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Federico Oliver

3. Poteri di cittadinanza

I poteri di cittadinanza sono quelli che consentono agli Stati di istitu- ire e riprodurre il proprio “popolo”, ossia la base giuridico-politica della loro sovranità29. Tali poteri si esplicano, innanzitutto, nella definizione

di criteri e procedure secondo cui le persone acquisiscono la naziona-

28. Sulle migrazioni irregolari come prodotto delle politiche proibizioniste, funzionali a un modello socio-economico che chiede manodopera iper-vulnerabile da sfruttare, si ve- dano per tutti E. Santoro, La regolamentazione dell’immigrazione come questione sociale: dalla

cittadinanza inclusiva al neoschiavismo, in Diritto come questione sociale, E. Santoro (a cura di),

Torino, Giappichelli, 2010 e L. Milazzo, Convivere senza coesistere. Sulle politiche dell’integra-

zione, in «postfilosofie», 9, 2016, pp. 43-55.

lità di un determinato Paese, alla nascita o successivamente30. Gli stessi

poteri si esplicano anche nella definizione delle circostanze che condu- cono alla perdita o alla privazione della nazionalità31. Lo studio di questi

meccanismi, specie in prospettiva comparata, fa emergere i vari modelli di “comunità politica” promossi dagli Stati, nonché il loro atteggiamento nei confronti degli altri Paesi e verso le migrazioni. Queste ultime, in- fatti, pongono gli Stati nazionali di fronte alla scelta di come e quanto estendere la cittadinanza agli stranieri residenti e ai loro discendenti, nati nel Paese o arrivati durante la minore età32.

In questa sede, il potere di cittadinanza rileva soprattutto in quanto fa da premessa per l’esercizio degli altri poteri di confine. Questi poteri, infatti, si esercitano soltanto sugli stranieri, definiti specularmente per negazione nel momento in cui si definiscono i cittadini. Lo status civitatis, infatti, si caratterizza in modo eminente per la titolarità esclusiva di alcu- ni diritti di non lesione rispetto ai poteri di confine esercitati dal proprio Stato. Così, secondo la Corte costituzionale italiana, «l’essere il cittadino parte essenziale del popolo o, più precisamente, ‘il rappresentare, con gli altri cittadini, un elemento costitutivo dello Stato’ comporta in capo allo stesso ‘il diritto di risiedere nel territorio del proprio Stato senza limiti di tempo’ e il diritto di non poterne essere allontanato per alcun motivo»33.

Il «legame ontologico con la comunità nazionale» garantisce al cittadino sia il diritto a non essere espulso, che il diritto di poter uscire dal territo- rio della Repubblica e di potervi rientrare liberamente, salvo gli obblighi

30. Y. Soysal, Limits of Citizenship, Chicago, University of Chicago Press, 1994. Per una ricognizione degli aspetti teorico-giuridici dei poteri di cittadinanza a partire dalle norme italiane in materia di naturalizzazione, mi permetto di rinviare a F. Oliveri, Cittadini man-

cati. La concessione della cittadinanza italiana come dispositivo governamentale, in «Studi sulla

questione criminale», 1-2, pp. 99-120.

31. Sull’apolidia quale negazione del diritto di avere diritti, restano insuperate le rifles- sioni di H. Arendt, Le origini del totalitarismo, [1951], Roma, Edizioni di Comunità, 1999.

32. Su implicazioni e limiti dei poteri di cittadinanza dal punto di vista della teoria de- mocratica, si veda R. Bauböck (a cura di), Democratic inclusion: Rainer Bauböck in dialogue, Manchester, Manchester University Press, 2017.

33. Corte cost., sent. n. 62/1994, che a sua volta riprende la sentenza n. 244/1974 nel testo virgolettato. Sul diritto tipico del cittadino a non essere allontanato per nessun motivo dal territorio dello Stato, la Corte si era già espressa nella sent. n. 104/1969.

di legge (art. 16 Cost.). Al contrario, la mancanza nello straniero di tale legame originario e giuridicamente costitutivo con lo Stato «conduce a negare allo stesso una posizione di libertà in ordine all’ingresso e alla per- manenza nel territorio» nazionale, cosicché «egli può ‘entrarvi e soggior- narvi solo conseguendo determinate autorizzazioni (revocabili in ogni momento) e, per lo più, per un periodo determinato’»34.

Alla condizione di deportabilità, che segna gli stranieri, è associata la possibilità da parte dello Stato di accordare loro una titolarità e un go- dimento dei diritti “uguali ma differenziati” rispetto ai cittadini. Da una parte, secondo la Corte costituzionale, «se è vero che l’articolo 3 [della Costituzione] si riferisce espressamente ai soli cittadini, è anche certo che il principio d’eguaglianza vale pure per lo straniero quando trattasi di rispettare quei diritti fondamentali»35. L’interpretazione e l’applicazio-

ne dell’articolo 2, in tema di pari dignità sociale, uguaglianza davanti la legge e rimozione degli ostacoli al pieno sviluppo della persona umana, non possono essere disgiunte dall’articolo 2 («La Repubblica riconosce e garantisce i diritti inviolabili dell’uomo») e dall’articolo 10 («La condi- zione giuridica dello straniero è regolata dalla legge in conformità delle norme e dei trattati internazionali»). Ciò non implica però che le diffe- renziazioni di trattamento tra cittadini e stranieri siano necessariamen- te illegittime: così, «la riconosciuta eguaglianza di situazioni soggettive nel campo della titolarità dei diritti di libertà non esclude affatto che, nelle situazioni concrete, non possano presentarsi, fra soggetti uguali

differenze di fatto che il legislatore può apprezzare e regolare nella sua

discrezionalità, la quale non trova altro limite se non nella razionalità del suo apprezzamento»36.

34. Il diritto di residenza perpetua, da cui deriva la non espellibilità del cittadino e la sua libertà di uscita e reingresso, è definito in dottrina “diritto di incolato”. Si veda S. Forlati, La

cittadinanza nel diritto internazionale, in Introduzione ai diritti di cittadinanza, L. Zagato (a

cura di), Venezia, Cafoscarina, 2007, p. 67 ss. Sul diritto a non essere espulso quale nucleo caratteristico dello status civitatis, ben più dei diritti politici da cui gli stranieri non sono per principio esclusi, condivido la posizione di G.U. Rescigno, Note sulla cittadinanza, in «Diritto pubblico», 3, 2000, p. 765 ss.

35. Corte cost., sent. n. 120/1967 (corsivi miei). 36. Corte cost., sent. n. 62/1994 (corsivi miei).

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