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2. Le problematiche sottese ai reati di opinione.

2.1. Il difficile equilibrio tra libertà di espressione e reati di opinione.

2.1.1. Democrazie tolleranti e democrazie militanti.

La libertà di manifestazione del pensiero può essere studiata alla luce di due concezioni contrapposte.

Secondo la teoria individualista, il diritto di esprimere il proprio pensiero «è garantito al singolo come tale, indipendentemente dai vantaggi o dagli svantaggi che possono derivarne allo Stato» (73). Di conseguenza, non

sarebbe ammissibile alcuna limitazione a tale diritto, neppure a tutela della democrazia, posto che quest’ultima, «per essere realmente tale, deve fondarsi su di una sfida permanente alle forze che la negano» (74). In altre

parole, il concetto di democrazia implicherebbe anche la libertà di esprimere messaggi eversivi, volti a destabilizzare il sistema. Contrariamente a quanto si potrebbe pensare, infatti, sarebbe proprio la repressione di tali espressioni a mettere in crisi le istituzioni, poiché se è vero che la manifestazione antagonista è quella più pericolosa, è altrettanto vero che essa è più bisognevole di tutela, in quanto più inserita nella lotta politica democratica e più idonea a raggiungere i suoi scopi leciti di comunicazione e persuasione (75). Quel che emerge, quindi, è una forte

avversione per ogni forma di protezione della democrazia (76): nessuna

opinione è temuta e va tollerato anche l’intollerante, poiché se si vuole la libertà, se ne devono accettare tutti i rischi. Diversamente, il pensiero non sarebbe in grado di raggiungere il suo massimo grado di sviluppo e di fecondità (77) e la democrazia non potrebbe dirsi tale.

73 C. ESPOSITO, La libertà di manifestazione del pensiero nell'ordinamento italiano,

Milano 1958, p. 9. Condividono la stessa prospettiva A.AMBROSI,Costituzione italiana

e manifestazione di idee razziste e xenofobe, in S.RIONDATO (a cura di), Discriminazione razziale, xenofobia, odio religioso. Diritti fondamentali e tutela penale, Padova 2006, p. 35; ID., Libertà di pensiero e manifestazione di opinioni razziste e xenofobe, in Quaderni costituzionali 2008, p. 519; C. FIORE, I reati di opinione, Padova 1972; D. PULITANÒ, Libertà di pensiero,cit., p. 198 e ss., nonché tutta la dottrina nordamericana sul Primo Emendamento.

74 A. CERRI, Libertà di manifestazione del pensiero, propaganda, istigazione ad agire,

cit., p. 1194.

75 D. PULITANÒ,Libertà di pensiero,cit., p. 200. 76 C.FIORE, I reati di opinione, cit., p. 162 e ss.

77 Secondo M.CERUTI,voce Pensiero (libertà di), in Noviss. dig. it., vol. XII, Torino 1965,

p. 865, «il pensiero, attività intima ed incoercibile dello spirito, estrinsecamento della sua naturale capacità di elaborazione e di perfezionamento, raggiunge il massimo grado di sviluppo e di fecondità quando è libero da coazioni esterne».

A tale prospettiva individualista si contrappone una concezione c.d. funzionale, per cui la libertà di espressione non è illimitata, ma presuppone necessariamente un ragionevole contemperamento tra la libertà stessa e le misure volte a contenerla (78). Di conseguenza, ogni

espressione deviante è mal tollerata, perché potenzialmente idonea a compromettere la stabilità del sistema. Consapevoli del fatto che l’illimitato valore della libertà anche a beneficio dei suoi nemici potrebbe portare alla sua scomparsa, i sostenitori della concezione funzionalista accordano la garanzia di cui all’art. 21 Cost. solo alle opinioni che sono in armonia con i principi accolti dall’ordinamento e bandiscono le idee pericolose, sovversive ed estreme.

La concezione individualista arretra di fronte al c.d. «paradosso della tolleranza» (79), che sorge come conseguenza della tolleranza

dell’intollerante. Si è visto come, in una società tollerante, l’intollerante possa godere dell’ampia protezione accordata alla libertà d’espressione per diffondere messaggi d’odio e opinioni sovversive. Paradossalmente, però, laddove tali messaggi riuscissero a convincere un vasto uditorio, l’intollerante potrebbe guadagnarsi una posizione di supremazia, che gli consentirebbe anche di sopprimere la tolleranza. Da qui i legittimi interrogativi di Popper: bisogna davvero essere tolleranti con tutti? La democrazia deve restare fedele ai suoi principi anche a costo di perire? Oppure, per proteggersi, deve essere tollerante solo con i soggetti tolleranti? (80) L’Autore – senza nascondere un atteggiamento di sfiducia nei

78 Sostengono la concezione funzionale V. ANGIOLINI, Manifestazione del pensiero e

«libertà altrui», in Giur. cost. 1995, p. 4585; A. DI GIOVINE, I confini della libertà di manifestazione del pensiero, cit.; C. MORTATI, Istituzioni di diritto pubblico, Padova 1991; A. PIZZORUSSO,Tutela della libertà di manifestazione del pensiero e punizione dei reati commessi per esprimere un’opinione, in Foro it. 1968, IV, p. 145; ID., Limiti alla libertà di manifestazione del pensiero derivanti da incompatibilità del pensiero espresso con principi costituzionali, in Diritti, nuove tecnologie, trasformazioni sociali. Scritti in memoria di Paolo Barile, Padova 2003, p. 663;ID., Libertà di pensiero. Opportunità e rischi, in M.BOVERO (a cura di), Quale libertà. Dizionario minimo contro i falsi liberali, Roma – Bari 2004, p. 63; M. TARANTINO, I c.d. «reati di opinione» ed il diritto costituzionale alla libera manifestazione del pensiero, in Giust. pen. 1970, p. 443.

79 K. POPPER, The open society and its enemies, Londra 1966; ID., Congetture e

confutazioni, Bologna 1972, p. 162.

80 Analoghi interrogativi sono stati posti anche da P.J.FAYE,Tolleranza/Intolleranza, in

Enc. Einaudi, vol. XIV, Torino 1981, p. 312, il quale in particolare si è chiesto: «se Hitler in persona tornasse a pubblicare il Mein Kampf (La mia battaglia), bisognerebbe tollerarlo?».

confronti della capacità critica dei consociati di distinguere le opinioni “buone” da quelle “cattive” (81) – è del parere che una società tollerante che

voglia garantire la propria sopravvivenza debba necessariamente essere intollerante con chi esprime opinioni intolleranti (82). Sennonché, a questo

punto si fa strada un altro interrogativo: dove e come fermarsi una volta imboccato il pendio della limitazione delle libertà? L’argomento del “pendio sdrucciolevole” (slippery slope), teorizzato dagli studiosi americani del Primo Emendamento, mette in luce tutte le difficoltà insite nel determinare l’esatto grado di libertà che si può lasciare ai cittadini senza mettere in pericolo la libertà stessa. E le soluzioni fornite a questo problema non paiono dotate di sufficiente forza persuasiva (83), giacché si limitano a

riporre una incondizionata fiducia nella capacità del legislatore democratico di determinare il suddetto grado di libertà (84).

Ma quella del “pendio scivoloso” non è la sola critica imputabile alla concezione funzionale, poiché anch’essa, come la concezione individualista, giunge a conseguenze a dir poco paradossali. In particolare, si è detto che il sacrificio del diritto di libera manifestazione del pensiero è ampiamente giustificato dalla necessità di garantire i diritti fondamentali della persona umana (85), cui la nostra Costituzione riserva una posizione di assoluta

centralità. Tuttavia, tra questi diritti fondamentali vi è anche il diritto dei parlanti ad esprimersi liberamente che, in virtù del principio di

81 A questo atteggiamento pessimista si contrappone l’ottimismo di matrice liberale

che consente l’espressione di qualsiasi pensiero, fortemente criticato da J.BENDA,Le

democrazie alla prova, Roma 1945, p. 109 e s., che parla di «liberalismo estatico» e di «falso liberalismo».

82 Il pensiero di K. Popper è condiviso anche da M. MANFREDI, voce Tolleranza, in Enc.

Einaudi, vol. XV, Torino 1982, p. 687, nonché da N.BOBBIO,Le ragioni della tolleranza, in C. BONI (a cura di), L’intolleranza: uguali e diversi della storia, Bologna 1986, p. 243 e ss., secondo il quale «la tolleranza deve essere estesa a tutti tranne a coloro che negano il principio di tolleranza o, più brevemente, tutti debbono essere tollerati tranne gli intolleranti».

83 Contra, invece, A. DI GIOVINE, I confini della libertà di manifestazione del pensiero,

cit., p. 81, secondo cui la risposta suggerita da K. Popper sarebbe dotata di sufficiente forza persuasiva.

84 In questo senso, K.POPPER,The open society and its enemies, cit., p. 160, secondo

cui «è certamente difficile determinare esattamente il grado di libertà che si può lasciare ai cittadini (…). Ma che una approssimativa determinazione di tale grado sia possibile è dimostrato dall’esperienza, cioè dall’esistenza di Stati democratici. In realtà, questo processo di approssimativa determinazione è uno dei compiti fondamentali della legislazione nelle democrazie».

85 Così si è espressa anche Cass. pen., sez. I, 28 febbraio 2011, in Foro it. 2001, II, p.

uguaglianza, deve essere garantito a tutti indistintamente, indipendentemente da quali siano le opinioni espresse (86). Secondo certa

dottrina, addirittura, «parlare [sarebbe] più fondamentale che altre naturali inclinazioni, poiché (…) noi raggiungiamo la nostra piena dignità (…) quando esercitiamo le nostre capacità espressive» (87). La compressione

della libertà di espressione, quindi, non solo non garantisce i diritti dell’uomo, ma li nega alla radice. Privato della possibilità di esprimersi, l’individuo non potrà realizzare la propria personalità e sarà discriminato per il solo fatto di avere opinioni che non corrispondono a quelle della maggioranza.

Le due concezioni qui esposte rispecchiano altrettante tipologie di ordinamenti. In particolare, la concezione individualista è propria delle “democrazie tolleranti”, convinte che la libertà sia la miglior arma contro i nemici della libertà. Si tratta di democrazie salde, ottimiste, che hanno piena fiducia nelle proprie potenzialità e non temono sovvertimenti del sistema, in quanto non li hanno mai vissuti direttamente. Il pensiero corre agli Stati Uniti d’America, Paese che produce fisiologicamente una cultura del dissenso e la considera un positivo arricchimento della propria dialettica ideologica e sociale. Qui è stata teorizzata la dottrina del marketplace of ideas (mercato delle idee), che si fonda sulla convinzione che la verità abbia più possibilità di emergere in un contesto di discussione aperta che non nell’ambito di un regime di censura.

86 In questo senso, v. A.AMBROSI, Costituzione italiana e manifestazione di idee razziste

e xenofobe, cit., p. 527. Per la sottolineatura che la libertà di pensiero deve essere riconosciuta a tutti indistintamente, e in particolare a chi si fa portatore di opinioni minoritarie, v. Corte suprema canadese, R. vs Zündel [1992] 2 S.C.R. 731, consultabile all’indirizzo www.hrcr.org/safrica/expression/r_zundel.html. Condivide in parte questa prospettiva anche C.VISCONTI,Il reato di propaganda razzista tra dignità umana e libertà d’espressione (lezione svolta il 17 gennaio 2009 nell’ambito del Dottorato di ricerca in diritto penale dell’Università di Messina), reperibile in http://appinter.csm.it/incontri/relaz/17636.pdf, p. 204, quando afferma che «la dignità dell’uomo si presta anche a fornire un ombrello giustificativo allo stesso diritto dei parlanti ad esprimersi liberamente: negare tale diritto in alcuni casi significherebbe (…) attentare all’autonomia dell’individuo, alla sua libertà di autorealizzazione personale».

Alle democrazie tolleranti si contrappongono le c.d. “democrazie protette” (88), le cui vicende storiche – in alcuni casi, veri e propri drammi

dell’umanità – hanno minato le stesse fondamenta del sistema democratico. Come reazione a tali avvenimenti, questi Paesi sono ricorsi ad una legislazione “a difesa” dell’ordinamento, caratterizzata da norme puntuali e sistematiche, finalizzate a far sì che i nemici della democrazia non potessero più sviluppare un’azione politica capace di sovvertire il sistema e i principi ad esso sottesi (89). È il caso della Germania o

dell’Austria, cui ben si addice la definizione di «democrazia ferita che cerca colpevoli e rimuove responsabilità» (90). In questi Stati, la libertà di

manifestazione del pensiero è un diritto che deve continuamente essere parametrato con altri valori, talora inafferrabili e difficilmente circoscrivibili, quali l’ordine pubblico o la dignità umana dei singoli o delle minoranze. In simili contesti, il timore di un ritorno al passato e il peso di certe eredità inducono a reprimere ogni opinione che risulti potenzialmente pericolosa per l’ordine costituito, con il rischio di trasformare la “democrazia protetta” in una democrazia iperprotetta o sedata, ossia in un non-democrazia (91). Quanto alla sanzione penale, essa tende ad assumere

profili storico-morali e meta-giuridici che trascendono l’ordinamento positivo, quasi si trattasse di una «punizione esemplare» (92) con forte

valenza simbolica. Con queste premesse, basta poco per “scivolare” nel «diritto penale totalitario (…), ove l’individuo è (…) ontologicamente subordinato allo Stato in ogni suo momento, a cominciare da quello del

88 Il concetto di “democrazia protetta” è stato elaborato dalla giurisprudenza tedesca e

si fonda sulla necessaria sintesi che deve ricercarsi nel rapporto tra tutela delle libertà e limitazione delle stesse.

89 In questo senso, v. diffusamente L. SCAFFARDI, Oltre i confini della libertà di

espressione. L’istigazione all’odio razziale, Padova 2009. In termini analoghi si esprime A. PIZZORUSSO,Tutela della libertà di manifestazione del pensiero, cit., p. 71, secondo il quale «è stata la preoccupazione di veder riprodursi eventi del passato quella che (…) ha talora indotto i legislatori a dettare formule che prevedono limiti alla libertà di manifestazione del pensiero».

90 M. MALENA,Il caso Irving: libertà di pensiero o mistificazione della realtà?, in Quad.

cost. 2006, p. 118.

91 L.SCAFFARDI, Oltre i confini della libertà di espressione, cit., p. 103. 92 M.MALENA,Il caso Irving, cit., p. 118.

pensiero che viene colto dallo Stato e valutato sin dalla radice e in ogni movente, in ogni sfumatura, in ogni prossima o ultima ragione» (93).

Tornando ai reati di opinione, da quanto detto sinora è facile intuire come essi siano del tutto «coessenziali ad un ordinamento di tipo totalitario» (94),

in quanto strumentali alla repressione del dissenso ideologico. Non sono, invece, del tutto estranei ad un ordinamento di tipo semi-aperto, quale può essere una democrazia protetta, che riconosce la libertà di espressione a favore di tutti, eccezion fatta per certe opinioni. Nelle democrazie tolleranti, invece, dei reati di opinione si perde ogni traccia. In quanto ordinamenti aperti e liberi, infatti, essi implicano per loro natura il più ampio riconoscimento della libertà di manifestazione del pensiero a favore di tutti e senza eccezioni. Giacché si fondano sul «presupposto neutralistico che ogni verità può essere errore e viceversa» (95), le democrazie tolleranti non

ammettono alcun limite alla libertà di espressione.

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