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Il criterio ordinatore: la centralità dell’individuo e del libero sviluppo della sua personalità

la libertà religiosa nel sistema costituzionale

1. Il criterio ordinatore: la centralità dell’individuo e del libero sviluppo della sua personalità

in primo luogo è necessario scegliere il criterio interpretativo dal quale muovere nell’interpretare sistematicamente la Costituzione: questo criterio non può che essere la centralità dell’individuo e del liberto sviluppo della sua personalità.

È indiscutibile, e ormai indiscussa in dottrina, la preminenza logica e assiologica degli artt. 2 e 3, che rappresentano la pietra angolare su cui è costruito l’intero edifi- cio costituzionale; controversa è semmai l’interpretazione del principio personalistico e del conseguente principio pluralistico: chi parte da premesse organicistiche porrà l’accento sull’inevitabile (quando non doverosa) socialità dell’individuo e quindi sull’importanza da attribuire ai gruppi e alle formazioni sociali (senza escludere

in toto una possibile subordinazione dei diritti individuali a quelli del gruppo);

assunto come valore insubordinabile a qualsiasi altro2. È questa seconda la strada che,

come già esplicitato, si vorrebbe seguire e che, nella scia dell’insegnamento di andrea Orsi Battaglini, porta dunque a definire la concezione individualistica da cui prendere le mosse come la «priorità tendenziale della volontà, dei bisogni, della dignità del singolo nei confronti di ogni forma di legittimazione e di ogni manifestazione di poteri sociali o istituzionali»; essa «si sostanzia nella titolarità dei diritti fondamentali e si manifesta, anche all’interno del sistema costituzionale, in un criterio interpretativo essenziale, spe-

cialmente là dove, testualmente o meno, risultino garantite entità superindividuali, valori in sé, gruppi sociali, istituzioni».

Di conseguenza il pluralismo costituzionale deve essere declinato, contro ogni sua versione organicistica, corporativa o istituzionale, come

volontaristica capacità di aggregazione degli individui, assenza di precostituita definizione degli esiti del conflitto sociale, astensione massima dello Stato da ogni intervento di sovralegittimazione dei grup- pi più forti e viceversa finalizzazione di questo alla garanzia di chances uguali; in sintesi ciò che viene comunemente riassunto nella espressione società aperta3.

2 Per approfondimenti su queste tematiche cfr. almeno V. pazé, Il comunitarismo, Roma-Bari, Laterza,

2004, m. l. lanzillo, Il multiculturalismo, Roma-Bari, Laterza, 2005, nonché g. Sartori, Pluralismo, multi-

culturalismo ed estranei, cit.. Sulle problematiche prettamente giuridiche delle stesse cfr. almeno S. Ferlito,

Le religioni, il giurista e l’antropologo, cit., nonché le acute osservazioni di i. ruggiu, Ritorno della «comunità» e

principi del costituzionalismo, in Quad. cost., 2007, p. 381 e ss.

3 Così a. orSi Battaglini, Libertà scientifica, libertà accademica e valori costituzionali, in aa.VV., Nuove

dimensioni dei diritti di libertà, cit., p. 89 e ss., ora in Scritti giuridici, cit., rispettivamente p. 1399 e p. 1401 (corsivi aggiunti). nello stesso senso v. anche r. Bin, Formazioni sociali, in aCCademiadella CruSCa (a cura

di), Dizionario della Costituzione, Firenze, Pubblicazioni dell’assemblea regionale toscana, 2009, e in www.ro- bertobin.it, pp. 1 e 2 (della versione online), secondo il quale «È evidente che il riconoscimento delle formazioni sociali in Costituzione è stato il lascito del solidarismo cattolico … tuttavia va osservato che, benché durante i lavori della Costituente si sia spesso parlato dei “diritti” delle formazioni sociali, l’art. 2 si esprime in termini del tutto diversi. il centro di imputazione di tutti i “diritti inviolabili” che la Repubblica “riconosce e garantisce” è sempre e esclusivamente l’individuo: è all’“uomo” (termine che include sia i cittadini che gli stranieri) che tali diritti sono riconosciuti, “sia come singolo sia nelle formazioni sociali”. È di grande significato la preposizione articolata “nelle”, perché in essa sono racchiuse le due valenze normative di questa disposizione. Da un lato, essa sta a indicare che le formazioni sociali sono un luogo in cui (e uno strumento per cui) l’uomo realizza la sua per- sonalità; dall’altro, essa significa altresì che all’individuo sono garantiti i diritti inviolabili anche nei confronti delle formazioni sociali in cui si trova situato, formazioni che non hanno mai il diritto di opprimere l’individuo. La formazione sociale non dispone di “diritti” opponibili agli individui che la compongono; gli individui sono liberi di scegliere se darvi vita e liberi di uscirne quando lo decidano. i vincoli, di tipo contrattuale, sorgono semmai tra gli individui che fanno parte dell’organizzazione sociale, quale conseguenza della libera decisione di istituirla e farne parte. Lo stesso può ripetersi a proposito della più tipica delle formazioni sociali, la famiglia. Benché l’art. 29 Cost. dichiari di “riconoscere i diritti” della famiglia fondata sul matrimonio, in nessuna parte dell’ordinamento giuridico italiano si reperiscono segni di una titolarità di diritti che spetti alla “famiglia” come soggetto collettivo, anziché agli individui che la compongono … non diversamente è strutturato il rapporto che intercorre tra i sindacati e i partiti con i loro rispettivi iscritti … Quanto poi alle associazioni – sottospecie di formazioni sociali che comprende ogni tipologia di organizzazione, dalla più semplice alla più complessa – l’art. 18 fissa due regole fondamentali: che le associazioni possono fare tutto ciò che possono fare gli individui, lo spa- zio di libertà delle prime corrispondendo perfettamente allo spazio di libertà dei secondi … e che l’individuo è libero di aderire o meno ad un’associazione, la quale dunque non ha il potere di imporre le proprie decisioni

Questo è per chi scrive il senso profondo degli artt. 2 e 3 Cost., dal quale bisogna necessariamente muovere in sede di interpretazione costituzionale, specie in materia di libertà4. Senso che porta ad affermare che lo scopo «del riconoscimento delle forma-

zioni sociali, è quello di favorire la più completa totale affermazione dei diritti dell’uomo, mediante appunto la garanzia della libera esistenza di tutti i mezzi che servono allo sviluppo della sua personalità»5 e che, dunque,

specialmente nell’art. 2 Cost., sembra possa riscontrarsi la tendenza programmatica del Costituente di accordare protezione all’interesse collettivo solo in quanto esso risulti intimamente legato alla pro- tezione dell’interesse individuale, e nei limiti entro i quali la realizzazione del primo possa condurre alla tutela del secondo6.

e di reale eguaglianza fra gli individui si potrà parlare solamente quando pure le formazioni sociali cui essi diano eventualmente vita siano poste in condizioni di vera parità7.

Da tale ‘punto logico di partenza’, non può dunque che dedursi quella direttiva

all’individuo se questi non intende aderire all’associazione stessa. Come si vede, la visione “organica” della società civile che pure era alla base della cultura dei costituenti che più fortemente vollero un esplicito ricono- scimento costituzionale delle formazioni sociali, non è riuscita a sovrapporsi alla cultura liberale che intorno alla soggettività individuale ha tessuto l’intero sistema dei diritti fondamentali».

4 Cfr. a. orSi Battaglini, «L’astratta e infeconda idea», cit., p. 1347, secondo cui «una rilettura in chia-

ve individualistica del nostro sistema trova la sua chiave di volta, ovviamente, nell’art. 2 Cost. tanto nel suo aspetto statico e difensivo (garanzia dei diritti individuali) quanto in quello dinamico e attivo (sviluppo della personalità), sviluppo di cui lo stesso art. 2 e il secondo comma dell’art. 3 indicano le dimensioni e i contesti (le formazioni sociali, l’organizzazione politica, economica e sociale del paese)».

5 Così a. raVà, Contributo allo studio dei diritti individuali e collettivi di libertà religiosa, cit., p. 58 (corsivo

aggiunto). in maniera molto decisa p. ConSorti, Diritto e religione, cit., p. 23, afferma che il fatto religioso «non

può essere costituzionalmente riguardato nella logica dei privilegi concessi alla Chiesa cattolica o alle confessio- ni religiose: deve essere visto come necessità di garantire un bisogno personale e collettivo di libertà».

6 Così S. lariCCia, La rappresentanza degli interessi religiosi, cit., p. 27 (corsivo aggiunto). Dello stesso autore si

veda anche Coscienza e libertà, cit., p. 73, dove si afferma che «vi sono molte ragioni per ritenere il valore della libertà dell’individuo preminente rispetto a quello della libertà dei gruppi sociali con finalità religiosa … i problemi del di- ritto ecclesiastico devono essere valutati alla stregua delle garanzie di libertà del singolo, giacché un sistema giuridico di relazioni tra società civile e società religiosa deve innanzi tutto rispettare e garantire la libertà dell’individuo».

7 Secondo a. C. Jemolo, I problemi pratici della libertà, ii ed., milano, giuffrè, 1972, p. 69, la reale parità

«postula che non soltanto il singolo senta che come tale egli conta quanto ogni altro singolo, ma altresì ch’egli conta altrettanto come membro dei vari gruppi previsti dalla legge e cui egli aderisce in conformità alle sue convinzioni». L’autore arriva dunque a sostenere la necessità di un diritto comune delle associazioni no profit: «Se si accantona per un momento il problema del confessionismo che scaturisce non dal diritto, ma dal com- portamento dei pubblici poteri, e si resta sul terreno del diritto positivo, delle garanzie di libertà che esso deve dare, della eguaglianza che deve assicurare, si potrebbe essere tentati di dire che lo Stato liberale dovrebbe conoscere nel suo diritto non già le confessioni religiose, ma un più vasto genus, il settore dei raggruppamenti ideologici, con il compito connesso a ciascuno di diffondere le proprie idee, e regolare questo settore tenendolo distinto da altri, come da quello dei raggruppamenti con basi e finalità economiche» (p. 145). Per S. lariCCia,

Coscienza e libertà, cit., p. 75, il legame fra libertà ed eguaglianza è così stretto che la copertura dell’art. 3 Cost. si estenderebbe anche alle formazioni sociali come riflesso dell’eguaglianza individuale nel libero sviluppo della personalità di ognuno che si traduca nell’associazione con altri individui.

ermeneutica che porterà a interpretare le libertà (rectius, le garanzie di autonomia proprie dei rapporti tra ordinamenti) garantite ai gruppi, cioè gli artt. 7 e 8 Cost., in maniera restrittiva e alla luce dell’eguaglianza nella libertà religiosa garantita ai singoli dagli artt. 2, 3 e 19 Cost., ai quali i primi vanno comunque funzionalizzati8.

e, gioverà ancora una volta rimarcarlo, se tale è il significato delle due ‘pietre ango- lari’, è evidente che nessun favor religionis può essere evinto dalla Costituzione italiana9.

2. L’impossibilità e l’incostituzionalità di qualsiasi definizione giuridica

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