• Non ci sono risultati.

1. L’apologia ex art 414, comma 3, c.p.

1.3. Critiche all’intervento della Corte costituzionale.

Ciò che emerge dalle valutazioni fin qui esposte è che la Corte costituzionale, con la pronuncia in esame, abbia inteso conferire alla norma sull’apologia una portata repressiva certamente minore rispetto a quella attribuitale dalle Sezioni Unite della Cassazione nel 1958. Il Giudice delle leggi, dunque, pur avendo dimostrato di non sentirsi ancora pronto a intraprendere una strada realmente liberalizzatrice dei reati di opinione, che porti a reprimere solo l’elogio di un fatto criminoso compiuto con l’intento di provocare l’immediata commissione di un reato, ha comunque cercato di ridurre la sfera applicativa della disposizione in esame, che era diventata oltremodo estesa (346).

344 G. BOGNETTI,Apologia di delitto punibile ai sensi della Costituzione, cit., p. 26. 345 G. BOGNETTI,Apologia di delitto punibile ai sensi della Costituzione, cit., p. 30. 346 Analoghe osservazioni sono svolte da L.ALESIANI, I reati di opinione, cit., p. 265, la

quale ritiene che «la sentenza sull’apologia n. 65 del 1970 (…) pur avendo il torto di eludere – attraverso l’indebita assimilazione dell’apologia all’istigazione indiretta – una pronuncia di illegittimità costituzionale dell’art. 414, ultimo comma, c.p., ha comunque avuto il merito di restringere esplicitamente la punibilità della apologia».

L’apologia

Non altrettanto condivisibile, invece, è apparsa la scelta – diametralmente opposta rispetto a quella della Cassazione (347) – di equiparare l’apologia

all’istigazione. In particolare, riprendendo la teoria dell’apologia prevalente presso la dottrina penalistica dell’epoca (348), la Corte costituzionale richiede

che l’elogio del fatto delittuoso sia compiuto dal reo allo scopo di insinuare nell’animo dei terzi modelli d’azione criminosa. Per risultare punibile, quindi, il discorso apologetico dovrebbe proporre il fatto delittuoso come un esempio da imitare e, come l’istigazione, dovrebbe essere finalizzato ad eccitare con le parole l’imitazione altrui. Sennonché, in questo modo, si finisce per trasformare l’apologia di delitto in un «doppione pedissequo» (349)

dell’istigazione a delinquere, realizzando un’abrogazione tacita della fattispecie stessa (350). Infatti, se l’apologia penalmente rilevante è solo quella “diretta e

concretamente idonea a provocare la commissione di reati”, e questa risulta già punibile ai sensi del primo comma dell’art. 414 c.p., che bisogno vi sarebbe di un’ulteriore previsione normativa in tal senso?

In realtà, ciò che la Corte non ha considerato è che il legislatore aveva volutamente formulato due distinte ipotesi di reato, qualificandole con due locuzioni altrettanto diverse, ossia quelle di “apologia” e di “istigazione”. E questo perché il suo intento «non era affatto quello di incriminare, in tutti e

347 V., per tutte, Cass. pen., 23 maggio 1952, in Giust. pen. 1952, II, p. 908, per cui

l’apologia andrebbe distinta sia dall’istigazione diretta (il discorso apertamente rivolto a sollecitare il reato), sia dall’istigazione indiretta (il discorso che insinua, copertamente, per vie traverse, l’opportunità di commettere delitti).

348 Tra i principali sostenitori di questa teoria vanno menzionati V. MANZINI,Trattato di

diritto penale italiano, cit., p. 305; P.NUVOLONE,Il diritto penale della stampa, cit., p. 161; G.ROSSO, voce Ordine pubblico (delitti contro l’), in Noviss. dig. it., vol. XII, Torino 1965, p. 153. La teoria dell’istigazione indiretta è condivisa anche da F. ANTOLISEI, Manuale di diritto penale. Parte speciale, Milano 1977, II, p. 676; G.COGNETTI, Libertà di manifestazione del pensiero in materia ecclesiastica e apologia di reato, cit., p. 276; P.DI VICO, Il delitto di apologia, in Annali di dir. e proc. pen. 1936, V, p. 389 ss.; ID., Associazione, propaganda e apologia sovversiva o antinazionale, in Annali di dir e proc. pen. 1939, p. 923; F.ONIDA, Intorno all’apologia di reato, in Foro it. 1965, p. 5.

Tuttavia, è bene puntualizzare che la dottrina, quando configura l’apologia come istigazione indiretta, cerca sempre di accompagnare a questa qualificazione oggettiva della condotta apologetica almeno una diversa configurazione dell’elemento psicologico, che nell’apologia – a differenza dell’istigazione – escluderebbe la volontà di orientare altri alla commissione di delitti. La Corte costituzionale, invece, elimina anche questa differenza, realizzando un’equiparazione totale delle due fattispecie.

349V.NAPOLEONI, Horror vacui e false interpretazioni in tema di apologia di delitto, cit.,

p. 774.

350 Negli stessi termini si esprime E. FRONZA, Brevi note sulla teoria della “istigazione

indiretta” in tema di apologia, cit., p. 1020, la quale ritiene che la Corte costituzionale, ricorrendo all’argomento dell’istigazione indiretta, abbia convertito la norma sull’apologia in lettera morta.

L’apologia

due i casi, delle condotte di istigazione; ma, semmai, quello di estendere

l’incriminazione ad altre manifestazioni di pensiero, che non sono affatto istigazione – né diretta né indiretta – a commettere reati; e che per la forma, le modalità di tempo, di luogo e di occasione (…) non potrebbero mai apparire causalmente idonee a provocare la commissione di reati» (351). Questa

circostanza trova ulteriore conferma nel c.d. «dato storico» (352) della norma,

coniata appositamente per colpire condotte che, per difetto di elementi oggettivi e soggettivi, non potevano essere considerate né direttamente né indirettamente istigatorie, esaurendosi in mere approvazioni o giustificazioni di fatti contrastanti col sistema di valori dello Stato autoritario. Tuttavia, se una simile presa di posizione poteva essere comprensibile in quel dato contesto storico-politico, oggi non ha più alcun senso. Pertanto, risulta alquanto difficile comprendere l’ostinazione dei Giudici costituzionali nel mantenere in vita una disposizione ormai obsoleta, nonché lesiva di un diritto che essi stessi dovrebbero garantire. C’è chi ravvisa in questo atteggiamento ultraconservatore una sorta di horror vacui (353), un immotivato timore di

lacune legislative, quasi che senza certe norme il sistema potesse collassare. Ma la paura, si sa, non fa che complicare la questione, poiché in materia giuridica ogni decisione deve essere dettata dalla razionalità e non dall’emotività (354). Nel caso di specie, poi, il timore di un vuoto legislativo

appare veramente fuori luogo, posto che il convinto elogio pubblico di un episodio criminoso, sempreché diretto e idoneo ad eccitarne la reiterazione, ricadrebbe comunque sotto i rigori del primo comma dell’art. 414 c.p.

Tutto ciò considerato, quindi, sarebbe stato decisamente preferibile espungere l’apologia dal sistema (355); solo in questo modo, infatti, si sarebbe sanato quel

351 C.FIORE, I reati di opinione, cit., p. 106. È dello stesso avviso C.TRUCCO, Brevi note

sui più recenti orientamenti giurisprudenziali in tema di apologia di reato, cit., p. 740.

352 C. TRUCCO, Brevi note sui più recenti orientamenti giurisprudenziali in tema di

apologia di reato, cit., p. 740.

353 V.NAPOLEONI, Horror vacui e false interpretazioni in tema di apologia di delitto, cit.,

p. 774.

354 Basti pensare agli errori commessi dal c.d. legislatore dell’emergenza che, facendosi

coinvolgere emotivamente dalla problematica sociale del momento, finisce spesso per emanare norme enunciative dalla forte valenza simbolica (v. supra cap. I, par.1.2). Per un’attenta disamina del fenomeno in questione si rimanda a A. MANNA, L’influenza della legislazione d’emergenza sui diritti fondamentali del cittadino: aspetti penali sostanziali, in Arch. pen. 1983, p. 641.

355 Sono di questo avviso C.FIORE, I reati di opinione, cit., p. 106; E.FRONZA,Brevi note

sulla teoria della “istigazione indiretta” in tema di apologia, cit., p. 1020; V.NAPOLEONI, Horror vacui e false interpretazioni in tema di apologia di delitto, cit., p. 774; C.

L’apologia

punto di frizione tra il vigente ordinamento penale e i precetti costituzionali che, a tutt’oggi, limita il pieno godimento del diritto di manifestazione del pensiero, specialmente in materia politica. La Corte, invece, mancando la preziosa occasione che le si offriva per delegittimare una norma pensata appositamente per attuare un controllo ideologico sulle opinioni, non ha fatto che rimandare la soluzione dell’angustioso problema dei limiti penalistici alla libertà di espressione, consentendo alla norma sull’apologia di essere ancora utilizzata per reprimere il dissenso politico.

Quel che più disorienta, però, è che a distanza di più di quarant’anni da questa pronuncia interpretativa di rigetto nulla sia cambiato. L’apologia di reato, ora come allora, permane immutata nel nostro ordinamento. Si auspicava una riproposizione della questione di legittimità costituzionale o, quantomeno, un’interpretazione evolutiva del dato normativo, che tenesse conto del mutato assetto storico-politico del Paese (356). Queste aspettative,

invece, sono state ampiamente disattese. Come si avrà modo di vedere, infatti, la giurisprudenza sembra aver preferito una lettura statica – se non addirittura involutiva – della norma, e i recenti interventi riformatori in materia di reati di opinione non hanno neppure sfiorato la fattispecie in questione. L’eventualità di una riproposizione della questione di legittimità costituzionale, poi, non è stata neppure presa in considerazione. Evidentemente, c’è ancora il timore che le basi su cui si regge il nostro ordinamento possano essere fatte vacillare da chi si limiti ad esprimere approvazione per un fatto criminoso o per un’ideologia giudicata riprovevole: un’amara conclusione, quest’ultima, per uno Stato moderno che, definendosi democratico, dovrebbe garantire all’individuo la massima libertà d’espressione.

TRUCCO, Brevi note sui più recenti orientamenti giurisprudenziali in tema di apologia di reato, cit., p. 740.

356 In questo senso v. soprattutto C. TRUCCO, Brevi note sui più recenti orientamenti

giurisprudenziali in tema di apologia di reato, cit., p. 743, la quale riconosce come «le soluzioni interpretative date dalla Corte Suprema alla norma da noi esaminata non [abbiano] per nulla contribuito ad una chiarificazione né sotto il profilo sostanziale né sotto il profilo sistematico. Pertanto un’ulteriore soluzione si impone. Essa va a nostro avviso prospettata o in sede interpretativa, facendo cioè ricorso ad un’interpretazione evolutiva del dato normativo, o mediante una riproposizione della questione di legittimità».

L’apologia

1.4. L’aberrante pronuncia della Cassazione sull’apologia di genocidio

Outline

Documenti correlati