• Non ci sono risultati.

Morte e trasfigurazione della ‘prima libertà’: la libertà religiosa come libertà di pensiero, coscienza e religione

la libertà religiosa nel sistema costituzionale

4. Morte e trasfigurazione della ‘prima libertà’: la libertà religiosa come libertà di pensiero, coscienza e religione

Cosa rimane dunque in piedi della ‘prima libertà’ e dell’art. 19 Cost.? esso sembre- rebbe essere una disposizione, come visto, inutile, a meno di non volergli per forza trova- re un significato nella stessa direzione di quelle dottrine già analizzate che lo ritenevano una fonte di privilegi per la dimensione soggettiva o oggettiva della ‘materia religiosa’.

in realtà, da esso si possono comunque trarre significati di primaria importanza: innanzitutto, la storia della sua genesi, avuto riguardo alle motivazioni che indussero i Costituenti, nell’escludere il sindacato sui principî delle diverse religioni, a fare riferimento all’incompetenza dello Stato in materia e all’impossibilità di ogni apprez- zamento esterno del fenomeno religioso, nonché quel pronome possessivo ‘propria’, ci può portare alla considerazione che l’unico criterio costituzionalmente ammissibile nella definizione di ciò che è ‘religione’ non può che essere l’autoqualificazione.

33 L. OliVieri, Nuove religioni, principio di autoreferenziazione e Corte costituzionale, cit., p. 205, che poi

però, dopo aver così brillantemente argomentato, conclude il suo scritto in maniera contraddittoria, proponen- do come «programma minore» un criterio cronologico per l’identificazione dell’interlocutore religioso (ossia la dimostrazione di permanenza nel tempo della confessione religiosa autoqualificatasi come tale fin dall’inizio) che non va esente dalle stesse critiche e obiezioni che l’autrice ha rivolto nella sua analisi ai criteri elaborati dalla giurisprudenza costituzionale.

in secondo luogo, è possibile forse, grazie anche alla rilevanza degli obblighi inter- nazionali in capo allo Stato italiano, farne salvo un significato, per così dire, ‘veicolare’: l’art. 19 Cost. non può oggi che essere letto come la disposizione esplicita sulla libertà di coscienza che mancava, pur essendo considerata la tutela di quest’ultima, dagli stessi Costituenti, come immanente al sistema. e quindi si può asserire che, in virtù della forza giuridica vincolante assunta dalla Carta di nizza, nonché in virtù della nuova posizione assunta dalla C.e.d.u. nell’ordinamento interno (per non parlare delle pro- spettive di adesione alla stessa da parte dell’Unione europea) esso vada ormai letto, in via interpretativa (o in combinato disposto), alla luce degli artt. 9 C.e.d.u. e 10 Carta di nizza35, ‘rivelandosi’ come la disposizione che nel nostro ordinamento tutela la

Libertà di pensiero, coscienza e religione, dove la menzione di quest’ultima non può che

avere il significato di un richiamo storico al primo àmbito, ormai non più distinguibile dagli altri per le mutazioni avvenute nelle forme di Stato, in cui la libertà di pensiero e coscienza si affermò36.

e, forse un po’ curiosamente, al termine di questo lungo itinerario interpretativo, la disposizione può finalmente acquistare proprio il significato che, nei lavori prepara- tori della Costituzione, aveva la rubrica della discussione che avrebbe portato alla sua formulazione.

L’unitarietà di tale libertà37, anche nella prospettiva della possibile influenza degli

ordinamenti sovranazionali, consente quantomeno di risolvere in via definitiva tutti i problemi di collocazione della tutela paritaria delle forme di non credenza: in entram- bi gli articoli citati, che fanno ormai parte integrante del nostro patrimonio giuridico

35 Peraltro, già quaranta anni fa, a. pizzoruSSo, Limitazioni della libertà religiosa derivanti dall’incerto

regime giuridico dell’appartenenza alle diverse confessioni, in aa.VV., Individuo, gruppi, confessioni religiose nello

Stato democratico, milano, giuffrè, 1973, p. 1248, assegnava alla Dichiarazione O.n.U. del 1948 e alla C.e.d.u., in maniera lungimirante, «valore interpretativo dei princìpi costituzionali e quindi un rango corrispondente». Per a. guazzarotti, Art. 19, cit., p. 149, «un’interpretazione costituzionale integrata dalle norme internaziona-

li citate è resa ancor oggi più opportuna dal mutato rango gerarchico delle fonti internazionali pattizie».

36 p. ConSorti, Diritto e religione, cit., p. 48, sottolinea come dalle fonti internazionali e sovranazionali

la libertà in questione emerga «non solo in collegamento col fattore religioso (credere o non credere) ma come espressione dei diritti dell’uomo, concretizzabili nella specie in un ventaglio di diritti connessi alle capacità di assumere libere scelte personali». Per p. FloriS, Ateismo e Costituzione, cit., p. 93, «si può dire che le locuzioni

citate non consentono ormai d’indulgere più di tanto sul linguaggio della Costituzione, sui suoi silenzi o le sue carenze, mentre danno piena ragione delle acquisizioni fatte in tema di libertà di religione per spiegare la tutela costituzionale dell’ateismo. gli incastri e/o effetti del diritto di origine esterna investono tanto la libertà di co- scienza, quanto le correlazioni tra tale libertà e quella di religione e di convinzione, le quali sono tutte comprese in un’unica proposizione e fruiscono della medesima tutela giuridica».

37 in questo senso v. J.m. gonzález del Valle, Derecho eclesiástico español, Oviedo, 1997, p. 149, richia-

mato in S. Ferrari, Libertà religiosa individuale ed uguaglianza delle comunità religiose, cit., p. 3085, in nota 1,

secondo il quale «libertà di religione e libertà di ideologia non costituiscono due diritti distinti ma due facce dello stesso diritto». anche per S. CeCCanti, Una libertà comparata. Libertà religiosa, fondamentalismi e società

multietniche, Bologna, il mulino, 2001, p. 10, «si tratta quindi di riconoscere che si tratta di dimensioni diverse e complementari di un unico diritto, il quale, a partire da una sfera di convinzioni interiori, finisce poi col coin- volgere manifestazioni esterne ad essa collegate».

costituzionale, dopo aver richiamato distintamente le libertà di pensiero, di coscienza e di religione, si dice al singolare «tale diritto include» facendo seguire l’espressione dagli specifici contenuti dello stesso; sembra dunque evidente che si tratti di

dimensioni diverse e complementari di un unico diritto (rectius, di una medesima libertà), il quale, a partire da una sfera di convinzioni interiori, finisce poi col coinvolgere manifestazioni esterne ad essa collegate. Questa considerazione unitaria fa sì che nella sfera di protezione del diritto, come chiarito dalla giurisprudenza, soprattutto da quella della Corte di Strasburgo, debbano rientrare sia le convin- zioni di carattere strettamente religioso-spirituale, sia quelle non religiose fino a quelle anti-religiose, purché esse abbiano un rilievo di coscienza equiparabile, a patto che non si tratti di mere opinioni, la cui protezione rientra sotto la libertà di espressione38.

Certo, anche questa prospettiva sembra in parte viziata dal riferimento a una pos- sibile ‘misurabilità qualitativa’ delle opzioni di coscienza che non appare, oltreché possibile in virtù dell’incompetenza dello Stato in materia, neppure armonizzabile con la stessa libertà che si intende proclamare39. ma non c’è dubbio che essa possa aprire

la strada verso esiti di tutela paritaria dei fenomeni associativi non religiosi attualmente non riscontrabile nel nostro ordinamento40. altrettanto importante potrebbe essere

l’incidenza di tale ‘sinergia’ fra ordinamenti in materia di criteri di riconoscimento delle confessioni, dal momento che per la Corte europea dei diritti dell’uomo, la laicità dello Stato, che comporta il dovere di neutralità e imparzialità in capo allo stesso, è incompa- tibile con qualunque potere di apprezzamento della legittimità delle credenze religiose41.

38 Così S. CeCCanti, Una libertà comparata, cit., p. 10, che ricorda come questa visione estremamente am-

pia del diritto in questione, che «a questo punto appare più opportunamente definibile come “libertà religiosa e di coscienza”, … deriva dalla lunga traiettoria che partendo dalle rivendicazioni delle confessioni religiose è andata verso la sempre più marcata finalizzazione alla dignità del singolo uomo e all’uguaglianza tra gli stessi». Per B. randazzo, Diversi ed eguali. Le confessioni religiose davanti alla legge, cit., p. 161, «il giudice europeo ha

chiarito anzitutto che la libertà religiosa rappresenta uno degli assi portanti di una società democratica; bene essenziale per i credenti, ma anche per gli atei, gli agnostici e gli scettici o gli indifferenti: essa garantisce il pluralismo conquistato nel corso dei secoli».

39 Cfr. p. ConSorti, Diritto e religione, cit., p. 13: «i limiti che separano cosa rileva civilmente e cosa impor-

ti spiritualmente – sempre che tali limiti possano essere tracciati! – vengono stabiliti in coscienza da ciascuna persona per sé e non possono essere imposti né dallo Stato né dalle religioni».

40 Per quanto riguarda la giurisprudenza della C.e.d.u. in materia di libertà religiosa v. ora il bel volume

aa.VV., Diritto e religione in Europa. Rapporto sulla giurisprudenza della Corte europea dei diritti dell’uomo in

materia di libertà religiosa, a cura di r. mazzola, Bologna, il mulino, 2012, che contiene un’analisi dettagliata

delle principali sentenze e due importanti saggi di S. Ferrari, La Corte di Strasburgo e l’articolo 9 della Conven-

zione europea. Un’analisi quantitativa della giurisprudenza, p. 27 e ss., e m. Ventura, Conclusioni. La virtù della

giurisdizione europea sui conflitti religiosi, p. 293 e ss. Cfr. inoltre almeno, anche per ulteriori ragguagli biblio- grafici sul tema, a. guazzarotti, Art. 9, in S. Bartole - p. de Sena - V. zagreBelSky, Commentario breve alla

Convenzione europea dei diritti dell’uomo, Padova, Cedam, 2012, e J. paSquali Cerioli, La tutela della libertà

religiosa nella Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo, in www.statoechiese.it (gennaio 2011).

41 Cfr. B. randazzo, Diversi ed eguali. Le confessioni religiose davanti alla legge, cit., p. 167, che dopo aver

menzionato il caso Chiesa di Bessarabia c. Moldavia, ricorda pure come «nei casi di intromissione dello Stato in conflitti interni ad una comunità musulmana o tra diverse comunità musulmane, la Corte di Strasburgo ha precisato che la neutralità in materia religiosa sancisce l’incompetenza dello Stato a definire cosa sia religioso,

Per quanto riguarda la possibile influenza del diritto dell’Unione europea, almeno due paiono gli aspetti rilevanti: da una parte, a partire dalla Dichiarazione n. 11 annessa al trattato di amsterdam l’Unione s’impegna a rispettare e non pregiudicare «lo status previsto nelle legislazioni nazionali per le chiese e le associazioni o comunità religiose degli Stati membri», equiparando ai soggetti confessionali «le organizzazioni filosofiche e non confessionali»42; e se nella nuova versione della stessa contenuta nell’art. 17 del

trattato di Lisbona sembra emergere un atteggiamento ‘astensionista’ in materia43, è

«significativo che almeno la strategia di pressione esercitata dalle chiese più consolidate non sia riuscita nell’intento di espungere dal testo degli ultimi due trattati il parita- rio riconoscimento della condizione giuridica delle organizzazioni filosofiche e non confessionali»44. e questa potrebbe essere dunque la chiave di lettura per orientare il

vietandogli altresì qualunque ingerenza nell’organizzazione interna dei gruppi religiosi, che rientra nella sfera di autonomia confessionale».

42 Cfr. d. loprieno, La libertà religiosa, cit., p. 197, secondo la quale, «Collocata storicamente, la Dichiara-

zione n. 11, però, poteva far pensare alla “perdita del ruolo fondante della religione nello spazio giuridico euro- peo” anche per il silenzio serbato dalla Carta di nizza in ordine alla dimensione istituzionalizzata del fenomeno religioso e alla mancata evocazione delle radici cristiane e dell’invocazione a qualsivoglia entità trascendente» (p. 199). Lamenta tale impostazione della raccomandazione, a suo dire ‘laicista’, S. mangiameli, L’identità

dell’Europa: laicità e libertà religiosa, in www.forumcostituzionale.it, p. 9.

43 Secondo n. Colaianni, Religioni e ateismi: una complexio oppositorum alla base del neo-sepa-

ratismo europeo, in www.statoechiese.it (giugno 2011), p. 1, per la prima volta, «in un documento giuri- dico di natura para-costituzionale, religioni e ateismi ricevono un riconoscimento non solo come dirit- ti del cittadino – quello era già contenuto nella carta di nizza e nella convenzione europea dei diritti umani, cui l’Unione aderisce con il trattato di Lisbona – ma anche con riferimento alle organizzazioni cui possono dar luogo. L’Unione mette sullo stesso piano chiese e comunità o associazioni religiose, da un lato, e organizzazioni filosofiche e non confessionali, dall’altro». Si tratterebbe dunque di «un neo- separatismo», cioè di un separatismo pluralistico, molto simile a quella laicità pluralistica afferma- ta pochi anni prima dalla nostra Corte costituzionale nel nostro ordinamento (pp. 7 e 8). tale re- gime di pluralismo religioso e culturale affermato sia dalla Corte costituzionale, sia dall’art. 17 del tFUe darebbe uguale diritto di cittadinanza alle «narrazioni», religiose e culturali, e libererebbe «gli ateismi (per lungo tempo considerati una degenerazione della spiritualità umana)» portando a compi- mento «il lungo processo di distinzione del peccato dal reato e del dualismo dei fori» (p. 8). Dal punto di vista ermeneutico, «visto che la norma sul rispetto e sul dialogo è contenuta in un trattato sul funzionamento dell’Unione europea, occorre che i giuristi, pur operanti in contesti culturali storicamente diversi al riguar- do del fatto religioso e delle sue implicazioni, come i francesi e gli italiani, sintonizzino i loro abiti mentali sulla lunghezza d’onda di un’Unione che funziona, tra l’altro, con il neo-separatismo dialogante basato sulla complexio oppositorum di religioni e ateismi» (p. 15). Sull’ambivalenza della formula vedi invece le riflessioni di S. CoglieVina, Il trattamento giuridico dell’ateismo nell’Unione europea, cit., 2011, p. 55 e p. 84.

44 d. loprieno, La libertà religiosa, cit., p. 201. m. toSCano, Nuovi segnali di crisi: i casi Lombardi

Vallauri e Lautsi davanti alla Corte europea dei diritti dell’uomo, in www.statoechiese.it (maggio 2010), p. 8, ricorda anche che se per un verso «l’Unione europea non ha competenza in materia di status delle Chiese, associazioni o comunità religiose all’interno degli ordinamenti nazionali», questo non ha precluso al Parla- mento europeo di affermare che «la separazione tra Chiesa e Stato sia la sola forma accettabile di governo in una società democratica» e di invitare gli Stati membri a «mantenersi neutrali rispetto alle varie religioni» e «a preservare il proprio carattere laico, garantendo il principio della netta separazione tra chiesa e Stato». L’autore fa anche notare come il Parlamento e la Commissione abbiano esteso il proprio sindacato nei con- fronti del contenuto di accordi stipulati tra stati membri e confessioni religiose, «utilizzando quale perno di

sistema verso la piena parificazione di tutti i fenomeni associativi, quanto meno sotto il profilo del trattamento economico-fiscale-promozionale45.

Dall’altra, la formulazione dell’art. 10 della Carta di nizza ha un’impostazione di taglio liberale ‘molto spinto’: il primo paragrafo, specificamente dedicato alla libertà di pensiero, di coscienza e di religione, recupera pressoché integralmente il testo dell’art. 9, par. 1, della C.e.d.u. (a sua volta modellato sull’art. 18 della Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo del 1948) ma, mentre il soggetto titolare delle libertà, nella seconda disposizione, è la persona, nella Carta dei diritti è l’individuo e, tra le facoltà connesse all’esercizio del diritto, il credo diventa convinzione46. Sfumature, si dirà, e forse è dav-

vero così: ma non c’è dubbio che il linguaggio usato sia adeguato a spingere verso gli esiti ricostruttivi che si è cercato di proporre e sostenere47.

5. Il problematico rapporto con gli artt. 7 e 8 Cost. e alcune strategie

Outline

Documenti correlati