Con riferimento alle forme speciali di istigazione, assume un ruolo di primaria importanza il requisito della pubblicità che, oltre a costituire una caratteristica essenziale delle fattispecie in discorso, ne segna anche la «differenza
500 Sul tema dei rapporti tra l’art. 115 c.p. e il delitto tentato si rimanda a L.VIOLANTE,
Istigazione a disobbedire alle leggi, cit., p. 1004.
501 Sono di questo avviso R. DOLCE, voce Istigazione a delinquere, cit., p. 995; V.
MANZINI,Trattato di diritto penale italiano, cit., p. 158. Contra, invece, G. ROSSO,voce Ordine pubblico, cit., p. 151.
502 G.LA CUTE,Apologia e istigazione,cit., p. 3.
503 G. BORRELLI, sub art. 414 c.p., cit., p. 21. Nello stesso senso si esprimono E.
CONTIERI, I delitti contro l’ordine pubblico, cit., p. 8; V.MANZINI,Trattato di diritto penale italiano, cit., p. 161. In giurisprudenza, questa affermazione è condivisa da Cass. pen., sez. I, 22 novembre 1974, Bindi, in Giust. pen. 1975, II, p 674.
L’istigazione
strutturale rispetto al fenomeno istigativo di parte generale» (505) (v. supra par.
2).
Quanto alla natura di tale requisito, è indubbiamente preferibile aderire a quella opinione – condivisa dalla dottrina prevalente (506) – che lo considera
elemento costitutivo della fattispecie. Sarebbe infatti impensabile classificarlo alla stregua di una condizione oggettiva punibilità, posto che «proprio tale pubblicità rappresenta uno degli aspetti su cui incide la valutazione del pericolo che deve scaturire dalla condotta posta in essere» (507); inoltre, una
siffatta qualificazione non garantirebbe sufficiente copertura soggettiva all’elemento in discorso e si porrebbe in contrasto con il fondamentale principio di colpevolezza.
L’art. 266, ultimo comma, c.p. offre un concreto appiglio normativo, utile a circoscrivere la portata della nozione di “pubblicità”. In particolare, la legge prevede che “il reato si considera avvenuto pubblicamente quando il fatto è commesso: 1) col mezzo della stampa o con altro mezzo di propaganda; 2) in luogo pubblico o aperto al pubblico e in presenza di più persone; 3) in una riunione che, per il luogo in cui è tenuta, o per il numero degli intervenuti, o per lo scopo od oggetto di essa, abbia carattere di riunione non privata”.
Come risulta già ad una prima lettura, la suddetta disposizione pare delineare una definizione «troppo ampia» (508) e indeterminata del concetto di pubblicità.
Innanzitutto, il riferimento ai “mezzi di propaganda” è «estremamente largheggiante» (509), tant’è che la giurisprudenza vi ha fatto rientrare anche le
scritte e i disegni verniciati sui muri di un locale scolastico (510). Nel contempo,
però, per quanto molto estensiva, essa «rischia (…) attualmente di risultare inadeguata se si pensa ai nuovi mezzi di comunicazione di massa (in particolare, la “Rete delle Reti”), che difficilmente, se non violando il divieto di
505 C. VISCONTI, I delitti di istigazione, apologia e pubblica intimidazione, in Trattato di
diritto penale, a cura di A.CADOPPI –S.CANESTRARI –A.MANNA –M.PAPA, vol. III, Torino 2008, p. 1044.
506 L. ALESIANI, I reati di opinione, cit., p. 259; E. CONTIERI, I delitti contro l’ordine
pubblico, cit., p. 17; G.DE VERO,Istigazione a delinquere e a disobbedire alle leggi, cit., p. 296; R. DOLCE, voce Istigazione a delinquere, cit., p. 998; B. OLIVERO, Apologia e istigazione (reati di), in Enc. dir., vol. II, Varese 1958, p. 621.
507 B.OLIVERO, Apologia e istigazione, cit., p. 621. 508 L.ALESIANI, I reati di opinione, cit., p. 243.
509 V.MANZINI,Trattato di diritto penale italiano, cit., p. 341.
L’istigazione
analogia in materia penale, possono (…) rientrare» in una simile espressione (511).
Quanto all’accezione di “luogo pubblico o aperto al pubblico”, in dottrina (512)
si è precisato che è “luogo pubblico” quello in cui è consentito continuativamente, senza condizioni, il libero accesso ad una quantità indeterminata di persone, mentre è “aperto al pubblico” quello a cui si può accedere non continuativamente, ma solo adempiendo a certe condizioni o solo in momenti determinati o in non più di un certo numero di persone. Tuttavia, si è correttamente osservato che «la pubblicità del luogo non è di per sé sufficiente a determinare la pubblicità del reato, in quanto se nessuno è presente nel luogo pubblico o aperto al pubblico, è manifesto che l’azione non esca dalla sfera individuale di chi la compie» (513); oltre al luogo pubblico o
aperto al pubblico, quindi, occorre anche la contestuale presenza di più persone. È però controverso quale debba essere il numero minimo di destinatari dell’istigazione: secondo alcuni Autori (514), basterebbe che
l’istigazione venisse percepita da almeno uno dei destinatari; per altri (515),
invece, sarebbe addirittura sufficiente che l’istigazione fosse rivolta ad una sola persona. La dottrina maggioritaria (516), comunque, richiede che l’istigazione
avvenga alla presenza di almeno due persone, anche se – a dire il vero – considerati i «presupposti di psicologia di massa a cui dovrebbe propriamente ancorarsi una valutazione legislativa di ordinaria pericolosità di una determinata situazione rispetto al prodursi di fatti criminosi» (517), sarebbe di
511 L. ALESIANI, I reati di opinione, cit., p. 244. Il carattere «ormai obsoleto» della
definizione in esame è messo in luce anche da G.BORRELLI, sub art. 414 c.p., cit., p. 27.
512 V., per tutti,L.VIOLANTE,Istigazione (nozioni generali), in Enc. dir., vol. XXII, Milano
1972, p. 989. In giurisprudenza, v. Cass. pen., sez. I, 5 luglio 1985, Sansoni, in Ced Cass. rv. 170599, che ha ritenuto configurabile il reato nel caso di istigazione commessa nel corso di riunioni avvenute in un cantiere di escavazione; Cass. pen., sez. I, 11 giugno 1986, Nastri, Ced Cass. rv. 174485, che ha ritenuto integrato il requisito della pubblicità con riferimento ad un episodio di istigazione avvenuto nel salone di un barbiere.
513 L.ALESIANI, I reati di opinione, cit., p. 253.
514 G.FIANDACA –E.MUSCO,Diritto penale. Parte speciale, cit., p. 467. 515 R.DOLCE, voce Istigazione a delinquere, cit., p. 999.
516 G.LA CUTE,Apologia e istigazione,cit. p. 13; G.ROSSO,voce Ordine pubblico, cit., p.
154. Questa opinione dottrinale – assolutamente maggioritaria, ma non pienamente condivisibile – è avallata anche dalla giurisprudenza di legittimità: v., in particolare, Cass. pen., sez. I, 14 dicembre 1973, Zanche, in Cass. pen. 1975, p. 510; più di recente, Cass. pen., sez. un., 27 marzo 1993, in Ced Cass. rv. 191179.
L’istigazione
gran lunga più corretto fare riferimento ad una «pluralità indeterminata di persone la quale, pur non dovendosi identificare in una collettività, deve per forza essere formata da più di due persone» (518). Infatti, una cosa è persuadere
qualche amico, altro è convincere un gruppo di persone, soprattutto se si considera il bene messo a repentaglio dall’istigazione, ossia la sicurezza e la tranquillità pubblica.
Infine, è opportuno spendere qualche parola anche in merito al concetto di “riunione non privata” di cui all’ipotesi sub 3 dell’art. 266 c.p. Premesso che, secondo certa dottrina (519), “private” sarebbero solamente – e neanche sempre
– le riunioni di famiglia, l’accezione de qua presenta una forte carica di indeterminatezza e denota possibili profili di incostituzionalità (520). Essa,
infatti, risulta esageratamente estensiva della punibilità, sia per la pericolosamente ampia discrezionalità che lascia al giudice, sia per le presunzioni che introduce con riferimento allo scopo e all’oggetto della riunione. In una prospettiva de lege ferenda, sarebbe quindi preferibile pervenire ad una nozione di pubblicità che tenesse conto il più possibile del dato reale, prescindendo da astratte presunzioni e privilegiando in ogni caso l’elemento personale, che appare senza dubbio il più sicuro ai fini di garantire l’effettiva pubblicità del fatto.
4. Dove finisce la parola inizia l’azione: l’idoneità della condotta a