La Solidarietà nella gestione delle crisi bancarie “dopo” l’Unione Bancaria Europea
10. I presupposti dell’azione di risoluzione
Risulta particolarmente utile comprendere quali siano i presupposti della resolution di un intermediario. Ai sensi dell’art. 27, essi sono cumulativamente: a) l’accertamento da parte dell’autorità che l’intermediario è in dissesto o a rischio di dissesto, intendendosi come tale sia il fatto che esso abbia perduto o stia per perdere i requisiti per operare, sia il fatto che il suo attivo sia o stia per divenire inferiore alle sue passività, sia il fatto che l’intermediario sia o stia per entrare in crisi di liquidità, sia infine il fatto che esso necessiti di supporto pubblico straordinario (salve eccezioni, che comunque devono essere autorizzate come aiuti di Stato); b) l’inesistenza di prospettive affinché il dissesto dell’intermediario possa essere evitato mediante alternative di mercato o azioni correttive dell’autorità; c) l’esistenza di un interesse pubblico a conseguire uno o più degli obiettivi della resolution sopra menzionati, allorché la liquidazione dell’intermediario, secondo l’ordinaria procedura di insolvenza non consenta di perseguirli nella stessa misura.
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Particolare attenzione merita il rapporto fra la resolution degli intermediari e le procedure di insolvenza ordinarie, descritte dalla direttiva alla stregua di quelle procedure che spossessano il debitore e che sono applicabili all’intermediario sia perché speciali sia perché sono applicabili a qualunque debitore (art. 2, n. 40). La direttiva, nel sottolineare le differenze presenti tra la resolution e le procedure ‘ordinarie’, sembra presupporre che queste mirino necessariamente alla liquidazione, e che dunque la resolution sottragga l’intermediario, o parte del suo patrimonio, al suo altrimenti inevitabile destino di essere liquidato. Ad onore del vero così non è, posto che, come già ampiamente dimostrato dall’ordinamento italiano, possono essere previste delle procedure per gli intermediari, anche speciali, che non mirano necessariamente alla liquidazione disaggregata e che, viceversa, sono già allo stato attuale dotate di alcuni degli strumenti di resolution, primo fra tutti la vendita dell’azienda in blocco con attivi selezionati di cui all’art. 90, TUB, che è del tutto equipollente ad una delle forme della vendita dell’attività d’impresa o sale of business di cui all’art. 26 della BRRD.
Conseguentemente, sembra potersi affermare che impostare il discorso in termini duali, contrapponendo la resolution degli intermediari alle procedure di insolvenza ordinarie, può risultare fuorviante. Ciò che la direttiva sembra piuttosto affermare è che, se sussistono uno o più elementi di interesse pubblico, quali quelli descritti all’articolo 26, le autorità competenti potranno utilizzare gli strumenti che consentono di non liquidare gli assets in modo disaggregato. Al contrario, la direttiva non sembra impedire: che il ricorso agli strumenti di resolution avvenga all’interno della procedura di insolvenza di norma applicabile all’intermediario (sia essa generale per tutti i debitori o speciale); che si attivino gli strumenti di resolution anche in assenza dei presupposti di interesse pubblico di cui all’art. 26 della direttiva. Alcuni strumenti sono infatti nuovi (il bail-in anzitutto), ma altri sono già consolidati e non è possibile sostenere che la direttiva ne sancisca l’esclusiva applicabilità a favore degli intermediari di rilevanza sistemica396. In altri termini, la direttiva BRRD non ha disciplinato una procedura ad hoc per la resolution dell’intermediario alternativa rispetto ad una procedura prettamente liquidatoria, né ha voluto pretendere che unicamente gli intermediari di rilevanza sistemica potessero accedere ai nuovi strumenti di resolution.
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AGELLA, L'Euro e la Politica Monetaria: Seconda edizione, G Giappichelli Editore, 2015, p. 194.
190 11. I principi generali della resolution
Oltre alla previsione di una serie di presupposti oggettivi per l’innesco della procedura di resolution, la BRRD ha previsto altresì una serie di principi generali che debbono essere rispettati dalle autorità di risoluzione nella fase di elaborazione ed esecuzione del piano di risoluzione dell’intermediario in dissesto.
Innanzitutto, conformemente al progetto di riallineamento degli incentivi degli investitori, tale direttiva prevede che la resolution non può mutare l’ordine di sopportazione delle perdite regolato dai principi generali e dai contratti stipulati dall’intermediario quando era in bonis. Da ciò si può desumere che la resolution: può intervenire solo dopo che sono stati cancellati o convertiti gli strumenti di capitale che erano già all’origine destinati a consentire l’adeguata capitalizzazione dell’intermediario. Le autorità deputate alla gestione della crisi hanno la facoltà di disporre tale conversione a prescindere dalla resolution o in combinazione con gli strumenti a disposizione per l’esecuzione di tale procedura (art. 51, BRRD); le perdite devono far carico previamente agli azionisti e poi ai creditori, secondo la gerarchia del rispettivo credito e, all’interno di soggetti nella medesima classe, rispettando il principio della par condicio creditorum.
È necessario altresì garantire che i creditori non subiscano perdite in misura superiore a quelle che avrebbero dovuto patire nella procedura di insolvenza ordinaria (no creditor worse off principle). Tale principio, affermato nell’art. 65 della direttiva, potrebbe essere la causa di una serie di problemi applicativi397, dato che promuovere una rassegna comparatistica fra scenari reali e ipotetici, benché spesso inevitabile (si pensi, nella legislazione nazionale, al giudizio di convenienza per il creditore dissenziente rispetto al concordato: art. 180 comma 4 l. fall.), è di difficile realizzazione, e lo è soprattutto in presenza di scenari connotati da un’altissima dinamicità, come quelli in cui interviene la resolution.
L’operazione di valutazione che un soggetto di natura indipendente deve effettuare, prima che si possa procedere all’applicazione degli strumenti di resolution, svolge un ruolo chiave ai fini della scelta degli strumenti descritti nella Direttiva BRRD. Suddetta valutazione ha la funzione di verificare la sussistenza dei presupposti dell’intervento, sia di orientarne il contenuto a favore di un certo tipo di strumenti
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ARELLI,M. SIGNORELLI, Politica economica: Le politiche nel nuovo scenario europeo e globale, G Giappichelli Editore, 2015, p. 334.
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piuttosto che ad altri, specificando altresì gli attivi e le passività da separare e/o da vendere. Essa serve inoltre a computare il livello di sopportazione delle perdite di azionisti e creditori soggetti a bail-in e ad individuare il corrispettivo delle cessioni che si intendono attuare. Tale valutazione può avere anche natura provvisoria e non esclude di per sé la possibilità che possano essere imposti dei conguagli a seguito di una successiva valutazione che, ai sensi dell’art. 66 della direttiva, deve essere necessariamente condotta dopo il ricorso agli strumenti di resolution. L’ampio margine di discrezionalità ontologicamente connesso ad una valutazione di tale complessità non rende difficile prevedere che proprio in questo ambito si concentreranno le principali controversie tra i soggetti interessati dall’applicazione dello strumento di risoluzione prescelto. A seguito di una valutazione, successiva all’utilizzazione dello strumento di resolution, può maturare - se del caso - il diritto al compenso per azionisti e creditori che abbiano sofferto perdite maggiori di quelle che avrebbero subìto qualora fosse stata utilizzata una procedura di insolvenza ordinaria.
L’autorità a cui è stato conferito il compito di gestire la resolution (individuata ai sensi dell’art. 3 della direttiva) può nominare uno special manager dotato delle necessarie qualifiche e competenze tecniche (art. 29 BRRD). Quest’ultimo può esercitare, sotto il controllo dell’autorità, tutti i poteri degli azionisti, degli amministratori e del top management. Pertanto, tale figura avrà il potere di decidere l’aumento del capitale, riorganizzare la struttura aziendale e intervenire anche sulla struttura proprietaria dell’intermediario (29, par. 3 BRRD), in conformità a quanto previsto dagli strumenti di resolution di cui alla BRRD.