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Sulla base della sintetica rassegna, condotta per casi paradigmatici, delle posizioni della dottrina in materia, la constatazione che il problema dei limiti alla revisione costituzionale sia un problema giuridico irrisolto, sembra auto-evidente. Oltre a non esserci una terminologia comune con cui riferirsi alla “parte”113 della costituzione che

sarebbe da considerarsi immodificabile, i confini di quella medesima “parte” sono ben lungi dall'essere determinati: dalla mera elettività del Capo dello Stato, alla democraticità dell'ordinamento, alle norme che regolano il procedimento stesso di revisione, ai diritti inviolabili, all'indivisibilità della Repubblica, al principio autonomistico, alla formula proporzionale della legge elettorale, gli ipotizzati limiti alla revisione costituzionale arrivano in alcune ricostruzioni quasi a ricomprendere l'intera Costituzione.

Le dottrine dei principi supremi, nel tentativo di fornire soluzioni a problemi giuridici, più che risolverne, sembrano piuttosto destinate a individuarne di nuovi, anche laddove muovano da problemi concreti, collocati all'interno di un ordinamento positivamente determinato. Interrogarsi, infatti, sulla possibilità di sottoporre le leggi costituzionali al sindacato di legittimità costituzionale presuppone di fare i conti con un'ardua sequenza di problemi fondamentali: l'individuazione dei parametri di un tale sindacato; il problema della loro giustificazione, in una misura che non ha eguali all'interno di un ordinamento costituzionale positivo (per le norme subordinate alla costituzione, per definizione, non si pone il problema della immodificabilità114); il

sottolineato il carattere di obiter dictum dell'affermazione della sindacabilità delle leggi costituzionali, che sarebbe pertanto «inidoneo a costituire un precedente»: così A. PACE, Problematica delle libertà

costituzionali, Parte generale, Padova, 2003, 51-52, sub nota 105.

112Vedi infra, cap. 2, § 2.1, 48 ss.

113Va da sé che si intende qui 'parte' in senso atecnico, non essendovi, come si è visto, un termine tecnico

abbastanza generale da comprendere le diverse configurazioni dei limiti alla revisione costituzionale: non si può dire che siano principi, perché non necessariamente si può sostenere che soltanto principi – e non anche regole – siano sottratti alla revisione costituzionale (si pensi al limite di un milione di abitanti per la creazione con legge costituzionale di nuove regioni); non si può usare la terminologia di 'norme' perché, come si è documentato, secondo altre ricostruzioni immodificabili sarebbero non le norme, bensì i valori, oppure – secondo un'altra prospettiva – la decisione politica fondamentale.

114Per le norme primarie si sono certamente posti problemi specifici inerenti alla loro “forza passiva”,

come è stato per la giurisprudenza della Corte in materia di referendum abrogativo sulle leggi costituzionalmente necessarie, obbligatorie e a contenuto costituzionalmente vincolato. Si potrebbe

problema del rapporto tra potere costituente e poteri costituiti, tra cui quello di revisione; il problema, a quest'ultimo strettamente legato, dell'ammissibilità di vincoli normativi che da una generazione si impongono sulle successive; il problema dell'interpretazione della costituzione, e in questo quadro, il problema del valore da attribuire ai vincoli derivanti dal carattere testuale delle disposizioni della costituzione formale.

Il moltiplicarsi di queste imponenti problematiche, che sembra inevitabilmente prodursi approfondendo l'analisi delle trame teorico-generali dei principi supremi dell'ordinamento, sconsiglia evidentemente di avventurarcisi in questa sede, e forse sconsiglia di farlo in ogni sede. Si potrebbe cioè ipotizzare che la posizione stessa del problema, nei termini classici in cui viene postulato, vada preferibilmente abbandonata.

Alle ricostruzioni dottrinali volte a provare esistenza e fondamento dei principi supremi, intesi come limiti alla revisione costituzionale, sembra applicabile il cd.

Trilemma di Münchhausen115, secondo il quale ogni tentativo di dimostrare una “verità

assolutamente certa” si imbatterebbe in uno dei seguenti vizi: la circolarità, il regresso all'infinito oppure il dogmatismo.

La circolarità consiste nel vizio che si riscontra laddove argomentazione e affermazione da provare dipendono l'una dall'altra (sinteticamente: x sarebbe vero in quanto è vero y, che presuppone la verità di x); il regresso all'infinito emerge quando la verità di un'affermazione sia fornita attraverso un'altra affermazione, la cui verità venga provata sulla base di un'affermazione ulteriore, e così via all'infinito (x sarebbe vero in quanto è vero y, che sarebbe vero nella parte in cui è vero z, e così all'infinito...); infine il dogmatismo è il vizio che si riscontra laddove il regresso all'infinito venga interrotto dalla posizione di un assioma (x sarebbe vero perché è vero y, che è vero per definizione).

Le dottrine dei principi supremi sembrano incappare, inevitabilmente, in uno di questi tre vizi. Il primo vizio (circolarità) si riscontra laddove si cerchi di individuare i principi supremi nei limiti alla revisione costituzionale, e viceversa116. Tale problema, a

persino dire, e da alcuni autori è stato detto (cfr. A. RUGGERI, Revisioni formali, modifiche tacite della

Costituzione e garanzie dei valori fondamentali dell'ordinamento, in Dir. Soc., 2005, 451 ss.) che allo

stesso modo in cui leggi necessarie, obbligatorie e a contenuto costituzionalmente vincolato sono sottratte all'abrogazione referendaria totale, così lo sono norme primarie attuative di principi supremi dell'ordinamento: ma, anche a voler aderire a quella prospettiva, l'eccezionale resistenza passiva sarebbe pur sempre derivata dai principi supremi dell'ordinamento, e non sarebbe caratteristica propria delle norme primarie.

115H. ALBERT, Traktat über kritische Vernunft, Tübingen, Mohr Siebeck, 1968, 5ª ed., 1991.

116Alcuni autori, proprio in relazione al tema del fondamento dei principi supremi dell'ordinamento, hanno

fatto riferimento al Teorema di Gödel, per denunciare il medesimo vizio che nel corpo del testo ho chiamato di circolarità; il teorema (K. GÖDEL, Über formal unentscheidbare Sätze der “Principia

Mathematica”, in Monatshefte für Mathematik und Physik, 38, 1931, 173 ss) dimostrerebbe l'impossibilità

di «provare la consistenza di qualsiasi sistema formale che contenga al suo interno, come assiomi, gli assiomi dell'aritmetica, utilizzando metodi di dimostrazione ricavati dagli elementi interni al sistema» (G.

ben vedere, è proprio anche (e soprattutto) delle ricostruzioni che più rigorosamente cercano di fondarsi sul dato testuale della costituzione formale. Finché si resti sul piano delle affermazioni astratte, non sembra esservi nulla di circolare, ad esempio, nell'affermare che limite alla revisione costituzionale è la conservazione della forma repubblicana. Volendo però concretizzare l'astrattezza, e avvicinarsi ai casi, insorgono delle dipendenze interpretative che legano i concetti di principi supremi, limiti alla revisione costituzionale e forma repubblicana a un presupposto concetto di identità costituzionale: nel tentativo di definire la forma repubblicana, si finisce facilmente ad affermare che sarebbero supremi i principi sottratti alla revisione costituzionale, i quali sarebbero sottratti alla revisione costituzionale in quanto a essi è positivamente attribuita la garanzia dell'irrivedibilità, o – eventualmente – anche dell'inviolabilità. Tale percorso sembra avere il pregio di attenersi a dati testuali che possono essere incontestabilmente letti nelle disposizioni della Costituzione italiana: ma – come si è avrà modo di verificare più approfonditamente nel secondo capitolo117 – anche a voler

aderire rigorosamente al testo, bisogna fare i conti con il problema interpretativo di individuare in concreto: a) quale sia il contenuto inviolabile della forma repubblicana e b) quale sia il contenuto inviolabile dei diritti. L'individuazione in concreto finisce spesso a doversi nuovamente riferire alle caratteristiche che definiscono l'identità dell'ordinamento: il contenuto della forma repubblicana corrisponderebbe così ai soli «principi ideologici assolutamente fondamentali» e a «quel minimo di strutture organizzative che siano con essi collegate da un necessario rapporto di strumentalità»118.

In questo modo i limiti alla revisione costituzionale, che dovrebbero costituire il nucleo di identità dell'ordinamento, corrisponderebbero al contenuto di formule sintetiche (es. forma repubblicana, diritti inviolabili), così elastiche, da necessitare di operazioni ermeneutiche fondate di nuovo sul nucleo di identità dell'ordinamento, la cui definizione rappresenta esattamente il problema di partenza.

Tra le ricostruzioni già affrontate119, anche l'impostazione schmittiana secondo la

quale il concetto di revisione sarebbe identificato da quello di costituzione materiale,

RAZZANO, Principi fondamentali, supremi, essenziali e inviolabili, in Dir. Soc., 2006, 613-14). Secondo la medesima autrice, sembrerebbe che nei sistemi socio-giuridici sia ammissibile una «legittimazione tramite procedimento», che condurrebbe all'accettazione di «una razionalità del diritto sussistente solo in riferimento al suo specifico mondo e alle sue tecniche», poiché, in ambito socio-giuridico «ben si comprende come il problema della certezza possa divenire la questione fondamentale». Certamente le finalità di un sistema giuridico, rispetto a quelle di un sistema matematico, consentono di individuare delle specificità che valgono soltanto per il primo e non per il secondo, tra le quali la necessità di perseguire la certezza del diritto. V'è anche da dire che la certezza del diritto è una questione fondamentale, alla quale si accostano altre questioni fondamentali, e che pertanto non può considerarsi risolutiva.

117Vedi infra, cap. 2, 41 ss.

118V. CRISAFULLI, Lezioni di diritto costituzionale – L'ordinamento costituzionale italiano, II, Padova,

1984, 323 [enfasi nell'originale].

sembra affetta dal vizio della circolarità: per identificare quale sia il limite materiale della revisione costituzionale, quella prospettiva identifica un concetto di revisione fondato, a sua volta, sulla immodificabilità della costituzione materiale; così, ciò che è necessario provare (i limiti alla revisione costituzionale), finisce per essere un presupposto dell'argomentazione.

Similmente, anche la celeberrima tesi kelseniana del fondamento dell'ordinamento giuridico positivo sembra appartenere a questo genere di dottrine. Sintetizzando, e forse semplificando troppo120, la validità della singola norma giuridica, nella teoria di Kelsen,

dev'essere deducibile dalla norma che la autorizza (“superiore”), fino a risalire alla

Grundnorm, la quale non potrebbe dedurre la sua validità da alcuna altra norma, bensì

sarebbe “presupposta” e per definizione immodificiabile, almeno nel senso in cui una sua sostituzione comporterebbe una sostituzione dell'intero ordinamento che su di essa si fonda. Per individuare quale norma fondamentale presupposta sia da considerarsi valida, secondo Kelsen, bisognerebbe riferirsi alla norma fondamentale dalla quale promana un sistema normativo efficace. Per valutare la validità di un norma (efficace), è dunque necessario affidarsi alla deducibilità dalla norma fondamentale, la cui validità si fonda sull'efficacia del sistema normativo, del quale essa stessa fonda la validità, in un inestricabile circolo vizioso.

Il secondo vizio (regresso all'infinito) caratterizza le ricostruzioni che, per evitare la circolarità, pongono i principi supremi al di fuori dell'ordinamento. Sembra che ciò avvenga per le ricostruzioni fondate sull'interpretazione per valori della costituzione: i principi supremi sarebbero tali per il loro contenuto assiologico, ovvero non in quanto principi, bensì in quanto espressivi di valori essenziali. Ma ciò non fa altro che spostare di un grado tutti i problemi che si era cercato di risolvere: su cosa si fondano i valori essenziali dell'ordinamento? E in forza di quale autorità sono immodificabili? E (soprattutto) quali sono? Tali quesiti non sono diversi rispetto a quelli di partenza, salvo concepire i valori su cui la costituzione si fonderebbe in un'ottica dogmatica, secondo la quale questi non necessiterebbero, a differenza della norme giuridiche, di alcun fondamento. Si ricade però così nel terzo vizio (dogmatismo o assiomatismo).

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