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costituzionali e leggi dotate di copertura costituzionale. – 2.1. Principi supremi e leggi costituzionali. – 2.2. Principi supremi e leggi fornite di “copertura costituzionale”. – 2.2.1 Controlimiti “comunitari”, “concordatari” e “internazionali”. – 2.2.2. I primi passi del cammino. – 2.2.3. I “controlimiti concordatari”. – 2.2.4. Il primo (e unico) accoglimento. – 2.2.5. Alcuni passi indietro nel cammino? – 2.2.6. Un ulteriore passo del cammino comunitario (sentenza 232 del 1989). – 2.2.7. Distribuzione costituzionale delle competenze e deroghe comunitarie. – 2.2.8. Principi supremi e “controlimiti concordatari” dopo gli accordi di modifica del Concordato. – 3. Questioni aventi a oggetto norme disposte da leggi ordinarie. – 3.1. Le pronunce. – 4. Uno sguardo al parametro delle questioni: (non chiedere mai) quali sono i principi supremi (secondo la Corte costituzionale). – 4.1 Il diritto alla tutela giurisdizionale. – 4.2. Il principio di eguaglianza. – 4.3. Il principio supremo di laicità. – 4.4. I diritti inviolabili e alcune isolate pronunce. – 5. Sintetizzando: quattro gruppi di pronunce (per prendere sul serio la giurisprudenza sui principi supremi). – 5.1. Una giurisprudenza inconsistente?

1. La tortuosa giurisprudenza della Corte costituzionale.

Nel capitolo precedente si è cercato di dimostrare come sia difficile accedere all'analisi della problematica oggetto di questa indagine attraverso la porta delle ricostruzioni dottrinali. La Babele linguistica che contraddistingue le trattazioni sul tema, sintomatica di una sostanziale incomprensione a livello concettuale (non è mai chiaro di cosa si stia parlando quando si parla di principi supremi), da un lato suggerisce l'opportunità di perseverare nell'analisi di un tema così fondamentale1, dall'altro lato

rappresenta una raccomandazione a tentare di non approcciare il tema aggiungendo confusione a confusione, proponendo nuove stipulazioni linguistiche o creando una personale dottrina di quelli che devono (o peggio ancora, dovrebbero) ritenersi i principi dell'ordinamento sottratti a qualunque intento di modifica.

Un primo tentativo (e qui già il lessico tradisce che non sarà risolutivo) per infondere concretezza alla presente ricerca è quello di accedere alla problematica dei principi supremi attraverso la lente della giurisprudenza costituzionale: si tratterà quindi non più di occuparsi di dilemmi ontologici sui limiti ai fattori di innovazione dell'ordinamento (tentando di rispondere a quesiti troppo ambiziosi, del genere “quali sono i limiti alla revisione costituzionale?”) bensì di indagare se e come funzionino (ad esempio i limiti alla revisione costituzionale), rinunciando così a una visione complessiva del problema (a cui solo un approccio dottrinale tradizionale può ambire), e muovendo invece verso un'analisi di diverse visioni “parziali”: tra le visioni parziali dei principi supremi, la prima verso la quale merita rivolgere l'attenzione sembra essere quella della Corte costituzionale, se non altro per la posizione privilegiata che l'ordinamento costituzionale positivo italiano le accorda quanto all'interpretazione della costituzione2. Posizione privilegiata, ma – è importante fin da subito chiarirlo – che la

presente indagine non vuole considerare esclusiva3.

descrittivo di “prossimità alle fondamenta”, non senza tener conto l'avvertimento per cui «[c]iò che è davvero fondamentale, per ciò stesso non può mai essere posto ma deve sempre essere presupposto»: così G. ZAGREBELSKY, Il diritto mite, Torino, 1992, 1.

2Se già alla Costituzione si è soliti attribuire una funzione anti-maggioritaria, anche se a modificare la

Costituzione è pur sempre una maggioranza politica, ai principi supremi dell'ordinamento, a fortiori, dovrebbe riconoscersi una funzione ancor più autenticamente anti-maggioritaria, a presidio della quale non si possono certo immaginare gli attori politici del sistema, bensì gli “organi di garanzia”, tra i quali certamente la Corte costituzionale. Si veda sul punto C. MEZZANOTTE, Corte costituzionale e

legittimazione politica, Roma, 1984; E. GROSSO, Parlamento e Corte costituzionale, in L. Violante (a

cura di), Storia d’Italia, Annali 17, Il Parlamento, Torino, Einaudi, 2001, 443 ss.; N. OCCHIOCUPO, La

Corte costituzionale: «esigenza intrinseca» della Costituzione repubblicana, 1 in ID. Costituzione e Corte costituzionale, Milano, 2010, 1 ss., e originariamente in S. LABRIOLA (a cura di), Valori e principi del regime repubblicano, 3, Laterza, Roma-Bari, 2006, 461 ss. e S. CASTIGNONE, Legittimità, legalità e mutamento costituzionale, in A. TARANTINO (a cura di) Legittimità, legalità e mutamento costituzionale, Milano, 1980, 37 ss. Sulla natura «contromaggioritaria» dei principi supremi, vedi O.

CHESSA, Corte costituzionale e trasformazioni della democrazia pluralista, in V. TONDI DELLA MURA - M. CARDUCCI - R.G. RODIO (a cura di), Corte costituzionale e processi di decisione politica, Atti del seminario di Otranto-Lecce svoltosi il 4-5 giugno 2004, Torino, 2005, 52 ss. Il discorso sarà riafforerà infra, cap. 5, § 4, 190 ss.

3In senso analogo mi sembra muovere il metodo di chi, analizzando problematiche affini a quelle della

presente ricerca, ha osservato che, nell'individuare i “valori inviolabili” dell'ordinamento, «la Corte non potrà non tener conto della prassi delle istituzioni, delle convenzioni costituzionali e, com'è stato detto, “dell'innesto ragionevole” delle sue decisioni nella forma di governo e nella comunità. La Corte non potrà nemmeno evitare di tenere conto del “diritto vivente” che emerge dalla giurisprudenza dei giudici ordinari. Parimenti la Corte non potrà non tenere conto delle opinioni e delle istanze espresse dai vari gruppi sociali e culturali»: così M. CARTABIA, Principi inviolabili e integrazione europea, Milano,

La giurisprudenza della Corte costituzionale servirà quindi non a rispondere alla (mal posta) domanda “quali o cosa siano i principi supremi?”, bensì per indagare come il giudice costituzionale utilizzi i principi supremi dell'ordinamento, oppure – in altre parole – per capire «ciò che la Corte effettivamente fa e non ciò che dice di fare»4.

Anche in questo modo, pur avendo ridotto notevolmente l'ambizione delle domande a cui si cercherà di fornire una risposta, si vedrà che l'analisi è tutt'altro che immune da indeterminatezze terminologiche, che – a questo punto pare già chiaro – rappresentano uno dei primi problemi con cui la presente trattazione deve fare i conti. Per cercare di superare quelle indeterminatezze è sembrato utile scomporre la giurisprudenza della Corte attraverso molteplici criteri ordinatori, che rendano un livello minimo di uniformità tra questioni aventi oggetti tra loro spesso molto diversi5, collocate in periodi

costituzionali lontani e redatte da giudici con sensibilità molto diverse verso tali tematiche teorico-generali6.

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