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Concetti tecnici e concetti giuridici

CAPITOLO III: CONCETTI TECNICI E CONCETTI GIURIDICI

5. Concetti tecnici e concetti giuridici

Quanto detto può essere utile per mettere a fuoco con maggiore chiarezza la funzione classificatoria che concetti tecnici tratti da discipline diverse dal diritto possono avere nell’ambito di un ragionamento giuridico e per non confonderla con la funzione classificatoria che deve essere assegnata ai concetti giuridici. Un esperto di botanica probabilmente è in grado di definire con

192 In letteratura si trovano altre espressioni equivalenti a “contenuto nozionale” e “relazionale”. Le più comuni sono:

“contenuto ristretto” ed “esteso” e “intensione primaria” e “secondaria”. Preferisco le espressioni “nozionale”/ “relazionale” perché a mio modo di vedere aiutano più delle altre la comprensione: il contenuto relazionale è definito solo

in relazione ad un certo mondo possibile, mentre quello nozionale è ancorato alla nozione che qualcuno ha di una certa

categoria di oggetti. Per riferirsi al contenuto nozionale a volte si usano anche altre espressioni come “intensione primaria” o “ruolo concettuale” per sottolineare la sua importanza nella spiegazione del rapporto tra linguaggio e pensiero: per i bidimensionalisti, “[u]na parte, o un aspetto del significato è ‘nella testa’: è quell’aspetto che è alla base della capacità di un parlante di compiere inferenze a base semantica, e che determina il rapporto tra le sue credenze, i suoi desideri e le sue azioni; è stato chiamato ‘ruolo concettuale’, ‘significato ristretto’, ‘ruolo cognitivo’” [Marconi, 1999b, p. 120].

maggiore precisione di una persona comune il concetto botanicamente adeguato di frutto. L’adeguatezza botanica del concetto sarà relativa alle proposizioni botaniche per esprimere le quali il concetto è stato elaborato. Per esempio, per esprimere correttamente la proposizione botanica secondo cui

Un frutto è il risultato della maturazione di un fiore.

è necessario assumere una definizione di “frutto” diversa rispetto a quella gastronomica. La constatazione che una certa definizione di “frutto” è adeguata per compiere giudizi in ambito botanico, però, non dice nulla, di per sé, circa la adeguatezza giuridica di quella definizione. In altri termini, l’adeguatezza del concetto è funzione della proposizione nella quale si intende impiegarlo. Le dispute concettuali che possono sorgere nelle diverse discipline sono sempre in fin dei conti dispute relative alla capacità del concetto di inserirsi in proposizioni vere e utili nell’ambito di quella disciplina.

Prendiamo l’esempio di Brink delle sostanze tossiche, modificandolo leggermente. Supponiamo che una certa legge, chiamiamola Legge nazionale sull’industria, preveda particolari cautele per l’impiego di “sostanze tossiche” in ambito produttivo e carcere a vita per chi non rispetti tali cautele. Supponiamo anche che i criteri di tossicità previsti dal diritto, in base alla definizione L di “sostanza tossica” contenuta nel testo di legge, siano tali da escludere la sostanza x che invece rientra nella definizione T adottata in ambito tecnico. Ora, non ha senso chiedersi in assoluto se L o T sia una migliore definizione di “sostanze tossica”. T potrebbe essere una definizione migliore di L in ambito tossicologico perché T raggruppa in modo coerente tutte e sole le sostanze che raggiungono un certo livello di pericolosità per la salute umana, mentre L potrebbe essere costituita da un’accozzaglia incoerente di criteri che uniscono in modo promiscuo sostanze nocive e non nocive. La definizione L di “sostanze tossica” potrebbe non consentire di formulare alcun giudizio coerente in ambito tossicologico perché le sostanze comprese da L potrebbero essere sprovviste di proprietà comuni significative sul piano tossicologico. Ciononostante, L potrebbe continuare ad essere una migliore definizione giuridica. Se un produttore della sostanza x subisse una condanna all’ergastolo per non avere adottato le cautele richieste dalla Legge nazionale sull’industria, benché x non rientri tra le sostanze considerate tossiche da tale legge, questo chiaramente rappresenterebbe una grave violazione del principio di riserva di legge in materia penale.

Il fatto che le parole utilizzate in ambito giuridico godano, in virtù del contesto d’uso, di una potenziale autonomia semantica non significa ovviamente che il loro significato non possa anche

coincidere in molti casi con il significato esse assumono nel linguaggio ordinario o in linguaggi tecnici, o dipendere da esso in modo sostanziale. Ciò che importa è che questa coincidenza o dipendenza non può essere data per scontata ma va valutata anch’essa in base a considerazioni giuridiche. In un caso come quello ipotizzato, il giudice potrebbe considerare giuridicamente inadeguate sia T sia L. Potrebbe rifiutare T, ritenendo che sia contrario al principio di legalità far rientrare nella nozione penalmente rilevante di sostanza tossica anche sostanze che prima della commissione del fatto non erano qualificate espressamente come tossiche dalla legge. E potrebbe rifiutare L ritenendo contrario al principio di offensività far rientrare nella nozione penalmente rilevante di sostanza tossica anche sostanze non nocive193. Sulla base di questi presupposti, il giudice

probabilmente considererebbe giuridicamente adeguata una terza definizione D che individua come tossiche tutte e sole le sostanze che rientrino sia in L che in T. In questo caso, il tecnico avrebbe un ruolo molto rilevante nel riconoscimento di x come un’istanza di D, ma questo riconoscimento verrebbe comunque condotto sulla base di criteri forniti dal giudice. L’intervento dell’esperto sarebbe pur sempre limitato alla soluzione della questione di fatto.

Ci sono infatti due tipi di questioni di fatto che un giudice può deferire all’esperto. Potremmo chiamarle questioni di fatto particolari e questioni di fatto generali. Quanto detto sul bidimensionalismo semantico ci può aiutare a distinguere le questioni di fatto generali, come quella relativa all’identificazione dell’estensione di D, dalle questioni di diritto, come quella relativa all’identificazione dell’intensione di D. Un giudice potrebbe chiedere ad un esperto di determinare se Tizio ha prodotto una sostanza che rispetti un certo contenuto nozionale, giuridicamente rilevante, di “sostanza tossica” (questione di fatto particolare). Però gli potrebbe anche chiedere di dare una descrizione diversa di quello stesso contenuto nozionale che si avvicini il più possibile al contenuto relazionale (questione di fatto generale)194. Potrebbe dire:

Esperto, hai dato prova di aver compreso la nozione giuridicamente rilevante di “sostanza tossica”. Tale nozione D si ricava identificando le sostanze che rientrano sia nella definizione scientifica T sia nella

193 Sul principio di offensività come criterio ermeneutico in ambito penale v. Manes [2005, p. 242].

194 Una distinzione simile a quella tra questioni di fatto particolari e generali è costituita dalla distinzione che in common

law si delinea tra “adjudicative” e “legislative facts”. Nance definisce questi ultimi nel modo seguente:

“Courts sometimes must assess a different category of facts, so-called legislative facts, facts that are pertinent to determining the content of the legal rules (whether substantive or procedural) that are to be applied in the litigation. For example, if a court is choosing between two possible common-law rules (or two possible interpretations of a statutory rule), one factual matter that it might consider is a comparison of the consequences that can be expected to flow from one or the other rule cadidate” [Nance, 2016, p. 2].

definizione L prevista dal legislatore nella Legge nazionale sull’Industria, ossia le sostanze che [omissis]. A questo punto, ti chiedo di fornirmi una relazione peritale che dia una descrizione il più possibile accurata delle sostanze che di fatto in natura soddisfano la descrizione D che ho fornito. Questo mi consentirà di comprendere se la sostanza che Tizio ha prodotto è tossica in senso giuridico, e quindi se Tizio deve essere condannato.

La descrizione del perito non sarà ovviamente il contenuto relazionale ma un diverso contenuto nozionale, con proprietà inferenziali diverse rispetto al contenuto nozionale del giudice. Mentre il contenuto nozionale del giudice, il concetto giuridico, consente di compiere un’inferenza de iure (in particolare, nell’esempio, di inferire la responsabilità del produttore), il contenuto nozionale dell’esperto, il concetto tecnico, permetterà di compiere inferenze tecniche de facto (per esempio, la non nocività del molibdeno).

Ai nostri fini non è necessario entrare nei dettagli del dibattito tra esternisti e internisti, né determinare se esista una difendibile differenza tra il bidimensionalismo e forme deboli di esternismo come quelle adottate da Stavropoulos e Ramírez. L’insegnamento che dobbiamo trarre da questo capitolo è solo che le categorie entro le quali incaselliamo i fenomeni della realtà sono relative agli interessi e agli scopi della categorizzazione. La categorizzazione giuridica del mondo e quella scientifica possono essere entrambe utili nel contesto di un processo. La prima è necessaria per il compimento di giudizi in iure della forma Se p, allora q, la seconda può essere necessaria per il compimento di inferenze probatorie che a loro volta consentono il compimento del giudizio di fatto p. Confondere queste due forme di categorizzazione e i loro scopi è un errore, le cui conseguenze valuteremo nel quarto e ultimo capitolo.

CAPITOLO IV: LA DEFERENZA SEMANTICA NEL PROCESSO