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Il danno biologico nel diritto vivente a seguito dell’intervento della Corte d

1. Nascita del danno biologico

1.4. Il danno biologico nel diritto vivente a seguito dell’intervento della Corte d

Il danno biologico è sempre stato fatto rientrare sotto l’egida dell’art. 2043 cod. civ., anche perché l’alternativa di considerarlo un danno non patrimoniale ex art. 2059 cod. civ. avrebbe comportato un collegamento necessario con l’art. 185 c.p. e la conseguente risarcibilità solo in caso di commissione di reato. Tuttavia, col passare degli anni, sono cambiati i termini di questo “dogma”, che restringeva l’ambito applicativo dell’art. 2059 cod. civ. ai soli illeciti derivanti da reato: quando è stato emanato il codice civile l’unica previsione che espressamente facesse riferimento al danno non patrimoniale era l’art. 185 c.p., pertanto la giurisprudenza si consolidò nel senso di ristorare il danno non patrimoniale solo in presenza di un reato. Adesso invece assistiamo a quella che possiamo definire un’interpretazione costituzionalmente orientata dell’art. 2059 cod. civ. secondo la quale la riserva di legge contenuta in questa norma (il danno non patrimoniale è risarcibile “solo nei casi determinati dalla legge”) non si riferirebbe solo a ipotesi tassativamente espresse da singole disposizioni, è al contrario una clausola aperta, capace di evolversi grazie al lavoro dell’interprete e alla mediazione dei principi costituzionali. Fondamentali per il raggiungimento di questo nuovo punto di vista sono state due sentenze, gemelle nella motivazione, della Corte di Cassazione337, confermate poi da una pronuncia della Consulta338, in cui si è dato luogo a una lettura costituzionalmente orientata dell’art. 2059 cod. civ.. L’art. 2 Cost. riconosce e garantisce i diritti inviolabili dell’uomo: alla luce di ciò, il danno non patrimoniale deve essere inteso (in un’accezione più ampia di quella che ha avuto finora) come danno determinato dalla lesione di interessi inerenti alla persona non connotati da rilevanza economica. Si è giunti a quest’affermazione partendo in primo

337Cass., sez. III civ., 31 maggio 2003, nn. 8828 e 8827, in Foro it., 2003, I, 2272 e 2273. 338Corte Cost., 11 luglio 2003, n. 233, in Foro it., 2003, I, 2201.

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luogo dalla circostanza che erano aumentati i casi in cui si concede il risarcimento del danno non patrimoniale anche al di fuori delle fattispecie di reato, in relazione alla compromissione di valori personali339; in sostanza, si è avuto un incremento di “casi determinati dalla legge” richiesti dal rinvio dell’art. 2059 cod. civ..

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Art. 2 l. n. 117/1988 “Responsabilità per dolo o colpa grave.

Chi ha subìto un danno ingiusto per effetto di un comportamento, di un atto o di un provvedimento giudiziario posto in essere dal magistrato con dolo o colpa grave nell'esercizio delle sue funzioni ovvero per diniego di giustizia può agire contro lo Stato per ottenere il risarcimento dei danni patrimoniali e anche di quelli non patrimoniali.

Fatti salvi i commi 3 e 3-bis ed i casi di dolo, nell'esercizio delle funzioni giudiziarie non può dar luogo a responsabilità l'attività di interpretazione di norme di diritto né quella di valutazione del fatto e delle prove. Costituisce colpa grave la violazione manifesta della legge nonché del diritto dell'Unione europea, il travisamento del fatto o delle prove, ovvero l'affermazione di un fatto la cui esistenza è incontrastabilmente esclusa dagli atti del procedimento o la negazione di un fatto la cui esistenza risulta incontrastabilmente dagli atti del procedimento, ovvero l'emissione di un provvedimento cautelare personale o reale fuori dai casi consentiti dalla legge oppure senza motivazione.

Fermo restando il giudizio di responsabilità contabile di cui al decreto-legge 23 ottobre 1996, n. 543, convertito, con modificazioni, dalla legge 20 dicembre 1996, n. 639, ai fini della determinazione dei casi in cui sussiste la violazione manifesta della legge nonché del diritto dell'Unione europea si tiene conto, in particolare, del grado di chiarezza e precisione delle norme violate nonché dell'inescusabilità e della gravità dell'inosservanza. In caso di violazione manifesta del diritto dell'Unione europea si deve tener conto anche della mancata osservanza dell'obbligo di rinvio pregiudiziale ai sensi dell'articolo 267, terzo paragrafo, del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea, nonché del contrasto dell'atto o del provvedimento con l'interpretazione espressa dalla Corte di giustizia dell'Unione europea”.

Art. 2 L. n. 89/2001 “Diritto all'equa riparazione.

Chi ha subìto un danno patrimoniale o non patrimoniale per effetto di violazione della Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali, ratificata ai sensi della legge 4 agosto 1955, n. 848, sotto il profilo del mancato rispetto del termine ragionevole di cui all'articolo 6, paragrafo 1, della Convenzione, ha diritto ad una equa riparazione.

Nell'accertare la violazione il giudice valuta la complessità del caso, l'oggetto del procedimento, il comportamento delle parti e del giudice durante il procedimento, nonché quello di ogni altro soggetto chiamato a concorrervi o a contribuire alla sua definizione.

Si considera rispettato il termine ragionevole di cui al comma 1 se il processo non eccede la durata di tre anni in primo grado, di due anni in secondo grado, di un anno nel giudizio di legittimità. Ai fini del computo della durata il processo si considera iniziato con il deposito del ricorso introduttivo del giudizio ovvero con la notificazione dell'atto di citazione. Si considera rispettato il termine ragionevole se il procedimento di esecuzione forzata si è concluso in tre anni, e se la procedura concorsuale si è conclusa in sei anni. Il processo penale si considera iniziato con l'assunzione della qualità di imputato, di parte civile o di responsabile civile, ovvero quando l'indagato ha avuto legale conoscenza della chiusura delle indagini preliminari.

Si considera comunque rispettato il termine ragionevole se il giudizio viene definito in modo irrevocabile in un tempo non superiore a sei anni.

Ai fini del computo non si tiene conto del tempo in cui il processo è sospeso e di quello intercorso tra il giorno in cui inizia a decorrere il termine per proporre l'impugnazione e la proposizione della stessa.

Non è riconosciuto alcun indennizzo:

a) in favore della parte soccombente condannata a norma dell'articolo 96 del codice di procedura civile; b) nel caso di cui all'articolo 91, primo comma, secondo periodo, del codice di procedura civile;

c) nel caso di cui all'articolo 13, primo comma, primo periodo, del decreto legislativo 4 marzo 2010, n. 28; d) nel caso di estinzione del reato per intervenuta prescrizione connessa a condotte dilatorie della parte;

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Inoltre è sorta impellente l’esigenza di assicurare il risarcimento del danno non patrimoniale anche in assenza di reato qualora siano lesi interessi di rango costituzionale, sia perché qui il risarcimento è la forma minima di tutela, come tale non assoggettabile a limiti specifici (perché altrimenti si avrebbe un rifiuto di tutela nei casi esclusi), sia perché a seguito dell’entrata in vigore della Carta Costituzionale il risarcimento del danno non patrimoniale può essere riferito anche alle previsioni contenute in quest’ultima. Nella nostra legge fondamentale infatti troviamo diritti personali inviolabili che pur non avendo natura economica sono necessariamente tutelati e garantiti; si configura così un’altra serie di “casi determinati dalla legge” richiesti dall’art. 2059 cod. civ. per il risarcimento del danno non patrimoniale.

Dunque l’art. 2059 cod. civ. definisce un danno non patrimoniale che si identifica con il danno determinato dalla lesione di interessi inerenti la persona non connotati da rilevanza economica. Non si tratta di una distinta fattispecie di illecito produttiva di un danno non patrimoniale, la norma consente il ristoro di danni non patrimoniali in tutti i casi in cui la legge lo prevede e in presenza di tutti gli elementi costitutivi dell’illecito civile, che si ricavano in primis dall’art. 2043 cod. civ. ma anche da altre norme come quelle che prevedono ipotesi di responsabilità oggettiva. Questi elementi sono la condotta, il nesso di causalità tra condotta e l’evento che ha cagionato il danno (il quale a sua volta deve essere connotato dall’ingiustizia determinata dalla lesione ingiustificata di interessi meritevoli di tutela) e il danno che ne deriva.

2. La nuova concezione del danno non patrimoniale e dell’art. 2059 cod.