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2. Questioni aventi a oggetto leggi di revisione costituzionale o «altre» legg

2.2 Principi supremi e leggi fornite di “copertura costituzionale”

2.2.1. Controlimiti “comunitari”, “concordatari” e

La categoria dei cd. principi supremi dell'ordinamento ha conosciuto un respiro applicativo decisamente più ampio in riferimento ai rapporti tra ordinamento costituzionale interno e ordinamenti esterni, rispetto al ruolo che ha giocato come limite alla revisione costituzionale. Mi riferisco innanzitutto ai rapporti tra diritto interno e diritto comunitario, quest'ultimo – com'è noto – progressivamente sottoposto dalla giurisprudenza della Corte costituzionale al rispetto dei soli principi supremi dell'ordinamento: così almeno a partire dalla sentenza n. 183 del 1973, poi confermata dalla cd. sentenza La Pergola32, in un filone giurisprudenziale proseguito (e raffinato)

dalla sentenza n. 232 del 1989, in cui la Corte non ragionerà più in termini di incompatibilità tra interi sistemi giuridici, bensì in termini di conflitti puntuali tra norme33.

È proprio in riferimento al rapporto tra ordinamenti che i principi supremi dell'ordinamento trovano nuova linfa vitale. Per quanto infatti il problema dei principi supremi come limite alla revisione costituzionale sia sempre rimasto un tema fondamentale del diritto costituzionale, non si può nascondere come vi siano diverse considerazioni che ne rendono improbabile la concreta giustiziabilità rispetto alle leggi costituzionali, e confinino così la problematica su un terreno marcatamente dottrinale: il fatto che il procedimento previsto dall'art. 138 Cost. conduca all'approvazione di disposizioni sostenute dal voto favorevole – due volte ribadito – della maggioranza (almeno) assoluta34 dei membri di ogni Camera, o che godano dell'approvazione

31Corte costituzionale, sentenza n. 38 del 1957 (punto 4 c.i.d). 32Corte costituzionale, sentenza n. 170 del 1984.

33L'eventuale conflitto tra principio supremo e norma comunitaria è mediato dall'interposizione della

legge di esecuzione del Trattato. L'interposizione assume però, almeno a partire dalla sentenza n. 232 del 1989, un carattere più che mai fittizio, considerato che l'oggetto formale della questione di legittimità costituzionale sarebbe limitato alla legge di esecuzione del Trattato, ma nella sola parte in cui ha consentito l'ingresso nell'ordinamento italiano della norma comunitaria lesiva di un principio supremo dell'ordinamento. Sul mutamente di prospettiva che il ritaglio normativo della Corte presuppone: M. CARTABIA, Principi inviolabili e integrazione europea, Milano, 1995, 114 ss. e G. GAJA, New

developments in a continuing story: the relationship between EEC Law and Italian Law, in Common Market Law Review, 1990, 83 ss.

34Riferita alla sola seconda votazione. Il significato – rispetto ad un pretesa diversificazione della forza

passiva dell'atto – dell'aggravio procedurale nel procedimento di revisione costituzionale non è peraltro né semplice da misurare, né sempre uguale a se stesso. Al contrario, le maggioranze previste dell'art. 138 Cost. hanno rappresentato uno dei casi più lampanti di trasformazione costituzionale a Costituzione

popolare tramite referendum, inevitabilmente conduce la Corte costituzionale a un self-

restraint del suo sindacato rispetto a tali questioni35. Ma anche a voler considerare

giuridicamente irrilevanti tali considerazioni, a supportare una prognosi di scarsa giustiziabilità dei principi supremi rispetto alle leggi costituzionali, vi è la mera constatazione della rarità del ricorso alla revisione da parte del legislatore costituzionale italiano, che dal 1948 a oggi è intervenuto soltanto 35 volte a modificare la costituzione36 e ha così fornito scarse occasioni di contenzioso di legittimità su leggi

costituzionali37.

È invece assai più probabile che, attraverso il supposto contrasto tra una norma costituzionale e una norma prodotta in un ordinamento esterno ed efficace

invariata: non soltanto a causa della svolta del 1970 rappresentata dall'approvazione della legge sul

referendum che, di fatto, ha concretamente reso percorribile il ricorso a modifiche costituzionali votate a

maggioranza assoluta, ma soprattutto per gli effetti che il cambiamento del sistema elettorale (e del sistema partitico in generale) possono svolgere sulla differenziazione tra maggioranza semplice e maggioranza assoluta. Così, passando da un sistema elettorale ad ispirazione marcatamente proporzionalistica, retto da un quadro politico frammentato, ad un sistema elettorale con decisi impulsi maggioritari, retto da un quadro politico relativamente semplificato, la differenza tra maggioranza semplice e maggioranza assoluta è andata assottigliandosi. Ciò sembra aver contribuito a determinare anche un progressivo avvicinamento tra legge costituzionale e legge ordinaria, ferme restando le notevoli differenze insite nelle tempistiche del procedimento e nell'eventuale ricorso al referendum oppositivo. O, in altre parole, ha introdotto la possibilità di approvare riforme costituzionale “a colpi di maggioranza” che, per quanto si possano valutare inopportune, sono formalmente legittime: cfr. R. BIN, Riforme

costituzionali «a colpi di maggioranza»: perché no?, in Quad. Cost., n. 2, 2001, 341 ss.

35Il fatto che sia improbabile, peraltro, non significa che sia impossibile, né tanto meno che la loro analisi

a livello teorico sia perfettamente inutile. Prendendo a prestito le parole della Corte costituzionale (sentenza n. 232 del 1989, punto 3.1 c.i.d.) «quel che è sommamente improbabile è pur sempre possibile»; rientra d'altronde tra le missioni del diritto costituzionale occuparsi di casi limite. In effetti si può ben dire che nella Germania weimariana del 1928 fosse altamente improbabile l'adozione dell'Ermächtigungsgesetz o che nel 1913 fosse altamente improbabile l'instaurazione di una forma di Stato repubblicana in Germania.

36Per capire se ciò rappresenti un ricorso raro o frequente, si può confrontare questo dato con il numero di

interventi di revisione costituzionale nella Repubblica federale tedesca (56 dal 1949 ad oggi). Dall'altro canto si può citare l'esempio della Costituzione statunitense che, dall'alto dei suoi 222 anni di vigenza, è stata emendata soltanto 27 volte (26, secondo coloro che non ritengono validamente adottato il 27° emendamento, sulla questione cfr. L.H. TRIBE, The invisible constitution, New York, 2008, 1-8). Sui possibili significati della comparazione delle esperienze tedesca e italiana, ai fini della presente indagine, si tornerà in seguito (vedi infra, cap. 5, § 3, 180 ss.). Quanto ai dati della frequenza del ricorso alla revisione costituzionale in Italia si può far riferimento a R. PINARDI, Elementi di diritto pubblico, Torino, 2009, 42-45, ove sono riportate le tabelle che sintetizzano i dati – aggregandoli per legislatura – delle leggi di revisione costituzionale, delle altre leggi costituzionali e dei referenda approvativi. Il numero citato nel testo è peraltro comprensivo di tutte le leggi approvate con la procedura di cui all'art. 138 Cost., comprendendo dunque anche leggi costituzionali che non hanno comportato una modifica del testo della Costituzione.

37La rarità del ricorso alla cd. “manutenzione costituzionale” è strettamente legata al fenomeno delle

trasformazioni tacite dell'ordinamento costituzionale, su cui da ultimo S. BARTOLE, Interpretazioni e

nell'ordinamento italiano in virtù di una limitazione di sovranità, il giudice costituzionale sia chiamato a maneggiare i principi supremi dell'ordinamento, messi alla prova da tali conflitti.

A ciò si è aggiunta peraltro una certa “fortuna teorica” della categoria dei principi supremi intesi nel loro versante di presidio della sovranità costituzionale interna. Intesi tali principi nell'accezione di limiti alle modificazioni costituzionali derivanti da fonti

extra moenia38, i principi supremi hanno ricevuto la felice denominazione di

'controlimiti'39, tradizionalmente circoscritta all'ambito dei rapporti tra diritto interno e

diritto comunitario, ma che in queste pagine ci sembra lecito estendere ai rapporti tra diritto (costituzionale) interno e gli ordinamenti concordatario e internazionale, a cui la Costituzione fa rinvio, in senso “atecnico”40, attraverso gli artt. 7 e 10 Cost41.

Una rassegna fedele della giurisprudenza della Corte costituzionale sui controlimiti (in senso lato) incontra innanzitutto il problema metodologico dei criteri di sistemazione. Da una parte a suggerire una scarsa efficienza illustrativa di un criterio pedissequamente cronologico, è già sufficiente la considerazione per cui le disposizioni costituzionali “di copertura” (artt. 7, 10 e 11 Cost.), individuano chiaramente tre tematiche dotate di un certo grado di autonomia42; dall'altra parte sarebbe altrettanto

scarsamente evocativo trattare delle tre tematiche attraverso un'ermetica separazione, che rischia di esagerare in senso opposto, considerando del tutto autonome tematiche evidentemente connesse. La rassegna sarà quindi condotta adottando un criterio misto, che segue una progressione secondo macro-sezioni cronologiche, ma che – ove l'andamento tematico della giurisprudenza lo suggerisca – si pieghi anche a qualche rottura della linea del tempo.

Le sentenze della Corte costituzionale che si inseriscono in questo quadro, pur non adottando mai la terminologia dei 'controlimiti' e oscillando ambiguamente tra le

38Una buona via per esplicitare la separazione tra il tema dei limiti alla revisione costituzionale e quello

dei limiti alle modificazioni derivanti da processi integrativi con ordinamenti “esterni” (comunitario, concordatario, internazionale), mi è sembrata quella di distinguere i principi supremi nella loro operatività

intra moenia ed extra moenia. Per un'applicazione di questa distinzione si veda, volendo, P.

FARAGUNA, Limiti e controlimiti nel Lissabon-Urteil del Bundesverfassungsgericht: un peso, due

misure?, in Quad. Cost., 2010, n. 1, 75 ss.

39La felice espressione, per quanto mi è riuscito di risalire nella cronologia lessicale dei contributi della

dottrina, va attribuita a P. BARILE, Diritto comunitario e diritto interno, in Studi per il ventesimo

anniversario dell’Assemblea Costituente, VI, Firenze, 1969, 35 ss.

40Si esprime in questi termini, riferendosi «alle norme dei Patti lateranensi prima e agli atti normativi della

Comunità e dell'Unione europea poi», L. ELIA, I principi supremi presi sul serio, in Giur. Cost., 2009, 2147.

41Sulla problematica valorizzazione del testo dell'art. 117 Cost., nella parte in cui include gli obblighi

internazionali tra i vincoli alle fonti primarie, vedi supra, in questo capitolo, § 2, 47.

42Mi riferisco, naturalmente, ai rapporti tra diritto interno e – rispettivamente – diritto concordatario,

espressioni 'principi fondamentali e diritti inalienabili della persona umana'43 e 'principi

supremi'44 dell'ordinamento sono, per le ragioni sopra esposte, più numerose rispetto alla

tipologia di questioni vertenti su leggi costituzionali. Dalla sentenza n. 14 del 196445

fino alla recente ordinanza n. 25 del 2010, la Corte costituzionale ha in qualche modo potuto (o dovuto, a seconda dei casi) confrontarsi più volte con i principi supremi come controlimiti comunitari46.

Si comincerà quindi dalla giurisprudenza della Corte sui rapporti tra diritto comunitario e diritto interno, che viene inaugurata da alcune sentenze della metà degli anni '60 e continua con la nota sentenza n. 183 del 1973, tutt'ora “manifesto” della teoria dei controlimiti della Corte costituzionale; quindi si tratterà di una corposa sezione di pronunce che, all'inizio degli anni '70, affrontano i rapporti tra ordinamento costituzionale e ordinamento concordatario. In questa fase la Corte non giungerà mai a dichiarare l'illegittimità costituzionale per violazione dei principi supremi, ma preparerà gli strumenti per giungere a tale conclusione: in particolare affermerà la sua competenza a sindacare la legittimità costituzionale di norme fornite di copertura costituzionale, ma non alla stregua dell'intera gamma dei parametri delle “ordinarie” questioni di legittimità costituzionale, bensì soltanto per accertare un'eventuale violazione dei principi supremi dell'ordinamento. La competenza che la Corte aveva soltanto astrattamente rivendicato nelle pronunce degli anni '70, verrà esercitata con la pronuncia n. 18 del 1982, che fuga ogni dubbio circa la consistenza positiva dei controlimiti.

Si ricorderà quindi come la Corte, qualche anno prima (sentenza n. 48 del 1979), non aveva mancato di assimilare anche il diritto internazionale generalmente riconosciuto allo schema di sindacato che man mano andava elaborando per il diritto comunitario e concordatario: il diritto internazionale consuetudinario, in forza dell'art. 10 Cost. poteva cioè consentire l'ingresso nell'ordinamento finanche di norme derogatorie di norme costituzionali, fatti salvi i soli principi supremi dell'ordinamento.

Si tornerà quindi sul versante dei controlimiti concordatari, che dopo l'approvazione degli Accordi di modifica al Concordato, firmati nel 1984 ed entrati in vigore nel 1985, vengono posti all'attenzione della Corte con una rinnovata vitalità: in questo quadro emergerà dalla giurisprudenza della Corte il “nuovo” principio supremo di laicità dello

43Così ad esempio le sentenze nn. 183 del 1973 e 170 del 1984. 44Ancora a mero titolo esemplificativo, sentenza n. 232 del 1989.

45La sentenza viene adottata come pronuncia “numero zero”, che inaugura il cammino comunitario della

Corte in tema di rapporti tra ordinamento comunitario e ordinamento interno: non può però considerarsi come pronuncia “numero uno” perché, come noto, si limita a risolvere gli eventuali contrasti tra leggi ordinarie e diritto comunitario (pur sempre attraverso l'interposizione della legge di esecuzione) applicando semplicemente il criterio cronologico e non ha perciò alcun bisogno di considerare l'eventuale maggiore resistenza di alcuni principi costituzionali rispetto ad altri: il tema anzi, a quel punto della giurisprudenza della Corte, può ancora considerarsi “fantagiuridico”.

46Per un quadro riassuntivo delle principali pronunce, si vedano le tabelle sintetiche in appendice (vedi

Stato.

Infine si spenderà qualche parola sulla giurisprudenza della Corte che estende la portata dei controlimiti comunitari dalla classica sede del controllo in via incidentale di costituzionalità delle leggi a quella dei conflitti: sia attraverso il conflitto di attribuzione che attraverso il conflitto tra enti, giungeranno alla Corte alcune questioni che in comune condividevano la contestazione della legittimità di atti che, fondati su basi normative di diritto comunitario, derogavano la distribuzione costituzionale di competenze (legislative o amministrative) tra Stato ed enti locali.

Così si prenderanno in considerazioni le principali pronunce con le quali la Corte – sindacando la legittimità costituzionale di una legge di esecuzione che consente l'ingresso nell'ordinamento di una norma (comunitaria, concordataria o internazionale) – si servirà dei principi supremi dell'ordinamento per porre un limite ultimo alla supremazia riconosciuta a questa norme finanche sui principi costituzionali dell'ordinamento. Quindi si passerà ad analizzare la giurisprudenza della Corte che, pur trattando di norme disposte da atti legislativi non dotati di forza anomala, si riferiscono alla categoria dei principi supremi dell'ordinamento.

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