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CAPITOLO II: TESTIMONI ED ESPERTI

2. Due concezioni dell’esperto

2.3. L’esperto come fonte di prova

Secondo la prima lettura, avanzata per esempio da Friedrich Stein, le figure esperte che nei vari ordinamenti intervengono nel processo dovrebbero essere legalmente assimilate a fonti di prova testimoniale. Nel genus della testimonianza, la differentia specifica caratterizzante la deposizione di un esperto sarebbe costituita dall’oggetto della sua deposizione e più precisamente dalla natura tecnica di una delle premesse che la deposizione assume. Secondo Stein, infatti, la testimonianza esperta si caratterizza per il fatto di derivare da massime di esperienza (Erfahrungssätze) che solo l’esperto conosce e che sono ignote invece alle persone comuni. Di massime di esperienza, Stein da la seguente definizione:

Sono definizioni o giudizi ipotetici di contenuto generale, indipendenti dai casi concreti da decidersi nel processo e dalle sue circostanze particolari, guadagnati mediante l’esperienza, ma autonomi rispetto ai fatti particolari dalla cui osservazione sono ricavati e oltre i quali, rispetto a nuovi casi, pretendono di aver valore [Stein, F., 1893, p. 21, traduzione mia100].

Ciò che di nuovo l’esperto porta al processo è, per Stein, sempre un’informazione generale di questo tipo101. Questo – si badi bene – non significa però che gli esperti riferiscano solo fatti di natura

generale. Molto spesso le massime di esperienza costituiscono semplicemente una premessa tacita di un’inferenza. Spesso, ciò che l’esperto riferisce al giudice non è il fatto generale descritto dalla massima bensì un fatto particolare che può essere inferito da essa: ad esempio, l’affermazione “dato lo stato del suo cadavere, Chiara deve essere morta dopo una certa data”.

D’altro canto, tutte le deposizioni, secondo Stein, siano esse di esperti o di testimoni comuni, possono essere il risultato di inferenze, tratte dalla correlazione di percezioni con regole di carattere generale [cfr. Twining 2006, p. 334]. La peculiarità delle deposizioni degli esperti non sarebbe quella di

100 Testo originale:

„Sie sind Definitionen oder hypothetische Urtheile allgemeinen Inhaltes, vom concreten in diesem Prozesse abzuurtheilenden Falle und seinen einzelnen Thatsachen unabhängig, aus der Erfahrung gewonnen, aber selbständig gegenüber den Einzelfällen, aus deren Beobachtung sie abgezogen sind, und über die hinaus sie für neue Fälle Geltung beanspruchen“.

Tali massime, va precisato, sono “di esperienza” perché la comunità di esperti nel suo complesso può certificarne il fondamento sperimentale. Solo in questo senso sono “guadagnate mediante l’esperienza”: ciò naturalmente non significa che debbano essere enunciate da ogni singolo perito sulla base della propria esperienza personale. Al contrario, spiega Stein [1893, p. 21], l’apporto cognitivo del perito al processo non si fonda mai sulle sue percezioni individuali. La scoperta di una massima di esperienza, è un evento piuttosto raro. La sua conoscenza da parte di quasi tutti, esperti compresi, è indiretta. Tutti sappiamo, per esempio, che l’acqua bolle a cento gradi, ma nella maggior parte dei casi lo sappiamo perché lo abbiamo letto o ci è stato riferito, non perché lo abbiamo personalmente verificato. E lo stesso vale per la maggior parte delle conoscenze che gli esperti di una disciplina possiedono. Mentre la conoscenza del testimone comune è individuale, infungibile e basata sulla percezione, la conoscenza degli esperti per lo più è collettiva, fungibile e basata sull’educazione. Va poi sottolineato che non è affatto detto che le regole inferenziali di cui ci si serve nel ragionamento probatorio siano ottenute per generalizzazione induttiva, come l’espressione “massime di esperienza” sembrerebbe suggerire. La nozione è essenzialmente sovrapponibile a quella di legge scientifica di copertura cui si fa riferimento nel diritto penale [Stella, 1975].

101 Stein [1893, p. 15] spiega che anche le massime di esperienza sono un tipo di fatto, perché rientrano nell’ambito del

giudizio di fatto, ma preferisce dare loro un nome diverso per comodità espressiva, servendosi dell’espressione fatto per indicare i fatti particolari oggetto immediato di esperienza individuale („Erfahrungs” Thatsache) e l’espressione massima di esperienza per indicare i fatti generali che possono essere utilizzati come premesse maggiori nel ragionamento probatorio („allgemeine” Thatsache).

fondarsi su regole generali (si fondano su regole generali di esperienza anche le deposizioni comuni), bensì di fondarsi su regole generali che sono ignote alle persone comuni e che in quanto tali devono essere provate: le massime di esperienza appunto. Le massime di esperienza (come per esempio la massima secondo cui la larva di calliphora vomitoria impiega un determinato numero di giorni per svilupparsi in un cadavere), essendo fuori del novero di conoscenze delle persone comuni, dovrebbero essere considerate come parte del thema probandum. In questo, esse si differenzierebbero da quelle che Stein [1893, p. 14] chiama “regole della vita” (Regeln des Lebens), proposizioni di natura generale, strutturalmente analoghe alle massime di esperienza, che, al pari dei fatti notori, non esigono prova, in quanto parte del senso comune, o comunque del background culturale della maggioranza dei consociati, e che invece rappresentano le premesse dei giudizi espressi dai testimoni comuni. Testimoni comuni ed esperti sono riconducibili alla medesima categoria in quanto narrano fatti ignoti al giudice e alla maggioranza dei consociati e che possono dirsi provati solo in virtù della loro deposizione. Tuttavia, la ragione per cui questi fatti sono ignoti ed esigono di essere provati è diversa nei due casi: il testimone comune è chiamato a deporre in virtù della sua conoscenza di fatti particolari che ha percepito, non percepibili o non percepiti dal giudice; l’esperto in virtù della sua conoscenza di fatti generali, che fuoriescono dalla cultura delle persone comuni e che possono fondare inferenze che il giudice o un’altra persona comune non sarebbe autonomamente in grado di compiere.. Ciò

rende l’esperto un testimone fungibile. Può essere rimpiazzato da qualunque altro soggetto che abbia la conoscenza generale che è chiamato ad applicare al caso. Ciò a differenza del testimone oculare, il cui ruolo nel processo è ancorato alla sua qualità irrepetibile di avere percepito il particolare fatto narrato102.

102 L’origine della dottrina tedesca che distingue testimone comune ed esperto anche in base al dato della infungibilità del

primo e fungibilità del secondo è rintracciabile in Hegler [citato in Viada, p. 58 e Florian p. 120]. Si tratta di un criterio apparentemente discutibile. Se un omicidio si fosse verificato in un campo da calcio durante la finale dei mondiali e centinaia di migliaia di persone vi avessero assistito, il ruolo di ciascuna di loro come testimone sarebbe probabilmente fungibile. D’altro canto, sono immaginabili casi in cui vi sia un unico esperto al mondo a conoscenza della particolare regola inferenziale che deve essere applicata al caso: supponiamo perché è l’unico ad aver studiato la compresenza di due malattie rare su soggetti di una certa età. Tuttavia si può osservare che la conoscenza dell’esperto, a differenza di quella del testimone, tipicamente può essere diffusa (attraverso articoli scientifici, conferenze, lezioni) senza perdere valore sul piano epistemico. Anche per questo, gli esperti non sono soggetti al divieto di testimonianza de relato. Sembra che la testimonianza esperta non sia necessariamente soggetta a quello che Giovanni Tuzet [2018, p. 9] chiama principio della

massima prossimità secondo il quale il valore probatorio di un elemento di prova cresce tanto più è “prossimo” al fatto