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Contesto e implicitezza nella filosofia del linguaggio ordinario: Austin e Grice

John L. Austin dedicò il suo lavoro filosofico soprattutto a individuare i possibili diversi tipi di uso del linguaggio o i diversi sensi in cui si può parlare di “usi del linguaggio” e i diversi livelli di descrizione di ciò che chiamerà “atto linguistico” in relazione ai suoi differenti contesti (linguistici ed extralinguistici).

Paul Grice, che elaborò una nozione di significato linguistico in termini di intenzioni comunicative del parlante, pose le basi per lo studio delle diverse forme di "manifestazione" dell'implicitezza nelle interazioni comunicative e dei possibili modi di riconoscerle ed esplicitarle.

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7.1 Austin e la forza illocutoria

Del pensiero di Austin si è deciso di approfondire la nozione di atto linguistico che comporta l’analisi di altri due concetti fondamentali per la mia ipotesi di ricerca vale a dire il concetto di intenzione comunicativa e di forza illocutoria.

Austin riprende la tematica della presupposizioni all’interno della teoria degli atti linguistici di cui tratta in How to do things with words (1962): dove distingue l’atto linguistico in tre livelli:

Atto locutorio: l'atto (che ha una componente fonetica, fàtica e retica) di costruire un enunciato con un dato significato entro una determinata lingua.

Atto illocutorio: l'atto che si compie "nel dire" qualcosa; ciò che propriamente si fa nel dire qualcosa. Entra qui in gioco la nozione di forza illocutoria, che non indica l’intensità dell’azione, bensì un'ottica entro la quale leggere l'enunciato, il modo in cui l'enunciato va interpretato (per esempio: “Domani ti riporto il libro” è pronunciato con la forza della promessa; è una promessa). La forza illocutoria ha un carattere convenzionale: i metodi attraverso i quali viene espressa e riconosciuta saranno oggetto di studio di tutti i filosofi successivi.

Un atto illocutorio può essere diretto, se formulabile attraverso un verbo performativo, come ad esempio «Battezzo questa nave Queen Elizabeth», oppure indiretto, se realizzato attraverso la "forma" di un tipo di atto locutorio, ma con lo scopo di realizzarne un altro, per esempio constatare «Fa freddo in quest'aula!» con l'intenzione di far chiudere la finestra, senza chiederlo esplicitamente.

Atto perlocutorio: il fine che si raggiunge con il dire, l'effetto dell'atto illocutorio. Si parla di obiettivo perlocutorio quando l'effetto ottenuto

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dall'atto perlocutorio coincide con l'intenzione di chi ha emesso l'atto illocutorio, di seguito perlocutorio quando l'atto illocutorio ottiene un effetto diverso da quello desiderato.

Tutto questo si fonda e esplicita l’idea che parlare equivale a usare il linguaggio per compiere varie azioni di tipo socialmente previsto regolate da convenzioni spesso tacite. Quanto detto vale anche per gli enunciati dichiarativi. In effetti, Austin condivide l’idea di Strawson che, quando una presupposizione d’esistenza associata all’uso di un certo enunciatoo è falsa, la questione della verità o della falsità dell’espressione non si pone e che la verità della presupposizione d’esistenza è un requisito della buona riuscita di quell’atto linguistico che è l’asserzione. Il caso della presupposizione serve ad Austin a sottolineare che non solo gli enunciati performativi consistono nel compiere delle azioni, e possono quindi risultare felici o infelici, ma anche gli enunciati constativi soggiacciono a questo tipo di logica, in quanto asserire qualcosa è un atto linguistico che deve soddisfare , prima che delle condizioni di verità, delle condizioni di felicità ; infatti un enunciato dichiarativo che non riesca a qualificarsi come asserzione, non può essere giudicato vero o falso.

7.2 Grice e le implicature conversazionali

Grice, pur essendo formatosi nell’ambito della filosofia del linguaggio ordinario, rimane legato a una posizione di impostazione più logica per quanto riguarda il rapporto tra l’analisi logico-semantica e il linguaggio ordinario. In Logic and conversation (1967) sostiene infatti che il linguaggio ordinario dice esattamente quello che l’analisi logico- semantica afferma che dica, tutto ciò che comunica in più lo comunica in virtù di inferenze che la situazione tipica della comunicazione ordinaria consente al parlante di suggerire al suo destinatario. Secondo Grice, infatti, compiere un atto linguistico significa manifestare pubblicamente un’intenzione e l’atto ha successo quando tale intenzione viene riconosciuta.

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Per quanto riguarda il significato, lo scarto con la tradizione è invece non indifferente, perché in Grice il significato sembra identificarsi con l’intenzione, sulla base di un passaggio, decisamente antifregeano, che sembra ridurre la semantica alla psicologia. Il significato del parlante, ciò che il parlante vuole dire, diviene così in Grice fondamento del significato convenzionale.

Un altro punto, di grande importanza per la pragmatica, su cui Grice insiste è il seguente: comunichiamo molto di più di quanto diciamo esplicitamente; esiste insomma un divario tra il dire e il comunicare.

Sono fondamentalmente quattro i meccanismi che spiegano tutto questo.

I primi due hanno strettamente a che fare con i concetti di contesto e di implicito; essi sono:

 la presupposizione;

 l’implicatura conversazionale.

Gli ultimi due appartengono all’aspetto codificato e convenzionale del linguaggio:  le implicazioni logiche;

 l’implicatura convenzionale.

Le implicazioni convenzionali sono proposizioni addizionali comunicate con un enunciato, che non dipendono da particolari circostanze d’uso, ma piuttosto da specifici termini che le introducono, come ma, quindi, persino, non ancora, etc.

Le implicazioni conversazionali invece sono proposizioni addizionali che possono essere comunicate usando un enunciato solo in contesti particolari. Nell’implicatura conversazionale la presenza e la co-appartenenza di contesto e di implicito risulta evidente: si implica infatti sempre qualcosa di implicito e questo può avvenire solo grazie alla considerazione del contesto in cui la conversazione avviene.

Secondo Grice, l’implicatura si basa su delle massime razionali, le quali stanno alla base tanto dei comportamento umani in generale quanto, più specificamente, della comunicazione; tali regole possono riassumersi nel principio di cooperazione, che sta alla base della buona riuscita della comunicazione.

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Grice lo descrive come strutturato in quattro massime generali, le massime conversazionali:

 della qualità ;

 della quantità;

 della relazione;

 del modo.

All’interno del pensiero di Grice, il significato convenzionale, il contesto e l’implicito trovano una giusta proporzione in una spiegazione complessiva dell’atto comunicativo. La straordinaria importanza del contributo di Grice alla filosofia del linguaggio è sottolineata molto bene da Sbisà, soprattutto quando sottolinea come Grice costruisca il significato il significato primariamente dal punto di vista del parlante.66 Scrive Sbisà:

Ciò [la nozione di significato del parlante] soddisfaceva numerose esigenze manifestatesi negli anni della filosofia analitica: non vincolava il significato ai concetti di verità o falsità; utilizzava il linguaggio ordinario, sottolineava il carattere attivo del linguaggio cioè sia il fatto che esso è legato a scopi extralinguistici, sia il fatto che il significato si costituisce pragmaticamente, in riferimento ad azioni e intenzioni di un parlante e di un uditorio.67