2. Questioni aventi a oggetto leggi di revisione costituzionale o «altre» legg
2.2 Principi supremi e leggi fornite di “copertura costituzionale”
2.2.8. Principi supremi e “controlimiti concordatari” dopo gl
del Concordato: il principio di laicità dello Stato.
La categoria dei principi supremi dell'ordinamento, intesa nell'accezione di presidio
extra moenia dell'identità dell'ordinamento, conosce un nuovo filone giurisprudenziale
dopo l'approvazione degli Accordi di modificazione del Concordato lateranense. La Corte, infatti, dopo aver utilizzato i principi supremi per giustificare il suo sindacato costituzionale (seppur indiretto) della disciplina concordataria del matrimonio – fino al suo “culmine applicativo”, raggiunto con la pronuncia di accoglimento del 1982 – si trova di fronte a una rilevante modifica oggettiva di una delle tre macroaree (diritto dell'Unione, concordatario e internazionale consuetudinario) che in questa fase dell'indagine si è inteso prendere in considerazione. La Corte dichiarerà infatti che gli accordi di modifica del Concordato hanno comportato l'abrogazione implicita dell'originaria disciplina, ravvisando che «le modificazioni del Concordato espresse dall'Accordo del 1984 disciplinano l'intera materia e impediscono, quindi, di fare ricorso a testi normativi precedenti»107. A partire dal 1985 l'ambito oggettivo delle
questioni di legittimità costituzionale che interessano ai fini della presente indagine (quelle il cui oggetto sia una norma disposta da legge dotata di copertura costituzionale), viene quindi integralmente rinnovato: non più la legge di esecuzione del Concordato, n. 810 del 1929, bensì la legge di esecuzione degli accordi di modifica. Ciò determinerà anche l'apertura di un nuovo filone della giurisprudenza costituzionale, quello relativo alla legittimità costituzionale delle norme di disciplina dell'insegnamento della religione cattolica.
La nuova calibrazione, sul piano formale, dell'oggetto sindacabile dalla Corte (dalla legge di esecuzione del Concordato alla legge di esecuzione degli accordi di modifica) non è peraltro priva di riflessi sul piano sostanziale: ne è prova il fatto che, a partire dagli anni successivi, le questioni sottoposte al suo sindacato non verteranno più (quasi) soltanto sulla disciplina del matrimonio concordatario, quanto su diversi aspetti dei nuovi accordi tra Stato e Chiesa, tanto da dare l'impulso alla Corte per elaborare una compiuta teoria del principio supremo di laicità.
La novità probabilmente più interessante sopraggiunge nel 1989 quando la Corte, pronunciando la nota sentenza n. 203, individuerà solennemente «il principio supremo della laicità dello Stato, che è uno dei profili della forma di Stato delineata nella Carta costituzionale della Repubblica»108. La questione verteva sulla legittimità costituzionale
delle norme della legge di esecuzione degli accordi di modifica del Concordato che, disciplinando l'insegnamento della religione cattolica, prevedevano la possibilità di non avvalersene. La sentenza della Corte, secondo gli schemi classici di catalogazione delle pronunce, è un'interpretativa di rigetto, e presenta ai fini dell'indagine che si sta
107Corte costituzionale, sentenza n. 421 del 1993 (punto 4 c.i.d.). 108Corte costituzionale, sentenza n. 203 del 1989 (punto 4 c.i.d.)
conducendo diversi profili di interesse: merita quindi soffermarcisi attentamente. La Corte deriva il supremo principio di laicità dello Stato dagli artt. 2, 3, 19 Cost., posti dall'ordinanza dello stesso giudice a quo tra le disposizioni costituzionali che si assumevano violate, ma integrate dalla Corte stessa con gli artt. 7, 8 e 20 Cost., che completano la gamma di fonti da cui derivare tale principio supremo.
È peraltro la prima volta in assoluto che la Corte riconosce nell'ordinamento costituzionale italiano un inespresso principio di laicità dello Stato: si tratta di un ingresso “spettacolare” nella giurisprudenza costituzionale, considerato che da subito il principio è ascritto ai principi supremi dell'ordinamento, nozione a cui la Corte si riferisce in modo ampio e in termini inequivoci, con un espresso richiamo sia alla giurisprudenza sui controlimiti comunitari, sia a quella dei “controlimiti concordatari”, che infine alla sentenza n. 1146 del 1988 sui limiti alla revisione costituzionale.
È ancora opportuno osservare come la sentenza in questione riprenda dalla famosa sentenza n. 1146 del 1988 il legame tra principi supremi e valori costituzionali109. Fino
ad allora il problema dell'interpretazione dei principi supremi dell'ordinamento, intesi nella loro accezione extra moenia di “controlimiti”, non aveva mai fatto riferimento alla nozione di “valori“: si è visto, al contrario, come la genesi della categoria era stata contraddistinta da uno stretto legame al caso, e non avesse invece il respiro teorico- generale che necessariamente è presupposto al ragionamento in termini di conflitti tra “valori” costituzionali che, a partire dalle due importanti sentenze del 1988 e del 1989, fa la sua comparsa nella giurisprudenza della Corte.
La sentenza è inoltre significativa nel quadro della presente indagine nella parte in cui, dietro alla veste del dispositivo di rigetto interpretativo, comporta degli effetti innovativi nell'ordinamento: la Corte, infatti, giunge a escludere l'illegittimità costituzionale delle norme sottoposte al suo sindacato soltanto nella misura in cui si preveda, per quanti decidano di non avvalersi dell'insegnamento della religione cattolica, l'alternativa dello stato di non-obbligo, ritenendo che «la previsione [...] di altro insegnamento obbligatorio verrebbe a costituire condizionamento per quella interrogazione della coscienza, che deve essere conservata attenta al suo unico oggetto: l'esercizio della libertà costituzionale di religione»110. Il fatto che, dietro a un dispositivo
di rigetto, si nascondano effetti innovativi dell'ordinamento andrà tenuto in
109Così si esprime infatti la sentenza n. 203 del 1989 (punto 4 c.i.d.): «I valori richiamati [quelli di libertà
religiosa di cui agli artt. 3 e 19] concorrono, con altri (artt. 7, 8 e 20 della Costituzione), a strutturare il principio supremo della laicità dello Stato, che è uno dei profili della forma di Stato delineata nella Carta costituzionale della Repubblica»; e, analogamente, nella sentenza n. 1146 del 1988 (punto 2.1 c.i.d.) la Corte fa riferimento a «principi che, pur non essendo espressamente menzionati fra quelli non assoggettabili al procedimento di revisione costituzionale, appartengono all'essenza dei valori supremi sui quali si fonda la Costituzione italiana». Sulle connessioni che possano intercorrere tra la ricerca dei principi supremi dell'ordinamento e la tecnica dell'interpretazione per valori, vedi supra, in questo capitolo, § 2.1, 51, specie sub nota 29, e cap. 1, § 2.6, 30 ss.
considerazione nel momento in cui si trarranno le somme di una giurisprudenza, quella in materia di controlimiti, che spesso si è considerata praticamente inattuabile111.
Il principio di laicità, seppure irrompa improvvisamente nella giurisprudenza della Corte, già armato del carattere di principio supremo, vi rimarrà ben presente nelle pronunce successive: dal 1989 a oggi si contano infatti ben 14 pronunce112 nelle quali la
Corte, più o meno direttamente, tratta del principio supremo di laicità.