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L’integrazione attraverso i diritt

Francesca Biondi Dal Monte

7. L’integrazione attraverso i diritt

Alla luce del quadro sopra analizzato, ci si chiede dunque come possa essere promossa l’integrazione dello straniero sul territorio naziona- le. Oltre alle specificità di ciascuna categoria sopra richiamata, devono inoltre evidenziarsi le difficoltà di definire un preciso modello italiano di integrazione, nella complessità e multidimensionalità dei profili che presuppongono i percorsi di integrazione degli stranieri nelle società di destinazione. Occorre peraltro precisare come la scelta di un certo modello e, conseguentemente, l’adozione di una data politica non inci- dano sempre (o sempre allo stesso modo) sull’effettiva integrazione degli stranieri sul territorio nazionale. La dimensione delle politiche di inte- grazione è, infatti, distinta da quella dei processi di integrazione: le pri- me richiamano gli sforzi concretamente posti in essere dalla Repubblica (nelle sue varie articolazioni territoriali) per favorire l’integrazione dei migranti; i secondi richiamano, sotto un profilo soggettivo, l’effettivo in- serimento degli stranieri nella società. Si tratta di processi spontanei che trovano nella relazione tra cittadini e stranieri una sede fondamentale di svolgimento, nel mondo del lavoro, della famiglia, della scuola, ecc.

85. Corte cost., sent. n. 254/2007. Sull’effettività della tutela e la mancanza di padronanza della lingua, cfr. L. Breggia, L’audizione del richiedente asilo dinanzi al giudice: la lingua del diritto

oltre i criteri di sintesi e chiarezza, in «Questione Giustizia», 2, 2018, p. 193 ss. In via generale

sul tema L. Busatta, L’effettività del diritto d’accesso alla giustizia per gli stranieri, in Il Diritto in

migrazione, F. Cortese, G. Pelacani (a cura di), Napoli, Editoriale scientifica, 2017, p. 447 ss.

86. Cfr. Corte cost., sent. n. 78/2007 cit., con la quale la Corte, pur riconoscendo al le- gislatore la possibilità di diversificare le condizioni di accesso, le modalità esecutive e gli istituti fruibili dal condannato, dichiara l’illegittimità della previsione del divieto assoluto e generalizzato per gli stranieri irregolari di accedere alle misure alternative alla detenzione.

Per cui si potrebbe assistere ad una integrazione nella società avvenuta anche a prescindere (o nonostante) certe politiche pubbliche87.

Numerosi sono i documenti adottati dall’Unione europea e dagli Sta- ti nazionali dedicati all’integrazione dei migranti, definita nei Common

basic principles on integration come «un processo dinamico e bilaterale

di adeguamento reciproco da parte di tutti gli immigrati e di tutti i re- sidenti degli Stati membri», che implica il rispetto dei valori sui quali si fonda l’Unione europea e che trova nel lavoro, nell’istruzione e nel- la conoscenza della lingua dello Stato di destinazione alcuni ambiti di sviluppo88. Mentre a livello nazionale, l’integrazione è definita per via

legislativa come «quel processo finalizzato a promuovere la convivenza dei cittadini italiani e di quelli stranieri, nel rispetto dei valori sanciti dalla Costituzione italiana, con il reciproco impegno a partecipare alla vita economica, sociale e culturale della società»89.

Tra i piani nazionali dedicati al tema si può richiamare il Piano per l’in-

tegrazione nella sicurezza Identità e Incontro90, adottato nel 2010 con l’espli-

cito scopo di individuare le principali linee di azione e gli strumenti da adottare al fine di promuovere un efficace percorso di integrazione, nel ri- spetto delle prerogative e delle competenze dei diversi attori istituzionali interessati, nonché delle procedure previste a legislazione vigente. Secon- do tale piano, identità, incontro ed educazione sono le parole chiave del mo- dello italiano di integrazione, che viene definito dell’identità aperta, e cioè basato sull’educazione all’apertura all’altro, superando, da un lato, l’impo- stazione multiculturalista e, dall’altro, la matrice assimilazionista. Sebbene

87. Sul tema, cfr. M. Ambrosini, Migrazioni, Milano, Egea, 2019, p. 138.

88. Cfr. Common Basic Principles for Immigrant Integration Policy in the EU, Documento del Consiglio n. 14615/04 del 19.11.2004. Si tratta di undici principi fondamentali comuni della politica di integrazione dei migranti nell’Unione europea, adottati nel 2004 e riconfer- mati nel 2014 dal Consiglio Giustizia Affari Interni. Tra i vari documenti, si vedano anche l’Agenda europea per l’integrazione dei cittadini di paesi terzi adottata nel 2011 e il Piano di azione in tema di integrazione del 2016. Sul tema in via generale G. Cerrina Feroni, V. Fe- derico (a cura di), Strumenti, percorsi e strategie dell’integrazione nelle società multiculturali, Napoli, ESI, 2018; S. Congia, La governance multilivello per le politiche d’integrazione, in La

Repubblica e le migrazioni, cit., p. 87 ss.

89. Cfr. art. 4-bis T.U. Imm.

i contorni di tale modello risultino piuttosto “evanescenti”, il Piano ha il pregio di chiarire gli ambiti entro i quali può svilupparsi – generalmente – il percorso di integrazione dello straniero: educazione e apprendimento; lavoro; alloggio e governo del territorio; accesso ai servizi essenziali; mi- nori e seconde generazioni, seppur unendo settori materiali (educazione, lavoro, alloggio, ecc.) e condizioni personali (es. quella dei minori).

Tra i documenti più recenti può invece richiamarsi il Piano nazio-

nale d’integrazione per i titolari di protezione internazionale91 del 2017,

il quale – sebbene riferito esclusivamente ai titolari di protezione in- ternazionale – individua alcune linee di intervento che possono essere considerate «un primo passo verso un sistema integrato e inclusivo an- che degli altri stranieri regolarmente soggiornanti, a dimostrazione di una matura consapevolezza del fenomeno migratorio raggiunta dal no- stro Paese». Secondo quanto chiarito nel Piano, l’integrazione compor- ta «accanto alla titolarità dei medesimi diritti, l’impegno al rispetto dei medesimi doveri e all’assunzione delle medesime responsabilità: non solo, dunque, l’impegno a rispettare le leggi italiane, ma anche quello ad apprendere la lingua e a partecipare alla vita economica, sociale e culturale del Paese».

In questo contesto, accoglienza, salute, assistenza, inserimento lavo- rativo, alloggio rappresentano distinti e concomitanti profili del percor- so di integrazione dello straniero sul territorio e il godimento dei diritti connessi a tali ambiti costituisce indubbiamente una precondizione per garantire l’effettività di tale percorso. Tuttavia l’esistenza di regimi dif- ferenziati nell’accesso degli stranieri a diritti e prestazioni, a seconda del permesso di soggiorno posseduto e del luogo di residenza, incide poten- zialmente anche sul percorso di integrazione dello straniero, ostacolan- dolo. Al riguardo è possibile distinguere tre differenti declinazioni della “integrazione ostacolata”: l’integrazione negata, l’integrazione sospesa o condizionata e l’integrazione frenata.

91. Il Piano è stato adottato il 26 settembre 2017, ai sensi del d.lgs. n. 18/2014, il quale modificando l’art. 29 del d.lgs. n. 251/2007 ha istituito il Tavolo di Coordinamento Nazio- nale, insediato presso il Ministero dell’Interno, con il compito, tra gli altri, di predisporre ogni due anni, salva la necessità di un termine più breve, un Piano Nazionale degli interventi e delle misure volte a favorire l’integrazione dei beneficiari di protezione internazionale.

La prima è connessa alla condizione di irregolarità, quale status che limita di fatto l’accesso ai servizi pubblici e il coinvolgimento dello stra- niero come destinatario di interventi e politiche pubbliche di integra- zione. Seppur vengano riconosciuti i diritti fondamentali della persona, l’assenza di una prospettiva di permanenza di lungo periodo, unita al timore di essere rintracciati sul territorio in condizione irregolare può impedire e di qui “negare” l’avvio di un percorso di integrazione.

La seconda è connessa al diniego di diritti e/o prestazioni che costi- tuiscono a loro volta la precondizione di accesso a tutta un’altra serie di diritti e/o prestazioni. La condizione del richiedente asilo è piuttosto emblematica al riguardo. L’esclusione dal Siproimi e il diniego di iscri- zione anagrafica (seppur temperato dalle interpretazioni dei Tribunali) costituiscono indici di una integrazione che potremmo definire “so- spesa”, fino alla decisione sul riconoscimento di una qualche forma di protezione, e “condizionata” al buon esito della domanda di asilo, accre- scendo la situazione di incertezza e precarietà in cui si trova a vivere lo straniero.

Infine, la terza declinazione è connessa all’esclusione dello straniero da una serie di diritti e prestazioni in ragione del trattamento preferen- ziale riconosciuto ai cittadini o soltanto ad alcune categorie di straniero, “frenando” in tal modo il processo di integrazione. È, infatti, indubbio come pratiche discriminatorie perpetrate ai danni di cittadini stranieri siano in grado di incidere profondamente sull’efficacia dei percorsi di integrazione, sui tempi dell’integrazione, nonché – più in generale – sul godimento di diritti fondamentali e sulla pari dignità sociale92

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