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Per definire il concetto di negazionismo è previamente necessario illustrare il fenomeno revisionista, di cui il primo costituisce una degenerazione. Secondo l’accezione più ampia, con il termine revisionismo si intende «la tendenza storiografica a rivedere le opinioni storiche consolidate alla luce dei nuovi dati e delle nuove conoscenze acquisite nel corso della ricerca, col risultato di operare una reinterpretazione e una riscrittura della storia» (535). In questi termini, ogni storico non può che essere anche un

revisionista, giacché la sua attività richiede necessariamente di ritornare sulle ricostruzioni storiografiche già proposte, in modo da poterle “revisionare” alla luce di nuove scoperte (536).

535 E. FRONZA, Profili penalistici del negazionismo, in Riv. it. dir e proc. pen. 1999, p.

1035; ID., Il reato di negazionismo e la protezione penale della memoria, in Ragion pratica 2008, p. 30.

536 A dire il vero, secondo C. COSTANTINI, Revisionismo, in Lezioni sul revisionismo

storico, Milano 1999, p. 54, il revisionismo sarebbe «il vizio tipico dello storico in carriera», poiché «fare il bastian contrario, e cioè parlar male di Garibaldi o parlar bene

Il negazionismo

Sennonché, soprattutto a partire dal secolo scorso, la suddetta accezione ha finito per ricomprendere manifestazioni sempre più estreme ed eccessive, quali appunto il negazionismo che, a differenza del revisionismo, nega in radice la stessa esistenza dell’Olocausto e di altri gravi crimini contro l’umanità, prescindendo da qualsiasi regola storiografica prestabilita e aggirando il problema del rapporto di questi fatti con la realtà storica. Tant’è che, mentre il filone revisionista si limita a relativizzare la Shoah, ridistribuendone le colpe e criticandone le interpretazioni date, le dottrine negazioniste affermano che «il genocidio praticato dalla Germania nazista nei confronti degli ebrei, degli zingari e di altre categorie “subumane” non è mai esistito e appartiene al mito, alla menzogna, alla truffa» (537). In

particolare, la tematica centrale della produzione negazionista – che ha mosso i suoi primi passi in America e in Europa occidentale (538) a partire

dalla fine del secondo conflitto mondiale – riguarda la negazione delle camere a gas dei campi di concentramento nazisti, la cui esistenza viene demistificata a tal punto da renderla un falso mito. La conseguenza è che non ci sono più fatti certi, ma tutto è costruito e falsificato. I principali autori negazionisti, la cui provenienza è spesso di estrema destra o di estrema sinistra, condividono la medesima piattaforma ideologica, che è l’antisemitismo, ed espongono le loro teorie servendosi di strategie che si sostanziano della minimizzazione, giustificazione e negazione dei grandi crimini dell’umanità.

Le principali posizioni negazioniste si possono sintetizzare in alcuni assiomi (539), formulati nel 1973 dall’Institute for Historical Review e

successivamente ripresi da Roger Garaudy ne “Les mythes fondateurs de la

di Nerone (due classici esempi di revisionismo storico), è il modo più semplice e più sicuro di far parlare di sé».

537 P.VIDAL-NAQUET,Les assassins de la mémoire, Parigi 1991, p. 108.

538 È opportuno precisare che le origini geografiche del negazionismo sono

principalmente in Germania e in America, dove è stato fondato l’Institute for Historical Review, famoso polo di attrazione per tutti i negazionisti, nonché centro di elaborazione ed organizzazione delle loro strategie. Successivamente, le teorie negazioniste hanno avuto rilevanti sviluppi anche in Francia, Austria, Svizzera ed Italia.

539 Per una più esaustiva trattazione delle singole teorie negazioniste si rimanda a V.

PISANTY, L’irritante questione delle camere a gas. Logica del negazionismo, Milano 1998; P. VIDAL-NAQUET, Les assassins de la mémoire, cit.; P. MILZA, Europa estrema, Roma 2003.

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politique israeliénne” (540): innanzitutto, la “soluzione finale” consisteva

nell’emigrazione e non nello sterminio; non ci furono gassazioni, poiché le c.d. camere a gas (che sarebbero state costruite dai polacchi dopo la fine della guerra) erano, in realtà, luoghi predisposti per la disinfestazione dai pidocchi; la maggior parte degli ebrei scomparsi emigrarono in USA e in URSS; i pochi ebrei giustiziati dai nazisti erano criminali sovversivi; la comunità ebraica mondiale perseguita chiunque voglia svolgere un lavoro di ricerca onesta sulla seconda guerra mondiale, per timore che emerga la verità dei fatti; l’onere della prova incombe sui c.d. “sterminazionisti”, come sono definiti gli esponenti della storiografia ufficiale; le contraddizioni presenti nei calcoli demografici della storiografia ufficiale dimostrano con certezza il carattere menzognero delle loro tesi. A queste prese di posizione se ne aggiungono tante altre, tra cui quelle che affermano l’inesattezza della cifra delle vittime del genocidio (541); l’inattendibilità degli esiti del

processo di Norimberga (542); l’inesistenza di prove sull’adozione di forni

crematori (543); la rilettura del genocidio in termini di invenzione

propagandistica messa a punto dagli ebrei e, in particolare, dalla corrente sionista.

A tutt’oggi, però, non è propriamente corretto, né esaustivo parlare esclusivamente della negazione dell’Olocausto, giacché questa – pur essendo la più diffusa – è una soltanto delle molteplici teorie negazioniste prospettate. A tal proposito, va menzionata anche la negazione dei crimini staliniani, e in particolare dei Gulag (544), la negazione del genocidio

540 Per la versione italiana dell’opera (su cui si tornerà infra par. 2.2), v. R.GARAUDY, I

miti fondatori della politica israeliana, Genova 1996.

541 Si ammette, comunque, un elevato numero di morti nei campi di concentramento,

dovuto, però, allo sfruttamento sistematico del lavoro nelle installazioni industriali in condizioni di vitto e igiene insufficienti, correlato al dilagare di epidemie di tifo. In ogni caso, il numero reale dei morti sarebbe esiguo rispetto alla cifra tramandata.

542 Gli esiti del processo di Norimberga sarebbero inattendibili per due ragioni:

innanzitutto – e questa è l’obiezione classica – si trattava di un tribunale composto da soli vincitori; inoltre, si ritiene che i giudici non abbiano trovato (né, a dire il vero, cercato) alcun riscontro documentale che confermasse l’attendibilità delle testimonianze rese in aula.

543 La prassi della cremazione dei cadaveri era resa necessaria dal dilagare delle

epidemie di tifo.

544 La sconvolgente descrizione della vita nei campi di concentramento sovietici,

ricostruita attraverso le testimonianze di ex detenuti, si ritrova nell’opera di A. SOLŽENICYN, Arcipelago Gulag, Milano 2001. Per un’interessante analisi storica dei

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armeno realizzato dai giovani turchi nei primi anni del Novecento (545), la

negazione dello sterminio ruandese (v. supra cap. II, par. 2.1) e, infine, la negazione dei massacri delle foibe (546), una delle pagine più tristi della

storia italiana. In quest’ultimo caso, peraltro, più che ad una vera e propria negazione, si è assistito all’omessa trattazione, soprattutto nei manuali di storia destinati alle scuole, di quei tragici eventi. Il che non basta a farne un fatto meno riprovevole della negazione stessa; entrambe le condotte, infatti, gettano nell’oblio sciagure che, invece, non dovrebbero mai essere dimenticate.

2. La legislazione penale antinegazionista in Europa. Spunti di

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