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Democratizzare i poteri di confine, democratizzare il modello socio-economico

Federico Oliver

8. Democratizzare i poteri di confine, democratizzare il modello socio-economico

La genealogia del diritto italiano dell’immigrazione mette in luce le numerose e persistenti criticità che affliggono l’esercizio dei poteri di confine sui non cittadini, in costante tensione con il sistema delle garanzie proprio di una democrazia costituzionale. Gli interventi della Corte costituzionale, per quanto orientati programmaticamente a un ragionevole bilanciamento tra sovranità e diritti, risultano comunque inseriti all’interno di un (inevitabile?) “pensiero di Stato”, che non riesce a mettere in discussione né i poteri di confine, né la discrezionalità con cui vengono esercitati. Eppure, partendo dal paradigma costituzionale, è possibile pensare a un futuro diverso per il diritto dell’immigrazione: un diritto capace di apprendere dai propri fallimenti per avviare una radicale democratizzazione. Ma cosa significa, in concreto, democratiz-

zare i poteri di confine?

Significa, ad esempio, promuovere una legge sulla cittadinanza che riduca e renda certi i tempi per l’acquisto della nazionalità in base alla residenza e al radicamento sociale, e che faciliti il riconoscimento della nazionalità a chi nasce nel Paese o vi arriva durante la minore età, a pre- scindere dalle condizioni personali dei genitori. Si tratta di misure che possono favorire la coesione sociale, superando l’idea della cittadinanza come concessione-premio per l’avvenuta assimilazione alla “comunità nazionale” intesa in modo essenzialistico.

Significa prevedere vie di accesso legali e sicure per ricerca lavoro e ri- chiesta asilo, attraverso procedure facilitate e trasparenti di visto. Misure di questo genere possono porre fine sia alla sistematica elusione di norme ir- realistiche (come quella che lega il visto d’ingresso per lavoro alla chiamata nominativa dall’estero), sia ai traffici di esseri umani ed alle morti ai confini alimentate dall’attuale ortodossia restrittiva67. La libera circolazione speri-

mentata con successo all’interno dell’Unione europea può offrire un buon modello per superare l’attuale gerarchia globale della mobilità e riconosce-

67. T. Last, P. Cuttitta, Border Deaths: Causes, Dynamics and Consequences of Migra-

re la libertà di movimento come un diritto di tutte e tutti, da bilanciare con ragionevoli esigenze di sicurezza e di controlli di identità.

Significa superare il concetto stesso di “permesso di soggiorno”, so- prattutto se collegato all’esistenza di un contratto di lavoro. Simili di- spositivi, riducendo la persona alla sua capacità di stare sul mercato del lavoro, sono il veicolo per la precarizzazione e la svalorizzazione della forza-lavoro straniera costretta, a causa della sua vulnerabilità, ad accet- tare condizioni ben al di sotto degli standard minimi di diritti e tutele fissate dai contratti collettivi nazionali di lavoro. Lungi dal difendere i la- voratori italiani, queste misure concorrono a produrre una competizio- ne al ribasso sul mercato del lavoro, che abbassa salari e tutele per tutti, dividendo la classe lavoratrice lungo immaginarie linee etnico-razziali.

Significa istituire meccanismi ordinari e non più straordinari, gene- rali e non più selettivi di regolarizzazione degli stranieri senza permesso di soggiorno. Tali meccanismi devono consentire alle persone di uscire autonomamente dalla condizione di “clandestinità”, senza subordinare la loro emersione all’arbitrio dei datori di lavoro. Devono semplice- mente certificare la presenza stabile della persona, come singolo e come gruppo familiare, nella società di destinazione, senza irragionevoli clau- sole ostative e senza costi eccessivi.

Significa sottoporre a stringenti controlli giurisdizionali le espulsio- ni, autorizzandole per comprovati motivi di sicurezza nazionale, e pre- venendo il ricorso all’allontanamento attraverso politiche di rientro o espatrio volontario verso il Paese di origine o di propria scelta.

Significa abrogare le norme che criminalizzano la condizione migrante punendo, con norme di diritto penale, le violazioni in materia di ingresso, soggiorno, allontanamento. Chiudere i centri di detenzione amministra- tiva e gli hotspot, in quanto luoghi di violazione della libertà e della dignità personali. Revocare gli accordi di “cooperazione” con Paesi di partenza e transito volti a delocalizzare i controlli di frontiera, fino ad avallare la tor- tura e la riduzione in schiavitù di migliaia di persone68, negando il diritto

di asilo nonché il diritto di uscita dal Paese in cui ci si trova.

68. M. Veglio (a cura di), L’attualità del male. La Libia dei Lager è verità processuale, Torino, Edizioni SEB27, 2018.

Significa, in conclusione, attenuare significativamente il nesso fra l’appartenenza nazionale e l’attribuzione dei diritti e dei doveri di soli- darietà, assimilando sostanzialmente la condizione dei cittadini a quel- la degli stranieri residenti in tutti i campi della vita associata, incluso l’accesso ai diritti sociali e l’esercizio dei diritti politici, a partire dalla partecipazione alla vita politica locale.

Al tempo stesso, sarebbe irrealistico pensare che questa democratiz- zazione dei poteri di confine possa realizzarsi al di fuori di una gene- rale democratizzazione dei rapporti economico-sociali oggi dominanti e delle istituzioni europee. La fine del compromesso tra capitalismo e democrazia, evocata in apertura, pesa come un macigno su ogni pro- spettiva di attuazione della Costituzione, al cui interno si colloca la de- mocratizzazione dei poteri di confine.

È improbabile che nell’attuale società italiana, per di più alle prese con gli effetti della crisi economica e sociale causata dal Covid-19, si trovi il consenso necessario per un diverso diritto dell’immigrazione, pienamente inserito nella Costituzione, se non si porterà avanti in pa- rallelo un vasto programma di riforme strutturali in materia di lavoro, economia e finanza. Tali riforme sono necessarie ora più che mai per invertire la tendenza rispetto alle politiche neo-liberali – di precarizza- zione occupazionale, compressione dei salari, tagli al welfare e alla spesa sociale, riduzione della progressività fiscale, libera circolazione dei ca- pitali, rinuncia a politiche monetarie espansive – che hanno aumentato le diseguaglianze e le insicurezze sociali e convinto tante e tanti che, to- gliendo diritti agli stranieri, li avrebbero riguadagnati i cittadini.

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