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La cittadinanza europea tra apertura e chiusura sociale

Esclusione sociale e cittadinanza.

3. La cittadinanza europea tra apertura e chiusura sociale

La cittadinanza come «spazio istituzionale di interazione sociale»212 insiste sulla duplice dimensione del confine territoriale e sociale, in una prospettiva che interpreta quindi la cittadinanza come intrinsecamente legata all’idea di limite, di chiusura, propria del concetto di confine. Questa connotazione della cittadinanza come sfera che segna, sia territorialmente, sia socialmente, lo spazio di appartenenza, ne definisce quindi il suo potenziale esclusivo, nel momento in cui distingue tra cittadini territorialmente e socialmente inseriti nello spazio di appartenenza pubblica e soggetti esclusi da tale spazio.

Storicamente, la chiusura territoriale ha operato nella direzione di un progressivo allineamento dei diritti sociali con i confini nazionali, ma è nella dimensione sociale che essa ha manifestato il suo sviluppo più controverso, in relazione alla decisione di quali gruppi sociali inserire nei programmi di protezione pubblica e quali categorie lasciare escluse. Per quanto si sia trattato di un processo problematico e non di rado conflittuale, esso ha confluito in una progressiva istituzionalizzazione di pratiche inclusive, miranti a coprire il più possibile le diverse fasce di popolazione a livello nazionale e con criteri di ingresso decisamente rigidi per i non appartenenti alla nazione, ma ammessi su un dato territorio213. Non a caso, Ferrera definisce il welfare come prodotto di un lungo processo storico, attraverso cui le comunità nazionali hanno elaborato una pluralità di schemi redistributivi, di condivisione sociale, trasformandosi in veri e propri spazi conclusi di solidarietà; tuttavia proprio questi spazi di solidarietà condivisa che hanno rappresentato uno dei pilastri stabili del trentennio glorioso, hanno cominciato a mostrare segni di cedimento proprio c² ’avvio del processo di integrazione europea, che risponde all’opposta logica di apertura (dei mercati, della finanza etc..) Sul fronte sociale della cittadinanza, in particolare, i confini territoriali divengono meno pregnanti e perdono la loro valenza prioritaria

212 M. F

ERRERA, o.c., p. 3.

213

Cfr. M. FERRERA, Modelli di solidarietà. Politica e riforme sociali nelle democrazie, Il Mulino, Bologna 1993.

di marcatori dell’appartenenza, aprendo ad una progresiva destabilizzazione e destrutturazione dei regimi di sovranità nazionali214. Le due dimensioni della cittadinanza si intersecano perciò nella definizione di un più complesso rapporto tra contenitore e contenuti, per cui, come afferma Ferrera, mentre si assiste all’estensione ed all’approfondimento del contenuto (la cittadinanza), si assiste parallelamente all’indebolimento, o quanto meno all’assottigliamento, del contenitore (il territorio nazionale)215. In questa difficile e per molti versi incerta dinamica, la cittadinanza europea viene significativamente definita da Roche come denizenship, espressione con cui si definisce la posizione degli stranieri che vivono legalmente in un altro paese e che hanno quindi raggiunto la posizione di appartenenza formale alla comunità in cui si sono inseriti,216 piuttosto che come vera e propria citizenship217:

«at this stage of the development of the EU, we are all, to greater or lesser extent, ‘denizens’ rather than ‘citizens’ in the Union.[…] [A] supra national European puplic sphere and European citizenship, whatever their stage of development, are lixely to seem insubstantial and marginal by comparison with the national versions and membership in them seem artificial, merely a form of coexistence comparable to denzenship in national societies rather than an authentic form of participation comparable to national citizenship.»218

Questa mera forma di coesistenza, come si è visto storicamente imputabile allo sviluppo sociale ed istituzionale degli stati europei, che hanno teso a rafforzare l’idea di una sfera pubblica per l’esercizio della cittadinanza solo su base nazionale, diviene particolarmente critica nella fase attuale di costituzione della società europea ed anzi viene ad assumere le forme di una vera e propria

214 Cfr. S. L

EIBFRIED, and P. PIERSON, (eds.) European Social Policy between

Fragmentation and Integration, Washington D.C., Brookings Institution1995; S. BARTOLINI,

Restructuring Europe, Oxford, Oxford University Press, 2005

215

M. FERRERA, Verso una cittadinanza sociale ‘aperta’, o.c., p. 3.

216

Cfr. a tale proposito, oltre l’ampia letteratura in materia dello stesso M. ROCHE, in particolare Th. FAIST, Social Citizenship for Whom?, Everbury: Aldershot, 1995; M. MARTINIELLO, Citizenship of the European Union: a Critical view, in R. BAUBÖCK (Ed.),From aliens to Citizens. Redefining the Status of Immigrant in Europe, Averbury, Aldershot 1994, pp.

29-47; M. MARTINIELLO, Vers une Citoyenneté Multiculturelle de l’Union Européenne?, Cahiers de CLIO, 119, 1994, pp. 7-94.

217 M. R

OCHE, Citizenship and Exclusion: Reconstructing the European Union, o.c., p.7- 8.

manifestazione dell’esclusione.219 Nell’ambito di tale processo, Roche e van

Berkel evidenziando in particolare due sviluppi critici: la crisi del Modello Sociale Europeo220 e della cittadinanza sociale nazionale da un lato e, dall’altro, i problemi connessi con lo sviluppo dell’Europa come assetto istituzionale sovra- nazionale e, quindi, di una cittadinanza sociale transnazionale. In relazione alla crisi del Modello Sociale Europeo, il riferimento principale è alla più generale crisi del tradizionale modello di welfare post-bellico, che, dietro alle spinte del processo di globalizzazione economica e di flessibilizzazione dei sistemi capitalistici contemporanei221, ha incrinato le fondamenta dei modelli di cittadinanza sociale e di inclusione tipici del “trentennio d’oro”. Si apre così una nuova fase, in cui il modello europeo di inclusione sociale ed il suo correlato modello di cittadinanza sociale, vale a dire un modello di inclusione attraverso l’esercizio dei diritti di cittadinanza centrati sul diritto all’occupazione ed il diritto al sistema di welfare, sta entrando in crisi 222.

La questione dell’integrazione europea e quindi dello sviluppo di una cittadinanza sociale a livello transnazionale appare, forse anche per la sua multidimensionalità, ancor più complessa, presentandosi spesso come un fenomeno ambiguo e dalle ambivalenti implicazioni. Le numerose pressioni, economiche e non223, a cui l’Europa è sottoposta tendono infatti a definire forme di interdipendenza ed integrazione crescenti, aprendo però contemporaneamente su processi che possono essere di apertura quanto di chiusura. Si tratta di

219 Ibidem, p. 8. 220

V. infra, cap. VII.

221 Gli autori imputano anche, tra le cause dell’attuale crisi dei sistemi di welfare europei,

il processo di modernizzazione. Questa ainalisi dissente almeno parzialmente con questa considerazione perché si ritiene che il processo di modernizzazione inquadri una fase storica, nonché socio-economica ben più ampia, che affonda le sue radici nei primi processi di industrializzazione, mentre l’attuale fase di crisi attraversata dai sistemi di welfare attuali si inscrive piuttosto nel contesto di una transizione dalla modernità alla post-modernità (Si rimanda. a tale proposito all’ampia lettura in materia, in particolare Bauman, Beck, Giddens, Touraine)

222

M. ROCHE e R. VAN BERKEL, European Citizenship and Social Exclusion- An

Introduction, o.c., pp. XVII-XXXIV:.XIX.

223 La principale pressione che spinge verso una crescente integrazione è da ricercare

sicuramente nell’esigenza di rispondere costruttivamente alla nuova logica “tecno-economica” che guida i sistemi capitalistici avanzati, sotto le spinte della globalizzazione e della tecnologizzazione crescenti (Cfr. M. ROCHE e R.VAN BERKEL, ivi, p. XXI)

un’ambivalenza particolarmente evidente nell’ambito della sfera socio-economica, dove lo sviluppo degli stati nazionali come delle economie industriali capitaliste all’interno di un ordine mondiale centrato sul capitalismo internazionale, ha contribuito a generare, a livello nazionale, modelli e dinamiche di inclusione- esclusione che si sono poi consolidati sulla base di categorie quali classe, genere, età etnia etc.. In questo contesto si è assistito ad un duplice, parallelo, ma opposto processo: mentre i mercati del lavoro nazionali hanno infatti contribuito a loro volta a creare una specifica forma di esclusione sociale, nel momento in cui hanno tollerato e generato essi stessi disoccupazione, il lungo e difficile processo di costruzione degli welfare state nazionali e l’affermazione dei diritti di cittadinanza sociale hanno funzionato come sistema di contrappesi fondamentale ad arginare l’esclusione e le disuguaglianze determinate dal mercato del lavoro. Nelle dinamiche più recenti, tuttavia, questo sistema di checks and balances è entrato in crisi e l’interdipendenza funzionale del sistema sta venendo meno, sia perché i diversi welfare state nazionali si stanno dimostrando sempre più inefficaci, determinando e riproducendo essi stessi forme molteplici di esclusione e disuguaglianza, sia perché si sta affermando una nuova generazione di principi organizzativi che, aprendo sulla mobilità, il cambiamento e la flessibilità per imprenditori e lavoratori, impone una necessaria nuova regolazione del mercato per promuovere simultaneamente la crescita economica e l’inclusione sociale224.

In questa prospettiva, è evidente che il processo di integrazione europea, specialmente nella sua dimensione economica e sociale, rappresenta un percorso contrastato, in quanto promotore di possibilità tanto inclusive quanto esclusive, non necessariamente viste come due esiti contrapposti, ma anzi da interpretare quali forme coesistenti di una diversa declinazione socio-economica, che mentre promuove processi di inclusione, può creare o rafforzare vecchie e nuove forme di esclusione.

224 Ivi, pp

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