nella giurisprudenza costituzionale
2. Il Caso Cordero
Con la s.n. 195/197213, emanata a séguito del noto Caso Cordero, la Corte costitu-
zionale ebbe modo di prendere posizione su un diritto strumentale rispetto alla libertà religiosa, ossia la possibilità per i privati di istituire scuole ‘di tendenza’ confessionale, garantita dall’art. 33: oggetto del giudizio fu l’art. 38 del Concordato, reso esecutivo con la l. n. 810/1929, che prevedeva che la nomina dei professori dell’Università catto- lica del Sacro Cuore dovesse essere preceduta dal nulla osta della Santa Sede, diretto ad assicurare che nei confronti del candidato non vi fosse nulla da eccepire dal punto di vista ‘morale e religioso’. il Consiglio di Stato, dopo aver interpretato l’art. 38 Conc. nel senso che esso valesse pure nel caso di estromissione del docente, sollevò questione di incostituzionalità dello stesso sulla base degli artt. 3, 7, 19 e 33: si faceva osservare che il fatto che un docente in un istituto universitario italiano dovesse «subire un giu- dizio sul possesso dei requisiti morali e religiosi da parte dell’autorità ecclesiastica», si sarebbe presentato «come una inammissibile soggezione dello Stato alla sovranità della Chiesa cattolica nella materia dell’insegnamento», e si sarebbe posto quindi in contrasto con l’art. 7 Cost., il quale enuncia il «principio della reciproca indipendenza e sovranità dello Stato e della Chiesa cattolica nell’ambito del proprio rispettivo ordine». L’enunciata soggezione, inoltre, avrebbe contrastato pure con la libertà di insegnamen- to garantita dall’art. 33,
perché, anche in vista della libertà di religione garantita dall’art. 19 Cost., non sarebbero ammissibili in materia limitazioni per motivi confessionali, specie se imposte con provvedimenti di discrezionalità illimitata, come quello impugnato, che sfuggirebbe ad ogni possibilità di sindacato in quanto prove- niente da un’autorità di un ordinamento giuridico diverso da quello statuale, e attingerebbe a valuta- zioni estranee alla sovranità dello Stato.
Si faceva infine notare che il descritto sindacato dell’autorità ecclesiastica si sarebbe tradotto necessariamente in una lesione dell’art. 3, escludente viceversa ogni discrimi- nazione per motivi religiosi14.
La difesa della Cattolica fece invece leva su una diversa lettura del dettato costitu- zionale: l’art. 2 Cost. avrebbe garantito il diritto dei singoli di riunirsi in gruppi omo- genei per mentalità o tendenze, per il conseguimento di scopi non condivisi da altri
13 in Giur. cost., 1972, p. 2173 e ss., con osservazione di S. lariCCia, Libertà delle Università ideologicamen-
te impegnate e libertà di insegnamento.
membri della comunità e l’art. 33 non ne avrebbe che rappresentato la specificazione per quanto attiene alla materia scolastica; si faceva inoltre notare la non rilevanza della natura pubblica dell’ente sulla base dell’asserita legittimità del fatto che lo Stato potesse avvalersi, nell’esercizio della funzione pubblica, del concorso di taluni gruppi qualifica- ti da particolari ideologie15.
L’avvocatura dello Stato, dopo aver rimarcato che l’esistenza e il riconoscimen- to dell’Università Cattolica rientrerebbero nell’àmbito di operatività dei principî di libertà e di autonomia delle scuole private garantiti dall’art. 33 (con la conseguente piena legittimità della conservazione del carattere cattolico di detta Università e delle disposizioni concernenti i requisiti richiesti agli insegnanti), escludeva dunque che i principî supremi richiamati per poter sindacare la disposizione concordataria (prin- cipio di eguaglianza, libertà di insegnamento e libertà di religione) potessero essere intesi in modo da escludere il perseguimento degli scopi spirituali e culturali di tale istituzione16.
La difesa del Prof. Cordero, dopo aver richiamato come questione dirimente la personalità giuridica di diritto pubblico dell’università in questione, rimarcava la possibilità, prendendo a base la precedente giurisprudenza in materia di matrimonio concordatario, di sindacare tutte le norme concordatarie che violino «i diritti di liber- tà o i princìpi organizzativi generali cui ha dato vita la Costituzione»: il principio di sovranità dello Stato, sarebbe stato ferito dalla preminenza che, in virtù dell’art. 38 del Concordato, si sarebbe accordata agli interessi esclusivamente religiosi della Chiesa; di conseguenza,
anche a voler ammettere la legittimità della esistenza di Università confessionali, non potrebbe comun- que ritenersi legittimo ‘qualsiasi’ intervento della Santa Sede nel campo dell’istruzione universitaria italiana a tutela di tale confessionalità, tutela che comunque non dovrebbe necessariamente essere eser- citata mediante l’intervento di un soggetto della Comunità internazionale estraneo allo Stato italiano17. Si faceva infine notare, in relazione all’art. 33, che pur se si fosse voluto ammettere che la libertà della scuola ideologicamente orientata potesse valere, eccezionalmente, come limite nei confronti della libertà di insegnamento del singolo docente, ciò sarebbe potuto avvenire solo per la scuola privata: ma non era questo il caso, dal momento che il Prof. Cordero avrebbe dovuto godere, come tutti i professori universitari, delle guaren- tigie previste a tal proposito; la violazione dell’art. 33 sarebbe stata dunque manifesta,
15 Ritenuto in fatto, p. 2179. 16 Ibidem, pp. 2180-2183.
17 Ibidem, pp. 2184 e 2185. Si insisteva inoltre nell’affermazione che anche il principio di eguaglianza non
potesse che valere come termine di riscontro della legittimità delle norme concordatarie: «l’ingiusta limita- zione dello status del prof. Cordero costituirebbe una violazione del diritto del singolo di autodeterminarsi in materia religiosa, diritto che corrisponderebbe ad un interesse pubblico e andrebbe garantito dallo Stato in forza dell’art. 7 Cost., che fa salva nei confronti della Chiesa cattolica la sovranità dello Stato per le materie che rientrano nel proprio ordine» (p. 2186).
anche in ragione «dell’assoluta discrezionalità del provvedimento di revoca del ‘nulla osta’ che non sarebbe subordinata ad alcuna specifica condizione»18.
Dinanzi a un così ricco e articolato quadro argomentativo, la Corte procedeva in maniera quanto mai sommaria e sbrigativa; dopo aver respinto la censura ex art. 7 sulla base del fatto che
la separazione e la reciproca indipendenza tra i due ordinamenti non escludono che un regolamento dei loro rapporti sia sottoponibile a disciplina pattizia, alla quale legittimamente può risalire la rilevan- za di atti promananti da una delle parti, purché questi non siano tali da porre in essere nei confronti dello Stato italiano situazioni giuridiche incompatibili con i princìpi supremi del suo ordinamento costituzionale, ai quali le norme pattizie non possono essere contrarie (sent. n. 30 del 1971)19, e aver richiamato i principî supremi implicati nella vicenda (ossia gli artt. 3, 19 e 33), statuiva che:
a) la libertà della scuola sancita dall’art. 33 si dovesse intendere estesa anche alle uni-
versità. non ci poteva dunque essere contrasto, dal momento che esso garantiva la creazione di università libere, «che possono essere confessionali o comunque ideo- logicamente caratterizzate». Da ciò si faceva derivare la conclusione che necessaria- mente «la libertà di insegnamento da parte dei singoli docenti – libertà pienamente garantita nelle università statali – incontra nel particolare ordinamento di siffatte università, limiti necessari a realizzarne la finalità»20;
b) dall’inquadramento fra le persone giuridiche di diritto pubblico «non consegue che
dell’Università Cattolica siano state attenuate l’originaria destinazione finalistica e la connessa caratterizzazione confessionale», per poi concludere che «negandosi ad una libera università ideologicamente qualificata il potere di scegliere i suoi docenti in base ad una valutazione della loro personalità e negandosi alla stessa il potere di recedere dal rapporto ove gli indirizzi religiosi o ideologici del docente siano dive- nuti contrastanti con quelli che caratterizzano la scuola, si mortificherebbe la libertà di questa, inconcepibile senza la titolarità di questi poteri»21;
c) le stesse ragioni valevano a escludere il contrasto con l’art. 19, dal momento che
la «legittima esistenza di libere università, caratterizzate dalla finalità di diffondere un credo religioso, è senza dubbio uno strumento di libertà … ove l’ordinamento imponesse a una siffatta università di avvalersi e di continuare ad avvalersi dell’ope-
18 Ibidem, pp. 2186 e 2187. Si ricordavano, in particolare, il diritto all’ufficio e l’inamovibilità attribuiti ai
professori universitari dagli artt. 4 e 5 della l. 311/1958, le quali sarebbero state applicabili anche ai professori delle Università libere in virtù degli artt. 199 e 201 del t.u. delle leggi sull’istruzione superiore. in subordine, poi, si chiedeva un’interpretazione restrittiva dell’art. 38 Conc., tesa a escludere la possibilità di revoca del nullaosta.
19 Considerato in diritto, p. 2197. 20 Ibidem, pp. 2198 e 2199.
21 Ibidem, p. 2199. Continua la Corte: «i quali, giova aggiungere, costituiscono certo una indiretta limita-
zione della libertà del docente ma non ne costituiscono violazione, perché libero è il docente di aderire, con il consenso alla chiamata, alle particolari finalità della scuola; libero è egli di recedere, a sua scelta, dal rapporto con essa quando tali finalità più non condivida».
ra di docenti non ispirati dallo stesso credo, tale disciplina fatalmente si risolverebbe nella violazione della fondamentale libertà di religione di quanti hanno dato vita o concorrano alla vita della scuola confessionale»22.
Una prima notazione s’impone: sia il principio di eguaglianza «senza distinzione di religione» sia la libertà religiosa vengono considerati da questa sentenza principî supremi e forse non si è a sufficienza riflettuto sul fatto che il raffronto fra le disposi- zioni concordatarie e gli artt. 3 e 19 rappresenta in buona sostanza un sindacato teori- camente ‘totale’ sulle stesse: tranne le deviazioni dal diritto comune ragionevolmente giustificabili sulla base di dimostrate specificità attinenti al culto, non è dunque pos- sibile alcun trattamento di favore che possa portare alla lesione della libertà religiosa di ‘tutti’. Che poi tale sindacato sia stato sempre piuttosto prudente e rinunciatario, questo dipende dalla ‘problematicità politica’ della rimozione di molti dei privilegi ancora presenti, non certo da una particolare capacità di resistenza delle disposizioni in questione.
molte autorevoli critiche furono immediatamente mosse a questa decisione: arturo Carlo Jemolo lamentò che non si fosse considerato che
la libertà di creare scuole di ogni grado si pone diversamente, molto diversamente, se si tratti di scuole che rilascino titoli di studio aventi valore legale o titoli non aventi tale valore, ed ancor più diversa- mente se lo Stato non concorra in nulla nelle spese di queste Università, come da noi non dovrebbe concorrere, a tenore dell’art. 33 Cost., od invece concorra vuoi direttamente, vuoi indirettamente con borse di studio o presalari per gli studenti o con rimborso di date spese»,
e che la questione andasse
vista ricordando che l’Università cattolica è considerata Università libera, che i concorsi indetti per cattedre di detta Università consentono ai «ternati» la chiamata in qualsiasi altra Università, e recipro- camente la Cattolica può assumere, e normalmente assume, vincitori o «ternati», in concorsi banditi per altre Università; che c’è possibilità di trasferimento dei docenti dalla Cattolica ad altre Università, e reciprocamente. il professore dell’Università del S. Cuore fa quindi parte del corpo dei professori universitari italiani; come tale, può essere giudice in concorsi per cattedre di Università statali23.
giuseppe Caputo, sulla base della considerazione del fatto che l’ufficio di profes- sore dell’Università Cattolica fosse «un ‘ufficio pubblico’», avanzava anche una diver- sa censura in ragione dell’art. 51 Cost., dal momento che l’art. 38 Conc. subordinava l’assunzione a una valutazione di ordine confessionale concretantesi nella concessione o nel diniego del nulla-osta che avrebbe violato la disposizione costituzionale, che invece statuiva che tutti i cittadini potessero senza alcuna distinzione «accedere ai pubblici uffici»24.
22 Ibidem, p. 2220.
23 a. C. Jemolo, Perplessità su una sentenza, in Foro it., 1973, c. 9. 24 g. Caputo, Sul “caso” Cordero, in Giur. cost., 1972, p. 2866.
Sergio Lariccia fece invece notare come la libertà della scuola fosse garantita dall’art. 33 «quale mezzo o strumento di esplicazione della libertà di insegnamento» e quindi come fosse contraddittorio subordinare la seconda alla prima25.
a parte questi decisivi profili, mancò del tutto, in questa pronuncia, un qualsiasi approfondimento sui limiti inerenti all’esercizio dei poteri della Santa Sede e dell’Uni- versità cattolica, nonché sulla possibile tutela giurisdizionale del singolo ad essi sotto- posto26, e l’ossequio acritico manifestato nei confronti della stessa dalla giurisprudenza
e dal legislatore concordatario27 sono infine stati la fonte della condanna patita dallo
Stato italiano dinanzi alla Corte europea dei diritti dell’uomo nel successivo e recente caso Lombardi Vallauri c. Italia, di cui si dirà infra.
non si può, infine, fare a meno di esplicitare una forte perplessità conseguente alla lettura di un inciso della motivazione già richiamato, laddove la Corte parla della «fina- lità di diffondere un credo religioso» che potrebbe caratterizzare le università libere: davvero una facoltà di giurisprudenza può essere finalizzata alla diffusione di un credo religioso?