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Competenze dell’Unione europea e condizione giuridica dei cittadini di paesi terz

Francesca Biondi Dal Monte

4. Competenze dell’Unione europea e condizione giuridica dei cittadini di paesi terz

La condizione giuridica dello straniero risulta disciplinata anche da una serie di fonti dell’Unione europea, talvolta direttamente afferenti all’immigrazione, in altri casi aventi portata più generale.

Sotto il primo profilo, possono richiamarsi gli articoli 78 e 79 del Trattato sul funzionamento dell’Unione europea, il quale costituisce – dopo l’entrata in vigore del trattato di Lisbona27 – la cornice giuridica

di riferimento in relazione alle competenze dell’Unione europea in tema di asilo e immigrazione. Ai sensi di tali previsioni l’Unione sviluppa una politica comune in materia di asilo, di protezione sussidiaria e di pro- tezione temporanea, «volta a offrire uno status appropriato a qualsiasi cittadino di un paese terzo che necessita di protezione internazionale e a garantire il rispetto del principio di non respingimento». L’Unione può altresì sviluppare una politica comune dell’immigrazione intesa ad assicurare, in ogni fase, «la gestione efficace dei flussi migratori, l’equo trattamento dei cittadini dei paesi terzi regolarmente soggiornanti negli

25. In riferimento alle potenzialità dello strumento, cfr. R. Smith, The Third Optional

Protocol to the UN Convention on the Rights of the Child - Challenges Arising Transforming the Rhetoric into Reality, in «International Journal of Children’s Rights», 2, 2013, p. 305 ss.

26. Diffuso il riferimento alla giurisprudenza della CEDU svolto dalla Corte cost. nella sent. n. 187/2010 e n. 329/2011.

27. Per un approfondimento C. Favilli, Il Trattato di Lisbona e la politica dell’Unione eu-

ropea in materia di visti, asilo e immigrazione, in «Diritto, Immigrazione e Cittadinanza», 2,

Stati membri e la prevenzione e il contrasto rafforzato dell’immigrazio- ne illegale e della tratta degli esseri umani». A tale ultimo proposito si fa espresso riferimento alla possibilità per l’UE di deliberare, tra i vari settori, sulle «condizioni di ingresso e soggiorno e norme sul rilascio da parte degli Stati membri di visti e di titoli di soggiorno di lunga du- rata, compresi quelli rilasciati a scopo di ricongiungimento familiare» e in relazione alla «definizione dei diritti dei cittadini di paesi terzi re- golarmente soggiornanti in uno Stato membro, comprese le condizioni che disciplinano la libertà di circolazione e di soggiorno negli altri Sta- ti membri». Mentre per quanto riguarda l’integrazione dei cittadini di paesi terzi si fa riferimento alla possibilità di «incentivare e sostenere l’azione degli Stati membri», escludendo tuttavia qualsiasi armonizza- zione delle disposizioni legislative e regolamentari di detti Stati28.

Numerosi sono gli atti adottati dall’UE per definire le condizioni di ingresso e soggiorno di alcune categorie di cittadini di paesi terzi nel ter- ritorio degli Stati membri. Nel fare ciò, l’Unione ha al contempo contri- buito a delineare anche i tratti salienti della loro condizione giuridica, mediante la previsione di specifiche clausole di parità di trattamento ri- spetto ai cittadini europei in merito al godimento dei diritti civili e so- ciali nello Stato membro ospitante. Esempi di tali previsioni si trovano nella direttiva 2003/109/CE, relativa ai cittadini di paesi terzi che sia- no soggiornanti di lungo periodo, nella direttiva 2005/71/CE, relativa a una procedura per l’ammissione di cittadini di paesi terzi a fini di ricerca scientifica, nella direttiva 2009/50/CE, sulle condizioni di ingresso e sog- giorno dei cittadini di paesi terzi che intendano svolgere lavori altamente qualificati, nella direttiva 2011/95/UE, sull’attribuzione della qualifica di beneficiario di protezione internazionale, sul relativo status, nonché sul

28. Per un’analisi del quadro di riferimento, cfr. P. Bonetti, I diritti dei non cittadini nelle

politiche dell’immigrazione e dell’asilo dell’Unione europea, in Metamorfosi della cittadinanza,

cit., p. 143 ss. È nell’ambito di questo capo che è incluso anche l’art. 80 TFUE, secondo il quale le politiche dell’Unione e la loro attuazione sono governate dal principio di solidarietà e di equa ripartizione della responsabilità tra gli Stati membri, anche sul piano finanziario. Sulla difficile attuazione di tale principio, cfr. C. Favilli, L’Unione europea e la difficile attua-

zione del principio di solidarietà nella gestione dell’«emergenza» immigrazione, in «Quaderni

contenuto della protezione riconosciuta, e nella direttiva 2011/98/UE, relativa al rilascio del permesso unico e ai diritti dei lavoratori di paesi terzi che soggiornano regolarmente in uno Stato membro29.

Specifiche normative dell’UE hanno poi disciplinato particolari sta-

tus, tra cui quelli di lavoratore30, familiare di cittadino europeo anche

proveniente da un Paese terzo31 e lavoratore migrante proveniente da un

Paese terzo con il quale l’Unione ha concluso un accordo di associazio- ne32, contribuendo anch’esse a delineare un complesso di diritti che gli

Stati membri sono tenuti a riconoscere e garantire.

Accanto a tali discipline dedicate ai cittadini di paesi terzi, si colloca- no poi altre fonti dell’UE contenenti principi generali in materia di non discriminazione. Si fa in particolare riferimento alla direttiva 2000/43/ CE, che stabilisce il divieto di disparità di trattamento per motivi raz- ziali o etnici, e alla direttiva 2000/78/CE, che stabilisce un quadro ge- nerale per la parità di trattamento in materia di occupazione e di con- dizioni di lavoro33. In quest’ambito rientrano anche le disposizioni della

29. Per un commento alle direttive, cfr. K. Hailbronner, D. Thym (a cura di), EU Immigra-

tion and Asylum Law: A Commentary, Oxford, Beck/Hart, 2016.

30. Il Regolamento (CE) n. 859/2003 ha esteso ai lavoratori cittadini di paesi terzi la disci- plina comunitaria di cui al Regolamento (CE) n. 1408/1971, relativo all’applicazione dei regimi di sicurezza sociale ai lavoratori subordinati e ai loro familiari che si spostano all’interno della Comunità. Per un approfondimento, cfr. S. Giubboni, Coordinamento europeo della sicurezza

sociale e regimi di previdenza complementare, in «Rivista del Diritto della Sicurezza Sociale», 2,

2010, p. 193 ss., nonché Id., Per una voce sullo status di lavoratore subordinato nel diritto dell’U-

nione europea, in «Rivista del Diritto della Sicurezza Sociale», 2, 2018, p. 207 ss.

31. Si veda al riguardo la direttiva 2004/38/CE. Sul tema, con riferimento più generale allo status di cittadino dell’UE, M. Di Filippo, La circolazione dello straniero nel diritto dell’U-

nione europea: una geometria variabile dei diritti e delle garanzie, in Immigrazione, diritto e diritti: profili internazionalistici ed europei, cit., p. 159 ss.

32. A tale proposito si vedano, ad esempio, l’Accordo di associazione Unione euro- pea-Marocco; l’Accordo di associazione Unione europea-Tunisia; l’Accordo di associazione Unione europea-Algeria; la decisione del Consiglio di associazione 19 settembre 1980, 3/80, relativa all’applicazione dei regimi di sicurezza sociale degli Stati membri delle Comunità europee ai lavoratori turchi e ai loro familiari. Sul tema cfr. D.Thym, M. Zoeteweij-Turhan,

Rights of Third-Country Nationals Under EU Association Agreements: Degrees of Free Move- ment and Citizenship, Leiden, Brill-Nijhoff, 2015.

33. Sul tema della discriminazione a livello UE, si veda D. Strazzari, Discriminazione razzia-

le e diritto, Cedam, Padova, 2008; O. Pollicino, Discriminazione sulla base del sesso e trattamento preferenziale nel diritto comunitario, Milano, Giuffrè, 2005.

Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea, la quale ha assunto, a seguito dell’entrata in vigore del Trattato di Lisbona, lo stesso valore giuridico dei trattati. Tra le previsioni più rilevanti si può richiamare l’art. 15, secondo il quale i cittadini dei paesi terzi che sono autorizzati a lavorare nel territorio degli Stati membri hanno diritto a condizioni di lavoro equivalenti a quelle di cui godono i cittadini dell’Unione. Nella Carta si riconosce inoltre il diritto di ogni individuo, che risieda o si sposti legalmente all’interno dell’Unione, alle prestazioni di sicurezza sociale e ai benefici sociali conformemente al diritto dell’UE e alle legi- slazioni e prassi nazionali (art. 34, § 2). Particolarmente ampio è il rico- noscimento del divieto di discriminazione (art. 21), distinto da quello di eguaglianza giuridica (art. 20), il quale contempla espressamente una serie di fattori ulteriori rispetto alle comuni previsioni quali: l’origine sociale, le caratteristiche genetiche, la lingua, le opinioni politiche o di qualsiasi altra natura, l’appartenenza a una minoranza nazionale, il pa- trimonio, la nascita.

5. La dimensione nazionale. Stato, Regioni ed enti locali

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