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1. Le principali ipotesi istigative speciali Cenni introduttivi.

1.1. L’istigazione a delinquere (art 414, comma 1, c.p.).

L’art. 414, comma 1, c.p. punisce, per il solo fatto dell’istigazione, chiunque, pubblicamente (v. infra par. 4), istighi taluno a commettere uno

432 F.CARNELUTTI,Lezioni di diritto penale, I, Milano 1943, p. 318; G.LA CUTE,Apologia

e istigazione,cit. p. 1

433 L. ALESIANI, I reati di opinione, cit., p. 101; T. PADOVANI, Bene giuridico e delitti

L’istigazione

o più reati; quanto al trattamento sanzionatorio, esso subisce una consistente variazione a seconda che si tratti di istigazione a commettere delitti (reclusione da uno a cinque anni) o di istigazione a commettere contravvenzioni (reclusione fino a un anno). Oggetto della condotta istigatoria possono dunque essere sia delitti che contravvenzioni; non si richiede che il fatto istigato sia stato individuato attraverso la specificazione del nomen iuris che lo qualifica, essendo sufficiente che l’istigazione contenga i presupposti che ne consentano la riconducibilità ad un preciso comportamento penalmente antigiuridico (434).

Nel concetto di istigazione rilevante ai sensi dell’art. 414 c.p. si suole ricondurre «qualsiasi discorso o scritto diretto a far nascere, rafforzare, eccitare o alimentare il proposito ovvero la risoluzione di altro soggetto, così [da influenzarne] la volontà verso la realizzazione di un fatto criminoso» (435). Si tratterebbe, quindi, di un reato a forma libera, in quanto

suscettibile di assumere le più varie connotazioni (436); tant’è che

l’istigazione a delinquere è stata ritenuta sussistente anche rispetto al fenomeno del settarismo religioso, sempreché si traduca in un’attività pedagogica diretta ad immettere nell’educando principi antisociali e immorali (437). Nel contempo, però, un’attenta dottrina (438) ha osservato

che un’interpretazione così ampia del concetto di istigazione rischia di svincolare l’applicazione della norma dall’esigenza di accertare la sussistenza di un’espressione chiara ed univoca dell’intento dell’agente di far commettere ad altri il reato istigato. Difatti, il disinteresse legislativo verso gli esiti della condotta – espresso dalla clausola che riconduce la punibilità al “solo fatto dell’istigazione” – impone quantomeno di

434 E. CONTIERI, I delitti contro l’ordine pubblico, cit., p. 20; G. DE VERO, Istigazione a

delinquere e a disobbedire alle leggi, in Dig. disc. pen., vol. VII, Torino 1993, p. 296. In giurisprudenza v., per tutte, Cass. pen., sez. I, 22 novembre 1974, Bindi, in Giust, pen. 1975, II, p. 674.

435 G.BORRELLI, sub art. 414 c.p., in G.LATTANZI E.LUPO, Codice penale. Rassegna di

giurisprudenza e dottrina, vol. IX, Milano 2010, p. 12 e ss.

436 Così G. BARAZZETTA,sub art. 414 c.p., in Codice penale commentato, a cura di E.

DOLCINI –G.MARINUCCI, Milano 2006, p. 3012.

437 C.A.ROMANO E.DELBARBA,Settarismo e delittuosità, in Rass. it. crim. 2002, p. 555. 438 G. DE VERO, Istigazione a delinquere e a disobbedire alle leggi, cit., p. 292; G.

INSOLERA,in AA.VV.,Diritto penale. Lineamenti di parte speciale, a cura di CANESTRARI – GAMBERINI –INSOLERA – MAZZACUVA – SGUBBI – STORTONI – TAGLIARINI, Bologna 2006, p. 255.

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restringere la portata del comportamento delittuoso, in modo da farlo coincidere esclusivamente con una manifestazione idonea ad influire sulla psiche altrui.

Va quindi respinto quell’orientamento giurisprudenziale ormai recessivo (439) che, qualificando l’istigazione come un reato di pericolo astratto,

ritiene superfluo l’accertamento dello stesso, in quanto insito nella condotta, giudicata di per sé pericolosa indipendentemente dai suoi effetti. Seguendo una simile interpretazione, infatti, si finisce per colpire indiscriminatamente qualsiasi manifestazione del pensiero, anche la più innocua, disattendendo così la fondamentale garanzia espressa dall’art. 21 Cost., nonché il principio di necessaria lesività. Da qui la scelta di aderire a quel filone interpretativo – inaugurato con la pronuncia della Corte costituzionale del 1970 in tema di apologia (v. supra cap. III, par. 1.2) – che richiede la concreta idoneità della condotta istigatrice a determinare un pericolo di danno all’ordine e alla sicurezza pubblica.

L’accertamento del pericolo deve essere condotto considerando sia la forza di suggestione della condotta istigatrice, sia il grado di adesione del destinatario al programma illecito. Pertanto, alla luce di questi criteri, la sussistenza del reato de quo è stata esclusa rispetto alla pubblicazione di un articolo che, trattando il fenomeno dei sequestri di persona, riportava un elenco di persone facoltose, in quanto si è ritenuto che la condotta non fosse idonea ad incidere, per capacità di persuasione o per forza di suggestione, sull’altrui sfera volitiva (440); per lo stesso ordine di ragioni, si

è negata la configurabilità della fattispecie anche nel caso di diffusione di volantini contenenti l’espressione “occupiamo le scuole e le facoltà”, non costituendo condotta idonea a determinare altri soggetti al reato (441).

439 V., tra le tante, Cass. pen., sez. I, 18 marzo 1983, Bonanno, in Giust. pen. 1984, II,

p. 289; Cass. pen., sez. I, 5 luglio 1985, Sansoni, in Cass. pen. 1987, p. 82; Cass. pen., sez. VI, 11 aprile 1986, Alloro, in Riv. pen. 1987, p. 311; Cass. pen., sez. I, 14 giugno 1994, Monopoli, ivi 1995, p. 1085, che hanno ribadito trattarsi di reato formale o di mera condotta, con evento di pericolo astratto o presunto, non essendo richiesto il verificarsi né del danno temuto, né di una concreta situazione di pericolo.

440 Trib. Milano, 5 marzo 1975, Tavazzi, in Giur. mer. 1976, II, p. 108, con nota

adesiva di G.L.VERRINA,Profili oggettivi e soggettivi del reato di istigazione a delinquere.

441 Trib. Pisa, 10 ottobre 1975, Strambi, in Foro it. 1976, II, p. 65. Contra, invece,

Cass. pen., sez. I, 20 ottobre 1955, Nardo, in Giust. pen. 1956, II, p. 167, per cui integra gli estremi dell’istigazione a delinquere la condotta di chi si rivolga ai presenti

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L’istigazione, quindi, per essere punibile, «deve assumere un’intensità tale da potersi considerare essa stessa azione», nel senso che «la manifestazione del pensiero deve essere diretta e concretamente idonea a provocare delitti» (442). Di conseguenza, se il messaggio istigatorio è astrattamente idoneo a

provocare un pericolo, ma poi in concreto non vi sono le circostanze necessarie a garantire l’adesione dei destinatari al programma illecito – perché, ad esempio, questi manifestano un esplicito dissenso verso il messaggio loro diretto (443) –, viene a mancare quell’indispensabile offesa

per il bene tutelato, che è la sola capace di controbilanciare le garanzie preposte dal sistema costituzionale a tutela della libertà di manifestazione del pensiero. In questi termini, la pubblica istigazione potrà godere delle garanzie apprestate dall’art. 21 Cost. solo qualora non costituisca fattore criminogeno capace di spingere altri alla realizzazione di fatti penalmente rilevanti (444); laddove, invece, essa si sostanzi in un comportamento

concretamente idoneo a provocare la commissione di delitti, la libertà di espressione dovrà essere necessariamente sacrificata a favore della sicurezza pubblica, la cui tutela costituisce una finalità immanente del sistema.

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