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Considerazioni economiche influenti sulla domanda di giustizia

V. anche G.U Rescigno, Corso di diritto pubblico, cit., 522, 523 che riconosce funzion

3. Considerazioni economiche influenti sulla domanda di giustizia

La lentezza della giustizia, in termini di eccessivo volume di cause, dipende anche da valutazioni di ordine economico. La decisione di promuovere un giudizio, infatti, è preceduta da previsioni sulle probabilità di vincere e sui costi del giudizio. Per l’attore il valore atteso del giudizio è pari alla entità di tale probabilità rapportata al quantum che egli prevede di ottenere a seguito di una pronuncia favorevole, detratte le possibilità di soccombere e le spese di causa del convenuto, che in tal caso gli verrebbero accollate. La causa, pertanto, verrà promossa quando sia le probabilità

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S. La China, Giusto processo, laboriosa utopia, cit..

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Peroni F., Giusto processo e doppio grado di giurisdizione nel merito, cit.

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M. Dogliani, La categoria del tempo ragionevole nella formazione del giurista e nei

programmi di riforma della giustizia, Democrazia e diritto 2/2005.

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di vincere che il quantum atteso dal giudizio sono elevati in rapporto alle spese da sostenere in caso di soccombenza. Il valore netto del giudizio è dato dalla differenza tra il valore atteso dall’attore e la perdita attesa dal convenuto. Quest’ultima è pari al rapporto tra il quantum atteso dall’attore e le probabilità di soccombenza del convenuto, sommato alle spese di causa di entrambe le parti, accollate al convenuto nel caso di sua soccombenza.

Per ciascuna delle parti il giudizio comporta un determinato costo certo e un vantaggio incerto, la cui variabilità è tanto maggiore quanto maggiormente divergenti sono le aspettative di esse in ordine all’esito del giudizio. Qualora, invece, le parti abbiano previsioni omogenee, il valore del giudizio sarebbe sempre negativo, poiché coinciderebbe con le spese giudiziali.

In base a quanto detto può affermarsi che il giudizio è costituito da un trasferimento di risorse, rappresentate dai suoi costi. Tale dispendio di risorse può essere limitato attraverso il ricorso a forme transattive di risoluzione delle liti, alternative al giudizio. Le parti sono motivate a ricorrere ad esse quando l’entità dei costi di causa è molto più elevata delle previsioni ottimistiche sull’esito del giudizio. Il giudizio, pertanto, ha luogo solo quando ciascuna parte prevede un esito a se favorevole, cioè quando le previsioni sono molto divergenti. Nel caso contrario, invece, le parti trovano più conveniente accordarsi per evitare i costi del giudizio, al quale preferiscono una transazione. Un gran numero di giudizi si lega, pertanto, all’eccessivo ottimismo delle parti e alla loro incapacità di formulare corrette previsioni, il che consegue anche alla cattiva gestione delle informazioni sui precedenti, imputabile anche agli avvocati, che possono essere interessati a promuovere comunque l’instaurazione di giudizi. Oltre che da informazioni errate, la divergenza di vedute sull’esito del giudizio dipende da asimmetrie informative. Ciascuna parte, prima del giudizio, infatti, è a conoscenza dei mezzi di prova a suo favore, ma non di quelli a favore della controparte, dei quali non è in grado di valutare la rilevanza in ordine all’esito del giudizio. Se le parti fossero obbligate a rivelarsi reciprocamente i mezzi di prova prima di instaurare il giudizio, l’eliminazione di tali asimmetrie avrebbe probabili effetti deflattivi.

Il giudizio non comporta costi soltanto a carico delle parti, ma esso è molto dispendioso soprattutto per la collettività, in quanto il funzionamento degli organi giudiziari richiede un notevole impiego di risorse. Tra le misure adottabili al fine di ridurre l’incidenza delle c.d. cause bagatellari e realizzare risparmi di costi sociali vi è l’aumento dei costi a carico delle parti sotto forma di tasse e diritti di cancelleria. L’aumento dei costi, infatti, determina diminuzione del valore atteso del giudizio, incoraggiando il ricorso a forme di risoluzione stragiudiziali.

Da un punto di vista economico, il giudizio ha la finalità di dissuadere i consociati dal tenere comportamenti indesiderati. Per perseguire questo obiettivo si pone in essere un’attività che tende ad accertare la verità, non la verità fattuale ma quella probabile, cioè capace di essere dimostrata

in giudizio attraverso determinati strumenti, costituiti dai mezzi di prova, soggetti a specifiche regole. La tutela dei diritti individuali mediante il processo pertanto, è per l’ordinamento un fine solo mediato, attraverso il quale sono attuati gli obiettivi politici generali.

Alla luce di quanto detto, le regole probatorie hanno rilevante importanza, in quanto incidono su tali fini. Lo standard della prova investe la forza del mezzo probatorio nel determinare la decisione.

Nel nostro ordinamento vige il principio del libero convincimento del giudice, in base al quale il giudice non è soggetto a precisi parametri di valutazione, ma valuta la prova “secondo il suo prudente apprezzamento”, 315 (nell’ordinamento americano invece lo standard della prova civile è la preponderanza, e di quella penale l’assenza di ogni ragionevole dubbio, in Germania si richiede che le prove determinino nel giudice un convincimento quasi assoluto, una quasi certezza.), salvo i casi in cui determinati elementi detengono una speciale forza probatoria, come gli atti pubblici, che fanno piena prova fino querela di falso. Anche questo ha una spiegazione economica. Atti di questo tipo, infatti, sono difficili da falsificare, e la loro falsificazione sarebbe estremamente costosa.

L’eccessivo livello di cause è determinato dal fatto che la decisione del privato di intraprendere un giudizio non è affatto condizionata dalla considerazione dei costi che l’attività giurisdizionale produce a carico dello Stato, ma dipende dalla valutazione dei soli costi a carico delle parti.

Inoltre, i privati tengono conto soltanto degli effetti ex post della causa, ma non gli effetti ex ante, in termini di deterrenza dalla condotta illecita. Se il giudizio si rivela eccessivamente costoso in relazione alle aspettative dell’attore, questi si asterrà dal promuoverlo, ma contemporaneamente il convenuto si asterrà dall’interrompere una condotta potenzialmente lesiva per la collettività, che cesserebbe di tenere qualora, invece, fosse esposto agli elevati costi del giudizio. Sotto il profilo della deterrenza sociale, pertanto, la conciliazione è indesiderabile, poichè consente al convenuto di “riparare”, con il minore impiego di risorse, il danno causato all’attore, piuttosto che adottare ogni precauzione in ordine alla causazione di ulteriori danni al fine di evitare altri giudizi ed ingenti spese.

Nel sistema americano, in cui non vige la regola della soccombenza, il giudizio è più costoso e, pertanto, il ricorso allo strumento conciliativo è molto più frequente. Nel nostro ordinamento, invece, tale regola disincentiva le liti temerarie, ma incentiva quelle in cui si percepiscono elevate

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Cfr. N. Luhmann, Procedimenti giuridici e legittimazione sociale, Giuffrè 1995, 55. Il

principio della libera valutazione delle prove dà al giudice la possibilità di non considerare ruoli esterni al processo.

Si tratta, ad avviso di chi scrive, di una caratteristica tecnico-strutturale del processo che riflette il principio di imparzialità del giudice.

probabilità di vittoria.316 A causa della divergenza tra i costi privati e costi pubblici delle cause, nonché tra benefici attesi dalle parti e benefici sociali in termini di deterrenza, il numero di cause che i privati trovano conveniente intentare è disallineato al numero socialmente desiderabile di cause.

Il livello socialmente auspicabile di cause coincide con un livello tale da minimizzare i costi collettivi dei giudizi. Il livello desiderabile dalle parti può essere superiore o inferiore ad esso. Sappiamo già che i benefici privati sono costituiti dall’ammontare di ciò che l’attore otterrà in giudizio, mentre i benefici sociali si identificano con la deterrenza, cioè con gli effetti del giudizio sui comportamenti futuri potenzialmente lesivi, e sul livello di precauzioni che i potenziali danneggianti adotteranno. L’effetto deterrenza è di non poco rilievo, in quanto consente allo stato un ingente risparmio di risorse che dovrebbero destinarsi a prevenire condotte lesive e a rimediare ad esse. Si tratta di benefici che non sono oggetto di considerazione da parte dell’attore, il quale si determina ad agire o meno in giudizio soltanto in base alla sua previsione di guadagno. Per rimediare allo sbilanciamento, quando il livello effettivo dei processi è superiore a quello socialmente desiderabile, lo Stato, in genere, introduce misure deflattive (come l’aumento delle imposte connesse al giudizio). Quando il numero di cause è inferiore a quello auspicabile, la promozione di giudizi, invece, può essere incoraggiata mediante riduzione delle imposte o mediante l’estensione del principio di soccombenza. Queste politiche non sono sempre socialmente desiderabili. Nel primo caso, infatti, l’accollo di ingenti costi a carico degli attori non è equo e scoraggia dall’intentare causa, anche a detrimento degli effetti benefici per la società. Nel secondo caso, il trasferimento dei costi interamente a carico del soccombente determina un incremento del livello di cause ma, poiché l’esito del giudizio non è mai scontato, è possibile che non sia sempre il danneggiante a pagarne le spese.

Una via alternativa al processo è costituita dalla composizione stragiudiziale della lite, possibile quando l’ammontare minimo che l’attore è disposto ad accettare è inferiore all’ammontare massimo che il convenuto è disposto a pagare. La composizione è, pertanto, tanto più possibile quanto più omogenee siano le convinzioni delle parti sull’esito del processo. In tal caso ciascuna parte risparmia i costi di causa e lo stato risparmia i costi sociali. La possibilità di composizione, in particolare, sussiste finchè la differenza tra il valore della causa atteso dall’attore e quello atteso dal convenuto (nel suo caso in termini di risparmio) non eccede la somma dei costi di causa di entrambi. Ad incidere sul livello di cause sono, pertanto, le convinzioni delle parti, le quali sono influenzate dal livello di informazioni a loro disposizione, spesso diseguale.

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Il livello di cause è anche determinato dal loro valore, posto che più è elevato il valore della causa, maggiore è la sua probabilità, in quanto si amplifica la divergenza sul possibile esito, nonché dall’entità delle spese. Se le spese legali sono elevate la causa ha minore probabilità ed è più probabile la composizione, poiché la somma dei costi può superare la differenza tra le aspettative delle parti. I costi legali generalmente aumentano in base al valore delle controversie. Sul livello di cause incidono anche la propensione e l’avversione al rischio delle parti, che fanno, rispettivamente, aumentare o diminuire i processi. 317

Con riguardo agli effetti della composizione, essa, oltre ad avere una funzione deflattiva, costituisce un importante strumento di privacy per le parti (ad esempio, per un’impresa convenuta in giudizio per difetti della sua produzione la composizione presenta innegabili vantaggi). La privacy delle transazioni riduce ulteriormente l’effetto di deterrenza. 318

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