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Nel sistema precedente alla Costituzione repubblicana il pubblico ministero era posto alle dipendenze dell’Esecutivo e rappresentava una sorta di controllore (governativo) sull’amministrazione della giustizia. 77

L’articolo 107 comma 4 dispone che “il pubblico ministero gode delle garanzie stabilite nei suoi riguardi dalle norme sull’ordinamento giudiziario”. I magistrati del pubblico ministero fanno parte dell’ordine giudiziario e si applicano loro le medesime garanzie di autonomia e indipendenza.

In conseguenza della diversità delle funzioni svolte, la loro posizione però si differenzia da quella dei giudici; la loro soggezione (solo) alla legge, infatti, si esprime attraverso l’obbligatorietà dell’azione penale. Il pubblico ministero, a differenza del giudice che non può mai agire di propria iniziativa, è l’organo che dà impulso e promuove l’esercizio della funzione giurisdizionale.

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Amato Barbera, Manuale di diritto pubblico, Il Mulino, 1994, 631.

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A. Pace, Problematica delle libertà costituzionali, cit. 76, 77, 84, 85.

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Barile, Cheli, Grassi, Istituzioni di diritto pubblico, cit., 421.

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A. Pace, Problematica delle libertà costituzionali, cit. 76, 77, 84, 85.

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E’ un organo privo di poteri decisori ma appartenente alla giurisdizione, la quale non comprende soltanto l’attività decisoria ma altresì l’esercizio dell’azione penale, funzioni entrambe dirette all’attuazione della giustizia (C. Cost. sent. N. 88/1991, 136/1971, 190/70). Il pubblico ministero, in qualità di organo facente capo al potere giurisdizionale, può esser parte nei conflitti di attribuzione tra poteri dello Stato ( sent. 462/1993). 78

L’ufficio del pubblico ministero è unico e indivisibile e le sue prerogative sono riconosciute soltanto al suo titolare e non anche ai singoli magistrati ivi addetti (ai sostituti è riconosciuta soltanto autonomia in udienza – articolo 70 Ordinamento giudiziario). Nelle procure, a differenza degli uffici giudicanti, vi è un’organizzazione di tipo gerarchico.

La problematica sulla natura e sul ruolo del pubblico ministero, com’è noto, costituisce, nell’ambito del più generale dibattito sulla riforma della giustizia, uno degli argomenti di più aspro confronto tra le due grandi coalizioni politiche che oggi si fronteggiano nel nostro Paese. L’ordinamento giudiziario è stato interessato da una riforma adottata dal Ministro della Giustizia Castelli con la legge 150/2005, dalla quale sono scaturiti diversi d.lgs, tra i quali il d.lgs 106/2006 sulla riorganizzazione degli uffici del pubblico ministero. Successivamente, la legge Mastella del 2007 è intervenuta nuovamente su tale complessa e delicata materia, modificando in molti punti la riforma Castelli. Le norme del d.lgs 106, tuttavia, sono state sostanzialmente mantenute in vita. La normativa vigente, pur ribadendo i principi di competenza, imparzialità ed indipendenza esterna del pubblico ministero, assegna al Procuratore della Repubblica una posizione “di primazia” all’interno dell’ufficio, e nei confronti dei sostituti ad esso addetti, egli infatti è “titolare esclusivo dell’azione penale”; risulta, pertanto, attenuata nell’ambito degli uffici di procura l’indipendenza interna dei magistrati che vi fanno parte.

A tale proposito sono svolte alcune considerazioni: l’indipendenza interna, così come le altre garanzie della magistratura, non costituisce un “privilegio” a favore del magistrato che ne gode, ma è finalizzata a garantire il corretto esercizio della funzione. Essa, pertanto, può essere sacrificata nei casi in cui l’adozione di un differente criterio organizzativo sia ritenuta maggiormente idonea a consentire all’ufficio giudiziario di attendere con ulteriore efficacia ai suoi compiti ed esercitare le proprie funzioni in modo maggiormente conforme ai principi costituzionali. La giurisprudenza costituzionale è chiara sul punto quando afferma (sentenza 52 del 1976) che, con riguardo ai magistrati del pubblico ministero, le garanzie costituzionali di indipendenza della magistratura “si riferiscono all’ufficio unitariamente inteso, e non ai suoi singoli componenti”. Il legislatore, pertanto, ha il potere di disciplinare l’organo mediante criteri gerarchici, specie in relazione ad alcuni “momenti processuali” nei quali “è più pronunciato il

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carattere impersonale della funzione”. Quanto detto non implica che ogni compito assegnato ai sostituti possa essere avocato dal titolare dell’ufficio di procura; la sentenza 88 del 1991 rigetta, infatti, la prospettazione di un “puro” modello gerarchico nell’organizzazione dell’ufficio del pubblico ministero, ribadendo la sottoposizione di ciascun magistrato unicamente alla legge. Le sentenze 462 e 463 del 2003 riconoscono all’ufficio del pubblico ministero, e non al sostituto titolare delle indagini preliminari, la legittimazione a sollevare conflitto tra poteri dello Stato a tutela dell’attribuzione ex articolo 112 Costituzione.

Nell’ evoluzione storica assistiamo alla trasformazione della figura della pubblica accusa da organo amministrativo a organo giurisdizionale, anche se nel senso lato del termine (così precisa la Corte CEDU nella sentenza Lesnik / Slovacchia del 2003), o ad organo con funzioni eterogenee connesse latamente alla giurisdizione.

Lo sviluppo dello Stato di diritto e l’emersione di specifiche garanzie a favore della persona sottoposta ad indagini hanno ridotto la sfera di discrezionalità del soggetto pubblico titolare della funzione di accusa, tenuto alla stretta osservanza delle norme a tutela della libertà, il rispetto delle quali si pone quale condizione indefettibile del corretto esercizio della giurisdizione. Il pubblico ministero assume un fondamentale ruolo di interprete del complesso normativo in ci si sostanzia la sintesi autorità-libertà. 79

La Corte Costituzionale, infatti, come già accennato, ricomprende nel concetto di giurisdizione ex articolo 102 Costituzione, non soltanto l’attività decisoria del giudice ma anche l’esercizio dell’azione penale, in quanto entrambe sono coordinate in vista della realizzazione di un fine unitario, quello di rendere giustizia (sentenza 96 del 1975). Il pubblico ministero, a differenza del giudice, non si limita ad interpretare ad applicare la legge, ma deve svolgere un’attività ulteriore, strumentale all’esercizio dell’azione penale; ci si riferisce alle attività di investigazione, di acquisizione di elementi da utilizzare come prove, di direzione della polizia giudiziaria, di organizzazione, ecc. nelle quali il pubblico ministero non è assistito da indipendenza interna. Tale garanzia, infatti, opera soltanto quando il magistrato è chiamato ad applicare le norme penali al fine di promuovere, nel rispetto delle garanzie previste, l’accertamento della responsabilità del soggetto. Soltanto l’attività volta ad interpretare e applicare norme di legge costituisce funzione giurisdizionale, nell’esercizio della quale il magistrato è soggetto esclusivamente alla legge. In base al principio democratico, il potere deve frammentarsi tra più organi e non essere accentrato in capo ad un unico soggetto; nelle procure, pertanto, esso spetta a tutti i magistrati che compongono l’ufficio, e non esclusivamente al Procuratore Capo. Alla luce di tali considerazioni, deve ritenersi

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Nel 2000 una Raccomandazione del Comitato dei ministri del Consiglio d’Europa, nel

distinguere il giudice dal pubblico ministero, riconosceva soltanto al primo il compito di interpretare la legge.

che l’ufficio del pubblico ministero possa essere organizzato secondo modalità “verticali” soltanto entro certi limiti.

Si sono avanzati, pertanto, dubbi di costituzionalità in relazione all’articolo 2 comma 2 d.lgs 106/2006, quando dispone che “con l’atto di assegnazione per la trattazione di un procedimento, il Procuratore della Repubblica può stabilire i criteri ai quali il magistrato deve attenersi nell’esercizio della relativa attività. 80

Ulteriori profili critici sono ravvisati in relazione all’articolo 3 dello stesso testo normativo, che prevede l’assenso del Procuratore sulla richiesta di una misura cautelare e del fermo di persona indiziata di delitto. Si tratta, infatti, di richieste che possono essere avanzate soltanto in presenza di determinate condizioni e di requisiti previsti dalla legge, la cui ricorrenza nel caso concreto rappresenta frutto di una valutazione costituente tipica espressione di quell’attività di interpretazione normativa nell’esercizio della quale ciascun magistrato gode della garanzia prevista dall’articolo 101 comma 2 della Costituzione. 81Sotto altro profilo, viene osservato che l’estensione al titolare dell’azione penale dello status e della indipendenza dei giudici ha come risultato il rafforzamento della tendenza al corporativismo della magistratura. La piena integrazione del pubblico ministero nel corpo giudiziario e la conseguente interscambiabilità tra i ruoli e le funzioni giudicanti e requirenti possono mettere in pericolo l’imparzialità della struttura processuale ed accrescere il peso istituzionale della magistratura, la quale, attraverso l’iniziativa esclusiva dell’azione penale, tende ad assumere un ruolo politico attivo nella repressione dei reati.

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