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Considerazioni (non) conclusive sul principio di solidarietà nell’ordinamento giuridico europeo

Il principio di solidarietà nel diritto dell’Unione Europea

8. Considerazioni (non) conclusive sul principio di solidarietà nell’ordinamento giuridico europeo

L’Unione europea, fin dai trattati originari, ha mirato a istituire delle forme originali di solidarietà tra cittadini europei, tra Stati membri e tra questi ultimi e l’Unione stessa. Si osserva che nei trattati UE, sono emerse, a seguito delle varie riforme che li hanno investiti, due diverse idee di solidarietà. La prima è quella che dovrebbe essere promossa nelle relazioni tra cittadini europei e che fungerebbe da base per la “creazione di un’Unione sempre più stretta tra i popoli dell’Europa”. Siffatto genere di solidarietà viene declinata anzitutto nel Preambolo del TUE, il quale recita che le Parti contraenti desiderano rinforzare lo spirito di solidarietà tra i popoli, nel rispetto della loro storia, tradizione e cultura. La solidarietà tra i popoli d’Europa viene altresì definita quale valore fondante dell’Unione sia sul piano interno (art. 2, TUE) che sul piano esterno (art. 21, TUE)193. In aggiunta, la Carta dei diritti fondamentali dell’Unione dedica alla solidarietà il suo intero Titolo IV. Infine, l’art. 3, par. 3,

193 Cfr. P. M

ANZINI, La solidarietà tra Stati membri della Unione europea: un panorama ‘costituzionale’, cit., p. 1, in nota n. 3.

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TUE, prevede che sull’Unione gravi l’onere di promuovere la solidarietà tra le generazioni. La seconda idea di solidarietà attiene invece al livello istituzionale e normativo194 e dovrebbe incidere sulle relazioni tra Stati membri e/o tra questi ultimi e l’Unione europea. Quest’ultimo genere di solidarietà è rinvenibile in quelle disposizioni dell’Unione di rango primario (ampiamente descritte nel corso del presente capitolo) relative sostanzialmente a quattro settori: PESC, LSG, UEM e Energia.

A noi sembra possibile distinguere le disposizioni sopra citate in altrettante due categorie: nella prima sono da ricomprendere quelle norme che hanno recepito un’idea estesa di solidarietà quale criterio che deve ispirare la politica e gli atti dell’UE (v. ad es, artt. 2, 3 del TUE); nella seconda, di contro, possono essere annoverate quelle disposizioni che autorizzano gli interventi in solidarietà tra Stati membri solamente in casi ‘eccezionali’ e di conclamata emergenza (vedere ad es. l’art. 42, TUE e gli artt. 80, 122, 222 del TFUE). Al riguardo, preme allora sottolineare il contrasto che emerge tra gli ‘obiettivi’ che stimolano ad una solidarietà tra popoli europei e Stati membri e le disposizioni contenute negli altri segmenti in cui si sviluppano i trattati (vedi PESC, LSG, UEM, Energia), nei quali, viceversa, sembra affermarsi la ‘regola’ della non-solidarietà.

Si evidenzia inoltre come non sia un caso che le disposizioni di apertura dei trattati contengano un richiamo così ampio alla solidarietà. Esse si riferiscono ad una solidarietà tra individui, rectius tra cittadini europei; ci troviamo quindi nella dimensione privatistica delle relazioni, in cui la solidarietà tra persone può essere ispirata da un puro spirito di fratellanza. Non sorprende, allo stesso modo, che nelle altre sezioni in cui si articolano i trattati, i meccanismi di solidarietà si attivino solo in caso di emergenza e non rappresentino, viceversa, la norma. In effetti, si tratta, in questo caso, del profilo applicativo dell’atto solidale in cui necessariamente si devono mettere in moto istituzioni europee e/o Stati membri; di conseguenza, il loro atteggiamento risente delle remore nei confronti della solidarietà tipiche del diritto internazionale e dell’approccio giuridico. L’influenza residuale delle relazioni di stampo internazionalista si deduce dal fatto che la regola nell’UE è rappresentata dalla non-solidarietà; la novità, però, introdotta dal progetto europeo è stata l’instaurazione di forme di solidarietà tra Stati membri nei momenti di più acuta

194

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difficoltà. Quanto all’influenza esercitata dall’approccio giuridico, essa si ricava dal fatto che, nel momento in cui l’UE o gli Stati membri intervengono in solidarietà, essi sono spinti non da un sincero spirito di liberalità, ma da un secondo fine, il quale, il più delle volte, si riassume nel tentativo di risolvere immediatamente una situazione di crisi che potrebbe degenerare in caso di immobilismo e comportare costi maggiori in un secondo momento. Ci sembra dunque che l’approccio alla solidarietà, nel campo etico come in quello giuridico, nel diritto internazionale come in quello europeo, sia tutto riconducibile ad una stessa ‘matrice’; pertanto, certe scelte normative - come quelle sopra evidenziate - non sono state assolutamente casuali, bensì sono inquadrabili all’interno del medesimo disegno.

A parte queste considerazioni sostanziali, non è dubitabile che con il TUE e il TFUE il principio di solidarietà sia stato valorizzato in diversi settori dell’Unione. Va, inoltre, osservato che, grazie alle riforme post-Lisbona (vedi l’inserimento del par. 3 all’art. 136 del TFUE) e alle manovre non convenzionali della BCE (OMT e QE in particolare) sia stato compiuto un ulteriore passo in avanti verso una reale presa di coscienza dell’idea di solidarietà all’interno del tessuto giuridico ‘unionale’.

Ci pare, dunque, sostenibile la tesi secondo cui, in realtà, negli ultimi anni si sia assistito ad un rafforzamento della solidarietà piuttosto che ad un suo affievolimento, diversamente da quanto sostenuto dall’opinione pubblica europea. Con tutta probabilità, la sensazione che l’azione solidale tra gli Stati membri sia stata insufficiente negli ultimi anni trova una giustificazione nel fatto che la solidarietà appare ancor più necessaria in un periodo di crisi sistemica come quella attuale. In ultima analisi, ci sembra di poter sostenere che la solidarietà, nell’ordinamento giuridico europeo, sia ormai da considerare alla stregua di una vera e propria obbligazione, l’inadempimento della quale è particolarmente grave perché “scuote dalle fondamenta l’ordinamento giuridico comunitario”195

. A nulla vale il richiamo a interessi di natura nazionale, posto che “il fatto che uno Stato, in considerazione dei propri interessi nazionali, rompa unilateralmente l’equilibrio tra i vantaggi e gli oneri derivanti dalla sua appartenenza alla Comunità, lede l’uguaglianza degli Stati membri dinanzi al diritto comunitario» e soprattutto “determina discriminazioni a carico dei loro cittadini, in primissimo luogo di quelli dello Stato che trasgredisce le norme comunitarie”196.

195 Corte giust., 7 febbraio 1973, Commissione/Repubblica italiana, 39/72, Racc. 1973, p. 101. 196

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APITOLO

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La Solidarietà nella gestione delle crisi bancarie “prima”

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