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La dimensione soggettiva del diritto di asilo: l’interpretazione del lemma “libertà democratiche”

Emanuele Ross

3. La dimensione soggettiva del diritto di asilo: l’interpretazione del lemma “libertà democratiche”

Se il tema affrontato nel paragrafo precedente è stato oggetto di un’attenzione sostanzialmente limitata da parte della dottrina, al con- trario quello dell’esatta qualificazione delle condizioni che rendono tutelabile la posizione dello straniero in base all’art. 10, comma terzo, Cost., ha ricevuto ampia e approfondita analisi.

A tale riguardo, non merita particolarmente soffermarsi sul proble- ma se il diritto in questione debba essere riconosciuto anche agli apo- lidi, oltre che ai cittadini di uno Stato straniero. Che la formulazione della disposizione costituzionale – in coerenza con i suoi lavori prepa- ratori – non ne consenta una lettura riduttiva con riguardo agli apolidi

25. Come sottolinea G. Nascimbene, Asilo e statuto di rifugiato, cit., p. 262, già nel diritto greco si distingueva l’asilo inteso come luogo in cui assicurare l’inviolabilità dall’“asilìa”, in- tendendo con tale termine i privilegi personali da garantire agli stranieri.

è del tutto scontato, sia in base ad una interpretazione letterale (la di- sposizione fa riferimento al “suo Paese” e non al “Paese di cui è cittadi- no”)26, sia con riguardo – più in generale – alla ratio della disposizione:

non vi è alcun argomento apprezzabile sul piano della ragionevolezza per negare a un apolide quanto riconosciuto a uno straniero27.

Altrettanto di relativamente facile soluzione, alla luce soprattutto dei lavori preparatori, è il problema relativo alla condizione di una con- creta persecuzione (o meno) del richiedente asilo nel proprio Paese di appartenenza. Stando al dibattito in Assemblea costituente, gli emenda- menti che presentavano un chiaro riferimento alla persecuzione (quello comunista, quello socialista ed anche quello della destra) furono respin- ti prima in Commissione dei 75 e successivamente in Assemblea, con la motivazione che quel diritto dovesse essere garantito ogni volta che vi fosse il pericolo concreto di una violazione anche (solo) potenziale dei diritti previsti dalla Costituzione italiana: senza quindi la necessità di verificare se quella violazione fosse passata dalla potenza all’atto. Alla luce di ciò, la persecuzione, che «si sostanzia in un aliquid facere da par- te dell’ordinamento di origine dello straniero» deve essere considerata come «un elemento senz’altro più grave e invasivo rispetto all’impedi- mento richiesto per il riconoscimento del diritto di asilo costituziona- le»28: possiamo quindi ritenere che l’esistenza di una persecuzione (in

potenza o in atto) costituisca un motivo di accertamento della condi- zione richiesta dalla disposizione costituzionale, ma che quest’ultima possa verificarsi (e provarsi) anche in assenza di situazioni persecutorie. Molto più delicato, anche con riguardo all’attuazione della disposi- zione costituzionale, è il problema di quali (e quanti) diritti (o, meglio

26. A. Cassese, op. cit., p. 535.

27. Va peraltro ricordato che gli apolidi sono parificati ai cittadini extracomunitari in re- lazione al riconoscimento della qualifica di beneficiario di protezione internazionale ai sensi della direttiva 2004/83/CE, recepita nel nostro Paese con il d.lgs. 19 novembre 2007, n. 251. Sulla condizione degli apolidi nel nostro ordinamento v. M.C. Scrufari, Lo status degli apolidi

tra luci ed ombre: da invisibili senza identità a titolari di diritti fondamentali, in Metamorfosi della cittadinanza e diritti degli stranieri, C. Panzera, A. Rauti, C. Salazar, A. Spadaro (a cura

di), Napoli, Editoriale scientifica, 2016, p. 433 ss. 28. M. Benvenuti, op. cit., p. 88.

libertà) debbano essere negati allo straniero affinché a questi possa es- sere riconosciuto il diritto di asilo.

L’espressione utilizzata dal costituente è “libertà democratiche”, che fu variamente intesa nel dibattito costituente. Certamente, da quanto si deduce da quest’ultimo, l’idea che animava i membri dell’Assemblea era riferita a quei diritti che avevano, in certa misura, riferimento o con- nessione con le idee politiche: i numerosi riferimenti agli “esuli”, spe- cie con riguardo a quanti erano stati costretti ad abbandonare l’Italia a causa del regime fascista, vanno certamente in questa direzione. Sì che, come è stato osservato, il concetto di asilo elaborato dai costituenti «aveva un carattere esclusivamente individuale, a tutela del combat- tente solitario della libertà, così come suggerivano le esperienze stori- che italiane, passate e recenti»29. Quindi non vi è dubbio, intanto, che

la titolarità del diritto di asilo debba essere garantita a coloro che nel Paese di provenienza non possano esprimere pubblicamente le proprie opinioni, ovvero a cui non sia riconosciuto il diritto di voto per ragioni politiche, oppure ancora che sempre a causa di motivi politici vengano discriminati nel lavoro, nelle professioni e così via (si pensi agli effet- ti delle leggi razziali durante il regime fascista). Pur nella difficoltà di definire l’esatta portata della categoria delle libertà politiche, possiamo tuttavia ritenere che la violazione di queste soddisfino certamente le condizioni richieste dall’art. 10, comma terzo, Cost.

Ma certamente siffatto riferimento non può ritenersi esaustivo: si pensi, per portare un solo esempio, al caso di una persona (magari di genere femminile) che sia gravemente discriminata nel proprio Paese a causa del genere cui appartiene30. Si potrebbe ritenere che, in questo

29. G. D’Orazio, op. cit., p. 19.

30. In tema, v. I. Boiano, Il riconoscimento dello status di rifugiato e le persecuzioni sulla

base del genere, in Diritto di asilo e protezione internazionale, F. Biondi Dal Monte, M. Melillo

(a cura di), Pisa, Pisa University Press, 2014, p. 137 ss. In giurisprudenza cfr. Corte di Cassa- zione, Sez. I, 24 novembre 2017, n. 28152, commentata da D. Genovese, Violenza di genere e

protezione internazionale. Note a margine di un recente orientamento della Corte di cassazione,

in www.questionegiustizia.it, 5 febbraio 2018, relativamente al riconoscimento dello status di rifugiato a favore di una donna di religione cristiana che si era rifiutata di attenersi alle con- suetudini del proprio villaggio in ordine alla scelta della persona con cui sposarsi.

caso, il diritto di asilo non debba essere riconosciuto perché si tratta di discriminazione non connessa all’idea politica? Mi pare evidente che la risposta debba essere negativa. Ed in effetti già Carlo Esposito indicava come causa generativa del diritto, accanto alla violazione delle libertà politiche, anche quella delle libertà civili31. Anche questa espressione ri-

chiederebbe un’analisi puntuale di cosa essa significhi e di quali diritti essa contenga (o non contenga)32: analisi che non è possibile qui con-

durre, ma che in generale induce a ritenere che l’espressione “libertà de- mocratiche” debba intendersi con riguardo alla dimensione sostanziale – e quindi non meramente procedurale – della democrazia (con tutto ciò che tale scelta comporta). Il che però apre a prospettive difficilmente definibili: si pensi, ad esempio, a possibili restrizioni (o addirittura eli- minazioni) della proprietà privata (che nessuno può contestare rientri nell’ambito delle libertà civili), o della libertà di riunione e di associa- zione, e così via.

Anche su tali aspetti basti, in questa circostanza, avere indicato i profili di cui occorre tenere conto.

Proseguendo con l’analisi del dato costituzionale, con riguardo all’e- spressione “libertà democratiche” si è già accennato che la verifica della tutela (o della negazione) di esse va operata in concreto: il che significa che il diritto di asilo debba essere riconosciuto anche se un ordinamen- to garantisca nelle sue norme dette libertà ma le neghi (sistematica- mente o meno) nella loro applicazione. Ciò che dunque viene richiesto (all’amministrazione prima e al giudice poi) è di compiere «una congrua valutazione complessiva di natura anche non giuridico-formale o, co- munque, non documentale o scritta». Sul punto si è già detto e non vi è molto di aggiungere, se non sottolineare la difficoltà di una tale valuta- zione e il suo carattere potenzialmente assai discrezionale.

Un altro punto che la formulazione costituzionale richiede di af- frontare riguarda la questione se sia sufficiente che venga violata una

sola libertà o sia richiesta invece la violazione di più – o anche di tut-

31. C. Esposito, Asilo, cit., p. 222.

32. Si ricordi che ai “diritti civili” (come a quelli “sociali”) fa riferimento l’art. 117, comma secondo, lett. m), della Costituzione.

te – tra esse. Escluderei intanto l’ultima opzione (la violazione di tutte le libertà democratiche garantite dalla Costituzione italiana) per una serie di ragioni facilmente intuibili (la difficoltà di formulare un cata- logo completo delle libertà costituzionali italiane, anche in relazione al carattere aperto di molte disposizioni, dell’incidenza delle carte inter- nazionali che integrano il catalogo interno; la concreta impossibilità di compiere un’indagine a tappeto sulla situazione dello Stato di prove- nienza dello straniero; l’irragionevole incongruità di escludere il diritto di asilo in presenza di una sola libertà che venga garantita da tale Stato, a raffronto delle altre, anche molte, che vengano negate, e così via). L’al- ternativa dunque resta tra una sola o più.

Sul punto, la dottrina esclude la seconda prospettiva, per la semplice e sufficiente ragione che «non può escludersi a priori che il mancato godimento anche di una sola delle libertà democratiche garantite dalla Costituzione italiana possa effettivamente determinare per un certo in- dividuo straniero una di quelle «condizioni di ‘invivibilità’ democratica nel Paese di origine a cui la Costituzione ha inteso fornire un esplicito rimedio con l’art. 10, comma 3, Cost.»33. Mi pare sia una considerazio-

ne senz’altro da condividere, e sulla quale non vi è pertanto bisogno di aggiungere altro.

Alla luce di ciò, merita considerare quanto previsto in una circo- lare del Ministro dell’Interno (del 4 luglio 2018) – e sulla quale si tor- nerà –, nella quale si legge che «nessuna circostanza può di per sé, in via esclusiva, costituire il presupposto per l’attribuzione del beneficio»: tralasciando ogni commento della qualifica di “beneficio” per indicare il provvedimento di riconoscimento di un diritto soggettivo perfetto, vi è da dire che l’interpretazione ministeriale, ancorché fosse accolta in via generale, non potrebbe valere in assoluto, in quanto occorrerebbe verificare – alla luce di quanto detto – quale libertà venga violata, in una logica complessiva di bilanciamento ragionevole.

33. Così, ancora, M. Benvenuti, op. cit., p. 68, che riprende P. Barile, Diritti dell’uomo e

libertà fondamentali, Bologna, il Mulino, 1984, p. 34. Analogamente P. Bonetti, I profili costi- tuzionali, cit., p. 46.

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