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4. Uno sguardo al parametro delle questioni: (non chiedere mai) quali sono

4.1. Il diritto alla tutela giurisdizionale

Tra i principi supremi dell'ordinamento, si suole solitamente includere – senza dubbi di sorta – il diritto alla tutela giurisdizionale: la giurisprudenza della Corte offre, in effetti, diverse pronunce che possono essere addotte a conforto di tale inclusione. Esso ricorre con costanza tra i parametri della giurisprudenza della Corte che in questo capitolo si è inteso analizzare: la sua comparsa è per di più trasversale, dalla giurisprudenza sui controlimiti concordatari158, comunitari159 e di diritto internazionale

generalmente riconosciuto160, alla giurisprudenza sui limiti alla revisione

costituzionale161, fino alla variegata giurisprudenza su questioni aventi a oggetto norme

disposte da leggi ordinarie162.

Va però osservato come, affermando che il diritto alla tutela giurisdizionale rientra tra i principi supremi dell'ordinamento, si è ben lontani dall'aver raggiunto la destinazione del percorso di ricerca: va infatti determinato in quale estensione debba intendersi che il diritto in questione sia qualificabile come principio supremo dell'ordinamento. Se è vero, infatti, che «il diritto alla tutela giurisdizionale si colloca al dichiarato livello di principio supremo solo nel suo nucleo più ristretto ed essenziale» e che «tale qualifica non può certo estendersi ai vari istituti in cui esso concretamente si estrinseca e secondo le mutevoli esigenze storicamente si atteggia»163, è soltanto

limitatamente a tale nucleo essenziale che va prestata l'attenzione di questa indagine. Ma di cosa si tratta164?

Il passaggio sopra citato sembra far intendere un'immutabilità del nucleo essenziale, opposta alla mutabilità dei corollari applicativi del diritto alla tutela giurisdizionale. Come a dire che il contenuto minimo del diritto alla tutela giurisdizionale, sempre uguale a se stesso, del tutto impermeabile da qualunque fonte di innovazione, andrebbe scisso dai contenuti accessori, modificabili e adattabili alle esigenze del tempo. Un tale impostazione, che sottintende una sorta di “fossilità” del principio supremo in questione non sembra poter reggere alla prova dei casi concreti. Al contrario, si è già in numerose occasioni osservato come sia difficile nascondere un approccio dinamico con cui il

158Corte costituzionale, sentenza n. 18 del 1982. 159Corte costituzionale, sentenza n. 232 del 1989. 160Corte costituzionale, sentenza n. 48 del 1979. 161Corte costituzionale, sentenza n. 1146 del 1988.

162Corte costituzionale, sentenze nn. 100 del 1987, 10 del 1993, 148 del 1996, 24 del 2004 e 262 del 2009 163Corte costituzionale, sentenza n. 18 del 1982 (punto 4 del c.i.d.).

164Sulla ricostruzione “multi-livello” del diritto alla tutela giurisdizionale, principio supremo nel suo

nucleo essenziale, e operante per il resto ad un “minor livello” costituzionale, si veda G. RAZZANO, Il

giudice costituzionale ricostruisce il suo ragionamento intorno al nucleo essenziale del diritto alla tutela giurisdizionale: ne sia prova, innanzitutto, la sentenza 232 del 1989165,

a proposito della possibilità per la Corte di Giustizia di limitare nel tempo l'efficacia delle sue sentenze, fino a escluderne dal godimento le stesse parti del giudizio da cui sarebbe originato il rinvio pregiudiziale. La Corte, senza indugiare, fa capire inequivocabilmente che una tale limitazione andrebbe considerata lesiva del diritto alla tutela giurisdizionale, diritto che – nella sua declinazione quale principio supremo dell'ordinamento – pretende che sia assicurato «a tutti e sempre, per qualsiasi controversia, un giudice e un giudizio»166: tale garanzia verrebbe aggirata nel caso in cui

«la sentenza arrivi ad escludere dalla efficacia della dichiarazione di invalidità l'atto o gli atti stessi oggetto della controversia che ha provocato il ricorso pregiudiziale alla Corte da parte del giudice nazionale»; in questo senso, ad avviso della Corte, «non si può nascondere che sorgono gravi perplessità in ordine alla compatibilità con il contenuto essenziale del diritto alla tutela giurisdizionale della norma che consente una pronuncia siffatta»167.

Va però ricordato come la medesima Corte costituzionale, in precedenti pronunce168,

non aveva escluso alcuni interventi al fine di modulare l'efficacia temporale delle sue stesse sentenze: da ciò ne era nato un dibattito dottrinale intenso169, all'interno del quale

alcuni autori osservarono che «nella giurisprudenza della Corte i principi di cui all'art. 24 Cost. vengono annoverati tra i principi supremi del sistema costituzionale (sent. 22 gennaio – 2 febbraio 1982, n. 18, in «Giur. cost.» 1982, pp. 138 ss.). Ciò posto essi non dovrebbero essere suscettibili di bilanciamento e contrazione sino al punto di una loro vanificazione, come può avvenire nel caso che la Corte delimiti nel tempo gli effetti delle sue sentenze di accoglimento escludendo dal beneficio le parti del giudizio a quo»170. Ma al di là di queste analisi, sostanzialmente anticipatrici della pronuncia della

Corte n. 232 del 1989, il fatto che non si fosse ancora consolidata una giurisprudenza pacifica quanto alla possibilità di ricorrere a una modulazione temporale degli effetti

165Di alcuni significativi risvolti della sentenza, ai fini della presente indagine, si è già discusso, vedi

supra, in questo capitolo, § 2.2.6, 68.

166Corte costituzionale, sentenza n. 232 del 1989 (punto 4 c.i.d.), in cui si attinge puntualmente dalla

sentenza n. 18 del 1982.

167Ibidem (punto 4.1 c.i.d.).

168Ex plurimis, si vedano le sentenze nn. 266 del 1988 e 822 del 1989, la prima annotata da R. MESSINA,

in Foro it., 1988, I, 1432 ss.; la seconda annotata da S. BARTOLE, in Dir. e pratica trib., 1989, II, 584 ss.

169Ne sono prova il volume AA. VV., Effetti temporali delle sentenze della Corte costituzionale anche

con riferimento alle esperienze straniere, atti del Seminario di studi tenuto al Palazzo della Consulta, il 23

e 24 novembre 1988, Milano, 1989, nonché il numero monografico della rivista Quaderni Costituzionali, I, 1989, Corte costituzionale: l'efficacia temporale delle sentenze, con interventi di F. Saja, S. Bartole, S. Fois, F. Modugno, A. Pace, G. Silverstri e G. Zagrebelsky.

170S. BARTOLE, L'efficacia temporale delle sentenze e il bilanciamento dei valori costituzionali, op. ult.

delle sentenze della Corte costituzionale, ha condotto altri autori a osservare che «la Corte [costituzionale] sembra pretendere dalla Corte comunitaria qualcosa che essa stessa non è disposta a fare: la Corte comunitaria dovrebbe infatti autolimitare il proprio potere di definire l'efficacia temporale delle sentenze d'invalidità in situazioni in cui la Corte costituzionale non ha fatto altrettanto»171.

D'altronde è la stessa Corte costituzionale a “relativizzare l'assolutezza” del principio supremo: così, se è vero che, in riferimento all'art. 24 Cost., la Corte ne riconosce una parte «inviolabile e di più pregnante rigore»172, che individua nel secondo

comma, dispositivo del diritto di difesa, la medesima Corte – in una costante giurisprudenza173 – ammette che il diritto in questione non può essere interpretato in

modo «tale da non consentire adattamenti, o anche restrizioni da parte del legislatore ordinario, qualora si appalesino giustificati da altre norme, o da principi fondamentali desunti dal sistema costituzionale»174.

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