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Esperimento mentale: un processo nella Terra gemella

CAPITOLO III: CONCETTI TECNICI E CONCETTI GIURIDICI

3. L’esternismo semantico nel diritto

3.1. Esperimento mentale: un processo nella Terra gemella

A questo punto vorrei proporvi un esperimento mentale. Immaginiamo di essere nel 1749. Tizio è un imprenditore agricolo proprietario di un vasto fondo coltivato. Caio è un altro imprenditore agricolo, proprietario di un fondo limitrofo, anch’esso coltivato. Nel fondo di Caio si trova un piccolo lago. L’acqua del lago è più che sufficiente a garantire l’irrigazione del fondo di Caio nei periodi di siccità che invece espongono spesso Tizio al rischio della perdita del raccolto. Tizio e Caio decidono dunque di stipulare un contratto di durata quinquennale con cui Caio si impegna in cambio di una somma di denaro a somministrare a richiesta di Tizio un certo quantitativo di “acqua idonea all’irrigazione e priva di impurità”. I due si dotano di una pompa idraulica sofisticatissima per il tempo che consente non solo di trasportare secondo le esigenze meteorologiche l’acqua dal fondo di Caio nel fondo di Tizio, ma anche di misurare la quantità di ettolitri che nel corso dei cinque anni di vigenza del contratto verrà somministrata.

Senonché quello stesso anno si verifica una siccità senza precedenti. Il sole batte sui due fondi senza sosta e per tutto l’anno non cade nemmeno un goccio di pioggia. Tizio e Caio usufruiscono nel solo 1749 di quasi tutta l’acqua disponibile. Nel 1750 le cose però non vanno meglio, la terra è secca e il laghetto ormai si sta riducendo a un piccolo stagno. L’acqua non è più sufficiente per irrigare entrambi i fondi. Caio dunque decide di chiudere la pompa, per poter salvare il proprio raccolto. Tizio, che corre a propria volta il rischio di perdere il suo raccolto, conviene in giudizio Caio per inadempimento contrattuale e risarcimento del danno.

Caio si costituisce in giudizio eccependo di non essere più tenuto alla somministrazione di acqua in quanto negli ultimi due anni di straordinaria siccità Tizio ha consumato la quantità massima di ettolitri dovuti in base al contratto. Si svolge dunque il processo dove Caio presenta come testimone l’ingegnere che ha costruito la pompa d’acqua che conferma che il quantitativo d’acqua somministrata negli ultimi due anni a Caio effettivamente supera il valore soglia pattuito. Tizio si difende sostenendo che l’acqua somministrata negli ultimi quattro mesi era stata prelevata da un punto del bacino in cui aveva ristagnato a causa della calura e quindi non doveva essere conteggiata. Sostiene di poter dimostrare che l’acqua di quella porzione del bacino non corrisponde alla nozione di “acqua idonea all’irrigazione e priva di impurità”.

La Corte decide dunque di nominare un esperto che possa esaminare alcuni campioni prelevati dal punto dello stagno in cui era stata collocata la pompa idraulica per valutare se quanto allegato da

Tizio corrisponde alla verità. L’esperto presenta al giudice una relazione con delle conclusioni sconvolgenti. Il liquido contenuto nel laghetto di Caio, in base agli accertamenti compiuti, non è affatto acqua. L’esperto spiega che di recente è stato scoperto che la composizione chimica dell’acqua è H2O: è H2O quella del mare, della pioggia, dei laghi e dei fiumi. Solo in rarissimi bacini lacustri si

è riscontrata la presenza di una molecola diversa, XYZ, elemento che ha le stesse proprietà superficiali dell’acqua, e che è straordinariamente efficace nell’irrigazione dei campi, ma che differisce dall’acqua nella sua struttura chimica. Il liquido somministrato da Caio è XYZ. Il giudice prende atto delle conclusioni dell’esperto e conclude che Caio non ha mai adempiuto, nemmeno parzialmente alla promessa contrattuale; per altro verso ritiene che Tizio non abbia alcun titolo per farsi somministrare ulteriore XYZ.

Entrambe le parti lamentano che la sentenza è ingiusta. Tizio sostiene che il giudice avrebbe dovuto accettare la domanda principale di adempimento e condannare Caio a somministrargli XYZ. Caio sostiene di non essere tenuto ad alcun risarcimento del danno nei confronti di Tizio per il fatto di avergli già corrisposto la quantità di XYZ prevista dal contratto. In sostanza, sia Tizio che Caio ritengono che il giudice abbia male interpretato il contratto, perché nel loro intento non c’era alcuna differenza tra H2O e XYZ, differenza questa che al tempo della stipula non era nota né a loro né a

nessun altra persona al mondo. E come dar loro torto?

Questo esempio mostra che l’adozione da parte del giudice di una semantica esternista, almeno prima facie, presenta dei grossi problemi. È pacifico che le parti usando la parola “acqua” nel testo negoziale si riferissero al liquido esemplificato dai paradigmi che noi tutti associamo all’acqua: il mare, la pioggia, i laghi, i fiumi… Quale sia la natura profonda di tale liquido, per il giudice esternista, è una questione di fatto e in quanto tale non può essere risolta domandandosi che cosa Tizio e Caio intendessero per “acqua”. Qualificando la natura dell’acqua come una questione di fatto, però, il giudice finisce per fraintendere il vero senso della domanda che le parti gli hanno posto. Tizio e Caio sono perfettamente d’accordo nel considerare irrilevante per la controversia tra loro sorta la scoperta della differenza tra H2O e XYZ. Tizio e Caio infatti non si sono rivolti al giudice per sapere quanta

H2O Tizio abbia ricevuto e quanta H2O Caio abbia somministrato. Né Tizio né Caio al momento della

formulazione della domanda avevano le risorse intellettuali per porsi un simile problema, dal momento che non possedevano il concetto di H2O. Il thema decidendum che Tizio e Caio hanno

deferito al giudice non può riguardare H2O, semplicemente perché né Tizio né Caio conoscevano

quel concetto al momento della stesura del contratto o al momento della formulazione della domanda. Il thema decidendum deve per forza riguardare l’unico concetto al quale Tizio e Caio con le loro

limitate risorse concettuali potevano fare riferimento: il loro concetto, approssimativo, scientificamente difettoso, di acqua.