• Non ci sono risultati.

Il danno biologico e il suo rapporto con il danno esistenziale

4. La situazione anteriore alla riforma del 2000

4.1. Il decreto legislativo 23 febbraio 2000 n 38

4.1.4. Il danno biologico INAIL

4.1.4.3. Il danno biologico e il suo rapporto con il danno esistenziale

Recentemente si è assistito all’emersione della nuova e discussa categoria del danno esistenziale. Parte della dottrina287 è stata spinta dall’esigenza di dare una tutela ai soggetti umani nell’intera gamma di attività che realizzano la sfera della personalità individuale e ha creato questo nuovo tipo di danno, idoneo a convogliare il pregiudizio corrispondente alla modificazione peggiorativa della sfera personale del soggetto, vista come insieme di attività attraverso le quali egli realizza la propria individualità288. Il danno esistenziale non appartiene quindi alla sfera del puro danno biologico, strettamente connesso alla tutela del diritto alla salute; i valori che si intendono garantire risarcendo questa nuova tipologia di danno sono ad esempio la vita di relazione, gli affetti personali, i rapporti sociali etc. Ciò che si vuole ottenere è che la tutela della persona non sia limitata alla sola sfera della salute, come fa invece il danno biologico, ma estenderla all’ambito affettivo-familiare, alle attività culturali, religiose, agli svaghi e al tempo libero. Si parte dal presupposto che alcune ipotesi di danno anche se non sono riconducibili a una lesione patrimoniale o all’integrità psicofisica del soggetto impediscano alla persona di realizzarsi a pieno. Il danno esistenziale consisterebbe quindi in una rinuncia coattiva alle proprie abitudini di vita in conseguenza del fatto illecito del terzo; da questo punto di vista non si può collocare nell’area dell’art. 2059 cod. civ. e del danno non patrimoniale altrimenti la sua applicazione sarebbe limitata al solo “patema d’animo”, ma viene collocato nell’ambito applicativo dell’art. 2043 cod. civ.. Sono diverse le figure di danno le cui conseguenze non sono necessariamente riconducibili a lesioni della sfera della salute: morte del congiunto289, lesione della sfera sessuale del coniuge del soggetto leso, nascita di un figlio non desiderato290 o diversamente abile, morte dell’animale d’affezione, lesione dell’onore o della riservatezza, vacanza rovinata da catastrofe, ingiusta detenzione, illegittima dequalificazione professionale291. Tuttavia non sono mancanti in giurisprudenza

287

CENDON,Non di sola salute vive l’uomo, in Riv. crit. dir. priv.,1998, pag. 567-581; ZIVIV, La tutela

risarcitoria della persona: danno morale e danno esistenziale, Milano, 1999,;MONATERI-BONA-OLIVA,Il nuovo danno alla persona: strumenti attuali per un giusto risarcimento: dalla riforma proposta dall'Isvap all'adeguamento all'Europa, Milano 1999, pp. 13-23.

288 Z

IVIV, La tutela risarcitoria della persona: danno morale e danno esistenziale, Milano, 1999, pag. 417.

289 Vedi ad es. Cass. civ., sez. III, 12 giugno 2006, n. 13546, inedita per quanto consta. 290

Vedi ad es. Cass. civ., sez. III, 4 gennaio 2010, n. 13, in Giur. it., 2011, 76, Mass.

291 Vedi ad es. Cass., sez. un. civ., 24 marzo 2006 n. 6572, inedita per quanto consta, la cui importanza sta nel

148

orientamenti di segno opposto che hanno negato l’autonomia del danno esistenziale rispetto a quello biologico e conseguentemente hanno ricondotto il primo all’interno dell’ambito applicativo di quest’ultimo, pur rimanendo attinente alla lesione di valori della persona che rientrano nella sfera dei diritti costituzionalmente tutelati292. In ogni caso, nelle pronunce in cui si ritiene esistente questo tipo di danno il fondamento normativo si ricava dal combinato disposto dell’art. 2043 cod. civ. e di un precetto costituzionale: ad esempio nella sentenza della Corte di Cassazione n. 7713/2000 si riconosceva il diritto al risarcimento del danno esistenziale al figlio naturale che per anni si era visto ostinatamente rifiutare i mezzi di sussistenza dal genitore (riconosciuto giudizialmente tale). La Suprema Corte nel pronunciare l’esistenza di tale lesione si basò sulla correlazione dell’art. 2043 cod. civ. con l’art. 2 ss. Cost., di modo che l’art. 2043 fosse esteso fino ad ricomprendere non solo i danni patrimoniali in senso stretto ma tutti i danni che almeno potenzialmente ostacolano le attività realizzatrici della personalità umana. La lesione di diritti di rilevanza costituzionale deve essere risarcita per il solo fatto della lesione in se e per se considerata, indipendentemente dalle eventuali ricadute patrimoniali che la stessa può comportare. La risarcibilità del danno esistenziale quindi si fonda sul disposto dell’art. 2043 cod. civ.; svolgere attività non remunerative è un interesse di ciascun individuo, e come tale è tutelato dall’ordinamento. Impedire in qualunque modo di svolgere tali attività può ben essere considerata un danno ingiusto da dover risarcire, anche se parte della dottrina ritiene che il problema di estendere la tutela risarcitoria nell’area non patrimoniale possa essere risolto senza dover elaborare una nuova categoria di danno, ma ammettendo la riparazione del danno non patrimoniale in tutte le ipotesi di lesione di diritti soggettivi fondamentali contenuti in Costituzione293. Più nello specifico, le obiezioni che negli anni sono state mosse alla teoria del danno esistenziale si possono sintetizzare in quattro concetti basilari. In primo luogo il concetto di danno esistenziale potrebbe trovare fondamento solo dando per presupposta la nozione di danno accolta dalla Corte Costituzionale con la sentenza n. 184/1986. Tuttavia qualche anno dopo294 è stata la stessa Consulta a ritenere non condivisibile il principio per cui la lesione di un diritto costituzionalmente tutelato possa essere risarcibile di per se, a prescindere dalle conseguenze che la lesione abbia causato, dichiarando espressamente che il risarcimento di un danno presuppone sempre una “perdita di tipo patrimoniale o personale”.

292

Vedi ad es. Cass. civ., sez. III, 20 aprile 2007, n. 9510, inedita per quanto consta.

293 N

AVARRETTA,Diritti inviolabili e risarcimento del danno, Torino, 1996.

149

La tesi del danno esistenziale sembra poi essere in contrasto con il criterio della colpa su cui si fonda il nostro sistema della responsabilità civile; infatti questo tipo di danno è un danno-evento, imprevedibile e quindi esente da colpa. Le attività esistenziali che possono essere compromesse dall’illecito altrui sono molteplici e diverse tra loro per poter essere anche solo astrattamente prevedibili dal danneggiante.

In terzo luogo, sul piano del contenuto, per definire il danno esistenziale si hanno due possibilità: da una parte ammettere che persino la perduta possibilità, ad esempio, di scrivere sui muri o compiere qualche altro inutile gesto quotidiano costituisca un danno da risarcire, oppure ammettere che non qualunque perdita di tipo esistenziale costituisca un danno suscettibile di essere risarcito. Nel primo caso l’interprete si troverebbe costretto a spiegare perché debba considerarsi ingiusta la perdita della possibilità di compiere un’attività illecita o insignificante, nel secondo si troverebbe nella difficoltà di individuare il criterio in base al quale discernere le perdite che sono effettivamente meritevoli di tutela da quelle che invece non possono essere risarcite. Sotto quest’ultimo aspetto l’attività esistenziale meritevole di tutela dovrebbe essere necessariamente ancorata o a principi costituzionali o a norme di legge, ma così facendo si perderebbe la portata innovativa del danno esistenziale, perché se per risarcire il danno si dovesse individuare una norma costituzionale o di legislazione ordinaria a cui ancorare l’ingiustizia della lesione non vi sarebbe bisogno di creare una nuova figura di danno, in quanto la lesione di un interesse normativamente qualificato costituisce già, secondo la regolamentazione vigente295, un danno risarcibile. Qualunque perdita, sia essa patrimoniale, biologica, morale o esistenziale, può dar luogo a risarcimento a condizione che l’interesse leso sia protetto da disposizioni di legge espresse.

L’ultima grande problematica presentata dal danno esistenziale è che non riesce a distinguersi in maniera netta dal danno morale. Chi sostiene la teoria del danno esistenziale afferma che quest’ultimo consta in una rinuncia ad un facere inteso come attività positiva, al contrario il danno morale sarebbe una mera sofferenza soggettiva e interiore, non visibile esteriormente, un pati. Tuttavia la sofferenza morale causata dall’illecito si sostanzia sempre in una sofferenza causata da una rinuncia, e di conseguenza il danno esistenziale altro non è che la sofferenza causata da una rinuncia, quindi un pregiudizio d’affezione, in altre parole un danno morale. Ad esempio la sofferenza causata dalla perdita di un congiunto indubbiamente comporta diverse rinunce nella vita quotidiana, ma

150

tutte oggi vengono considerate e valutate già in sede di liquidazione del danno morale. Se accanto a quest’ultimo oggi ammettiamo anche la risarcibilità del danno esistenziale si rischia di liquidare due volte la pecunia doloris per le stesse privazioni.

La sovrapponibilità tra i concetti di danno morale e esistenziale emerge anche su un piano più prettamente giuridico. Se ammettiamo l’esistenza di entrambe le tipologie di danno, dobbiamo anche ricondurre quello morale, rappresentato dalla mera sofferenza, nell’alveo dell’art. 2059 cod. civ., mentre il danno esistenziale, rappresentato dalla lesione di un diritto costituzionalmente protetto, sarebbe risarcibile ex art. 2043 cod. civ.. In realtà tra i vari casi in cui la legge prevede la risarcibilità del danno morale rientrano fattispecie come l’impiego di modalità illecite nella raccolta di dati personali o l’adozione di atti discriminatori per motivi razziali, etnici o religiosi; è difficile sostenere che il diritto alla riservatezza dei dati personali (art. 2, 14296, 15297 e 21298 Cost.) o quello a non essere discriminati (art. 3 Cost.) non costituiscano diritti costituzionalmente garantiti. Da ciò possiamo dedurre che se il legislatore ha voluto prevedere esplicitamente la risarcibilità del danno morale anche in tali situazioni significa che gli strumenti ordinari e in primo luogo l’art. 2043 cod. civ. non erano sufficienti a garantire la tutela dei suddetti diritti.

In considerazione di tutte queste difficoltà interpretative è stato sollecitato l’intervento nomofilattico delle Sezioni Unite della Corte di Cassazione al fine di dirimere i contrasti

296 Art. 14 Cost. “Il domicilio è inviolabile.

Non vi si possono eseguire ispezioni o perquisizioni o sequestri, se non nei casi e modi stabiliti dalla legge secondo le garanzie prescritte per la tutela della libertà personale.

Gli accertamenti e le ispezioni per motivi di sanità e di incolumità pubblica o a fini economici e fiscali sono regolati da leggi speciali”.

297 Art. 15 Cost. “La libertà e la segretezza della corrispondenza e di ogni altra forma di comunicazione sono

inviolabili.

La loro limitazione può avvenire soltanto per atto motivato dell'Autorità giudiziaria con le garanzie stabilite dalla legge”.

298

Art. 21 Cost. “Tutti hanno diritto di manifestare liberamente il proprio pensiero con la parola, lo scritto e ogni altro mezzo di diffusione.

La stampa non può essere soggetta ad autorizzazioni o censure.

Si può procedere a sequestro soltanto per atto motivato dell'autorità giudiziaria nel caso di delitti, per i quali la legge sulla stampa espressamente lo autorizzi, o nel caso di violazione delle norme che la legge stessa prescriva per l'indicazione dei responsabili.

In tali casi, quando vi sia assoluta urgenza e non sia possibile il tempestivo intervento dell'Autorità giudiziaria, il sequestro della stampa periodica può essere eseguito da ufficiali di polizia giudiziaria, che devono immediatamente, e non mai oltre ventiquattro ore, fare denunzia all'Autorità giudiziaria.

Se questa non lo convalida nelle ventiquattro ore successive, il sequestro s'intende revocato e privo di ogni effetto.

La legge può stabilire, con norme di carattere generale, che siano resi noti i mezzi di finanziamento della stampa periodica.

Sono vietate le pubblicazioni a stampa, gli spettacoli e tutte le altre manifestazioni contrarie al buon costume. La legge stabilisce provvedimenti adeguati a prevenire e a reprimere le violazioni”.

151

sorti tra la giurisprudenza delle singole sezioni stesse del Supremo Collegio. La tesi che è emersa vede la negazione dell’esistenza del danno esistenziale come categoria autonoma. Partendo dalla circostanza che il danno esistenziale è riconducibile a quello non patrimoniale, la Cassazione ha stabilito che il danno alla vita di relazione debba essere risarcito solo qualora costituisca un pregiudizio di interessi di rango costituzionale299. È stata quindi respinta la teoria secondo cui le voci di danno non patrimoniale sarebbero atipiche, proprio perché altrimenti l’atipicità darebbe luogo a un’arbitraria duplicazione delle istanze risarcitorie, con un’abnorme estensione dell’area di risarcibilità dell’illecito, prendendo in considerazione eventi lesivi ogni volta diversi e basati su criteri di sensibilità sociali mutevoli e difficilmente delimitabili. Questo non comporta che i diritti soggettivi siano meno garantiti; la loro protezione sarà subordinata a un preciso sindacato riguardo la loro rilevanza, e soltanto se è possibile ricondurli a una precisa norma di legge (ordinaria o costituzionale) allora si potrà procedere al risarcimento del pregiudizio non patrimoniale. Il punto di vista espresso dalle Sezioni Unite è stato ribadito in più occasioni; ad esempio è stato rilevato (Cass. Civ. Sez. Unite sent. n. 18356/2009) come il semplice “fastidio” non dia luogo al risarcimento del danno non patrimoniale.

D’altra parte però va sottolineato che muovendosi in senso contrario a quanto appena affermato, la Sezione III della Cassazione Civile (sentenza n. 1361/2014) ha rimarcato la natura multiforme del danno non patrimoniale mettendo a fuoco il danno “da perdita della vita”, la cui autonomia arriverebbe perfino a consentire agli eredi il subingresso nel risarcimento a titolo successorio.

La tendenza che si registra nelle aule di tribunale è in ogni caso quella che identifica il danno nella mera lesione dell’interesse protetto, aprendo effettivamente in tal modo la strada a un proliferare di fattispecie e di conseguenze risarcitorie. Riguardo queste ultime poi la categoria del danno esistenziale produce l’effetto di spostare il baricentro della tutela dal piano riparatorio, caratteristico dello schema della responsabilità (sia contrattuale che aquiliana), a quello sanzionatorio, che appare invece estraneo al nostro ordinamento300.

299 Cass. civ., sez. un., 11 novembre 2008, n. 26972, in Giur. it., 2009, 61, Mass. 300 O. M

152