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La separazione nelle leggi di riforma Il ruolo dei dirigenti, gli incarichi, lo spoil system

PARTE SECONDA

3. La separazione nelle leggi di riforma Il ruolo dei dirigenti, gli incarichi, lo spoil system

In ossequio alla Costituzione, la legge delega 421/1992 vincolava il Governo al rispetto del principio “della separazione tra i compiti di direzione politica e quelli di direzione amministrativa”, principio ribadito anche dalla legge 59/1997. Il d. lgs 29/1993, attuando la delega, introdusse una marcata separazione tra le funzioni di indirizzo politico-amministrativo, di competenza degli organi di governo, i quali fissano gli obiettivi e i programmi da attuare e verificano la rispondenza dei risultati della gestione agli indirizzi impartiti, ed il potere di gestione finanziaria, tecnica e amministrativa, attribuito ai dirigenti mediante il riconoscimento di autonomi poteri di spesa e di organizzazione delle risorse. La distinzione tra politica e amministrazione viene rafforzata con il d. lgs 80/1998, in cui viene soppresso il potere del Ministro di revocare, riformare o avocare o comunque adottare atti di competenza dei dirigenti, se non nei casi di inerzia o grave inosservanza delle direttive generali e, comunque, sempre attraverso la nomina di un commissario ad acta. Si afferma così un modello di organizzazione amministrativa che attribuisce al management pubblico autonomi poteri gestionali, e agli organi di direzione politica (competenti alla nomina e revoca dei dirigenti fiduciariamente legati al Governo) solo funzioni di indirizzo.

Il d.lgs 29/1993 è sostituito dal d.lgs 165/2001 - Norme sul rapporto di lavoro alle dipendenze della pubblica amministrazione, che attribuisce in generale ai dirigenti pubblici “l’adozione degli atti e provvedimenti amministrativi, compresi tutti gli atti che impegnano l’amministrazione verso l’esterno, nonché la gestione finanziaria, tecnica e amministrativa”. Ai dirigenti sono conferiti “autonomi poteri di spesa , di organizzazione delle risorse umane, strumentali, di controllo”, attribuzioni che possono essere derogate solo nei casi espressamente previsti dalla legge. Ogni norma che attribuisca ad organi di governo la competenza di adottare atti di gestione e provvedimenti amministrativi deve interpretarsi nel senso che tali funzioni sono riconosciute ai dirigenti.

Non va taciuto tuttavia che tale principio è reso inoperante allorché l’emanazione di direttive generali e programmi sia omessa o ritardata o qualora gli obiettivi siano individuati in modo impreciso o contraddittorio, determinando inazione da parte degli organi amministrativi, impossibilitati in tali condizioni ad esercitare i poteri loro demandati dalle norme. Una particolare ipotesi ricorre allorché uno specifico obiettivo di azione pubblica si ponga in contrasto con l’interesse pubblico generale.

Si osserva inoltre che l’introduzione nel diritto positivo di un sistema di amministrazione basato sulla separazione tra politica e amministrazione accompagnato dalla attribuzione di un complesso di competenze in capo ai dirigenti pubblici non è sufficiente senza la previsione della garanzia di adeguati e concreti spazi di autonomia decisionale. A tal fine l’articolo 3 del d.lgs 29/1993 ha previsto che le attribuzioni dei dirigenti possono essere derogate soltanto ad opera di specifiche disposizioni di legge. 417

Nel nostro Ordinamento le funzioni di amministrazione attiva sono assegnate ai dirigenti delle strutture di secondo livello in cui si articola l’organizzazione ministeriale, cioè gli uffici dirigenziali generali. Costoro sono posti in posizione di imparzialità e indipendenza rispetto agli organi di direzione politica. I dirigenti dei dipartimenti, che costituiscono strutture di primo livello dell’organizzazione ministeriale 418 invece, sono legati da stretto rapporto fiduciario con il Governo; per costoro il sistema di conferimento e revoca degli incarichi è basato sullo spoil- system. Essi, infatti, a norma della legge 145/2002, c.d. Frattini, cessano automaticamente dall’incarico, se non confermati, decorsi novanta giorni dal voto di fiducia al Governo. La loro funzione consiste nel tradurre l’indirizzo politico governativo in indirizzo dell’attività amministrativa.

In materia di spoil-system la Corte Costituzionale è intervenuta con le sentenze 103 e 104 del 2007.

417

L. Rinaldi, “Autonomia, poteri e responsabilità del dirigente pubblico: un confronti con il

manager privato, cit., 89.

418Il d. lgs 30 luglio 1999 n. 300 “Riforma dell’Organizzazione del Governo, a norma dell’articolo 11 legge 15 marzo 1997 n. 59” ha dettato norme per il riordino, la soppressione e la fusione di ministeri. Esso individua i dipartimenti quali strutture di primo livello dell’organizzazione ministeriale, ad eccezione del Ministero degli Affari Esteri, della Difesa, delle Comunicazioni, e del Ministero per i beni e le attività culturali, in cui le strutture di primo livello sono costituite dalle direzioni generali. La creazione dei dipartimenti risponde alla volontà di accorpare le funzioni (dipartimentalizzazione), in contrapposizione alla frammentazione e al caos di competenze che caratterizzavano il preesistente assetto organizzativo. Il dipartimento è titolare di compiti, anche strumentali, su grandi aree di materie omogenee, di funzioni di indirizzo e coordinamento delle strutture sottordinate, nonché di organizzazione e gestione delle risorse. Ad esso non sono, invece, assegnate competenze di amministrazione concreta, né poteri organizzativi nei confronti degli uffici sottostanti.

I poteri provvedimentali ed organizzativi sono riconosciuti ad altre strutture, le direzioni generali, che nei ministeri articolati in dipartimenti costituiscono uffici di secondo livello. Nei confronti di questi, il dipartimento, come abbiamo visto, non si pone quale struttura verticistica di distribuzione del potere, ma in funzione di indirizzo, controllo, coordinamento.

A norma dell’articolo 4 co. 4 d.lgs 300/1990, e dell’articolo 2 d.lgs 165/2001 l’individuazione degli uffici dirigenziali generali e degli uffici dirigenziali di base è delegificata, in conformità con la riserva di legge relativa posta dalla Costituzione in materia di organizzazione di uffici pubblici (art.97); i primi sono individuati mediante decreti governativi, i secondi mediante decreti ministeriali. Si tratta di atti di c.d. macro-organizzazione con i quali la pubblica amministrazione esercita la sua funzione organizzativa.

Con la prima sentenza la Corte ha dichiarato l’illegittimità di norme di leggi regionali di Lazio e Sicilia (combinato disposto art. 71 co. 1, 3 e 4 lett. A legge Regione Lazio 11 nov. 2004 n.1 e art. 96 legge Regione Sicilia 26 marzo 2002 n. 2) nelle parti in cui riproducendo sostanzialmente il dettato della legge 145/2002 (applicabile solo ai dirigenti delle amministrazioni statali e non di quelle regionali), facevano dipendere la durata degli incarichi dirigenziali (nel caso di specie, gli incarichi di Direttore generale di ASL e di Aziende ospedaliere) alla durata in carica degli organi di indirizzo politico. In tali norme la Corte ha ravvisato violazione dell’articolo 97 Costituzione sotto il profilo del buon andamento e dell’imparzialità.

L’attuazione dell’imparzialità, secondo le argomentazioni esposte, nel nostro ordinamento è ricercata attraverso la garanzia che i pubblici funzionari siano indipendenti dal potere politico. Tale indipendenza è garantita, mediante gli articoli 51, 97 co. 3 e 98 Costituzione, sottraendo le nomina alla discrezionalità del potere politico ed assoggettandole, invece, ad oggettivi criteri capaci di assicurarne la rispondenza all’interesse pubblico, criteri che sono derogati soltanto in un caso, per gli incarichi dirigenziali che importano diretta collaborazione con l’organo di indirizzo politico, i c.d. incarichi apicali,419 attribuiti intuitu personae proprio al fine di assicurare la corretta attuazione delle linee generali dell’azione amministrativa definite in sede politica (secondo quanto affermato dalla stessa Corte Costituzionale nella sentenza 233/2006). Il principio di efficienza però, sempre secondo gli insegnamenti della Corte, si attua (anche) attraverso la regolarità e la continuità dell’azione amministrativa, che non può essere pregiudicata dagli avvicendamenti politici. Il principio di continuità consiste nell’obbligo della pubblica amministrazione di funzionare in modo ininterrotto sia in condizioni di normalità che di straordinarietà. Da esso discendono gli istituti della prorogatio degli organi e del funzionario di fatto. 420 In base ad affermati orientamenti della Corte, inoltre, la natura privatistica del rapporto di

419 Si tratta, , in base all’articolo 19 d. lgs 29/1993 e succ. mod., degli incarichi di segretario generale, di direttore di strutture articolate al loro interno in uffici dirigenziali generali, e degli incarichi di livello equivalente. Essi sono attribuiti con decreto del Presidente della Repubblica su deliberazione del Consiglio dei Ministri e proposta del ministro competente. Gli incarichi dirigenziali generali, invece, sono attribuiti con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri su proposta del ministro competente. Gli altri incarichi dirigenziali sono attribuiti dal dirigente generale ai dirigenti del proprio ufficio.

Cfr. M. Cresti, Efficienza e garanzie nell’evoluzione dell’organizzazione statale, cit.,215, 216, 220.

I dirigenti titolari di incarichi apicali presentano sia caratteri manageriali tesi all’attuazione di obiettivi politici che i tradizionali poteri provvedimentali nonché di organizzazione degli uffici sottostanti, funzioni da esercitarsi con imparzialità e indipendenza. Si osserva che in realtà neppure i dirigenti non apicali sono completamente esenti da interferenze di tipo politico, in conseguenza della temporaneità e fiduciarietà del conferimento dell’incarico.

lavoro dirigenziale non altera l’ordinazione di questo al “perseguimento degli interessi generali (sentenza 275/2001), in relazione ai quali, i criteri di assegnazione degli incarichi devono “tenere conto anche delle attitudini e capacità professionali, e la loro cessazione anticipata deve essere conseguente alla valutazione dei risultati (sentenza 193/1992, ordinanza 11/2002). Argomentando dai principi appena esposti, la Corte ritiene di rifiutare l’idea del dirigente pubblico titolare di un incarico precario, soggetto a decadenza automatica senza neppure la previsione di un provvedimento motivato di revoca emesso all’esito di un giusto procedimento.

Le stesse considerazioni sono poste alla base della sentenza 103 del 23 marzo 2007, avente a oggetto le censure portate alla norma transitoria introdotta con l’articolo 3 co. 7 legge 145/2002 nella parte in cui prevede che gli incarichi dirigenziali generali hanno termine il sessantesimo giorno successivo alla sua entrata in vigore (c.d. spoil-system una tantum). Detta norma introduce una interruzione automatica anticipata del rapporto di lavoro dirigenziale a prescindere da una valutazione dell’attività svolta dal dirigente e senza la previsione di alcuna garanzia procedurale. In detta norma di legge la Corte Costituzionale ha rilevato violazione degli articoli 97 e 98 ritenendo che il regime di conferimento e revoca degli incarichi dirigenziali e la contrattualizzazione del rapporto di impiego siano ordinati ai principi di buon andamento (cui si lega strettamente, come detto, quello di continuità), efficacia ed efficienza dell’azione amministrativa, la cui attuazione non può verificarsi che attraverso la valutazione dei risultati conseguiti dal dirigente in un apprezzabile periodo di tempo. La cessazione anticipata del rapporto per cause indipendenti dalla responsabilità di questi, da accertarsi all’esito di un procedimento garantistico, determina l’impossibilità di esercitare l’azione amministrativa con efficienza ed efficacia.

Il giudice delle leggi è nuovamente e ripetutamente intervenuto in materia di spoil-system nel 2008.

Con la sentenza 351/2008 421 è stata giudicata la legittimità della legge regionale del Lazio n. 8/2007 nella parte in cui prevede che i titolari degli organi di amministrazione di enti pubblici (nel caso di specie, i direttori generali delle A.S.L. Lazio) decaduti dalla carica in conseguenza di norme di legge successivamente dichiarate costituzionalmente illegittime, possono essere, a

Il rispetto di tale principio è garantito anche mediante il riconoscimento di sovranità unicamente allo Stato e non agli altri enti territoriali, cosicché non sia ipotizzabile una rottura della continuità tra ordinamenti amministrativi. Si tratta di un principio risultante anche dal fatto che nelle regioni, finchè non siano emanate le norme regionali, hanno vigenza, nelle materie di competenza concorrente, le norme di legge statale.

421www.giurisprudenzacostituzionale.org. V. Commento di F. Di Caro, www.aransicilia.it.

discrezione dell’amministrazione reintegrati nella carica ovvero indennizzati mediante un ristoro economico.

In relazione a tale disposto, la Corte, ritenendo il contrasto con l’articolo 97, ha affermato che le garanzie che circondano il sistema degli incarichi non sono poste soltanto a tutela del soggetto interessato ma operano a presidio dell’interesse generale; il regime di automatica cessazione degli incarichi che non rispetti il principio del giusto procedimento e che non sia conseguente alla valutazione dei risultati ottenuti dal dirigente, oltre a contrastare con l’imparzialità, determina un ulteriore pregiudizio pubblico ove sia accompagnato da forme di ristoro economico a favore degli interessati. Alla lesione dell’interesse pubblico conseguente alla illegittima rimozione del dirigente, infatti, si aggiunge il costo aggiuntivo a carico della collettività, che rappresenta “una forma onerosa di spoil-system”.

Ancora una volta viene così affermato il principio in base al quale il rapporto di lavoro dirigenziale deve essere dotato di garanzie di stabilità, con conseguente inammissibilità di discipline che introducano cause di risoluzione esterne ad esso, irrispettose di garanzie procedurali e disgiunte da ogni valutazione dei risultati., e più ancora di previsioni di forme indennitarie di tipo privatistico a favore del dirigente ingiustificatamente licenziato, ulteriormente pregiudizievoli nei confronti dell’interesse pubblico.

Altra pronuncia ha investito lo spoil-system dei dirigenti nominati tra soggetti esterni al ruolo unico della dirigenza statale. Con la sentenza 161/2008 la Corte si è pronunciata sulla legittimità dell’articolo 2 commi 159 e 161 del decreto legge 3 ottobre 2006 n. 262, convertito con legge 24 novembre 2006 n. 286, normativa che prevede che gli incarichi dirigenziali conferiti ad “esterni”cessano, se non confermati, decorsi novanta giorni dal voto di fiducia al Governo, nonché, in fase di prima applicazione, entro sessanta giorni dall’entrata in vigore del decreto legge in oggetto.

La Corte ha ravvisato in tal caso la violazione degli articoli 97 e 98. Essa ha affermato, in particolare, che la natura esterna dell’incarico non altera il rapporto di lavoro dirigenziale in senso più accentuatamente fiduciario, posto che sul piano funzionale devono sempre essere tenute distinte le attività di indirizzo politico e quelle di gestione; anche il rapporto tra l’amministrazione e i dirigenti “esterni”, pertanto, è assistito da specifiche garanzie orientate alla tendenziale continuità dell’azione amministrativa. La previsione di ipotesi di cessazione ex lege di tale rapporto, indipendentemente da un’accertata responsabilità dirigenziale, contrasta con il nuovo modello di azione pubblica diretto a garantire l’efficienza e l’efficacia attraverso la valorizzazione

dei risultati ottenuti dal dirigente nel rispetto degli indirizzi fissati dall’organo di direzione politica.422

La sentenza n. 390 del novembre 2008 ha dichiarato l’illegittimità, per contrasto con gli articoli 3 e 97, della legge regionale del Lazio n. 4/2006 il cui articolo 133 prevede la decadenza automatica dei componenti del collegio sindacale delle A.S.L. in dipendenza di mutamenti normativi che interessano l’assetto di tali organi, senza che sia contemplata, anche in questo caso, forma alcuna di contraddittorio, posto che la cessazione del rapporto costituisce un effetto automatico della disciplina legislativa e non una scelta volontaristica dell’amministrazione riferibile alle vicende del rapporto stesso. Le argomentazioni della Corte ribadiscono che le ipotesi di cessazione automatica dall’incarico dirigenziale contravvengono al principio di distinzione tra le funzioni di indirizzo politico, di titolarità della maggioranza di governo, e l’azione amministrativa, che, pur essendo diretta ad attuare l’indirizzo politico di maggioranza, è vincolata al perseguimento dell’interesse pubblico oggettivo. Tali principi non operano solo relativamente agli organi dirigenziali chiamati ad attuare programmi ed obiettivi ma, in misura ancora maggiore, per gli organi di controllo amministrativo-contabile delle A.S.L., deputati alla verifica del rispetto della legalità e della regolarità contabile, funzioni che richiedono una più integrale neutralità verso le autorità di indirizzo politico e, pertanto una maggiore stabilità dell’incarico, al quale deve ritenersi estraneo l’elemento fiduciario (fortemente presente, invece, negli incarichi dirigenziali apicali).423 Uno dei pilastri della riforma della pubblica amministrazione è costituito, come sappiamo dalla riforma della dirigenza, basata su una maggiore responsabilizzazione di questa in vista del raggiungimento di obiettivi da perseguirsi attraverso un’attività amministrativa svincolata dalle ingerenze degli organi di direzione politica. Consentire alla pubblica amministrazione il recesso unilaterale prima della scadenza, ed al di fuori delle ipotesi di valutazioni negative dell’operato del dirigente, significherebbe porre la dirigenza pubblica nella impossibilità di svolgere con “autonomia ed imparzialità la propria attività gestoria”. La Corte respinge, in sostanza, l’idea che i criteri di conferimento e revoca degli incarichi dirigenziali siano basati sulla fiduciarietà piuttosto che sui principi di imparzialità e buon andamento.

Si osserva, infatti, che il sistema di temporaneità degli incarichi 424 e lo spoil-system hanno “precarizzato” la dirigenza, assoggettandola al potere politico, che riprende così in mano la gestione amministrativa, senza assumerne le relative responsabilità. 425

422www.giurisprudenzacostituzionale.org. V. Commento di F. Di Caro, www.aransicilia.it. 423www.giurisprudenzacostituzionale.org. V. Commento di F. Di Caro, www.aransicilia.it. 424

Il decreto legge 115/2005 ha modificato la legge 145/2002,che aveva eliminato la durata

minima degli incarichi; la normativa ora vigente stabilisce che tutti gli incarichi dirigenziali, sia generali che non generali, sono conferiti con provvedimento e la loro durata non può essere

Osserva a tale proposito il Picozza che, se la dipendenza della pubblica amministrazione dall’indirizzo politico è indispensabile a garantire la conformità tra questo e l’indirizzo amministrativo, ben altra cosa è la dipendenza dell’amministrazione dalla forza di governo, che l’articolo 97 previene attraverso il principio di neutralità e indipendenza del funzionario.

La sfiducia nella capacità dei politici di indirizzare l’attività amministrativa rischia di incrinare la necessaria conformità tra indirizzo politico e indirizzo amministrativo. 426

La normativa sulla dirigenza sta in realtà mostrando delle contraddizioni che denunciano l’incompatibilità tra alcuni aspetti del New Public Management - che ha già rivelato segnali di crisi anche negli altri paesi, ove cominciano a registrarsi inversioni di tendenza rispetto ad un modello di amministrazione totalmente assoggettato alle regole del mercato e della concorrenza - ed i principi fondamentali del nostro Ordinamento. L’eccessiva importanza riconosciuta ai principi di efficienza e buon andamento ha fatto sfumare la differenza, che esiste nella Costituzione, tra valori primari dell’Ordinamento e principi fondamentali, ad essi strumentali. Le riforme amministrative devono avere come principale punto di riferimento il rispetto e l’attuazione dei valori primari dell’Ordinamento. 427

Il contenimento dell’ingerenza della politica nell’amministrazione potrebbe attuarsi, più che mediante la separazione, mediante un sistema di competenze, responsabilità e controlli interdipendenti entro un modello organizzativo non gerarchico ma di tipo reticolare su linee

inferiore a tre anni e superiore a cinque. Il contratto individuale è accestivo al provvedimento e determina il trattamento economico.

425

M. Savino, Le riforme amministrative in Italia, cit.

V. anche S. Battini, B. Cimino, La dirigenza pubblica italiana fra privatizzazione e politicizzazione, Riv.trim.di dir.pubbico, 4/2007.

426

E. Picozza, I rapporti tra indirizzo politico e indirizzo della pubblica amministrazione, Atti

del Convegno di studi in ricordo di Giovanni Marongiu, Luiss, Roma 2004, in Quaderni Giuffrè n.10. Sul punto v. anche M. Occhiena, Il nuovo responsabile del procedimento, la responsabilità del dirigente pubblico e il labile confine tra la politica e l’amministrazione, Diritto e società, 2000, 557. Si afferma che nell’attuale sistema vi è il rischio che la dirigenza, al fine di realizzare ad ogni costo gli obiettivi fissati in sede di determinazione dell’indirizzo politico- amministrativo, e/o di compiacere gli organi di governo cui fa capo l’ente di appartenenza allo scopo di ottenere la conferma dell’incarico – esigenza particolarmente sentita ai dirigenti scelti a norma dell’articolo 19 co. 5 bis e co. 6 d.lgs 165/2001, cioè, tra soggetti estranei alle dotazioni organiche dell’ente – sia tentata anche di forzare le maglie della legittimità. Il meccanismo dell’incarico a tempo determinato, introdotto per garantire continuità tra indirizzo politico e azione amministrativa nell’ambito di un sistema basato su un principio di separazione tra politica e amministrazione, infatti, può avere esiti perversi in quegli apparati pubblici in cui i vertici politici non rinunciano alla loro influenza sulla burocrazia. E’ più opportuno, pertanto, parlare di “distinzione”, anziché di separazione. Accade, infatti, che dirigenti e funzionari, v. ad es. il responsabile del procedimento, siano chiamati a responsabilità in ordine a decisioni assunte sotto l’influenza degli organi politici.

427

P. De Ioanna, M. Grana, Riforma dell’amministrazione, diritti dei cittadini, ruolo della

orizzontali. Un importante aspetto della non interferenza è rappresentato, inoltre, dall’esigenza di svincolare la nomina dei dirigenti dalle scelte discrezionale dell’organo di indirizzo politico, assoggettandola a criteri basati esclusivamente sul merito e sulla qualificazione professionale.428

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