GRICE SIGNIFICATO DEL PARLANTE E IMPLICATURA CONVERSAZIONALE
1. Studies in the Way of Words
Il testo cui si farà riferimento è un testo del quale Grice riuscì a ultimare la redazione poco prima della sua morte (1988) e che raccoglie tutti i suoi articoli sul linguaggio, sul significato e sulla comunicazione. Pubblicata postuma nel 1989 con il titolo Studies in the Way of Words, questa raccolta di saggi che trattano di problemi e di teorie di filosofia del linguaggio contiene anche le William James Lectures tenute dal filosofo a Harvard nel 1962 e che erano intitolate Logic and Conversation.1
Anche se è rimasto celebre soprattutto come filosofo del linguaggio e grazie al suo contributo allo studio del fenomeno comunicativo, Grice nella sua intensa carriera si è occupato, soprattutto negli ultimi anni, con passione di filosofia morale e di metafisica; basti pensare alle Immanuel Kant Lectures tenute nel 1977 alla Stanford University, e alle Carus Lectures sul tema della concezione del valore.2 Nonostante ciò, l'aspetto del suo pensiero che è stato maggiormente studiato è stato, come appena ricordato, quello riguardante la filosofa del linguaggio. La sua teoria del significato e il suo contributo all'indagine sulla comunicazione hanno infatti profondamente segnato lo sviluppo della pragmatica, hanno influito sull'opera di filosofi come Strawson, Searle e Donald Davidson3 e sono tuttora al centro dell'interesse di filosofi e linguisti, in particolare per quanto riguarda la sua indagine sui meccanismi di presupposizione che regolerebbero la comunicazione (implicatura conversazionale). In sintesi si può dire che i concetti portanti della filosofia di Grice che hanno indelebilmente segnato la filosofia analitica del linguaggio e in particolare la pragmatica sono quelli di significato non naturale, a cui è connesso quello di significato del parlante, e di implicatura conversazionale a cui è collegata la distinzione tra dire e implicare.
Risulta importante ricordare che l'analisi del linguaggio proposta da Grice non nasce dall'esigenza di spiegare i meccanismi che governano la comunicazione verbale. Essa è caratterizzata piuttosto da un percorso inverso. L'analisi della conversazione è un passaggio obbligato per poter tentare di capire che cosa sia la comunicazione in
1 Grice 1989, 1993.
2 Le tre lezioni tenute da Grice a Chicago nel 1973 in occasione della riunione annuale dell'American
Philosophical Association, sono state pubblicate nel volume The Conception of Value, (Grice 1991). In questo periodo Grice si occupò anche di psicologia della filosofia, a tal proposito si veda (Grice 1975 b, pp. 23-53) .
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generale e, più precisamente, per cercare di capire cosa sia il significato di un segno e cos'è che fa in modo che un gesto, un movimento significhino qualcosa.4 Grice quindi ritiene che la sua indagine sul significato debba avere inizio dall'analisi di quell'unità comunicativa rappresentata dalla conversazione tra due esseri umani, ossia dalla comunicazione intenzionale. L'aver posto l'attenzione sul fenomeno della conversazione gli consente di avanzare una prima distinzione fondamentale nella sua teoria della comunicazione, ossia quella tra significato naturale e significato non naturale. Il significato naturale corrisponde a ciò che significano per chi li interpreta i segni in generale prodotti senza avere l'intenzione di comunicare, come per esempio i segnali che provengono dalla natura (le nuvole nere "significano" pioggia), mentre il significato non naturale ( intenzionale) è in gioco quando si vuole comunicare qualcosa a qualcuno (il fischio del capostazione comunica ai passeggeri la partenza del treno).
A partire da questa distinzione, Grice svilupperà una teoria del significato come intenzione del parlante che costituirà un decisivo contributo alle analisi pragmatiche del linguaggio. Egli infatti, pur mantenendosi, per alcuni aspetti, lontano alle posizoni sostenute dai fautori della Pragmatic View, ha approfondito lo studio del significato in connessione con la comunicazione e con il comportamento umano. D'altro canto, però, il pensiero di Grice, distante da un punto di vista semantico tradizionale "ortodosso", ha messo in rilievo la connessione che intercorre tra comprensione del significato e la psicologia. Egli infatti, definendo il significato degli enunciati proferiti da un parlante nei termini delle intenzioni del parlante e del loro riconoscimento da parte dell'interlocutore, arriva a considerare come parte del meccanismo comunicativo quell'elemento psicologico e mentale che tanto da Frege e dal conseguente sviluppo della semantica formale (compreso il primo Wittgenstein) quanto dal secondo Wittgenstein era stato escluso dall'analisi del significato.5
4 Nell'introduzione al suo testo sulla pragmatica di Grice, Cosenza sostiene che la filosofia di Grice può
essere considerata, in termini non griceani, una teoria semiotica, come si trova in Eco (Eco, Lambertini, Marmo e Tabarroni 1984, pp. 3-38) in quanto : "l'analisi di Grice non riguarda solo il linguaggio, ma si propone fin dall'inizio come riflessione filosofica generale sulle condizioni di possibilità della significazione, al di qua e la di là del verbale", (Cosenza 2002, introduzione p. 10).
5 Michael Dummett sostiene che il ricoprire posizioni antipsicologistiche sia una delle caratteristiche
predominanti della tradizione analitica, in quest'ottica non sembra possibile risalire dal pensiero al linguaggio, ma al contrario, una spiegazione filosofica del pensiero può ottenersi solo da una spiegazione filosofica del linguaggio, che in altre parole significa che ciò da cui si deve partire è l'analisi dei significati linguistici. Proprio questa convinzione sarebbe alla base della svolta linguistica in filosofia che, secondo Dummett, ha inizio con l'opera di Frege: "solo con Frege si è avuto finalmente un
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L'attenzione di Grice si concentra infatti sulle credenze e sulle azioni indotte nell'interlocutore dal riconoscimento dell'intenzione comunicativa del parlante. Tale intenzione, precisa Grice, è riconoscibile perché il parlante ha l'intenzione di rendere chiare al destinatario le proprie intenzioni. L'intento dell'atto comunicativo è dunque quello di rendere trasparenti le intenzioni. La comunicazione diviene così la cifra distintiva dell'agire razionale e il linguaggio e i suoi segni sono visti come "strumenti che esseri umani razionali usano intenzionalmente per produrre credenze e azioni in altri esseri dotati di razionalità".6 L'idea della razionalità umana come motore della comunicazione consente a Grice di formulare il principio di cooperazione, secondo il quale i partecipanti alla conversazione si sentono, per così dire, obbligati a dare un contributo conforme a regole universalmente riconosciute, cioè razionali (massime conversazionali) affinché la conversazione vada a buon fine.7
Grice, pur cercando di rendere ragione delle intenzioni soggettive dei parlanti all'interno dei singolo scambi comunicativi, non perde mai di vista l'idea che il linguaggio e le regole generali che governano la conversazione sono pubblicamente condivise.
Una così ambiziosa teoria del linguaggio è stata tratteggiata a grandi linee da Grice che ha lasciato ai posteri la possibilità di rielaborarla ed interpretarla in modi diversi. La sua semantica intenzionalista (intention-based semantic) ha costituito una significativa eredità per filosofi e linguisti come: Lewis, Gazdar, Bach e Harnish, Levinson.8
Come ricorda Cosenza nell'introduzione al La pragmatica di Paul Grice, "la frammentazione editoriale degli scritti di Grice, fino al 1989, anno della pubblicazione degli Studies in the Wat of Words" ha comportato, fra i suoi interpeti, la formazione di due tendenze interpretative tematiche separate e non comunicanti:
riconoscimento dell'oggetto proprio della filosofia: si è riconosciuto cioè in primo luogo che l'obiettivo della filosofia è l'analisi della struttura del pensiero e in secondo luogo, che lo studio del 'pensiero' deve essere tenuto nettamente distinto dallo studio del processo psicologico del 'pensare'; infine, si è riconosciuto che il solo metodo appropriato per l'analisi del pensiero consiste nell'analisi del 'linguaggio'", (Dummett 1975, p. 458). Sulle caratteristiche distintive della filosofia analitica si veda Dummett 1988.
6 Cosenza 2002, p. 11.
7 Scrive Grice: "Possiamo tentare di formulare una sorta di principio generale che i parlanti dovranno
(ceteris paribus) osservare, e cioè: «conforma il tuo contributo conversazionale a quanto è richiesto, nel momento in cui avviene, dall'intento comune accettato o dalla direzione dello scambio verbale in cui sei impegnato». Lo si potrebbe chiamare Principio di Cooperazione.", ( Grice 1989. 1993. p. 60).
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a) la prima, costituita in gran parte da filosofi analitici, ha tenuto in considerazione soltanto la sua teoria del significato cioè "il tentativo di costruire una semantica basata sul concetto di intenzione";
b) la seconda, soprattutto linguisti, analisti della conversazione, semiologi, hanno indagato solo la teoria dell'implicatura conversazionale.
A sua volta questa lettura si è divisa al suo interno in due gruppi:
b1) coloro che, preoccupati di sottolineare gli aspetti convenzionali della semantica da lui proposta, hanno trascurato l'attenzione che essa pone sui "contributi individuali e idiolettali nella formazione delle convenzioni"; b2) e coloro i quali hanno inteso la teoria di Grice come una difesa degli aspetti
intenzionali del linguaggio "in cui Grice concepisce la produzione del significato", a discapito delle regole generali.
Ma in realtà risulta molto difficile, se non "impossibile comprendere appieno l'analisi dei significati di Grice, se non individuandone gli stretti legami con la teoria dell'implicatura e viceversa."9