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La risposta alla crisi finanziaria: il progetto di Unione Bancaria Europea

La Solidarietà nella gestione delle crisi bancarie “dopo” l’Unione Bancaria Europea

1. La risposta alla crisi finanziaria: il progetto di Unione Bancaria Europea

La gravità dei problemi insorti nel corso della crisi finanziaria, nonché le difficoltà incontrate durante la gestione delle insolvenze degli intermediari di rilevanza sistemica, hanno dimostrato come fosse necessario superare la disciplina europea in materia di crisi bancarie – in particolare la direttiva sul risanamento e la liquidazione delle banche – rivelatasi insufficiente per regolare gli effetti patologici che possono crearsi in caso di crisi finanziaria. I principi del riconoscimento reciproco delle procedure nazionali e del coordinamento342 si sono rivelati insufficienti e il passaggio ad un nuovo sistema che si basasse su una armonizzazione delle regole e su un accentramento dei poteri e degli strumento di intervento è diventato inevitabile. L’aspetto più critico emerso nel corso della lunga stagione delle insolvenze bancarie è costituito dalla difficoltà di gestione di crisi che colpiscono le banche c.d. ‘significative’, considerate troppo grandi o interconnesse per poter fallire (too big too fail or too interconnected to fail). Queste difficoltà hanno costretto i governi, le banche centrali e le autorità di vigilanza bancaria a elaborare dei piani di salvataggio ricorrendo al denaro pubblico. Di conseguenza, i costi della crisi invece di ricadere in capo agli investitori nell’istituto bancario in difficoltà, sono stati assunti dai contribuenti dei Paesi travolti dai dissesti bancari. In aggiunta, le insolvenze di tali banche, aventi operatività cross-border, sono state gestite senza un quadro normativo di gestione accentrata, vista l’insufficienza delle iniziative di cooperazione internazionale introdotte nella fase inziale della crisi.

Sul tema, intendevamo fare riferimento al Memorandum of Understanding on Cross. Border Financial Stability, entrato in vigore a giugno 2008; esso ha individuato una serie di principi comuni per la gestione e risoluzione delle crisi bancarie sistemiche e nuove procedure per rafforzare il coordinamento. In applicazione di tale documento, in ogni Stato sono stati creati appositi Domestic Standing Groups, i quali prevedevano la partecipazione dei Ministeri delle Finanze e delle autorità di supervisione coinvolte nel controllo del settore finanziario. Nello stesso periodo hanno visto la luce anche i Cross-Border Stability Groups, creati per il coordinamento tra le autorità di vigilanza, le banche centrali e i ministeri delle finanze, aventi lo scopo di facilitare valutazioni condivise sull’impatto delle crisi

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sistemiche sui gruppi bancari e sui mercati finanziari e di mettere a disposizione meccanismi per lo scambio di informazioni e realizzare un effettivo coordinamento tra i vari interventi.

Si trattava, dunque, di un assetto pre-crisi che, a fronte dell’elevata integrazione del settore bancario, si fondava principalmente sui sistemi nazionali di gestione delle crisi, rilevatisi inadeguati a preservare la stabilità finanziaria, a garantire la continuità delle funzioni essenziali delle banche e ad evitare che il costo dei salvataggi ricadesse sui contribuenti. Emblematico, sotto questo punto di vista, è stato il fallimento di Lehman Brothers, che ha dimostrato tutti i limiti esistenti nel quadro giuridico internazionale, tra cui l’apertura di procedure di liquidazione in ogni Paese in cui le filiazioni avevano sede, producendo gravi incertezze relativamente alle regole applicabili, differenze di trattamento tra i creditori e mancanza di coordinamento.

L’aggravarsi della crisi finanziaria - nell’autunno 2011 - ha stimolato le istituzioni a modificare l’architettura della vigilanza finanziaria e il sistema di gestione delle crisi a livello europeo. È divenuta sempre più chiara la necessità di abbandonare il principio del decentramento decisionale in favore di soluzioni organizzative sempre più accentrate, con lo scopo di aumentare l’efficacia e l’efficienza dell’azione e ridurne i costi. Inoltre, si è sottolineata la necessità di evitare che in futuro siano i contribuenti a sostenere l’onere dei dissesti bancari, prevedendo che dovesse essere imposto ai privati di sopportare i costi degli interventi.

In tal modo, ha incominciato a delinearsi il nuovo quadro giuridico relativo alla gestione delle insolvenze bancarie, che si inserirà poi in un progetto di più ampia portata volto a rafforzare il processo di integrazione e a costituire una governance prettamente europea nel settore della finanza.

Prende dunque copro un disegno normativo-istituzionale di ampio respiro, l’Unione Bancaria Europea (“UBE”), che dovrebbe rappresentare la risposta alle complesse problematiche emerse durante la crisi finanziaria, in particolare al loop che si era creati tra crisi bancaria e crisi del debito sovrano343. Il progetto di Unione bancaria si basa essenzialmente su tre pilastri: 1) il Meccanismo di Vigilanza Unico (Single Supervisory Mechanism) per l’eurozona, affidato alla Banca Centrale Europea e alle

343 I. V

ISCO, Il completamento dell’Unione bancaria e il finanziamento dell’economia reale, Intervento alla Conferenza interparlamentare di cui all’art. 13 del Fiscal Compact, Camera dei deputati, Roma, 30 settembre 2014; F.CAPRIGLIONE, L’ordinamento finanziario della Ue dopo la crisi, Utet, 2014.

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autorità di vigilanza nazionali; 2) un sistema centralizzato di gestione delle crisi (Single Resolution Mechanism); 3) uno Schema di garanzia dei depositi.

Per quanto attiene agli scopi perseguiti attraverso il varo dell’Unione bancaria344 europea, essa mira a: a) eliminare il circolo vizioso tra rischio sovrano e debito bancario. In effetti, durante la crisi, si è creata una stretta dipendenza tra il rischio sovrano, valutato dai mercati severamente nei confronti dei Paesi più fragili345 e le condizioni di finanziamento delle banche con sede in quei Paesi. Siffatto collegamento perverso ha operato i due direzioni: per un verso, ha operato dai rischi bancari verso il rischio sovrano, posto che i problemi emersi nel settore creditizio hanno inciso sui bilanci pubblici se si pensa ai salvataggi effettuati con il denaro pubblico; per l’altro, ha operato dai rischi sovrani ai rischi bancari, giacché i problemi budgetari di certi Stati hanno prodotto effetti negativi sui bilanci delle banche a causa della riduzione dei valori dei titoli pubblici in portafoglio e della maggiore difficoltà a finanziarsi a prezzi competitivi sul mercato. b) diminuire la frammentazione del settore bancario europeo, considerate le notevoli differenze in termini di accesso al mercato finanziario da parte dei sistemi bancari nazionali, che durante la crisi ha rappresentato un fattore che ha ostacolato - inter alia - l’efficacia della politica monetaria. c) adeguare l’assetto e le regole della supervisione micro- prudenziale ai mutamenti intervenuti nel sistema bancario, connessi allo sviluppo di intermediari aventi operatività e dimensione pan-europea; solo in tal modo è possibile andare oltre gli attuali sistemi di vigilanza a base nazionale ed eliminare la tendenza alla protezione dei ‘campioni’ nazionali in presenza di situazioni di difficoltà. 4) rendere più agevole il confronto tra banche e sistemi bancari di Stati membri differenti.

Va inoltre osservato come l’Unione bancaria sia fondamentale per rafforzare il mercato unico e per realizzare una effettiva Unione Monetaria a livello europeo346. Solo grazie a questa riforma sarà possibile creare quelle condizioni che permettano di beneficiare dei vantaggi derivanti dal mercato unico in termini di efficienza, concorrenza, minore costo dell’intermediazione e diversificazione del rischio. Al perseguimento di tali obiettivi concorre anche il Meccanismo Europeo di Stabilità

344

Per un’analisi approfondita sul tema v. F. MARTUCCI, L’Union bancaire, Bruxelles, Bruylant, Collection : “Droit de l’Union européenne”, 2016.

345 Ciò a causa della debolezza dei loro bilanci pubblici. 346 I.V

ISCO, The exit from euro crisis. Opportunities and challenges of the Banking Union, Intervento al seminario “Europe and the Future of global governance”, Roma, 10 settembre 2013.

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(MES), il quale ha il fine di ricapitalizzare direttamente le banche dopo l’entrata in vigore del Meccanismo di Vigilanza Unico, oltre che indirettamente attraverso l’erogazione di finanziamenti agli Stati membri.

È evidente, tuttavia, che la creazione di un nuovo assetto istituzionale basato sull’accentramento delle procedure decisionali, non può essere da solo sufficiente per garantire il successo dell’Unione bancaria. Essa necessariamente deve essere affiancata anche da un corpus comune di regole (il single rulebook) per tutte le banche aderenti. Il single rulebook consiste in una pletora di testi legislativi e di una normativa secondaria di attuazione; esso assume un ruolo cruciale per evitare lacune nella regolamentazione, assicurando allo stesso tempo quel level playing field per le banche e un più efficace funzionamento del mercato unico347.

Fanno parte del single rulebook una rinnovata e più severa disciplina relativa ai requisiti prudenziali (CRR e CRD IV, le quali hanno trasposto a livello europeo gli accordi di Basilea 3348), gli strumenti armonizzati di risoluzione delle crisi bancarie (dir. BRRD) e la disciplina degli schemi di garanzia dei depositi (modifica della Dir. sui DGS). Il fine perseguito dal legislatore europeo è il rafforzamento della regolamentazione prudenziale per diminuire le probabilità che si manifestino nuove crisi; le nuove regole in tema di gestione dei dissesti bancari servono invece a ridurre l’impatto dei fallimenti bancari e a minimizzare i costi della crisi per gli investitori. La legislazione secondaria (regolamenti e direttive) conferisce all’Autorità bancaria europea (EBA) un ruolo fondamentale ai fini della elaborazione del single rulebook. Tale autorità si occupa infatti della emanazione di Regulatory Technical Standards (RTS) e Implementing Technical Standards (ITS)349, i quali devono garantire una effettiva armonizzazione delle regole e una loro applicazione coerente all’interno dell’Unione.

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OMMISSIONE EUROPEA, A comprehensive Eu response to the financial crisis: a strong financial framework for Europe and a banking union for Eurozone, Bruxelles, 10 luglio 2013.

348 CCR (regolamento UE n. 575/2013) e CRD IV (direttiva 2013/36/Ce). In Italia il framework

europeo è stato recepito con la circolare n. 285/2013 della Banca d’Italia, Disposizioni di vigilanza per le banche. In ordine alle segnalazioni di vigilanza, secondo la CRR, su proposta dell’EBA, la Commissione europea deve adottare un regolamento che detta norme tecniche di attuazione (ITS) vincolanti per le segnalazioni prudenziali delle banche e delle imprese di investimento (schemi COREP).

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