di Enrico Sacco
4. I contratti che sostengono le aggregazioni di imprese
Un secondo gruppo di imprese, che ha colto l’opportunità offerta dal con- tratto di sviluppo, presenta delle caratteristiche strutturali molto diverse dal
6 Di rilievo anche alcuni investimenti finalizzati a ridimensionare l’impatto ambientale
della produzione, puntando sull’introduzione di tecnologie green a bassa emissione e sull’ot- tenimento di più elevati standard di qualità internazionali.
primo target preso in considerazione. In esso operano piccole e medie im- prese impegnate soprattutto nella produzione agroindustriale e meccanica. Presentano una forma organizzativa leggera e poco articolata in termini di organigramma, centrata sulla figura dell’imprenditore proprietario. Si carat- terizzano per una divisione del lavoro sbilanciata sul versante produttivo e per delle specializzazioni ad alta intensità di lavoro. Il mondo industriale a cui appartengono rientra in quel capitalismo molecolare italiano in cui le forme di radicamento sociale e territoriale configurano peculiari modelli competitivi. Hanno avuto accesso ai fondi concessi dal MiSE presentando piani di investimento in “forma aggregata”, sfruttando cioè la possibilità di poter presentare piani congiunti e condivisi con altre imprese7. Lo strumento,
come anticipato, prevede tale possibilità procedurale, collocandosi per tale ragione anche nell’ampio campo di interventi pubblici tesi a stimolare la creazione e il consolidamento di reti di imprese. Una scelta del Ministero che ha di certo allargato lo spettro dei potenziali destinatari, aprendosi sostan- zialmente a settori del made in Italy a bassa produttività e ridotta scala di- mensionale. Non è un caso se nel Mezzogiorno, e ancor di più in Campania, una quota rilevante di contratti è stata siglata nel comparto agroalimentare. Lo strumento riconferma in questo caso l’idea che la crescita relazionale possa essere connessa a strategie competitive parimenti efficienti per il posi- zionamento sui mercati internazionali e il mantenimento di elevati standard di competitività delle imprese (Rullani, 2009).
Nei contratti che sostengono investimenti nati dalla costituzione di reti le strategie di investimento cambiano in modo rilevante. In questo caso la po- litica pubblica sembra assolvere una funzione diversa, maggiormente rivolta alle produzioni di piccole e medie aziende in cerca di capitali e liquidità ag- giuntiva da immettere nella gestione ordinaria dell’attività. Come detto, il binomio tra contratto di sviluppo e reti di imprese si realizza soprattutto nel settore agroalimentare. Dove il rapporto fra le imprese e il territorio, consi- derato sia come ambiente fisico sia come spazio organizzativo, è più forte e radicato; e ciò si spiega considerando il legame tra materie prime impiegate nel processo trasformativo a livello locale e l’offerta di prodotti connotati in termini di saper fare e storia dei sistemi agricoli territoriali (pomodori e suoi derivati, frutta, latticini, ecc.).
7 La rete, quindi, rimanda ad una semplice aggregazione di unità produttive che hanno pre-
sentato istanza di finanziamento in forma congiunta. L’aggregazione prevede la presenza di un soggetto proponente, che vede attribuirsi maggiori responsabilità procedurali e superiori impegni di spesa. Essa resta attiva lungo tutto il percorso di realizzazione e valutazione degli investimenti. La normativa contempera, inoltre, la possibilità che il contratto di sviluppo possa essere presen- tato da aggregazioni di imprese che hanno in precedenza stipulato un contratto di rete.
Osservando, ad esempio, le esperienze nel comparto conserviero cam- pano risulta che le aziende finanziate, oltre a caratterizzarsi per una struttura dimensionale molto più contenuta, rispetto all’automotive e all’aereonautico, raggiungono livelli di fatturato che non superano i settanta milioni di euro. La rete si rende necessaria per raggiungere il livello minimo di investimenti richiesti (20 milioni di euro), così la ricerca di partner muove da una prima necessità finanziaria, da una condizionalità posta dal Ministero dello Svi- luppo Economico:
Diciamo subito che Invitalia mette dei paletti, dice che il capofila deve avere un investimento minimo da tre milioni e gli altri partecipanti almeno da 1,5 milioni. La principale difficoltà sta nel rispettare queste soglie minime (Imprenditore agroali- mentare).
Consideri che questi progetti hanno sempre dei vincoli: uno di questi è l’importo minimo, al di sotto dei 20 milioni di euro non è finanziabile. Così come il contratto di programma, anche se lì non ricordo l’importo. Quindi in quattro aziende rinun- ciammo al contratto di programma e facemmo quello di sviluppo, arrivando giusto a 20 milioni. Ma se una di noi rinunciava saltava tutto il progetto (Imprenditore agroalimentare).
Le reti in regione si formano in una logica di prossimità spaziale e coin- volgono una serie di soggetti imprenditoriali già inseriti in deboli circuiti di relazioni e conoscenze pregresse8. Una volta costituito il gruppo dei parteci-
panti interviene l’ulteriore esigenza di un piano di investimenti in grado di giustificare formalmente quella peculiare configurazione associativa. Nel campo dei contratti di sviluppo analizzati per il settore agroalimentare non si rilevano, quindi, esperienze contrattuali dove reti, più o meno cooperative, già presenti sui territori consolidano la loro collaborazione attraverso l’op- portunità di capitali liberati dall’incentivo. Durante la fase iniziale di presen- tazione dell’istanza si è certo accresciuta la frequenza degli incontri tra im- prenditori, così come sono state stimolate relazioni più strette. Ma nella mag- gioranza dei casi studiati non si rilevano esperienze in cui una determinata compagine di imprese, già attiva nella realizzazione di progetti di investi- mento comuni, abbia colto in una linea di continuità temporale quanto offerto
8 Si discute di relazioni amicali o parentali che solo in modo periferico e occasionale in-
cidono sull’organizzazione della produzione e sulle scelte competitive delle famiglie impren- ditoriali. In molte situazioni la conoscenza reciproca poggia sull’appartenenza a piccole co- munità semi-urbanizzate e alla condivisione di spazi e luoghi dedicati al tempo libero. Si tratta di peculiarità che devono essere ricondotte al tessuto produttivo e relazionale radicato a livello territoriale.
dal contratto9. E neppure si registrano esperienze in cui aggregazioni nate
grazie a un contratto hanno intrapreso nuove iniziative cooperative a partire da un determinato progetto d’investimento comune. Le reti, quindi, prendono forma in corrispondenza delle sole priorità procedurali imposte dal pubblico, e sono in maggioranza il frutto di decisioni prese dalle società di consulenza presenti sul territorio:
Grazie a questa società siamo stati avvisati, loro monitorano in continuazione, stanno in relazione con la regione per il contratto di programma e con Invitalia per il contratto di sviluppo. Ci hanno consigliato loro di fare il contratto di sviluppo, perché era meno restrittivo nelle regole rispetto ad altri tipi di finanziamenti (Im- prenditore agroalimentare).
In questa particolare configurazione di interessi, le società di consulenza private hanno saputo ritagliarsi un ruolo di primo piano, sia per quanto ri- guarda la scelta delle imprese da inserire nei raggruppamenti, sia come mec- canismo in grado di fungere da interfaccia tra quanto richiesto in termini contabili e procedurali dalle amministrazioni centrali e le priorità d’investi- mento aziendali. La loro funzione non si limita all’offerta di competenze utili per la corretta presentazione on-line dell’istanza di finanziamento – conta- bili, giuridiche e amministrative –, ma tende ad estendersi in aree decisionali che possono influenzare i contenuti stessi dell’investimento. Esse rappresen- tano degli attori privati che hanno colto le opportunità di intermediazione rese possibili dalla normativa ministeriale. I piccoli imprenditori, quantun- que iscritti a organizzazioni di rappresentanza, non sempre sono attrezzati per intercettare le diverse possibilità di sostegno offerte dai livelli di governo. Le società di consulenza hanno risposto così a una domanda latente, collo- cando sul mercato un indiscutibile bagaglio di capitale relazionale, spendi- bile nei centri decisionali regionali e ministeriali, indispensabile all’interno di circuiti territoriali, aziendali e produttivi periferici. Un anello di congiun- zione il cui ruolo risulta chiaro all’amministrazione competente:
Mi occupo di progettazioni varie, dalla ricerca a programmi di sviluppo indu- striale; quasi sempre sono il referente, l’interfaccia tra le imprese e l’ente erogatore, cioè la persona a cui scrivono e io poi mi raccordo con le imprese, accompagno anche le imprese a Roma da Invitalia. In base ai requisiti richiesti dal bando facciamo una selezione, una preistruttoria per capire se l’azienda può aderire o meno a quel bando. Se si trovano bene restano con te e fortunatamente quasi tutti hanno avuto
9 Nello specifico, sono state rilevate solo due aggregazioni di imprese già impegnate da
tempo in un contratto di rete – nel packaging e nell’aereonautico –, e che hanno presentato con successo un piano di investimenti a valere sul contratto di sviluppo.