GRICE SIGNIFICATO DEL PARLANTE E IMPLICATURA CONVERSAZIONALE
6. L'implicitezza del linguaggio ordinario
Per poter trarre dal discorso un'implicatura, il soggetto razionale, nella teoria di Grice deve disporre di cinque elementi fondamentali:
1. il significato convenzionale delle parole utilizzate e delle regole per la determinazione del riferimento di espressioni indicali e dimostrative;
2. l'accesso al contesto linguistico e al contesto extralinguistico del proferimento da comprendere;
3. l' accesso alle conoscenze condivise;
4. il riferimento al principio di cooperazione e alle massime conversazionali;
5. il fatto che i partecipanti alla conversazione siano consapevoli che entrambi, per parlare e per comprendere fanno riferimento agli elementi 1, 2, 3, 4.
L'implicatura, e il ragionamento inferenziale che permette di trarla, è strettamente legata al concetto di intenzione del parlante. Infatti, ciò che il destinatario deve fare è riconoscere ciò che il parlante con l'enunciato in questione ha voluto dire, "cioè ha fatto credere di credere, sulla base del riconoscimento della sua intenzione di far credere che vi crede".63 Tale lettura dell’implicatura sembra però richieder un'ulteriore distinzione tra quelle che, sulla scorta di Sbisà, possiamo chiamare:
• implicature di carattere sintomatico cioè inferenze indotte dal fatto di considerare un comportamento come sintomo di qualcosa che non fa parte delle intenzioni comunicative che attribuiamo al parlante;
• implicature "volontarie" ossia i casi in cui "le inferenze che l'ascoltatore trae sono plausibilmente considerate come intese dal soggetto che ha parlato [...] sono parte integrante di ciò che questi viene a comunicare".64
(Bianchi «Logica e linguaggio naturale: una prospettiva pragmatica», p. 6; vedi anche Levinson 1983, 1985, p. 142).
63 Sbisà 2007, p. 98. 64 Ibid..
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Per esempio, se un parlante all'interno di una conversazione proferisce un enunciato poco pertinente, questo comportamento potrà essere interpretato come un sintomo di scarso interesse per l'argomento di conversazione; mentre invece se qualcuno guardando l'orologio interrompe la conversazione dicendo:
s. «sono già le otto»,
si può supporre che egli stia comunicando implicitamente che per lui è tardi rispetto a qualcosa, per esempio un appuntamento. Quindi mentre per le implicature sintomatiche (o involontarie) l'enunciato è sintomo di qualcosa che inconsapevolmente viene manifestato da un indizio (l'enunciato stesso); nell’altro caso l'enunciato esprime implicitamente una frase, ossia l'implicatura:
sbis «è tardi devo interrompere la conversazione».
In conclusione, si può dire che l'implicatura rappresenta un senso che va ad aggiungersi a quanto esplicitamente detto. Il recupero dell'implicito rappresentato dall'implicatura è reso possibile all'ascoltatore dal principio di cooperazione per quanto riguarda le implicature conversazionali e dal significato linguistico delle espressioni usate per le implicature convenzionali.
Secondo Sbisà, nell'implicatura come nella presupposizione è insito un elemento normativo. Il fatto che l'interlocutore possa trarre un'implicatura significa che egli "è autorizzato ad attribuire al parlante l'intenzione di comunicare"65 quel senso implicito e tale attribuzione deve essere ragionevole. Per Sbisà, che àncora la dimensione cognitiva del contesto a quella situazionale (oggettiva), gli impliciti sono dunque considerati entità di carattere normativo. Nell'interpretazione del fenomeno delle implicature conversazionali si è infatti affermata l'idea che esse non debbano essere confuse con quello che il parlante intende (mean) senza però dire, e nemmeno con ciò che il destinatario inferisce. Secondo la lettura di Sbisà e altri autori, le implicature rappresentano un senso ulteriore o correttivo dell'enunciato reso disponibile dal testo di
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riferimento.66 In quest'ottica non è più il parlante al centro dell'analisi del linguaggio, come accadeva nella teoria di Grice, ma il testo che rende disponibile il senso. Le implicature assumono inoltre un valore normativo in quanto
integrazione o rilettura di ciò che è detto dal parlante, giustificate da un appropriato percorso argomentativo: non si tratterebbe necessariamente di proposizioni credute dal parlante, ma di proposizioni che dovrebbero essere accettate dal parlante e che vengono attribuite legittimamente dal destinatario in quanto autorizzate dal testo (anche nei casi in cui non siano intese dal parlante).67
Sbisà mostra come i percorsi argomentativi attraverso i quali Grice spiega il processo dell'implicatura non corrispondano e non vogliano corrispondere ai processi psicologici effettivi di comprensione dell'implicatura. Quindi invece di criticare la teoria griceana sulla base di una contro-intuitività psicologica della spiegazione del fenomeno dell'implicatura, sembra più opportuno valorizzarla evidenziandone la dimensione di "proposte di ricostruzione razionale, volte a giustificare l'attribuzione di senso implicito indipendentemente da come sia avvenuta [l'implicatura]".68
Allo stesso modo Saul evidenzia una triplice distinzione dell'implicito in: i. le implicature conversazionali;
ii. le proposizioni intese (ma non dette) dal parlante e non riconosciute dal destinatario (implicature P-intese);
iii. le proposizioni non intese dal parlante, ma riconosciute dal destinatario (implicature D-intese).
Nell'articolo Implicature, intenzioni e normatività, Bianchi si dissocia da questa interpretazione dell'implicitezza del linguaggio e critica l’idea di implicito come "virtualità normativa" che secondo non resterebbe fedele ai dettati griceani. Prendendo le mosse dalla teoria di Grice, Bianchi sostiene che
66 Bianchi contro la tesi di Saul e Sbisà ritiene che "Impliciti riconosciuti dal destinatario ma non intesi
dal parlante non possano contare come implicature conversazionali" (Bianchi 2011, p. 17). Cfr., al riguardo, Green 2002, pp. 241- 244, Saul 2002, pp. 228-248, Saul 2002 b, pp. 347-372, Sbisà 2007.
67 Bianchi 2011, pp.16-29. 68 Sbisà 2007, p. 122.
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Segue dalla concezione griceana di significato del parlante - definito in termini di complesse intenzioni rivolte a un destinatario-la condizione che l’implicatura sia intesa dal parlante; il che significa presente alla sua coscienza, o addirittura "premeditata [designed]".69
Secondo la tesi difesa da Bianchi, gli impliciti che il destinatario riconosce che non sono "intenzionati" dal parlante (iii), non possono essere considerati delle implicature conversazionali, almeno nel senso in cui le intende Grice. A integrazione la studiosa sostiene però che vanno invece considerate implicature le proposizioni intese dal parlante e non riconosciute dal destinatario (ii), fatto salvo il fatto che "il parlante abbia adempiuto alle proprie responsabilità comunicative, sempre cioè che abbia reso adeguatamente manifeste e pubbliche le proprie intenzioni comunicative".70
Dall'analisi dell'opera di Grice appare evidente che al centro della sua teoria del significato sta il parlante, e l'idea generale secondo cui "il senso del testo è il contenuto delle intenzioni comunicative del parlante e che la costruzione consiste nella ricostruzione di stati mentali del parlante da parte del ricevente".71 Sarà proprio da questo presupposto che prenderà le mosse la Teoria della Pertinenza che riprende e rielabora l'idea di comunicazione inferenziale della teoria dell'implicatura conversazionale di Grice e riduce le massime conversazionali a un unico principio: il principio di pertinenza. Il principio di pertinenza corrisponde alla massima della relazione (“sii pertinente”) e si caratterizza per essere innato e per procedere in modo automatico negli esseri razionali.
Ciò che infine interessa sottolineare è che Grice ha il merito di aver nettamente evidenziato che "c'è una connessione necessaria fra riconoscimento del senso del testo e riconoscimento della soggettività dell'enunciatore".72 La comunicazione si riscopre così come un complesso di “enunciati presenti e accessibili a vario titolo nello spazio intersoggettivo tra parlante e interlocutore, attingere al quale si propone come manovra
69 Bianchi 2011, pp. 16-29. 70 Ibid..
71 Sbisà 2007, p. 126. 72 Sbisà 2007
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per approssimare i contesti cognitivi dei partecipanti al contesto oggettivo”.73 È questa la tesi di Sbisà, che in Detto non detto: le forme della comunicazione implicita conduce una ricerca finalizzata a mostrare come e quanto il non detto influisca nelle più disparate forme della comunicazione quotidiana.
6.1 Diversi tipi di impliciti
La ricerca di Sbisà evidenzia in modo magistrale il fatto che nell'analisi del linguaggio e della comprensione non è possibile prescindere dalle questioni poste dagli impliciti, e questo perché la dimensione dell'implicitezza è sempre presente in ogni testo. Ma dalle analisi di Sbisà risulta anche che, per indagare questa dimensione dell'implicitezza, occorre saper riconoscere e tracciare con cura. Come ella osserva, "[è] vero che l'implicito non è detto esplicitamente, però è anche vero che ciò che un testo si limita a non dire non fa parte del suo senso, mentre ne fa parte ciò che esso non dice ma comunica implicitamente".74
Sbisà propone di distinguere tra due gruppi di impliciti:
- le presupposizioni, cioè quegli "impliciti la cui verità viene data per scontata da chi accetta come appropriato il proferimento di un certo enunciato",75 e
- le implicature, cioè impliciti che possono essere inferiti dal fatto che un parlante abbia prodotto un certo enunciato che danno un "senso aggiuntivo o correttivo rispetto a quanto esplicitamente detto, reso disponibile dal testo".76
Seguendo Stalnaker potremmo però includere tra gli impliciti non solo la tradizionale presupposizione semantica, ma anche quella che Stalnaker chiama “presupposizione pragmatica, la quale condivide, con l' implicatura conversazionale, uno stretto legame con il contesto cognitivo. Secondo Stalnaker, la presupposizione va intesa come il corpus di credenze (all’informazione tacita condivisa) che i partecipanti alla
73 Sbisà 2007. 74 Sbisà 2007. 75 Sbisà 2007, p. 20. 76 Ibid., p. 125.
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conversazione assumono e condividono. 77 In questo modo Stalnaker vira verso una nozione cognitiva di contesto che viene in parte a coincidere con quello che gli interlocutori hanno in mente quando comunicano. Si potrebbe dire che la comunicazione può dirsi riuscita se i partecipanti alla conversazione riescono a coordinare in modo razionale i loro contenuti mentali.78
Questa idea di contesto cognitivo verrà radicalizzata dai teorici della pertinenza, che a partire dalla teoria dell'implicatura di Grice, elaboreranno una concezione inferenziale della comunicazione. Nella teoria della pertinenza, infatti, l’enunciato assume un senso solo nella mente del ricevente a partire da particolari credenze di sfondo, grazie al solo principio di pertinenza che regola la capacità cognitiva della mente. Da questo punto di vista, l'unica spiegazione del processo di comprensione/comunicazione va ricercata nel principio di pertinenza che automaticamente individua e seleziona una serie di euristiche, il cui funzionamento però non sembra rendere ragione delle strategie comunicative attraverso cui i parlanti utilizzano e comprendono gli impliciti all'interno di uno scambio comunicativo. La dimensione dell'implicitezza del linguaggio e del suo ruolo nella comunicazione viene appiattita su un unico meccanismo inferenziale regolato dalla pertinenza, nel quale "[l]'aggiunta di nuove premesse non cambia i rapporti di implicazione logica già stabiliti - mentre le implicature griceane sono inferenze verso contenuti nuovi e presentano una forma di non monotonicità [la validità di un inferenza può cambiare con l'aggiunta di nuove inferenze]".79