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Le decisioni in tema di matrimonio concordatario

nella giurisprudenza costituzionale

1. Le decisioni in tema di matrimonio concordatario

Di sicuro impatto sul tema di questo lavoro sono le decisioni in materia di matrimo- nio concordatario1, attraverso le quali la Corte ha ‘creato’ e poi cominciato a sviluppare

la categoria dei ‘principî supremi’ al fine di sottoporre anche le norme concordatarie al sindacato di costituzionalità. attraverso questa operazione si risolse finalmente la diatriba dottrinale che aveva animato per più di vent’anni il dibattito, ossia la questione della ‘costituzionalizzazione’ dei Patti lateranensi, peraltro espressamente esclusa dai proponenti l’art. 7, che con queste sentenze venne negata. non era dunque più pos- sibile considerare le norme concordatarie come norme derogatrici rispetto alla Costi- tuzione. ma l’aver ristretto il sindacato a principî non espressi da esplicitare di volta in volta nelle decisioni ha indebolito di molto la portata di tale, comunque preziosa, operazione concettuale. e il giudice delle leggi, a cospetto delle disposizioni di origine pattizia, è sembrato troppo spesso preoccupato di non alterare un sistema di privilegi ingiustificabili, probabilmente per evitare sovraesposizioni politiche in virtù di possibili reazioni da parte della Santa Sede.

ai fini dell’indagine che si sta conducendo, non interessa però scendere nei dettagli delle pronunce, che non presentano particolari motivi di interesse in relazione alla libertà religiosa, mentre può essere interessante svolgere qualche riflessione sull’utiliz- zazione che in queste sentenze viene fatta del principio di eguaglianza, dal momento che la dottrina maggioritaria, soprattutto quella di matrice ecclesiasticista, pare aver ravvisato un sostanziale depotenziamento dello stesso, che sarebbe poi rientrato in gioco pienamente solo a partire dalla s. n. 203/1989, che verrà analizzata nel prosieguo.

1 Su questo ‘filone’ giurisprudenziale cfr. le ricostruzioni di m. r. de leo, Le questioni concordatarie

dinanzi alla Corte costituzionale, in r. Coppola (a cura di) Gli strumenti costituzionali per l’esercizio della libertà

religiosa, milano, giuffrè, 1982, p. 117 e ss.; t. martineS, Profili costituzionali e pronunce della Corte costituzio-

nale nella materia matrimoniale concordataria, in id., Opere, iV, milano, giuffrè, 2000, p. 97 e ss.; S. Domaniel- lo, Giustizia costituzionale e trascrizione dei matrimoni concordatari, in r. Botta (a cura di), Diritto ecclesiastico

e Corte costituzionale, cit., p. 137 e ss.; e. Vitali, Giurisdizione ecclesiastica in materia matrimoniale e princìpi

Con il ‘trittico’ rappresentato dalle sentenze n. 30, 31 e 32 del 1971 la Corte risol- veva, come già accennato, la questione riguardante la presunta costituzionalizzazione dei Patti lateranensi2: nella prima oggetto del giudizio era l’art. 34, commi 4, 5 e 6, del

Concordato e la questione era stata posta sulla base dell’art. 102 Cost.; per il giudice a

quo i tribunali ecclesiastici competenti a pronunciarsi sulla nullità dei matrimoni con-

cordatari sarebbero stati giudici speciali non previsti dalla Costituzione. La Corte, nel liquidare con motivazione succintissima la questione nel senso della non fondatezza, dichiarava però, dopo aver escluso che l’art. 7 fondasse un generico ‘principio pattizio’, la sottoposizione della norme concordatarie ai «princìpi supremi dell’ordinamento costituzionale dello Stato»3: i Patti lateranensi erano dunque specificamente garantiti,

ma non erano costituzionalizzati. in questa maniera venivano a perdere di fondamento tutte le ricostruzioni limitatrici dell’eguaglianza nella libertà religiosa che si basavano su tale presupposto.

nella s. n. 31 venne invece in questione per la prima volta il principio di egua- glianza nella qualità di principio supremo: la questione riguardante l’art. 7 della l. 847/1929, sollevata in quanto lo stesso non prevedeva una opposizione alle pubblica- zioni di matrimonio concordatario a causa dell’affinità di primo grado fra i nubendi, fu dichiarata non fondata sulla base del fatto che «la semplice differenza di regime riscontrabile fra matrimonio civile e matrimonio concordatario … non implica di per sé una illegittima disparità di trattamento»4. La motivazione, piuttosto apodittica,

può forse esser meglio compresa avendo riguardo a quanto sostenuto dall’avvocatura dello Stato, secondo la quale non potevano considerarsi «situazioni di privilegio o autoritarie disparità il tenere conto delle più importanti espressioni e dei riti di cia- scuna confessione»: con il che, sia detto per inciso, verrebbe rafforzata la lettura che è stata data in questo lavoro degli artt. 7 e 8, dal momento che gli stessi non sono visti come norme attributive di privilegi, ma come norme che possono giustificare precise e particolari deviazioni dal diritto comune in ragione di singolari specificità delle varie confessioni.

2 Per approfondimenti su queste sentenze si vedano, fra i molti: C. laVagna, Prime decisioni della Corte

sul Concordato, in Giur. it., 1971, i, c. 628 e ss.; p. Bellini, Sul sindacato di costituzionalità delle norme di deri-

vazione concordataria, ib., 1971, iV, c. 86 e ss.; g. SaraCeni, Primi diretti contatti della Corte costituzionale con

l’art. 7 Cost: sentenze nn. 30, 31 del 1971, in Dir. eccl., 1971, p. 212 e ss.; p. giSmondi, I principi della recente giu-

risprudenza della Corte costituzionale sul matrimonio concordatario, ib., p. 205 e ss.; S. lariCCia, Patti lateranensi

e principi costituzionali, ib., p. 332 e ss.; F. FinoCCHiaro, Il matrimonio concordatario nelle sentenze della Corte

costituzionale, ib., p. 306 e ss.

3 S. n. 30/1971, in Giur. cost., 1971, p. 150 e ss. Considerato in diritto, p. 153: «La questione riguarda la

celebrazione del matrimonio, e il suo esame non è precluso, come invece opina l’avvocatura dello Stato, dall’art. 7 Cost. È vero che questo articolo non sancisce solo un generico principio pattizio da valere nella disciplina dei rapporti fra lo Stato e la Chiesa cattolica, ma contiene altresì un preciso riferimento al Concordato in vigore e, in relazione al contenuto di questo, ha prodotto diritto; tuttavia, giacché esso riconosce allo Stato e alla Chiesa cattolica una posizione reciproca di indipendenza e di sovranità, non può avere forza di negare i princìpi supre- mi dell’ordinamento costituzionale dello Stato».

Con la s. n. 32, invece, veniva in questione la legittimità costituzionale dell’art. 16 della l. n. 847/1929, nella parte in cui escludeva che l’incapacità naturale di uno dei nubendi potesse costituire causa di nullità della trascrizione del matrimonio concorda- tario, in riferimento all’art. 3 Cost.: è in questa decisione che si manifesta la tendenza a considerare l’art. 7 parzialmente derogatorio rispetto al principio di eguaglianza, laddove la Corte afferma come non fosse

dubitabile che l’art. 34 del Concordato … abbia introdotto una differenziazione di trattamento giu- ridico per motivi di religione, in quanto ha permesso che la scelta fra i due riti sia consentita solo ai cittadini legittimati dal diritto canonico a procedere a matrimonio religioso. tuttavia tale discri- minazione non configura una violazione del principio di eguaglianza di cui al comma 1 dell’art. 3, perché la discriminazione stessa risulta … espressamente consentita da altra norma costituzionale, e cioè dall’art. 7, comma 25.

in realtà, la motivazione non sembra cogliere nel segno, dal momento che non si vede perché un non cattolico avrebbe dovuto scegliere di sposarsi secondo i riti di una religione che non è la sua: quindi non sembrano esserci deroghe al principio di egua- glianza, ma solamente una ‘ragionevole distinzione’ fra situazioni diverse. Semmai, una violazione dell’art. 3 sotto il profilo del «senza distinzione di religione» potrebbe ravvisarsi fra trattamenti differenziati, non ragionevolmente giustificati, in relazione a diversi tipi di matrimonio religioso6. e, paradossalmente, si giungeva proprio alla

dichiarazione di incostituzionalità sulla base dell’art. 3 dal momento che la normativa consentiva

che la persona naturalmente incapace subisca le conseguenze di una scelta non liberamente e coscien- temente da lei adottata e sia assoggettata ad una disciplina che, per le cose innanzi dette, trova giustifi- cazione solo nella libera opzione fra matrimonio religioso trascrivibile e matrimonio civile7.

nella successiva s. n. 175/1973, la Corte ebbe modo di escludere dal novero dei principî supremi la riserva di giurisdizione statale, dichiarando non fondata la questio- ne di legittimità delle norme di derivazione concordataria che riconoscono la giurisdi- zione ecclesiastica in materia matrimoniale, anche sotto il profilo della violazione del principio di eguaglianza, dal momento che

tutti i cittadini italiani, nelle condizioni personali volute indistintamente dalla legge, possono contrarre

5 S. n. 32/1971, Ibidem, p. 156 e ss. Considerato in diritto, p. 162.

6 in questo senso, v. F. modugno, La Corte costituzionale di fronte ai Patti Lateranensi, in Giur. cost., 1971,

p. 414, secondo il quale esso, «lungi dall’essere stato derogato dall’art. 7 cpv. Cost., per tutto quanto riguarda la specialità della materia concordataria, appare piuttosto determinato e reso concretamente applicabile da quest’ultimo, nel senso che la disposizione dell’art. 7 cpv. Cost., non diversamente, sotto questo rispetto, da altre disposizioni della Costituzione (per es. art. 8), determinando la particolarità di soggetti, situazioni e rapporti e fissando insomma la diversità di situazioni particolari rispetto ad altre (generali), pone la premessa dalla quale il legislatore deve muovere per stabilire una disciplina differenziata di esse, proprio per l’integrale rispetto del principio di eguaglianza (disciplina differenziata per situazioni differenti)».

matrimonio civile. anche i cittadini di fede cattolica, se non vogliono rinunciare alla giurisdizione statale in tema di matrimonio, possono contrarre prima le nozze civili e poi quelle religiose8.

mancava l’approfondimento in relazione ai contenuti della giurisdizione ecclesiasti- ca, ma occorre notare che il giudice delle leggi era pur sempre vincolato dalle prospet- tazioni delle ordinanze di rimessione e ne è prova il fatto che, nel 1982 – frattanto la Corte, con la s. n. 1/1977, aveva escluso che la ‘copertura’ dell’art. 7 potesse estendersi al di là della l. n. 810 del 19299 –, dinanzi a una questione motivata in relazione all’art.

24 Cost., si giunse a un notevole passo in avanti in materia: dopo la dichiarazione di incostituzionalità, per violazione del principio di eguaglianza, dell’art. 12 l. n. 847/1929, nella parte in cui non dispone che non si faccia luogo alla trascrizione anche nel caso di matrimonio canonico contratto da minore infrasedicenne, e da minore che abbia compiuto gli anni sedici ma non sia stato ammesso al matrimonio ai sensi dell’art. 84 c.c.,

contenuta nella s. n. 1610, con la s. n. 18, se da una parte si continuava a far salva la

riserva di giurisdizione dei tribunali ecclesiastici anche in relazione al diritto alla tutela giurisdizionale (che veniva ricompreso tra i principî supremi), dall’altra veniva dichia- rata l’incostituzionalità, in particolare in ragione dell’art. 24 Cost., dell’art. 1 della l. 810/1929 e dell’art. 17, comma 2, l. 847/1929,

nella parte in cui le norme suddette non prevedono che alla Corte di appello, all’atto di rendere ese- cutiva la sentenza del tribunale ecclesiastico, che pronuncia la nullità del matrimonio, spetta accertare che nel procedimento innanzi ai tribunali ecclesiastici sia stato assicurato alle parti il diritto di agire e resistere in giudizio a difesa dei propri diritti e che la sentenza medesima non contenga disposizioni contrarie all’ordine pubblico italiano;

nonché

nella parte in cui le suddette norme prevedono che la Corte d’appello possa rendere esecutivo agli effetti civili il provvedimento ecclesiastico col quale è accordata la dispensa del matrimonio rato e non consumato

dal momento che tale procedimento di dispensa non aveva carattere giurisdizionale11.

Le ultime due sentenze di questo ‘filone’, la n. 421/1993 e la n. 329/200112, non sembra-

8 S. n. 175/1973, in Giur. cost., 1973, p. 2321 e ss., con osservazione di C. miraBelli, Problemi e prospettive

in tema di giurisdizione ecclesiastica matrimoniale e di divorzio. Considerato in diritto, p. 2338.

9 S. n. 1/1977, in Giur. cost., 1977, p. 3 e ss. (v. p. 10). Su questa decisione cfr. r. nania, Concordato e

«principi supremi» della Costituzione, ib., p. 251 e ss., e C. miraBelli, Un momento di inerzia nella giurisprudenza

della Corte sulla giurisdizione matrimoniale ecclesiastica?, ib., p. 923 e ss.

10 S. n. 16/1982, in Giur. cost., 1982, p. 115 e ss.

11 S. n. 18/1982, in Giur. cost., 1982, p. 138 e ss., con osservazione di r. nania, Il Concordato, i giudici,

la Corte.

12 in Giur. cost., rispettivamente, 1993, p. 3469 e ss., e 2001, p. 2779 e ss., con osservazione di a. guazza-

rotti, Implicazioni e potenzialità delle sentenze additive di principio. (In margine alla sent. n. 329 del 2001 sulle

no aggiungere elementi di particolare novità sotto il profilo del sindacato sulle norme di derivazione concordataria, che, come si è visto, almeno con riguardo alla tematica del matrimonio, non sembrano poter legittimare alcuna deroga al sistema della libertà religiosa, mentre possono portare a deroghe del principio di eguaglianza nei limiti della ragionevolezza delle stesse e purché non concretino lesioni di altri principî supremi.

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