6. Un bilanciamento peculiare? Principio di apertura dell'ordinamento e
6.2. Gli strumenti del bilanciamento nella logica del «dialogo fra
A fronte di questa frantumazione si è sviluppato un metodo che, ormai, non può più considerarsi una novità del processo integrativo: il cd. «dialogo tra Corti»87, dalle cui
trame sono emersi, nella giurisprudenza delle Corti costituzionali di diversi Stati membri, i controlimiti. Per i motivi strutturali a cui si è fatto cenno, va però ammesso che le dinamiche inter-ordinamentali del bilanciamento sono decisamente peculiari: questo non solo si distribuisce tra diverse sedi giudiziali nella forma di una sorta di «dialogo», ma presuppone dei processi interpretativi che – a differenza del bilanciamento costituzionale a cui i costituzionalisti sono abituati – hanno a oggetto principi tra loro disomogenei, provenienti da un ordinamento giuridico e destinati a produrre i loro effetti in un ordinamento diverso: quando la Corte di Giustizia interpreta o giudica sulla validità di un atto di diritto dell'Unione potrebbe voler tenere in considerazione principi che derivano dagli ordinamenti costituzionali degli Stati membri; viceversa, quando le Corti costituzionali interpretano il diritto interno, legislativo e costituzionale, e persino quando ricavano interpretativamente i
86In questa prospettiva, cfr. le riflessioni di A. CELOTTO, Primauté e controlimiti nel Trattato di
Lisbona, in ID., Scritti sul processo costituente europeo, Napoli, 2009, 77 ss. e A. RUGGERI, Sistema integrato di fonti, cit., 21 ss.
87Cfr. fin da I. PERNICE, Die Dritte Gewalt im europäischen Verfassungsverbund, in EuR, 1996, 27 ss. e
A.M. SLAUGHTER, A. STONE SWEET e J.H.H. WEILER (a cura di), The European Court and
National Courts Doctrine and Jurisprudence. Legal Change in its Social Context, Oxford, 1998; F.
MAYER, The European Constitution and the Courts – Adjudicating European Constitutional Law in a
Multilevel System, Jean Monnet working papers, N. 9/03, in www.jeanmonnetprogram.org; nella dottrina italiana, A. RUGGERI, «Tradizioni costituzionali comuni» e «controlimiti», tra teoria delle fonti e teoria
dell'interpretazione, in ID., «Itinerari» di una ricerca sul sistema delle fonti, VI, 2, Torino, 2003, 1-37; P.
PIERLINGERI, Leale collaborazione tra Corte costituzionale e Corti europee. Per un unitario sistema
ordinamentale, Napoli, 2008; F. FONTANELLI - G. MARTNICO, Alla ricerca della coerenza: le tecniche del «dialogo nascosto» fra i giudici nell'ordinamento costituzionale multi-livello, in Riv. trim. dir. pubbl., 2008, 2, 351 ss.; V. SCIARABBA, Tra fonti e corti. Diritti e principi fondamentali in Europa: profili costituzionali e comparati degli sviluppi sovranazionali, Padova, 2008 e G.
controlimiti, potrebbero decidere di tenere conto della compatibilità degli esiti della loro interpretazione con il diritto dell'unione (secondo quell'approccio che nell'ordinamento tedesco prende il nome di Europarechtsfreundlichkeit88). L'interpretazione dei principi,
prima del loro bilanciamento, è un'operazione strategica, che spesso è idonea a disinnescare il conflitto, facendo venir meno la stessa necessità del bilanciamento.
In questo quadro, nonostante la grande fiducia che è stata riposta dalla dottrina nella diffusione del metodo del “dialogo tra Corti”, difficilmente può negarsi come gli strumenti con cui il dialogo si svolge restino oggi strumenti spuntati di elaborazione interpretativa della portata normativa dei principi. A questa considerazione conduce (anche) la reticenza delle Corti costituzionali di numerosi Stati membri, tra i quali l'Italia, a promuovere il rinvio pregiudiziale, recentemente solo parzialmente allentata a partire dall'ord. n. 103 del 200889.
Gli ostacoli di ordine strettamente giuridico-formale a includere le Corti costituzionali, e in particolare quella italiana, tra le autorità giurisdizionali che il Trattato abilita (oppure obbliga90) a esercitare il rinvio pregiudiziale sono già da molto
tempo oggetto di un tiro al bersaglio da parte della dottrina91, per il loro carattere
88Cfr. da ultimo la sentenza Mangold del Tribunale costituzionale federale tedesco (6 luglio 2010, 2 BvR
2661/06) sulla quale vedi R. CAPONI, Il Mangold Urteil: l'europeismo della Corte tedesca e i suoi limiti, in Quad. Cost., 2010, 4, 860 ss.; ID., Karlsruhe europeista (appunti a prima lettura del Mangold- Beschluss della Corte costituzionale tedesca, in Riv. it. dir. pubbl. com., 2010, 5, 1103 ss. e, volendo, P. FARAGUNA, Il Mangold Urteil: controllo ultravires ma da maneggiare «europarechtsfreundlich»,
ibidem, 863 ss.
89Nell'ordinanza 103 del 2008 la Corte ha si affermato la sua competenza a promuovere il rinvio
pregiudiziale, limitandola però ai casi di accesso diretto alla Corte costituzionale, o addirittura soltanto alla sede dei conflitti tra Stato e Regioni, sulla base del fatto che in quei casi non vi è un giudice a quo che possa incaricarsi del rinvio. Sulla possibilità di estendere la giurisprudenza costituzionale sul rinvio ad altre sedi di giudizio della Corte si vedano, M. CARTABIA, La Corte costituzionale e la Corte di
giustizia: atto primo, in Giur. Cost., 2008, 2, 1312 ss., L. DANIELE, Corte costituzionale e pregiudiziale comunitaria: alcune questioni aperte, in I quaderni europei, n. 16, 9 (www.lex.unict.it) ed E. CANNIZZARO, La Corte costituzionale come giudice nazionale ai sensi dell'art. 234 del Trattato CE:
l'ordinanza n. 103 del 2008, in RDI, 2008, 789 ss.
90Il rigore dell'obbligo a sollevare il rinvio pregiudiziale per le giurisdizioni di ultima istanza, a volte
incluso tra i fattori che stimolano la ritrosia delle Corti, è stato abbondantemente temperato dalla giurisprudenza della Corte di giustizia: gli strumenti esplicitati già a partire dalla sentenza Clifit (C- 283/81), che ribadisce l'obbligo di rinvio per i giudici di ultima istanza, chiariscono che si fanno salve le ipotesi in cui: il giudice di ultima istanza «abbia constatato che la questione non è pertinente»; «la disposizione comunitaria di cui è causa ha già costituito oggetto di interpretazione da parte della Corte»; «la questione sia materialmente identica ad altra questione, sollevata in relazione ad analoga fattispecie, che sia già stata decisa in via pregiudiziale, ancorché non vi sia stretta identità tra le materie del contendere» (acte éclairé); «la corretta applicazione del diritto comunitario si impone con tale evidenza da non lasciar adito a ragionevoli dubbi» (acte claire). Sugli sviluppi più recenti di questa giurisprudenza, cfr. K. LENAERTS, The Unity of European Law and the Overload of the ECJ – The System of
Preliminary Rulings Revisited, in http://www.ecln.ne.
decisamente pretestuoso: dopo il parziale overruling della Corte italiana, che ammette la sua competenza a operare il rinvio laddove non vi sia un giudice a quo al quale affidare il compito di promuovere il rinvio, le già deboli ragioni sembrano davvero difficilmente difendibili92.
Appaiono invece più insidiose le ragioni che non sono ascrivibili all'ordine giuridico-formale, bensì riconducibili a scelte strategiche, o di opportunità, oppure di politica del diritto. In questo contesto, tra le ragioni più comunemente addotte a sostegno della scelta delle Corti costituzionali di (auto)negarsi la competenza a operare il rinvio pregiudiziale93, vi è quella che esse dovrebbero salvaguardare l'autorità di
giudice «superiorem non recognoscens», o tutt'al più la preoccupazione di «non
apparire assoggettat[e] ad un giudice ad ess[e] superiore»94: ammesso e non concesso
che “cose” come il prestigio e l'autorità delle Corti esistano, e ammesso (e ancor meno concesso) che tali entità abbiano rilevanza giuridica, vi sono diversi elementi (sicuramente giuridici) che sembrano provare l'esatto contrario.
Il primo, nonché quello che mi pare essere determinante, è la considerazione per cui il fatto di non prestarsi a promuovere il rinvio pregiudiziale non sottrae le Corti costituzionali dall'autorità delle pronunce della Corte di giustizia europea, a cui la Corte costituzionale italiana, ad esempio, ha da tempo pacificamente riconosciuto le caratteristiche del primato e dell'effetto diretto95.
Vi è peraltro ragione di dubitare che la gelosa conservazione del diritto all'ultima parola passi attraverso l'auto-esautoramento formale dal circuito del rinvio pregiudiziale, tanto più se è vero (e pare esserlo) che le Corti, coinvolgendosi attivamente nel dialogo, non perderebbero affatto il diritto a esprimere l'ultima parola, eventualmente accertando la contrarietà del diritto dell'Unione, per come interpretato dalla Corte di giustizia, ai controlimiti dell'ordinamento costituzionale.
Si potrebbe, al contrario, addirittura osservare – come la dottrina ha già da tempo
ord. 536/1995) e l'autonomia della nozione costituzionale e comunitaria di 'giudice': in senso critico, ex
plurimis, S. AGOSTA, Il rinvio pregiudiziale ex art. 234 Trattato CE, tra (ingiustificato?) horror obsequii della Corte costituzionale ed irresistibile vocazione espansiva del giudice comunitario, in P.
FALZEA - A. SPADARO - L. VENTURA (a cura di), La Corte costituzionale e le Corti d'Europa, Torino, 2003, 349 ss; T. GROPPI, La Corte costituzionale come giudice del rinvio ai sensi dell'art. 117
del Trattato CE, in P. CIARLO - G. PITRUZZELLA - R. TARCHI (a cura di), Giudici e giurisdizioni nella giurisprudenza della Corte costituzionale, Torino, 1997, 171 ss.
92Ed anzi vi sono diverse argomentazioni esplicitate dalla Corte costituzionale nell'ord. n. 103/2008 che
sembrano calzanti anche per affermare l'estensibilità della competenza a promuovere il rinvio alla sede del giudizio delle leggi in via incidentale: si veda, ancora, M. CARTABIA, La Corte costituzionale e la
Corte di giustizia: atto primo, cit. ed E. CANNIZZARO, La Corte costituzionale come giudice nazionale,
cit.
93Su tutti, si veda l’autorevole opinione di F. SORRENTINO, Rivisitando l'art. 177 del trattato di Roma,
in AA. VV., Lo stato delle istituzioni italiane. Problemi e prospettive, Milano, 1994, 646 ss.
94M. CARTABIA, Rinvio pregiudiziale, cit., 109. 95Ex plurimis, Corte cost., sentenza n. 389 del 1989.
fatto – che l'(auto)esautoramento delle Corti costituzionali le esponga a un rischio perfettamente contrario rispetto agli argomenti che solitamente ne sostengono le ragioni: il diritto dell'Unione sembra infatti aver già elaborato gli strumenti giuridici per vanificare le remore delle Corti costituzionali, e pretendere al contrario il suo diritto a imporre il rinvio alle Corti costituzionali nazionali: se infatti è vero che la nozione di autorità giurisdizionale competente a sollevare il rinvio pregiudiziale è nozione di diritto comunitario, è anche vero che sull'interpretazione di tale nozione ha competenza la Corte di giustizia. Si aggiungano a ciò gli esiti della giurisprudenza Köbler96: la Corte di
giustizia ha chiarito che il regime di responsabilità civile dello Stato per i danni causati ai singoli da violazioni del diritto dell'Unione si applica anche quando il danno sia cagionato da un'attività di natura giurisdizionale posta in essere da un giudice di ultima istanza, specificando espressamente che tra questi casi vi possa essere la mancata osservanza dell'obbligo di rinvio pregiudiziale. Sembra quindi chiaro che già oggi esisterebbero gli strumenti per condannare lo Stato membro la cui Corte di ultima istanza, fosse anche una Corte costituzionale si rifiutasse di osservare l'obbligo di rinvio pregiudiziale97.
Il fatto che tali strumenti non siano mai stati attivati – e che, verosimilmente, non verranno attivati nel prossimo futuro98 – non sembra essere un argomento a sostegno
della posizione delle Corti che si sottraggono al circuito del rinvio pregiudiziale. Non vi è infatti, dalla prospettiva della Corte di giustizia, alcuna ragione di attivare un simile meccanismo, posto che l'esautoramento delle Corti costituzionali rispetto al diretto dialogo con i giudici comuni facilita, anziché complicare, l'estensione della sua funzione di vertice “materialmente costituzionale” del diritto dell'Unione. Finché l'estensione del ruolo della Corte di giustizia può svolgersi parallelamente all'estensione delle
96Sentenza 30 settembre 2003, causa C-224/01, Köbler contro Austria.
97Per quanto l'impostazione desumibile da Corte Cost. ord. n. 103/2008 non abbia chiarito espressamente
se essa si consideri facoltizzata o tenuta a promuovere il rinvio: per un'analisi dei segnali contrastanti che emergono dalla pronuncia, vedi L. DANIELE, Corte costituzionale e pregiudiziale comunitaria, cit., il quale infine esprime l'impressione «che la Corte non si consideri “tenuta” al rinvio pregiudiziale o comunque ritenga di poter agire con ampia discrezionalità» (ivi, 10).
98A indiretta conferma dell'insussistenza di un interesse della Corte di giustizia a fare pressing sulle Corti
costituzionali nazionali, affinché queste riconoscano la loro competenza a promuovere il rinvio pregiudiziale, sembra potersi addurre la recente pronuncia della Corte di giustizia (22 giugno 2010, cause riunite C-188/10 E C-189/10), nella quale si afferma che l'art. 267 TFUE «osta ad una normativa di uno
Stato membro che instaura un procedimento incidentale di controllo della legittimità costituzionale delle
leggi nazionali, nei limiti in cui il carattere prioritario di siffatto procedimento abbia l'effetto di impedire
– tanto prima della trasmissione di una questione di legittimità costituzionale all'organo giurisdizionale
nazionale incaricato di esercitare il controllo di costituzionalità delle leggi, quanto, eventualmente, dopo la decisione di siffatto organo giurisdizionale su detta questione – a tutti gli altri organi giurisdizionali
nazionali di esercitare la loro facoltà di adempiere il loro obbligo di sottoporre questioni pregiudiziali alla Corte» [enfasi aggiunta]: la condizione posta dalla Corte è quindi soltanto quella di evitare che la
pregiudizialità della questione di legittimità costituzionale impedisca agli altri organi giurisdizionali di promuovere il rinvio pregiudiziale.
competenze del diritto dell'Unione non vi è alcuna ragione per la Corte di giustizia di chiamare in gioco le Corti costituzionali.
La scarsa efficacia della scelta di porsi dalla parte di chi preferisce esercitare un dissenso astensivo rispetto a un dissenso espressivo99, uscendo dal circuito del dialogo,
potrebbe in particolare manifestarsi in riferimento al fronte più delicato dei rapporti tra ordinamento costituzionale e ordinamento dell'Unione, ovvero quello dell'accertamento della violazione dei controlimiti100.
In linea generale infatti, si potrebbe affermare, l'ostinazione a non voler creare un circuito diretto, attraverso lo strumento del rinvio pregiudiziale, tra Corti costituzionali e Corte di giustizia europea potrebbe anche ritenersi avere un impatto “neutro” sulla problematica del rapporto fra ordinamenti: non essere un fattore di produzione di effetti né positivi, né negativi. Potrebbe persino ritenersi che tale diffidenza possa contribuire a disinnescare la possibilità di un contrasto concreto di giurisprudenza tra Corte di giustizia e Corti costituzionali, in riferimento ai principi fondamentali dell'ordinamento costituzionale, sdrammatizzando la tensione con la necessaria intermediazione di un giudice a quo, tenendo rigorosamente separati i due player (“due galli, due pollai¨).
C'è da chiedersi però, se davvero l'intermediazione di un giudice a quo sia lo strumento migliore per rendere meno drammatico il rapporto tra ordinamenti, almeno nell'ipotesi di un conflitto tra diritto dell'Unione e controlimiti. Si provi a immaginare, con gli strumenti elaborati fino a oggi dalla giurisprudenza costituzionale, come una tale ipotesi potrebbe concretizzarsi nell'ordinamento italiano: un giudice di merito, chiamato ad applicare una norma di diritto dell'Unione contrastante con i principi supremi dell'ordinamento costituzionale, si troverebbe di fronte a un caso di cd. “doppia pregiudizialità”: il “nuovo” articolo 4 TUE che, recependo nel trattato l'identità costituzionale degli Stati membri, “europeizza” i controlimiti, è infatti sufficiente a far insorgere nel giudice un dubbio (non di interpretazione, ma) di validità del diritto dell'Unione. Nel caso in cui la Corte di giustizia confermasse la validità delle norme in questione, il giudice potrebbe sollevare questione di legittimità costituzionale,
99Oppure, in alter parole, preferendo esercitare l'exit al voice, parafrasando così A. O. HIRSCHMAN,
Exit, Voice, and Loyalty: Responses to Decline in Firms, Organizations, and States, Cambridge-MA,
1970 [trad. it. a cura di Lucio Trevisan, Lealta, defezione, protesta: rimedi alla crisi delle imprese, dei
partiti e dello stato, Milano, 1982].
100Ciò non toglie, peraltro, che la posizione della Corte costituzionale italiana che concede di essere
competente a promuovere il rinvio soltanto in sede di conflitto tra Stato e Regioni o, tutt'al più adottando un'interpretazione estensiva all'ord. 103/2008, a tutte le questioni introdotte in via principale, presenti delle distonie anche in riferimento ad altre ipotesi di questioni introdotte in via incidentale, in cui i controlimiti non entrino in gioco: il ricorso al rinvio da parte della Corte costituzionale sembrerebbe essere (perlomeno) molto utile, ad esempio, nei casi in cui, al fine di utilizzare all'interno del giudizio di legittimità costituzionale, instaurato in via incidentale, il parametro del rispetto dei «vincoli derivanti dall'ordinamento comunitario» ex art. 117.1 Cost., in riferimento a norme di diritto dell'Unione non direttamente efficaci, sorgesse un dubbio di interpretazione del diritto dell'Unione. Prospetta questa ipotesi L. DANIELE, Corte costituzionale e pregiudiziale comunitaria, cit., 11-12.
denunciando la supposta violazione dei principi supremi dell'ordinamento costituzionale. Questo meccanismo sembra destare perplessità, per diverse ragioni: è decisamente tortuoso e non è affatto improbabile che scoraggi il giudice a operare il doppio rinvio, come già il meccanismo della doppia pregiudizialità sembra aver mostrato nei casi in cui non sono in discussione i controlimiti101; anche laddove il
giudice si decidesse ad andare fino in fondo, condizionerebbe il sistema di rimedio di una lesione dei principi supremi dell'ordinamento ad un percorso molto lungo, che fornirebbe effettività alla tutela in un tempo tale da presentare una certa distonia con la funzione dei principi supremi dell'ordinamento, rendendo in una certa misura «il sistema di garanzie giurisdizionali della Costituzione come difettoso o non effettivo proprio in relazione alle sue norme di più elevato valore»102; si affiderebbe quindi al giudice
ordinario la scelta di affidarsi al rinvio pregiudiziale oppure alla questione di legittimità costituzionale, potendosi dubitare che la «priorità logica e giuridica» affermata dalla Corte a favore del rinvio pregiudiziale possa applicarsi anche ai casi di lesione dei controlimiti; ma soprattutto si affiderebbe al giudice ordinario il compito di porre un quesito alla Corte di giustizia europea che sembrerebbe ben più confacente alla Corte costituzionale: ciò sia per il fatto che la richiesta proveniente da un organo di controllo costituzionale accentrato avrebbe maggiore probabilità di impegnare la Corte di giustizia europea a prendere in seria considerazione l'ipotesi di conflitto, sia per l'attività interpretativa che è presupposta a una tale ipotesi di rinvio, che imporrebbe di determinare in concreto in cosa consista il principio supremo dell'ordinamento che si intende violato nel caso di specie, individuazione tutt'altro che risolta dai precedenti giurisprudenziali della Corte costituzionale italiana. L'apparente ingresso dei controlimiti nell'art. 4 TUE non affievolisce affatto quest'esigenza, ma semmai la rende ancor più urgente: al di là dei discorsi teorici è infatti verosimile che, alla prova del caso concreto, l'operatività di concetti quale quelli di controlimiti o di identità costituzionale necessitino sempre di un previo bilanciamento tra principi contrastanti, tanto a livello sovranazionale (tra rispetto dell'identità costituzionale degli Stati membri e altri principi che ricevano menzione nel Trattato), quanto a livello costituzionale interno (tra principi supremi, e principio di apertura dell'ordinamento, o per dirla à la tedesca, tra identità costituzionale e principio dell'Europarechtsfreundlichkeit).
A conforto di questa impressione giungono anche le prime indicazioni fornite dalla Corte di Giustizia sul modello procedimentale da adottare per la gestione dei “controlimiti europeizzati”: in una recente sentenza103 i giudici di Lussemburgo erano
chiamata a pronunciarsi in sede di rinvio pregiudiziale sulla possibilità per le autorità di
101M. CARTABIA, Rinvio pregiudiziale alla Corte di giustizia europea, cit., 118.
102Corte cost., sent. 1146/1988. Nel medesimo quadro, osserva criticamente E. CANNIZZARO, La Corte
costituzionale come giudice nazionale ai sensi dell'art. 234, cit., 791, l'effetto che il sistema produce di
«un notevole allungamento dei tempi processuali e una inutile duplicazione processuale».
uno Stato membro (l'Austria) di non riconoscere il cognome di un cittadino, come determinato in un altro Stato membro, per il fatto che ciò era impedito da una legge costituzionale (sull'abolizione dei titoli nobiliari). Al di là dei dettagli della vicenda, ciò che qui rileva è che la Corte di giustizia, posta di fronte a un possibile conflitto tra le libertà garantite dal Trattato, e una legge costituzionale, storicamente legata addirittura all'instaurazione della forma repubblicana dello Stato, ragiona espressamente in termini di bilanciamento tra le contrapposte esigenze104, e – com'era prevedibile – non si astiene
dall'affermare la sua competenza a misurare il legame tra la normativa in questione e l'identità costituzionale dello Stato membro coinvolto.
Per quanto questo modello procedimentale di gestione dei controlimiti possa sembrare inadeguato (almeno a chi guardi la vicenda dalla prospettiva del diritto costituzionale), deve riconoscersi che la Corte di Giustizia non sembra avere alternative realisticamente percorribili. Una soluzione più adeguata dovrebbe infatti farsi carico di evitare un esautoramento della voice – per dirla ancora con A. O. Hirschman – delle Corti costituzionali degli Stati coinvolti: chi meglio potrebbe misurare il legame delle norme con l'identità costituzionale, e contribuire così a determinare uno dei pesi da bilanciare? È difficile infatti non riconoscere che il fatto che lo Stato membro coinvolto possa, allo stato dell'arte, esprimersi soltanto attraverso le osservazioni presentate alla Corte dal Governo, produca l'effetto – a dir poco anomalo – di affidare al Governo la tutela del nucleo duro della costituzione, ovvero la sua essenza anti-maggioritaria. Va