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Al termine dell'impervio percorso tracciato nel corso di questo capitolo, sembra opportuno tracciare alcune osservazioni interlocutorie riepilogative, prima di fare un passo avanti nella presente indagine.

Il punto di partenza ha infatti dovuto farsi carico di scogliere l'ambiguità sottesa a una sorta di ossimoro che è insito nella stessa espressione di 'principi supremi': se sono principi – si dovrebbe dedurne, almeno a partire dagli insegnamenti di Ronald Dworkin – allora si bilanceranno109. Ma dall'altra parte,

se sono supremi, essi dovrebbero sottrarsi a qualsiasi deroga o cedimento, che è invece un prezzo che ogni principio deve pagare, quando entri nelle dinamiche del bilanciamento.

Si è cercato di dimostrare che l'ossimoro non può essere spiegato con una soluzione “astratta”: se fosse possibile trovare una soluzione definitiva dei conflitti fra principi, non si tratterebbe più di bilanciamento, bensì di conciliazione interpretativa110. E che tale conciliazione sia effettivamente

possibile, nell'ordinamento costituzionale positivo italiano, è “empiricamente” da escludersi sulla base della mera lettura del testo della Costituzione, nonché “analiticamente” da escludersi per la funzione assunta dalle costituzioni rigide nella società pluraliste111.

107E per non trovarsi di fronte alla conseguenza paradossale «di essere destinatari[e] delle risposte date

dalla Corte di giustizia senza peraltro aver formulato le domande»: così E. CANNIZZARO, La Corte

costituzionale come giudice nazionale, cit., 793. La necessità di servirsi di uno strumento che può servire

a “pesare” le esigenze da bilanciare è sottolineata da A. APOSTOLI, La tutela dei diritti fondamentali, al

di là della Costituzione nazionale, in N. ZANON (a cura di), Le Corti dell'integrazione europea e la Corte costituzionale italiana: avvicinamenti, dialoghi, dissonanze, Napoli, 2006, 22.

108S. BARTOLE, Pregiudiziale comunitaria ed «integrazione» di ordinamenti, in Le Regioni, 4-5/2008,

903-4.

109Cfr. supra, in questo capitolo, § 1, 141 ss. 110Cfr. supra, in questo capitolo, § 3.1, 149 ss. 111Cfr. supra, in questo capitolo, § 4, 155 ss.

Per questi motivi, l'eventuale “supremazia dei principi supremi” può essere indagata soltanto descrittivamente112, avvicinandosi ai casi concreti: proprio da

questo approccio si è giunti a escludere che i medesimi principi che la giurisprudenza della Corte qualifica come supremi, prevalgano sempre nelle dinamiche del bilanciamento. Tutt'al più, si potrebbe ricostruire che tali principi svolgano la funzione di argomenti presuntivamente vincenti, ma occasionalmente soccombenti, a seconda delle circostanze.

Nemmeno quel peculiare caso di bilanciamento che coinvolge il rapporto tra fonti interne e diritto dell'Unione sembra risolvibile nei termini di un equilibrio statico113: se, infatti, a prima vista, la giurisprudenza della Corte pare tracciare

una soluzione analitica dei conflitti tra diritto interno e diritto dell'Unione, dando una prevalenza permanente al principio di apertura dell'ordinamento, è la stessa giurisprudenza costituzionale a costruire i controlimiti come (presunta) eccezione all'assetto descritto.

112Cfr. supra, in questo capitolo, § 3.2, 151 ss. 113Cfr. supra, in questo capitolo, § 6, 163 ss.

CAPITOLO V

PRINCIPISUPREMI, DOMINANTIORECESSIVI?

SOMMARIO: 1. L'irrilevanza del dato giuridico-formale (ad ogni costituzione i suoi problemi interpretativi). – 2. Le possibili spiegazioni di un'oscillazione interpretativa così ampia. – 3. L'ausilio di uno sguardo oltre i confini nazionali: l'esperienza tedesca. – 3.1. L'art. 79 III GG: intra moenia. – 3.2. L'art. 79 III GG: extra moenia. – 4. Cosa trarne relativamente all'esperienza italiana? – 5. Come uscire dal rebus? Un approccio avalutativo al bilanciamento: principi dominanti e principi recessivi. – 6. Allontanandosi da un dottrina dei limiti alla revisione, verso una teoria dei limiti all'innovazione costituzionale.

1. L'irrilevanza del dato giuridico-formale (ad ogni costituzione i suoi problemi

interpretativi).

Il problema di individuare se possano sussistere limiti alla revisione costituzionale, quali essi siano, e se questi possano trovare degli idonei strumenti di garanzia nell'ordinamento, non è certo una peculiarità dell'ordinamento costituzionale italiano. In qualunque ordinamento formalmente rigido, ove le modifiche alla Costituzione debbano essere introdotte attraverso atti che risultano da un procedimento aggravato di approvazione1, si può infatti porre il problema teorico generale dei limiti materiali alla

1Il legame storico tra problema dei limiti alla revisione costituzionale e affermazione delle costituzioni

rigide non deve condurre a mortificare il concetto di rigidità, riducendolo alla mera presenza di un procedimento aggravato per l'approvazione delle leggi costituzionali: il rischio di ridurre la legalità costituzionale all'introduzione di un nuovo gradino nella gerarchia delle fonti, è quello di adattare agli ordinamenti odierni una concezione monarchica della sovranità, in cui si verificherebbe «l'impossibile condizione che lo stato costituzionale conosca un'autorità capace, per l'appunto, di imporre la costituzione come norma più alta al vertice dell'ordinamento che essa istituisce»: così G. ZAGREBELSKY, Intorno

alla legge, Torino, 2009, 134. Se si adottasse una concezione così anacronistica della sovranità,

revisione.

Un breve sguardo al diritto positivo vigente oltre i confini nazionali pare confermare queste elementari considerazioni: soprattutto a partire dal secondo dopoguerra, si riscontra una «fioritura»2 di disposizioni costituzionali sui limiti materiali alla revisione

costituzionale. Senza voler ambire ad alcuna esaustività, può essere utile citare alcuni esempi (disposti in ordine cronologico): a) la Costituzione della quarta repubblica francese (1946) disponeva (con formulazione sostanzialmente identica al vigente art. 139 della Costituzione italiana) l'irrivedibilità della forma repubblicana dello Stato, sul solco della tradizione derivante già dall'art. 95 della Costituzione francese del 14 agosto 1884; b) similmente la Costituzione brasiliana (1946) disponeva all'art. 217 l'intangibilità del carattere federale e repubblicano dello Stato; c) la Legge Fondamentale tedesca (GG) è la prima a disporre, all'art. 79 III, un elenco ben più articolato di principi sottratti alla disponibilità del legislatore costituzionale3. Nello

stesso contesto storico e geografico, peraltro, già prima dell'entrata in vigore del GG, diverse Costituzioni degli Stati tedeschi disponevano norme specifiche della stessa natura, seppure meno articolate4; d) sulla scorta dell'estensione del nucleo intangibile

della costituzione, introdotto dal GG, altri Stati adottano successivamente disposizioni simili: la Costituzione portoghese del 1976, e poi la nuova Costituzione del 19925; la

supremi, in quanto principi non posti da alcuna autorità, sarebbero del tutto inconcepibili. Si tornerà su questi aspetti più approfonditamente al termine del presente capitolo.

2Si è parlato di «Blütezeit» dei limiti materiali alla revisione costituzionale: cfr. K. STERN, Das

Staatsrecht der Bundesrepublik Deutschland, Band III/2, München, 1994, 1094. Non sarebbe però

corretto intendere le clausole che recano limiti materiali alla revisione costituzionale come un'invenzione delle Carte fondamentali del secondo dopoguerra: alcuni esempi sono infatti antecedenti, e – a quanto ci è risultato dalle ricerche – il più antico risale alla Costituzione norvegese del 1814, il cui art. 112, nel quadro della disciplina della procedura di revisione della Costituzione, dispone che «nessuna modificazione deve mai contraddire i principii della presente Costituzione, ma limitarsi soltanto a mutamenti in certe disposizioni che non ne alterino lo spirito»: cfr. l'archivio delle Costituzioni storiche del Dipartimento di scienze giuridiche dell'Università di Torino, www.dircost.unito.it. Anche la Costituzione degli Stati Uniti d'America, all'art. V, prevede dei puntuali divieti, di natura materiali, opponibili agli emendamenti costituzionali. Ciononostante, secondo autorevole dottrina, l'incostituzionalità di emendamenti costituzionali è verosimilmente inconcepibile nell'ordinamento statunitense: cfr. M. TUSHNET, The Constitution of the United States of America. A Contextual Analysis, Oxford, 2009, 239, anche infra, in questo capitolo, § 5, 196, sub nota 60.

3Una trattazione specifica del caso tedesco verrà intrapresa nei paragrafi successivi, vedi infra, in questo

capitolo, § 3, 180.

4Così, ad esempio, gli artt. 75 Abs. 1 Cost. bavarese; Art. 150 Cost. Hessen; Art. 35 Satz 2, Cost.

Brandeburgo; Art. 99, Abs. 1, Cost. Mecklenburg; Art. 97, Cost. Sachsen; Art. 58 Abs. 1 Satz 2, Cost. Sachsen-Anhalt, i quali garantiscono i caratteri democratico e repubblicano dello Stato e gli artt. 20, Cost. Brema; art. 26 Cost. Hessen; art. 77 Cost. Rheinland-Pfalz e artt. 64 e 103 Abs. 1 Satz 2 Cost. Saarland che includono la tutela dei diritti fondamentali nell'estensione della garanzia dell'intangibilità. In tema delle clausole di intangibilità delle Costituzioni statali tedesche cfr. C. BUSHART, Verfassungsänderung

in Bund und Länder, München, 1989, 59 ss.

5La Costituzione portoghese del 1992 dispone l'intangibilità di una lunga serie di principi, tra i quali

Costituzione greca del 1975 (e poi del 1986)6; la nuova Costituzione del Brasile (1988)7:

la Costituzione della Turchia (1961)8; infine la Costituzione del Sud Africa del 1983,

che prevede un'intangibilità di fatto di alcune sue parti, richiedendo per la loro modifica, il voto unanime di tutti i membri delle tre Camere.

Questa breve panoramica offre argomenti sufficienti per intravedere il carattere universale della problematica oggetto di questa ricerca. Suggerisce quindi la percorribilità di indagini comparative: esulerebbe tuttavia dalle intenzioni e dalle possibilità di questa sede approfondire una comparazione ad ampio raggio. Si restringeranno invece gli orizzonti di ricerca alla comparazione con un ordinamento che, per i motivi già accennati, sembra essere particolarmente significativo. L'ordinamento tedesco, infatti, nella sua struttura complessiva presenta molti caratteri omogenei rispetto a quello italiano, ma – a per quanto concerne le clausole testuali che prevedono limiti alla revisione – si presenta molto diversamente.

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