazione).

A questo proposito Kaplan in Demonstratives (1977) opera la seguent distinzione. Individua, da una parte il contesto di riferimento, quello che permette la localizzazione concreta del proferimento e determina ciò che è detto da un enunciato, cioè la proposizione espressa e quello che nel caso degli indicali, ne fissa il riferimento.

Distingue, dall'altra parte, il mondo che è rappresentato da una funzione da circostanze di valutazione a valori di verità. Esso è identificabile con la circostanza di valutazione e permette di determinare se ciò che è detto sia Vero o Falso. Ciò che qui interessa è la dipendenza dai contesti di proferimento degli indicali puri (Io, qui, ora).

8.2 Perry Il contesto post-semantico

Nel saggio Indicali, contesti e costituenti inarticolati, Perry mette in campo una distinzione tra tre diversi usi dei contesto:

 Uso pre-semantico del conteso: il contesto è rilevante per individuare quale linguaggio (e di conseguenza quali parole e con quali significati) è usato. Si tratta dell'uso del contesto esercitato nei casi di omonimia o ambiguità. Qui il contesto, ossia la circostanza in cui il proferimento ha luogo o la più ampia situazione in cui occorre, ci aiuta a determinare che cosa è stato detto. In questi

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casi il fatto che il contesto sia necessario è del tutto accidentale, estraneo al proferimento.

 Uso semantico del contesto: ci si riferisce alla situazione in cui abbiamo bisogno del contesto anche dopo che abbiamo determinato quali parole, strutture sintattiche e significati sono stati usati. Si tratta dei casi degli indicali e dell’anafora. Qui il significato sfrutta il contesto per svolgere la sua funzione.

Per quanto riguarda l'uso semantico del contesto, l'autore introduce una divisione relativa al riferimento ai contesti per gli indicali: (a) Il riferimento dipende dal contesto stretto: esso consiste dei fatti costitutivi che riguardano il proferimento: Parlante, Tempo, Luogo. Tali ruoli sono rilevanti per tutti i proferimenti. Esempio tipico di un indicale che si basa solo sul contesto stretto è io. (b) Il riferimento dipende dal contesto ampi: esso consta di questi fatti (parlante tempo, luogo), più ogni altra cosa che può essere rilevante, secondo il modo di funzionare di un particolare indicale. Per esempio: è grosso così (mostrare lo spazio con le mani è il fattore contestuale nel senso richiesto dell’indicale).

A questo punto la questione da porsi è la seguente: il riferimento è automatico dato il significato e i fatti contestuali pubblici o dipende in parte dalle intenzioni del parlante? La risposta consiste nella constatazione dell'esistenza di casi diversi.

Per esempio domani è un indicale automatico (io, qui, ora | domani, così), esso designa il giorno che segue quello in cui ha luogo il proferimento, non importa quale sia l’intenzione del parlante. Dato il significato e il contesto la designazione è automatica. Invece, quello (con riferimento a un gatto) è un indicale intenzionale (ora, qui, questi due presentano qualche elemento intenzionale, | quello, questo, là): potrebbe darsi il caso infatti che ci fossero numerosi gatti davanti a me. A quale ci si riferisce dipende dall’intenzione del parlante. Ma non ogni intenzione del parlante di riferirsi è rilevante per l’uso dei dimostrativi, solo le più basilari lo sono, cioè le intenzioni direttrici,68 queste vanno distinte da quelle inutili. Anche se l’occorrenza del dimostrativo viene

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spesso accompagnata da uno sguardo o dal gesto di indicare, essi non hanno pertinenza semantica.

Infine Perry individua un

 Uso post-semantico del contesto. Questo corrisponde alla situazione in cui non si hanno dati sufficienti per fissare la proposizione espressa da una asserzione, anche dopo aver identificato le parole e i loro significati, e dopo aver individuato i fattori contestuali cui i significati degli indicali hanno rimandato. Secondo l'autore, si tratterebbe dei casi in cui nella proposizione sono presenti dei costituenti inarticolati.

Un costituente inarticolato è appunto costituente. perché "Piove"; poiché la pioggia ha sempre luogo i un certo posto e a un certo tempo, l’enunciato “Piove” non può esprimere una proposizione dotata di condizioni di verità a meno che un luogo sia indicato; ma è anche inarticolato poiché non c’è nessun morfema che lo designa; si deve quindi consultare il contesto per sapere dove piove. Sono fatti relativi alle intenzioni del parlante che determinano di quale luogo si sta parlando; in questo senso il luogo è un costituente inarticolato della proposizione espressa dal proferimento.69