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Contratti di sviluppo e diritto europeo della concorrenza

di Rocco Iodice

2. Contratti di sviluppo e diritto europeo della concorrenza

I contratti di sviluppo, come chiarito innanzi, consentono alle imprese sti- pulanti di beneficiare di importanti agevolazioni economiche, rese possibili dall’impiego di risorse pubbliche. Diventa necessario, dunque, valutare la compatibilità della disciplina vigente in materia con le norme europee poste a tutela della concorrenza, le quali, «salvo deroghe contemplate dai trattati»3,

vietano agli Stati membri l’erogazione di aiuti di Stato.

Ai fini di una corretta disamina della questione occorre chiarire prelimi- narmente in quali ipotesi possa affermarsi la sussistenza di un aiuto di Stato.

È opportuno, al riguardo, partire dalla previsione di cui art. 107, par.1, TFUE, la quale sancisce che «salvo deroghe contemplate dai trattati, sono incompatibili con il mercato interno, nella misura in cui incidano sugli

scambi tra Stati membri, gli aiuti concessi dagli Stati, ovvero mediante ri- sorse statali, sotto qualsiasi forma che, favorendo talune imprese o talune produzioni, falsino o minaccino di falsare la concorrenza».

Dall’esame della norma si ricava che integra un aiuto di Stato la misura che si connoti per la sua origine statale4, per l’idoneità a favorire talune im-

prese o talune produzioni (c.d. selettività)5 e, infine, per la capacità distorsiva

4 Va evidenziato che la Corte di Giustizia dell’Unione europea opera un’interpretazione

particolarmente restrittiva del requisito dell’origine statale dell’aiuto, in quanto non considera sufficiente che la misura determinativa dell’effetto anticoncorrenziale provenga da un organo dello Stato, richiedendo, altresì, che la stessa si traduca nel trasferimento, diretto o indiretto, di risorse pubbliche. Emblematico il caso Sloman Neptun, in cui si è ritenuta non costituire un aiuto di Stato la previsione della legge tedesca, che consentiva alle sole navi battenti ban- diera della Repubblica federale di Germania di conseguire, iscrivendosi ad un registro ad esse riservato, la possibilità di applicare ai membri stranieri dell’equipaggio condizioni retributive e previdenziali deteriori rispetto ai marinai tedeschi. Cfr. sul punto, L. Garofalo, E. Triggiani, L’attività della Comunità europea in materia di lavoro nel 1992-1993, DLRI, 1994, 797 ss.

5 Occorre rilevare che non è sufficiente, in vista del giudizio sulla selettività, l’individuazione

del novero dei formali destinatari della misura presa in esame. Osserva L. Tebano, Aiuti (dir. lav.), in S. Bellomo, M. Cian, G. Ferri jr, D. U. Santosuosso, F. Tesauro (a cura di), Digesto delle discipline privatistiche-Sezione commerciale-aggiornamento, Utet, 2015, 6 ss., che «l’espe- rienza, infatti, insegna che interventi destinati ad una cerchia limitata di operatori economici possono essere considerati misure generali, così come, all’opposto, possono rientrare nella sfera del controllo europeo provvedimenti nazionali dalla portata soggettiva estremamente ampia (si pensi ad esempio all’intervento italiano volto alla riduzione degli oneri attinenti al regime assi- curativo per le malattie in misura diversa per gli uomini e per le donne – qualificato aiuto in quanto capace di avvantaggiare indirettamente i settori con un maggior numero di dipendenti di sesso femminile – o ancora agli interventi francesi del Fond National de l’Emploi, pure accessi- bili a qualunque impresa)». Con riferimento all’ipotesi di misure caratterizzate da una platea generalizzata di destinatari e, ciononostante, potenzialmente qualificabili come aiuti di Stato si pensi, altresì, agli aiuti all’esportazione, i quali favoriscono inevitabilmente le imprese che non esauriscono la loro attività nell’ambito del mercato interno.

L’analisi della giurisprudenza europea rivela che la Corte di Giustizia ha elaborato alcuni criteri in vista del giudizio di selettività. Il primo è il c.d. criterio della deroga, in base al quale è da ritenersi selettiva la misura che introduce un trattamento di favore per alcune imprese o produzioni senza che ciò trovi giustificazione nella natura o nella struttura generale del si- stema in cui si colloca. Deve desumersi, dunque, che il fatto che certe imprese siano trattate in maniera differenziata da una misura statale non implica automaticamente che tale misura determini un vantaggio selettivo a norma dell’art. 107 § 1 TFUE, giacché non sussiste alcun vantaggio quando la differenza di trattamento sia giustificata da ragioni inerenti la logica del sistema. Cfr. P. Nebbia, Il concetto di aiuto di stato, in L.F. Pace (a cura di), Dizionario siste- matico del diritto della concorrenza, Jovene, 2013, 497 ss.

Un secondo criterio impiegato dalla Corte di Giustizia nell’accertamento della selettività è il c.d. criterio dell’anormalità, in base al quale è da ritenersi determinativa di un aiuto di Stato anche una misura che si configuri, in astratto, come applicabile a tutte le imprese, ma il cui effettivo impiego sia rimesso a una valutazione discrezionale dell’amministrazione com- petente.

Occorre da ultimo rilevare che un’ipotesi di selettività ricorre, ovviamente, tutte le volte in cui l’ambito spaziale di riferimento di una misura agevolativa sia limitato ad alcune parti

della concorrenza. La selettività6, in particolare, consente di distinguere gli

aiuti di Stato dalle misure generali di politica economica, le quali, pur poten- zialmente idonee a determinare disparità di condizioni tra le imprese operanti nel territorio nazionale e quelle aventi sede nel territorio di altri Stati membri, sono sottratte all’applicazione della disciplina proconcorrenziale7.

Definiti in questi termini gli aiuti di Stato, occorre rilevare che non sem- pre gli stessi sono da considerarsi vietati dalla normativa europea. Il menzio- nato art.107 TFUE, infatti, contempla da un lato, al paragrafo 1, aiuti che sono compatibili con il mercato interno8 e, dall’altro, al paragrafo 2, aiuti che

“possono considerarsi compatibili” con il mercato interno9.

del territorio nazionale. Si parla, al riguardo, di selettività geografica o regionale, per distin- guerla dai casi esaminati in precedenza, in relazione ai quali si adopera l’espressione seletti- vità materiale.

6 G. Perotto, La selettività negli aiuti fiscali: estensione della nozione e limiti alla discre-

zionalità fiscale nazionale, in European Papers, vol. 2, n. 3, 2017, 1017-1029.

7 La Commissione europea ha, in più occasioni, rilevato che tali effetti distorsivi sono

consentiti in quanto compensati o neutralizzati da altre misure generali. Ciononostante, nella XXV Relazione sulla politica di concorrenza, ha individuato nelle disposizioni contenute nel TFUE per l’armonizzazione delle normative nazionali e per l’esecuzione delle politiche co- muni un valido strumento di ridimensionamento dei vantaggi concorrenziali derivanti dalle disparità tra provvedimenti di carattere generale.

8 Trattasi, in dettaglio, di:

- aiuti a carattere sociale concessi ai singoli consumatori, a condizione che siano accordati senza discriminazioni determinate dall’origine dei prodotti;

- aiuti destinati a ovviare ai danni arrecati dalle calamità naturali oppure da altri eventi eccezionali;

- aiuti concessi all’economia di determinate regioni della Repubblica federale di Germa- nia che risentono della divisione della Germania, nella misura in cui sono necessari a com- pensare gli svantaggi economici provocati da tale divisione.

In relazione a quest’ultima ipotesi, tuttavia, l’art. 107, par. 2, lett. c), prevede che «cinque anni dopo l’entrata in vigore del trattato di Lisbona, il Consiglio, su proposta della Commis- sione, può adottare una decisione che abroga la presente lettera».

9 L’art. 107, par. 3, fa riferimento alle seguenti misure:

- aiuti destinati a favorire lo sviluppo economico delle regioni ove il tenore di vita sia anormalmente basso, oppure si abbia una grave forma di sottoccupazione, nonché quello delle regioni di cui all’articolo 349, tenuto conto della loro situazione strutturale, economica e so- ciale;

- aiuti destinati a promuovere la realizzazione di un importante progetto di comune inte- resse europeo oppure a porre rimedio a un grave turbamento dell’economia di uno Stato mem- bro;

- aiuti destinati ad agevolare lo sviluppo di talune attività o di talune regioni economiche, sempre che non alterino le condizioni degli scambi in misura contraria al comune interesse;

- aiuti destinati a promuovere la cultura e la conservazione del patrimonio, quando non alterino le condizioni degli scambi e della concorrenza nell’Unione in misura contraria all’in- teresse comune;

- le altre categorie di aiuti, determinate con decisione del Consiglio, su proposta della Commissione.

In relazione ai primi, il controllo della commissione europea, cui ex art. 108, par. 3 TFUE «sono comunicati, in tempo utile perché presenti le sue osservazioni, i progetti diretti a istituire o modificare aiuti», si presenta privo di margini di discrezionalità. La Commissione, infatti, deve esclusivamente verificare se le misure nazionali perseguano una delle finalità indicate dal- l’art. 107, par. 2 e, in caso positivo, pronunciarsi nel senso della compatibilità dell’aiuto erogato con la disciplina europea10.

Ben diversa la sorte degli aiuti del secondo tipo. In tal caso, infatti, la Commissione, riscontrata una delle finalità menzionate nell’art. 107, par. 3, ovvero determinate con decisione del Consiglio su proposta della Commis- sione, non è vincolata ad un giudizio di compatibilità della misura esaminata, potendo, al contrario, ritenere che, alla luce di tutte le circostanze del caso concreto, la misura causi un’ingiustificata distorsione della concorrenza11.

Non sempre, tuttavia, in relazione a questa seconda categoria di aiuti, il controllo della Commissione si configura come preventivo. L’art. 109 TFUE, infatti, conferisce al Consiglio il potere di emanare regolamenti che individuino categorie di aiuti, in relazione ai quali non vige l’obbligo di pre- ventiva notifica alla Commissione.

Tale potere è stato esercitato in più occasioni, a partire dall’adozione del Regolamento di abilitazione n. 994/1998 del 7 maggio 199812, in seguito so-

stituito dal Regolamento n.733/2013 del 22 luglio 2013, a sua volta emen- dato con il Regolamento n. 1588/2015 del 13 luglio 2015, attualmente vi- gente.

È, tuttavia, importante considerare che i regolamenti menzionati non de- finiscono, in dettaglio, tutte le condizioni che determinano l’esonero dall’ob- bligo di notifica, limitandosi ad individuare categorie di aiuti, in relazione ai quali spetta poi alla Commissione stabilire, con appositi regolamenti, le con- crete ipotesi in cui opera il regime di esonero.

In particolare, la scelta di introdurre deroghe all’obbligo di notifica si fonda sulla presunzione che, a certe condizioni, determinate tipologie di mi- sure, pur determinando un effetto distorsivo della concorrenza, realizzino co- munque interessi pubblici di primaria rilevanza.

La Commissione, dopo aver inizialmente optato per l’emanazione di re- golamenti di esecuzione per categoria (si pensi al reg. CE n.2204/2002, rela-

10 Cfr. C.E. Baldi, La disciplina comunitaria degli aiuti di stato, Maggioli Editore, 2015,

120 ss.

11 Cfr. O. Porchia, Il procedimento di controllo degli aiuti pubblici alle imprese tra ordi-

namento comunitario e ordinamento interno, Napoli, 2001, 10 ss.

12 C. Blumann, L’émergence de l’exemption catégorielle en matière d’aides d’ètat: le

tivo agli aiuti di Stato a favore dell’occupazione), ha successivamente prefe- rito l’adozione di regolamenti generali di esenzione, indicando in un unico testo normativo tutte le categorie di aiuti sottratte all’obbligo preventivo di notifica.

Dal 1 luglio 201413 è in vigore il reg. generale di esenzione UE n.

651/2014, che resterà operativo sino al 31 dicembre 202014.

L’esenzione dall’obbligo di notifica viene, in ogni caso, controbilanciata dalla previsione di maggiori oneri di pubblicazione, che consentono un con- trollo diffuso tanto della Commissione, quanto – e soprattutto – delle imprese concorrenti, le quali potrebbero rilevare una lesione della propria posizione concorrenziale a causa di un aiuto o di un regime di aiuti apparentemente rientrante tra quelli esentati ma, in realtà privo delle condizioni che giustifi- cano l’esenzione medesima.

Valutando la disciplina vigente in materia di contratti di sviluppo alla luce delle osservazioni che precedono, è possibile affermare che tali strumenti agevolativi integrano degli aiuti di Stato.

Tale circostanza, del resto nota allo stesso legislatore delegato, che a più riprese richiama le norme del GBER, è legata alla selettività della misura, che non trova applicazione nei confronti di tutte le tipologie di imprese ed opera in modo differente nelle varie zone del Paese, venendo, quindi, in ri- lievo ipotesi di selettività tanto materiale, quanto geografica (o regionale).

13 I regolamenti in esame, infatti, si applicano per un periodo di tempo predeterminato,

con la conseguenza che gli aiuti esentati ai sensi di un dato regolamento lo sono esclusiva- mente per il periodo di validità di quest’ultimo e per l’eventuale fase di adeguamento prevista per la transizione a una nuova disciplina regolamentare.

14 Ai sensi del Regolamento in esame, sono esentati dall’obbligo di notifica:

- aiuti a finalità regionale (investimenti, funzionamento e sviluppo urbano)

- aiuti a favore delle PMI (investimenti, funzionamento, partecipazione a fiere, per pro- getti di cooperazione territoriale europea)

- aiuti alle PMI per l’accesso al credito (capitale di rischio)

- aiuti alla ricerca, sviluppo e innovazione, infrastrutture di ricerca e poli d’innovazione - aiuti alla tutela ambientale

- aiuti alla formazione

- aiuti all’occupazione, solo in relazione a lavoratori svantaggiati o disabili - aiuti destinati a ovviare ai danni arrecati da determinate calamità naturali - aiuti a carattere sociale per i trasporti a favore dei residenti in regioni remote - aiuti per le infrastrutture a banda larga

- aiuti per la cultura e la conservazione del patrimonio - aiuti a favore delle opere audiovisive

- aiuti per le infrastrutture locali

- aiuti per le infrastrutture sportive e le infrastrutture ricreative multifunzionali. Alle ipotesi testè riportate vanno aggiunti gli aiuti a favore degli aeroporti regionali e gli aiuti a favore dei porti, previsti dal recente Regolamento di modifica 2017/1084.

Va, infatti, segnalato che la partecipazione ai contratti finalizzati alla rea- lizzazione di programmi di sviluppo industriale e turistico è concessa, ai sensi dell’art. 14, D.M. 9 dicembre 2014:

 nelle aree del territorio nazionale ammesse alla deroga di cui all’ar- ticolo 107, paragrafo 3, lettera a), del TFUE, previste dalla Carta degli aiuti di Stato a finalità regionale, a imprese di qualsiasi dimensione per la realiz- zazione dei progetti di investimento di cui al comma 2, lettere a), b), c), d) ed e);

 nelle aree del territorio nazionale ammesse alla deroga di cui all’ar- ticolo 107, paragrafo 3, lettera c), del TFUE, previste dalla Carta degli aiuti di Stato a finalità regionale, a imprese di qualsiasi dimensione per la realiz- zazione dei progetti di investimento di cui al comma 2, lettere a), c) ed e) e, limitatamente alle PMI, anche per la realizzazione dei progetti di investi- mento di cui al comma 2, lettere b) e d);

 nelle restanti aree del territorio nazionale, alle sole PMI per la rea- lizzazione dei progetti di investimento di cui al comma 2, lettere a), b), c), d) ed e).

Risulta chiara, dunque, la presenza di un trattamento differenziato sulla base delle dimensioni delle imprese. Il legislatore, infatti, tenta di offrire so- stegno alle PMI, notoriamente integranti l’asse portante del sistema produt- tivo italiano.

Ciò spiega perché nelle aree del territorio nazionale non rientranti tra quelle ammesse alle deroghe di cui all’articolo 107, paragrafo 3, lettere a) e c), del TFUE, l’accesso alle agevolazioni sia consentito solo a tale tipologia di imprese e non anche a quelle di medie e grandi dimensioni.

Altrettanto chiara è la disparità di trattamento tra imprese di medesime dimensioni aventi, tuttavia, sede in zone diverse del territorio nazionale. Un’impresa di notevoli dimensioni, infatti, può stipulare un contratto di svi- luppo volto alla realizzazione di un programma di sviluppo industriale o tu- ristico solo se sita in una delle aree indicate dall’art. 107, par. 3 TFUE, in quanto tale possibilità le è preclusa in caso contrario.

Ciò, invero, non stupisce: l’obiettivo di favorire, attraverso le agevola- zioni in commento, le aree meno sviluppate del Paese, segnatamente quelle del Meridione, è, infatti, chiaramente espresso dall’art. 43 del d.l. n. 112 del 2008, che, come evidenziato in precedenza, ha introdotto nel nostro ordina- mento i contratti di sviluppo.

Il rilievo che si tratti di aiuti di Stato non è, tuttavia, sufficiente ad affer- marne l’incompatibilità con la disciplina europea: gli obiettivi perseguiti dalle agevolazioni in esame, infatti, consentono alle stesse il superamento del vaglio di conformità alle richiamate norme europee a tutela della concorrenza e del

mercato unico. I contratti di sviluppo, in effetti, presentano, per le ragioni evi- denziate, tutte le condizioni contemplate nell’art. 107, par. 3 TFUE.

Inoltre, integrando aiuti di Stato a finalità regionale, ovvero a favore delle PMI, ovvero ancora a tutela dell’ambiente (è l’ipotesi dei contratti discipli- nati nel Titolo V del D.M. 9 dicembre 2014), rientrano nei casi, individuati dal GBER, in cui non è previsto l’obbligo di preventiva notifica alla Com- missione europea15.

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