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Poteri di differenziazione degli statuti personal

Federico Oliver

7. Poteri di differenziazione degli statuti personal

I poteri di cittadinanza istituiscono la differenza di status tra cittadini e stranieri, proteggendo i primi dai poteri di confine e assoggettandovi i secondi. I poteri di differenziazione degli statuti personali, invece, istitui- scono distinzioni gerarchiche tra gli stranieri, collegando a ciascuno status specifici diritti, con diverse condizioni di accesso e possibilità di revoca63.

La principale differenziazione tra gli stranieri riguarda il possesso o meno delle dovute autorizzazioni all’ingresso e al soggiorno. Gli Stati distinguono infatti, sempre più nettamente, la condizione degli stranie- ri regolari da quella degli stranieri irregolari. Differenziazioni ulteriori interessano i soli stranieri regolari ed operano sulla base dei motivi della presenza (lavoro, ricongiungimento familiare, protezione internaziona- le, ecc.) e del loro grado di “integrazione” rispetto alla società nazionale (desumibile da una permanenza duratura e ininterrotta nel Paese e/o dal godimento di un certo livello di reddito, che esonera lo Stato da inter- venti di sostegno).

La gerarchia tra i diversi statuti personali degli stranieri emerge nella diversa quantità e qualità dei diritti a cui ciascuno statuto dà accesso. La quantità si riferisce al tipo di diritti (civili, sociali, politici) di cui si ha titolarità formale. La qualità si riferisce all’intensità del godimento effettivamente garantito: i diritti possono essere riconosciuti in forma

62. Secondo una logica analoga il decreto-legge “Pisanu”, convertito dalla l. 31 luglio 2005, n. 155, dispone l’espulsione dello straniero sospetto di alcune attività terroristiche ai sensi dell’art. 18 della l. 22 maggio 1975, n. 152 (“Legge Reale”), o la cui permanenza nel terri- torio si ritiene finalizzata ad agevolare organizzazioni o attività terroristiche internazionali. 63. Si tratta di un meccanismo di stratificazione comune nelle legislazioni dei principali Paesi di immigrazione. Per una riflessione teorico-politica, si veda S. Benhabib, The rights of

piena o minima, completa o essenziale; essi possono essere permanenti o revocabili, così come possono essere accessibili solo formalmente ma non di fatto. In linea generale, alla regolarità e al maggiore radicamento sociale corrispondono diritti crescenti per quantità e qualità. Inversa- mente, alla irregolarità e al minore radicamento sociale corrispondono diritti decrescenti per quantità e qualità.

Anche questi poteri di confine si giustificano come espressioni del- la sovranità: differenziare gli statuti personali degli stranieri è il corri- spettivo “immateriale” della materiale potestà statuale di controllare i confini e la mobilità dei non cittadini. In regime di democrazia costitu- zionale, tali poteri di differenziazione trovano un limite nel principio di uguaglianza formale e sostanziale rispetto alla titolarità e al godimento di diritti che sono considerati “fondamentali”, nel senso che si tratta di diritti il cui riconoscimento è dovuto a tutte e tutti indipendentemente da ogni altra considerazione, compresa la nazionalità e lo status migra- torio. Il legislatore, fermo restando l’obbligo di rispettare un criterio di ragionevolezza nel prevedere disparità di trattamento tra gli stranieri o tra stranieri regolari e irregolari, gode comunque di ampia discrezio- nalità: discrezionalità che caratterizza l’intera legislazione migratoria64.

La differenziazione degli statuti personali degli stranieri viene codi- ficata per la prima volta dalla “Legge Turco-Napolitano” e, da qui, entra nel T.U. Imm. Da una parte, «lo straniero regolarmente soggiornante» gode dei medesimi diritti civili attribuiti al cittadino italiano, salvo che le convenzioni internazionali in vigore per l’Italia e la legge non dispon- gano diversamente (art. 2, comma 2). In attuazione della Convenzione dell’OIL n. 143 del 24 giugno 1975, a «tutti i lavoratori stranieri rego- larmente soggiornanti» e alle loro famiglie è garantita «parità di tratta- mento e piena uguaglianza di diritti rispetto ai lavoratori italiani» (art. 2, comma 3). Inoltre, «lo straniero regolarmente soggiornante partecipa alla vita pubblica locale» (art. 2, comma 4). Dall’altra parte, «allo straniero

comunque presente alla frontiera o nel territorio dello Stato sono ricono-

sciuti i diritti fondamentali della persona umana previsti dalle norme

64. Su questi aspetti, si vedano almeno le sentenze n. 78/2007 e n. 172/2012 della Corte costituzionale.

di diritto interno, dalle convenzioni internazionali in vigore e dai prin- cìpi di diritto internazionale generalmente riconosciuti» (art. 2, comma 1, corsivi miei). Allo straniero, dunque indipendentemente dallo status migratorio, «è riconosciuta parità di trattamento con il cittadino rela- tivamente alla tutela giurisdizionale dei diritti e degli interessi legittimi, nei rapporti con la pubblica amministrazione e nell’accesso ai pubblici servizi, nei limiti e nei modi previsti dalla legge» (art. 2, comma 5).

Per ciascun diritto riconosciuto, in teoria, agli stranieri occorre veri- ficare se e in che misura esso sia garantito ugualmente a tutti dalla legi- slazione e dalla prassi amministrativa. Da questo punto di vista, i diritti a servizi e prestazioni sociali sono forse i più controversi. La loro titola- rità, da parte delle diverse categorie di stranieri, è stata oggetto di aspri conflitti nel corso degli ultimi venti anni: autorità nazionali, regionali o locali hanno, infatti, esercitato i propri poteri di differenziazione esclu- dendo alcune categorie di stranieri in base alla durata della residenza, al tipo di permesso di soggiorno, alla condizione regolare o meno. Questi conflitti hanno spesso investito la giustizia ordinaria, amministrativa, costituzionale ed europea: le corti, ai rispettivi livelli, sono state così chiamate a verificare (e molto spesso a censurare) l’esistenza di discri- minazioni istituzionali65. Anche le norme del d.l. 4 ottobre 2018, n. 113,

finalizzate a impedire l’iscrizione anagrafica dei richiedenti asilo, vanno interpretate come un tentativo di esercitare il potere di differenziazione: oltre che un diritto soggettivo in sé, infatti, la residenza è il requisito per accedere ai servizi sociali, sanitari e assistenziali erogati sul territorio66.

65. Si vedano almeno F. Biondi Dal Monte, Dai diritti sociali alla cittadinanza. La condizione

giuridica dello straniero tra ordinamento italiano e prospettive sovranazionali, Torino, Giappichelli,

2013 e M. Barbera, A. Guariso, La tutela antidiscriminatoria. Fonti, strumenti, interpreti, Torino, Giappichelli, 2019. Si segnala il recente decreto del Tribunale di Roma (21 aprile 2020, n. 12835), secondo cui il buono spesa alimentare distribuito dai Comuni per soddisfare i bisogni primari dei soggetti più vulnerabili nell’emergenza da Covid-19, attiene al diritto all’alimentazione. Questo rientra nel nucleo insopprimibile di diritti spettanti necessariamente a tutte le persone in quanto tali e non può, dunque, essere negato allo straniero senza permesso di soggiorno.

66. Numerose pronunce giudiziarie, a partire da quella del Tribunale di Firenze (ordi- nanza del 18 marzo 2019), riconoscono ormai il diritto del richiedente asilo all’iscrizione anagrafica. Oltre a fornire un’interpretazione corretta delle norme sulla residenza, tali pro- nunce hanno spesso sottolineato l’effetto discriminatorio che la mancata iscrizione anagra- fica comporta per il godimento di diritti fondamentali.

8. Democratizzare i poteri di confine, democratizzare il

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