di Andrea Biagiott
2. Il soggetto del contratto: dalle partecipazioni statali all’impresa globale
2.1. Un’esperienza di industrializzazione esogena in Calabria Dal punto di vista del territorio reggino l’attività di produzione dei veicol
ferroviari è stata più a lungo e nitidamente associata alla presenza fisica dello stabilimento che non alla dimensione del suo controllo societario, che nel tempo ha subito molteplici variazioni. Ansaldo Breda raccoglie infatti alcune
unità produttive che hanno chiaramente una lunga storia e un’identità auto- noma nel caso dello stabilimento napoletano e toscano (il primo riconduci- bile all’esperienza delle Officine Ferroviarie Meridionali, operative dal 1904, il secondo alle Officine San Giorgio, aperte nel 1906 dall’omonima società della genovese famiglia Odero).
La presenza reggina non ha affatto questo respiro di lunga durata, risa- lendo agli anni Sessanta del Novecento, e al contempo assurge a un ruolo sul territorio che gli altri stabilimenti – collocati in più densi contesti industriali – non hanno. Lo stabilimento, che prenderà il nome di Officine Meccaniche Calabresi, OMECA, viene aperto nell’ottica di incidere su un tessuto produt- tivo estremamente fragile in cui – dalle ricostruzioni di Cersosimo (1993) – solo la puntiforme produzione di bergamotto sembra capace in qualche modo di guardare al mercato. La desolazione del panorama produttivo si presenta ad Amintore Fanfani che, in qualità di Presidente del Consiglio, visita la Ca- labria nel 1961 e determina l’assunzione da parte del governo di alcuni prov- vedimenti tra i quali l’«ubicazione nel territorio di Reggio del grande stabi- limento industriale OMECA» (Cersosimo, 1993, p. 374).
Le OMECA nascono dunque nell’alveo delle Partecipazioni statali e in una cornice di estrema fragilità del tessuto produttivo calabrese. È interessante no- tare come proprio le politiche di promozione dello sviluppo decise in quei de- cenni avessero determinato – con un formidabile “effetto perverso” – quella che Tino (1985, p. 842) registra essere «una vera e propria emorragia occupa- zionale» e «disindustrializzazione» della regione, sotto la spinta di una secca esposizione alla concorrenza diretta dei produttori settentrionali e di una poli- tica di sostegno orientata – quando non da ragioni politico-clientelari – dalla presenza di strutture già economicamente evolute operanti in alcune parti del Mezzogiorno, ma assai poco in Calabria. Qui si consolida una situazione di profonda debolezza, che innesca massicci processi migratori e che trova de- bole sollievo nelle iniziative che la mano pubblica riesce a mettere in atto sotto l’influenza di esponenti politici locali di rilievo. Le iniziative promosse da Fan- fani non sono dunque disgiunte da una crisi economica e sociale che deter- mina, nel solo 1961, l’emigrazione di circa 110.000 calabresi e, sul piano po- litico, dall’indebolimento che le forze politiche di governo iniziano a riscon- trare nei rinnovi delle municipalità regionali (Greco-Naccarato, 1962).
L’inquadramento nell’infrastruttura giuridica di gestione del patrimonio pubblico di quelle che sul territorio sono identificate come “officine O- MECA” cambia nel tempo, con una temporanea partecipazione privata del gruppo FIAT: Finmeccanica, EFIM e Ansaldo Breda dal 2001. A questo ul- timo assetto corrisponde l’unione con gli altri stabilimenti produttivi nel con- tenitore che Finmeccanica alienerà in favore della giapponese Hitachi 15 anni dopo. Senza quel background di competenze locali e imprenditorialità
endogena che caratterizzava le altre, future articolazioni di Ansaldo Breda, lo stabilimento OMECA rappresenta l’unico stabilimento produttivo e mani- fatturiero di una certa entità a Reggio Calabria (nel bilancio regionale di Pie- tro Tino (1985, p. 856), è tra le 15 attività regionali con più di cento addetti), contrastando con un contesto vergine per capacità organizzative e professio- nalità industriali. La posizione di mercato però è a lungo difficile e le pole- miche circa l’orientamento produttivo dello stabilimento voluto dal governo Fanfani accompagnano le ripetute crisi. La produzione di veicoli ferroviari sconta infatti il collo di bottiglia rappresentato da un mercato di riferimento che si identifica nell’azienda di Stato dei trasporti su rotaia, la cui capacità di assorbimento delle forniture è intrinsecamente limitata e dipendente dalle decisioni di spesa assunte nel tempo dai vari governi. Il mercato estero è difficilmente penetrabile in un’epoca in cui gli approvvigionamenti nei Paesi sviluppati sono garantiti dai fornitori nazionali e i mercati dei Paesi in via di sviluppo ancora molto incerti. Così i primi decenni di vita dello stabilimento sono segnati – nonostante il livello tecnico ragguardevole delle realizzazioni – da un sottodimensionamento della capacità produttiva e da ricorrenti diffi- coltà che si risolvono nella periodica mobilitazione del mondo politico locale per ottenere decisioni governative in favore dell’azienda, stanti anche le gravi difficoltà del tessuto sociale ed economico in cui si colloca.
Possiamo qui solo richiamare il bilancio generalmente negativo che gli osservatori tracciano dell’esperienza produttiva delle OMECA nel corso del Novecento. Come ricorda Cersosimo: «lo stabilimento ha raggiunto il suo picco occupazionale e produttivo nella prima metà degli anni Ottanta, dando lavoro a 813 addetti, contro i 2.000 degli impegni iniziali. Nel 1985, la Fiat decide di abbandonare la comproprietà dell’azienda, che diventa interamente proprietà della Breda, società dell’EFIM. Dall’anno successivo, a causa della contrazione delle commesse, l’OMECA ricorre per la prima volta alla cassa integrazione guadagni per circa 350 lavoratori. Successivamente, sempre per il deficit di commesse di lavoro, lo stabilimento, seppure tecnologicamente adeguato […] ha continuato a perdere occupazione sino ad arrivare attual- mente ad un organico di meno di 600 lavoratori, oltre 200 dei quali in Cassa integrazione straordinaria» (1993, p. 360).
Il mancato raggiungimento dei volumi preannunciati di impiego e il fal- lito effetto di innesco di iniziative autonome nell’economia locale si accom- pagnano al radicamento nel territorio di un’esperienza produttiva che comun- que sedimenta una capacità tecnica eccezionale nel panorama produttivo lo- cale. La sua sopravvivenza appare incerta, dipendendo sul piano amministra- tivo dalle logiche politiche che attraversano le Partecipazioni statali, e su un piano tecnico da un posizionamento di mercato e da una capacità progettuale
definiti altrove. Tuttavia questa presenza assicura il progressivo consolida- mento di una componente minoritaria ma importante della composizione economica e sociale del territorio. Troviamo traccia di ciò anche al livello simbolico, ad esempio con riferimento al protagonismo degli operai della OMECA in occasione della manifestazione nazionale delle organizzazioni sindacali in seguito ad un evento importante nella storia locale come i cosid- detti “moti di Reggio” (Cazzola e Sabella, 2018; Crainz, 2000).
Le officine OMECA sono dunque un’iniziativa esogena della mano pub- blica che non inverte le tendenze dell’economia locale reggina, ma che non appare neanche del tutto fallimentare e tra alti e bassi, forse più bassi che alti, approda all’ultima configurazione societaria a controllo pubblico nei primi anni del nuovo millennio, la Ansaldo Breda.