dalle tipologie classiche alle nuove prospettive
3. Per una revisione critica dei regimi di Esping-Anderson: dai Three worlds all’elaborazione attuale.
3.2 La complessità della geografia sociale contemporanea: solo tre modelli di welfare?
La complessità della struttura sociale contemporanea e, con preciso riferimento al contesto europeo, la fluidità e mutevolezza delle sue articolazioni, spingono infatti verso un’ulteriore critica all’elaborazione dei tre modelli del capitalismo del benessere, da più parti accusata di limitare la prospettiva analitica a solo alcune tipologie, senza sviluppare le più attuali dinamiche, per restare all’interno del contesto europeo281, delle realtà sociali di recente transizione verso la democrazia. In questa direzione si muove, per esempio, Giddens, il quale, in una recente analisi sulla situazione sociale dell’Europa nell’era globale, sottolinea la necessità di elaborare una nuova tipologia di ‘modello sociale’, definendo uno specifico modello per i paesi post-comunisti, che, nella loro veloce e confusa ricerca di adeguamento verso sistemi di welfare di stile europeo282, sono stati di recente etichettati come catching up model283, proprio a sottolineare la
280
Ivi, capitolo III, in particolare pp.77-8.
281 Le critiche alla tipologia dei tre modelli elaborata da Esping-Andersen coinvolge
infatti anche le realtà australiana e neozelandese. Tuttavia questa analisi, concentrandosi sulla dimensione europea del processo di mutamento sociale, restringerà il suo campo d’indagine solo alle aree europee.
282 Cfr. A. G
IDDENS, Europe in the Global Age, Cambridge Polity Press, 2007, in particolare pp. 9-11.
283
Cfr. K. AIGINGER, A. GUGER, The European Socioeconomic Model, in A. GIDDENS, P. DIAMOND and R. LIDDLE, «Global Europe, Social Europe», Cambridge Politiy Press, 2006, p.127.
caratterizzante dinamicità e rapidità di un sistema ancora in fase di definizione e consolidamento:
«A fifth model, not yet elaborate, may emerge in the future, consisting of the
new member countries (former socialist countires). Several social insitutions have been founded since the transition of these countries, which lack the financial means for a comprehensive welfare system and are determined to catch up with the old member countries»284
Questo quinto modello ancora in elaborazione (quinto poiché si tende orami a considerare come quarto modello la specifica configurazione dell’area mediterranea) si definisce principalmente in relazione alla complessa compresenza, motivata forse proprio da una precisa volontà di veloce avvicinamento alle altre realtà europee, di caratteristiche tipiche dei diversi modelli di welfare tradizionalmente intesi, dando vita così ad una nuova tipologia fortemente ibrida285 che, in particolare nelle repubbliche baltiche286, si configura come un intreccio tra modello liberale e modello socialdemocratico.
La formazione di un modello ibrido non rappresenta però una peculiarità esclusiva degli stati in transizione, ma diviene anzi un tratto sempre più frequente anche negli altri paesi europei, dove, come evidenzia Giddens287 ed ancora di più Hemerijck288, la mescolanza tra tipi analiticamente definiti di welfare sembra essere il tratto distintivo dei sistemi sociali che meglio si sono adattati ai profondi mutamenti socio-economici in atto. Le pressioni a cui i tre modelli di welfare sono sottoposti a causa di quello che Iversen e Wren hanno definito il “trilemma dell’economia dei servizi”289, vale a dire l’impossibilità per un sistema di welfare
284 Ibidem.
285 A tale proposito, cfr. anche J. C. R
EVILLA and A. SERRANO PASCUAL, Normative
foundation of activation regimes, Paper presented for the ESPAnet Conference 2007, Vienna
University of Economics and Business Administration, Austria 20-22 September, p.6.
286 A tale proposito si rimanda al capitolo IX, dedicato all’analisi della transizione sociale
nel contesto baltico ed in particolare estone.
287
Cfr. A. GIDDENS, Europe in the Global Age, o.c., p. 11.
288 Cfr. A. H
EMERIJCK, The Self Transformation of the European Social Model(s), in G. ESPING-ANDERSEN, «Why we need a new welfare state», o.c., pp.173-214; ID., Come cambia il
modello sociale europeo, in «Stato e mercato», numero 65, agosto 2002, pp. 191-235.
289
I. IVERSEN, and A. WREN, Equality, Employment and Budgetary Restraint: The
di mantenere equilibrati contemporaneamente obblighi finanziari, alti livelli di occupazione e bassi livelli di disuguaglianza, in un contesto di tendenziale de- industrializzazione e crescita del settore dei servizi, comporta infatti una serie di sfide e problematiche peculiari per ogni tipologia di welfare: i paesi scandinavi, per esempio, si trovano di fronte alla difficile scelta di liberalizzare i servizi, con un conseguente aumento della disuguaglianza, o di mantenere alti livelli di eguaglianza dei redditi, che, in condizione di restrizioni finanziarie, implica un aumento dei livelli di disoccupazione. Nel tentativo di rispondere a questo trilemma, i paesi anglo-sassoni hanno invece sacrificato l’obiettivo dell’uguaglianza a favore dell’occupazione e delle restrizioni finanziarie, una scelta che mette ora a confronto queste realtà con livelli elevati di povertà, occupazione di bassa qualità e scarsa acquisizione di competenze, producendo cicli cumulativi di svantaggi sociali ed esclusione di gruppi vulnerabili290. Nell’area continentale, invece, la triplice questione ha assunto una connotazione ancora diversa, essendo il problema principale la scarsa crescita occupazionale, limitata da un’elevata rigidità del lavoro nel settore privato e nel settore pubblico dal peso di supportare una troppo ampia fascia di popolazione inattiva291.
E’ allora impossibile garantire dei livelli di welfare equilibrati ed efficienti? Se si guarda alle performances realizzate dai paesi del nord Europa negli ultimi decenni, caratterizzati da un’elevata crescita occupazionale, pur all’interno di un generale mantenimento dei tradizionali assetti di welfare, sembrerebbe potersi affermare che il triplice nodo tipico delle società alto- industriali ed in particolare dell’economia dei servizi non sia irrisolvibile. Tuttavia bisogna riconoscere che tali successi hanno comportato l’adozione di misure specifiche, prime tra tutte le politiche di attivazione come contro bilanciamento ad un mercato del lavoro tendenzialmente de-regolarizzato ed ampiamente flessibile292, da molti interpretate come una trasposizione del sistema di workfare
290 Cfr. A. H
EMERIJCK, o.c., p.186.
291
Ibidem, pp.184-6.
elaborato nell’area anglosassone293, quindi assumendo nel nucleo centrale dei sistemi socialdemocratici misure e pratiche tipicamente riconducibili ai modelli liberali e che confluiscano nella definizione di sistemi ibridi.
La classica tipologia dei tre modelli perde allora ogni sua valenza analitica? Sicuramente no, e come già l’autore ne indicava la funzione idealtipica, ora ancor di più tali modelli assumono una specifica funzione euristica, non da intendersi come schemi rigidamente inglobanti tutte le realtà socio-economiche attuali, ma anzi da interpretarsi come quadri di riferimento e di orientamento per l’analisi delle trasformazioni sociali, economiche ed istituzionali in corso, da cogliere però nella loro dinamicità e nelle loro possibili interconnessioni, proprio come sottolinea Giddens, per il quale la tipologia di Andersen resta sicuramente utile, in quanto funzionale ad individuare delle categorie guida, ma i confini tra questi tipi ideali sono nella pratica molto permeabili e lo diventano sempre di più294.
Se la distinzione tipologica mantiene la sua funzione come punto di partenza per l’analisi, bisogna insomma avere il coraggio di andare oltre tale distinzione idealtipica e guardare alle «differenze intracluster»295 che caratterizzano sempre di più l’ibridazione istituzionale degli attuali sistemi di
welfare. Ed è proprio nel contesto di questa dinamicità, di queste interconnessioni
e complessità crescenti che si deve inserire la più attuale riflessione sul sistema di
welfare, sulle sue caratteristiche e sulle trasformazioni necessarie per fronteggiare
il cambiamento in tutte le sue poliedriche sfaccettature ed implicazioni.
293
Cfr. in particolare con M. JEPSEN,A.SERRANO PASCUAL,The European Social Model: an exercise in deconstruction, in «Journal of European Social Policy», 2005, 15 (3), pp.231-245;
J.F. HANDLER, Social citizenships and workfare in the US and Western Europe: from status to
contract, in «Journal of European Social Policy» 2003, 13(3), pp. 230-243; G. ESPING- ANDERSEN, Toward the Good Society, Once Again? In G.ESPING-ANDERSEN, Why we need an
new welfare state, .oc., pp. 1-25 (in particolare pp.5-6); ID., A Child-Centered Social Investment
Strategy, in ibidem, pp.47-49.
294 Cfr. A. G
IDDENS, Europe in the Global Age, o.c., p. 11.
295 Cfr. J. C. R
EVILLA and A. SERRANO PASCUAL, Normative foundation of activation
regimes, Paper presented for the ESPAnet Conference 2007, Vienna University of Economics and
4. Nuove dimensioni critiche: i sistemi di welfare tra rischio, frammentazione