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Diritti soggettivi e interessi legittimi L’effettività della tutela attraverso il giudizio amministrativo anche alla luce del diritto comunitario.

V. anche G.U Rescigno, Corso di diritto pubblico, cit., 522, 523 che riconosce funzion

5. Diritti soggettivi e interessi legittimi L’effettività della tutela attraverso il giudizio amministrativo anche alla luce del diritto comunitario.

La peculiarità del sistema italiano di giustizia amministrativa si fonda sulla tutela differenziata apprestata nei confronti di quegli interessi che si contrappongono all’esercizio del potere pubblico, rispetto a quella prevista per i diritti che si vantano verso soggetti pubblici o privati in posizione di pari ordinazione. Il diritto comunitario, più attento all’aspetto sostanziale, non conosce tale distinzione, e non “ammette” forme di “tutela minore” nei confronti di situazioni giuridiche che nell’ordinamento italiano sono ascrivibili alla figura dell’interesse legittimo. L’influenza del diritto comunitario sul processo amministrativo ha indotto anche nel nostro ordinamento il riconoscimento a favore dell’interesse legittimo di una tutela piena ed effettiva.198

Fu la Costituzione a menzionare per la prima volta a proposito del riparto di giurisdizione le due differenti posizioni soggettive, i diritti soggettivi e gli interessi legittimi.

Le differenti teorie sulla distinzione tra le due situazioni possono ricondursi ad una fondamentale linea di demarcazione: ricorre il diritto soggettivo quando la legge regola direttamente una situazione, senza attribuire alla pubblica amministrazione il potere di disciplinarla in vista del soddisfacimento dell’interesse pubblico, sussiste invece l’interesse legittimo allorché la situazione

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Cfr. M. Lipari, La translatio del processo nel disegno di legge governativo approvato dalla

Camera di deputati (AS 1082): certezze e dubbi, www.federalismi.it 22/2008. V. anche F. Volpe, Translatio iudicii: una proposta di disciplina legislativa, www.lexitalia.it 10/2008.

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si presta ad essere disciplinata mediante l’esercizio di potere amministrativo discrezionale, ovvero il privato non può conseguire una situazione di vantaggio se non attraverso la legittima cooperazione della pubblica amministrazione. Il giudice ordinario è competente per l’accertamento della illegittimità dell’atto amministrativo che determini la violazione di un diritto soggettivo, il che accade quando l’atto viene posto in essere contravvenendo alle norme che disciplinano l’esercizio del potere amministrativo. Qualora, invece, l’amministrazione agisce in assenza di potere, l’atto è colpito da inesistenza.

Il discrimine tra giurisdizione ordinaria e amministrativa è stato tracciato dalla giurisprudenza con criteri empirici, ravvisando la prima quando si controverte sulla sussistenza in capo alla pubblica amministrazione del potere di porre in essere un determinato atto, e la seconda quando si discute, invece, del modo in cui il potere è stato esercitato. Nel primo caso, il giudice ordinario che accerti l’inesistenza in capo alla pubblica amministrazione del potere discrezionale di agire, non pronuncia l’illegittimità dell’atto ma la sua inesistenza, constatando che la lesione del diritto non è operata dall’atto amministrativo ma del comportamento materiale dell’amministrazione. Nel secondo caso, il giudice deve negare la propria giurisdizione affinché l’interessato ricorra preventivamente al giudice amministrativo per ottenere l’annullamento dell’atto, e successivamente si rivolga al giudice ordinario per conseguire la reintegrazione o il risarcimento del diritto soggettivo leso.

L’interesse legittimo è qualificato anche come interesse materiale coincidente con l’obbligo per la pubblica amministrazione di osservare le norme sul procedimento. Il vizio di violazione di legge può essere denunciato, infatti, sia nel caso di violazione delle norme che disciplinano una determinata attività e/o che prevedono il conseguimento di un determinato vantaggio sostanziale, che di violazione delle norme sul procedimento. 199

La dottrina sull’interesse legittimo si origina dalla esigenza di tutelare i privati nei confronti dell’esercizio dei pubblici poteri che incida su materie non costituenti oggetto di garanzie ricavabili dal vigente sistema costituzionale e normativo.

Una concezione dell’interesse legittimo lo considera come un riflesso indiretto dell’interesse pubblico oggetto di cura da parte dell’autorità; se l’azione pubblica è posta in essere legittimamente, l’interesse del privato non può ricevere protezione, mentre se essa è viziata da illegittimità, il privato può agire a tutela di un suo interesse specifico leso dall’azione pubblica in quanto ad essa connesso, chiedendo l’annullamento dell’atto amministrativo. La pronuncia di annullamento in tal caso ha l’effetto di ripristinare sia l’interesse generale perseguito mediante il corretto svolgimento dell’azione pubblica, che l’interesse soggettivo a questo connesso

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Quando l’azione pubblica incide su diritti soggettivi entra in gioco la teoria del diritto affievolito. In base ad essa, il diritto soggettivo, in conseguenza del suo affievolimento ad opera di un atto amministrativo illegittimo, è sostituito dall’interesse legittimo a chiedere l’annullamento di tale atto.

Un’altra teoria ricostruisce l’interesse legittimo in chiave esclusivamente processuale, ravvisando in esso un presupposto di legittimazione processuale dell’azione tesa ad ottenere l’annullamento dell’atto amministrativo illegittimo lesivo di un interesse materiale del soggetto. Si tratta di una teoria che non offre alcun sostegno agli interessi operanti fuori dal processo, come ad esempio quelli coinvolti nel procedimento amministrativo o attinenti a situazioni non tutelabili mediante strumenti processuali.

In base ad una più evoluta concezione, invece, l’interesse legittimo è costituito da una situazione soggettiva di vantaggio rispetto ad un bene della vita, posizione vantata nei confronti della pubblica potestà e, pertanto, caratterizzata da minori poteri rispetto al diritto soggettivo; il suo titolare ha facoltà meno intense, che si esauriscono nella possibilità di esperire a sua tutela gli specifici rimedi previsti dalla legge anziché pretendere che il soggetto passivo assicuri il soddisfacimento del suo interesse.

Merita cenno anche la distinzione tra interesse legittimo e interesse di fatto, il primo ha ad oggetto un interesse attuale ad un bene della vita, il secondo è l’aspirazione ad un vantaggio, e si identifica, normalmente, nell’aspetto personale di un interesse diffuso. Non sempre si tratta di un’agevole distinzione. 200

La diversificazione dell’interesse legittimo dal diritto soggettivo si è sempre basata sul suo carattere “strumentale” o “dinamico”nei confronti della potestà pubblica. A seguito della riforma del processo amministrativo di cui alla legge 205/2000 e del diritto comunitario e internazionale questa costruzione teorica dell’interesse legittimo è divenuta inidonea. L’articolo 7 della legge 205/2000 prevede l’esecuzione in forma specifica e il risarcimento del danno (anche) in sede di giurisdizione generale di legittimità. Questa previsione dimostra l’ingresso nel nostro ordinamento di una concezione dell’interesse legittimo quale situazione giuridica soggettiva “finale”, a differenza degli interessi presi in considerazione nel procedimento amministrativo. Tale situazione a volte coincide con posizioni tutelate, in ambito nazionale o internazionale, quali diritti soggettivi. La normativa comunitaria, infatti, riconosce in molti casi come diritti soggettivi perfetti situazioni tradizionalmente afferenti a interessi legittimi nel diritto nazionale, ad esempio in materia di trasporti, energia, ecc. La Corte di giustizia equipara le due situazioni sotto il profilo degli strumenti processuali di tutela e delle garanzie a questi inerenti.

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All’interno della categoria dell’interesse legittimo trovano posto situazioni molto differenti l’una dall’altra, che vanno da mere pretese a interessi equiparabili o addirittura più potenti di certi diritti soggettivi. Sotto il profilo processuale, si distinguono interessi personali, di categoria, diffusi e collettivi. I primi sono interessi “differenziati” a beni della vita, i secondi sono quelli che fanno capo a determinate categorie professionali organizzate in enti pubblici, come Camere di commercio e Ordini professionali. Gli interessi diffusi e quelli collettivi sono quelli della collettività, ma mentre i primi non sono imputabili a soggetti determinati, i secondi sono tutelabili in capo a determinati centri di riferimento ed imputazione, come sindacati, partiti politici, associazioni di consumatori, organizzazioni ambientaliste, ecc. La legittimazione ad agire per la tutela di interessi diffusi invece deve essere accertata caso per caso. 201

A norma dell’articolo 24 Costituzione “tutti possono agire in giudizio per la tutela dei propri diritti e interessi legittimi”. In un’epoca di ordinamenti multilivello, cioè in cui coesistono e si integrano reciprocamente vari ordinamenti, nazionale, comunitario, internazionale, non spetta sempre e comunque allo Stato l’individuazione di diritti soggettivi e interessi legittimi. Vi sono diritti soggettivi che, in quanto riconosciuti dalle Carte internazionali e dalla Costituzione come inviolabili, non possono mai essere classificati come interessi legittimi e, pertanto, anche quando siano coinvolti in controversie relative a materie di competenza del giudice amministrativo, devono essere tutelati con le tecniche proprie dei diritti soggettivi.

In relazione alle situazioni soggettive oggetto di riconoscimento da parte della normativa comunitaria, la giurisprudenza della Corte di giustizia distingue le materie di esclusiva competenza dell’ amministrazione comunitaria, e quelle di coamministrazione tra stati membri e comunità. Nel primo caso si ha lo spostamento di competenza dal giudice amministrativo al giudice civile, nel secondo caso spetta all’organo dello stato membro deputato a statuire sulla giurisdizione qualificare la situazione soggettiva in termini di diritto o interesse al fine di individuare il giudice competente. Tale qualificazione non può incidere negativamente sul principio di effettività della tutela giurisdizionale e del giusto processo. Quanto detto non implica che l’interesse legittimo sia equiparato al diritto soggettivo, ma che deve essere tutelato con le stesse tecniche. 202

La normativa comunitaria si concentra essenzialmente su aspetti di diritto sostanziale, poiché, in nome del c.d. principio di autonomia processuale, agli stati si riconosce autonomia nella previsione dei mezzi processuali per la tutela di situazioni giuridiche soggettive oggetto di riconoscimento da parte del diritto comunitario. Il principio di autonomia processuale è temperato

201

E. Picozza, Il processo amministrativo, cit. 60, 61, 62.

202

da un altro principio, quello di non discriminazione o equivalenza, in forza del quale ogni stato deve comunque garantire a tali situazioni un regime di tutela giurisdizionale almeno pari a quello previsto per le analoghe situazioni di diritto interno. 203

I c.d. diritti soggettivi comunitari comprendono situazioni ascrivibili nel diritto interno a diritti soggettivi o interessi legittimi. Tale distinzione non ha rilievo nel diritto comunitario, che è indifferente alla qualificazione della situazione soggettiva nel diritto nazionale purché ad essa siano comunque assicurati gli standards di tutela comunitari. La Corte di giustizia, in maniera pragmatica, afferma che le disposizioni comunitarie obbligano le autorità degli stati membri, i giudici in particolare, a tutelare immediatamente e direttamente gli interessi dei singoli lesi dalla violazione di dette disposizioni, a prescindere dal rapporto intercorrente, in base al diritto nazionale, tra questi interessi e l’interesse pubblico coinvolto. Spetta al diritto interno stabilire la natura della posizione giuridica, individuare il giudice competente alla sua tutela e fissare le regole processuali. Tali modalità non possono essere tali da riservare una tutela deteriore di quella operante in analoghe azioni nel diritto interno, o strutturate in modo da rendere di fatto impossibile l’esercizio di quei diritti. Il diritto comunitario, in sostanza, condiziona il diritto interno sul terreno processuale al fine di estendere gli standards di tutela, ma non incide sulle classificazioni giuridiche soggettive di diritto sostanziale vigenti nei vari ordinamenti nazionali, nei quali possono tranquillamente continuare a coesistere i diritti soggettivi e gli interessi legittimi a condizione che siano garantiti a entrambi omogenei livelli di adeguata tutela. 204

I sistemi nazionali sono influenzati dal c.d. processo amministrativo europeo, che è quello che si svolge davanti alle giurisdizioni amministrative comunitarie nonché il processo amministrativo nazionale nel quale trova spazio l’applicazione di normative comunitarie.205

Giudici amministrativi comunitari sono la Corte di Giustizia e il Tribunale di primo grado quando esercitano il controllo giudiziale dell’azione amministrativa a favore dei privati, previsto dal

203

S. Tarullo, Il giusto processo amministrativo, Giuffrè 2004, 42, 43.

204

S. Tarullo, Il giusto processo amministrativo, cit., 72, 73, 74.

205

L’attività amministrativa comunitaria, infatti è svolta solo in parte dalle istituzioni

comunitarie direttamente, mentre la restante parte è demandata agli stati membri, che vi provvedono in base alla loro organizzazioni e alle loro modalità di azione. Il che vuol dire che solo alcune delle controversie in merito ad essa sono portate dinanzi ai giudici comunitari, mentre altre, che vedono contrapposti i singoli all’amministrazione degli stati membri agenti in esecuzione del diritto comunitario, sono decise dai giudici amministrativi nazionali. Vi sono anche, come già accennato, ipotesi di coamministrazione e di apparati amministrativi comuni, casi nei quali nello stesso procedimento amministrativo intervengono congiuntamente istituzioni comunitarie e organi nazionali. Il che dà luogo ad intrecci di competenze tra giudice comunitario e giudice nazionale.

Trattato. 206 Il processo amministrativo dinanzi alle istituzioni comunitarie è assimilabile, nei suoi caratteri generali, ai processi amministrativi che si svolgono innanzi ai giudici amministrativi nazionali, ed infatti si presenta come processo speciale affidato ad un giudice appositamente istituito e finalizzato alla tutela diretta degli amministrati nei confronti di atti e attività dei pubblici poteri.

Il sistema europeo di giustizia amministrativa è frutto dell’elaborazione da parte della Corte di Giustizia dei principi europei del giusto processo e di quei principi degli stati membri in materia processuale che essa individua come principi giuridici generali su cui si basano le tradizioni costituzionali comuni agli stati membri. 207

Tra questi il principale è quello che garantisce la tutela giurisdizionale nei confronti dei pubblici poteri. 208 In base ad esso, all’efficacia diretta del diritto sostanziale comunitario corrisponde una tutela diretta delle situazioni soggettive da esso scaturenti. Il giudice nazionale è tenuto a disapplicare le norme interne in contrasto con il diritto comunitario e ad applicare le norme processuali comunitarie attuative dei principi CEDU, in particolar modo del principio di effettività, dal quale può discendere l’affermazione di un diritto di azione anche nei casi in cui l’ordinamento interno non lo preveda. Il principio di effettività della tutela giurisdizionale costituisce, pertanto, un canone guida della tutela giurisdizionale amministrativa comunitaria, e di intervento sul diritto processuale amministrativo nazionale. Sempre nell’ambito del tema della effettività della protezione giurisdizionale, assume rilievo la tutela cautelare, campo nel quale i principi della disciplina processuale comunitaria hanno particolarmente influenzato le riforme del processo amministrativo nazionale, avutesi in Francia e in Italia. In ambito comunitario è molto avvertita l’esigenza cautelare, il Trattato prevede, infatti, oltre al potere di sospensione del provvedimento impugnato, il potere della Corte di Giustizia di disporre misure cautelari atipiche

206

In tale veste il giudice comunitario non è giudice internazionale delle controversie tra gli

stati e la Comunità, ma è un giudice amministrativo chiamato alla verifica della legittimità degli atti amministrativi delle istituzioni comunitarie o dell’omissione di atti che queste sono tenute ad adottare, nonché a decidere le controversie in tema di risarcimento dei danni cagionati dalla Comunità o dai suoi agenti.

207

L’unitarietà di tale sistema e l’uniforme applicazione del diritto sono garantite dal meccanismo del rinvio pregiudiziale alla Corte di Giustizia, cui sono tenuti i giudici nazionali a norma dell’articolo 234 del Trattato quando devono risolvere questioni relative all’applicazione o alla validità di atti o disposizioni comunitarie, nonché attraverso l’influsso della normativa processuale comunitaria e della giurisprudenza della Corte di Giustizia, che ha ripetutamente affermato la propria competenza ad interpretare disposizioni di diritto interno di derivazione comunitaria.

208

Per una esposizione delle varie forme di tutela giurisdizionale nel diritto amministrativo

europeo, vedi, Corso di diritto amministrativo, diretto da S. Cassese, Diritto amministrativo europeo, principi e istituti, a cura di G. Della Cananea, II ed. Milano Giuffrè 2008, da p. 138.

(art. 243) idonee a proteggere provvisoriamente gli interessi dedotti in giudizio. 209 Discipline nazionali che vietano o non prevedono adeguati strumenti cautelari devono essere disapplicate dai giudici interni, i quali sono tenuti ad offrire tutela cautelare secondo i principi testé esposti elaborati dalla Corte di Giustizia. 210

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