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L’incongruenza della disciplina del danno biologico INAIL

4. La situazione anteriore alla riforma del 2000

4.1. Il decreto legislativo 23 febbraio 2000 n 38

4.1.4. Il danno biologico INAIL

4.1.4.1. L’incongruenza della disciplina del danno biologico INAIL

La regolamentazione del danno biologico di origine lavorativa continua ancora oggi a caratterizzarsi per una “non definitività” in rapporto a due diversi profili: in primo luogo perché rappresenta un modello non compiuto di tutela apprestato con la stessa norma delegata e poi a causa del fatto che il legislatore ha mancato di portare a compimento la fattispecie normativa, come invece sarebbe espressamente previsto dall’art. 13 del D.Lgs. n. 38/2000. In quest’ultima norma infatti si da una definizione di danno biologico settoriale, limitata all’ambito dell’assicurazione obbligatoria, “provvisoria e sperimentale”, come afferma esplicitamente la norma al comma 1. Siamo di fronte a un assetto normativo che ha inciso sul sistema dell’assicurazione obbligatoria del T.U. n. 1124/1965 solo per la parte riguardante il regime delle prestazioni assicurative279.

Invece non si fa nessun accenno alla regolamentazione dei rapporti tra lavoratore e responsabile del danno e tra quest’ultimo e l’INAIL, su cui si era specificatamente incentrata la problematica in tema di risarcibilità del danno biologico sottoposta al vaglio della Consulta da parte dei lavoratori assicurati dall’Istituto, per ottenere il risarcimento del danno all’integrità psicofisica dovuto all’attività lavorativa. La questione è stata definita con l’intervento demolitore immediato delle azioni di rivalsa dell’INAIL previste dall’art. 10 del T.U. n. 1124/1965 e dall’art. 1916 cod. civ. (rispettivamente, regresso e surroga), aventi a oggetto il recupero delle somme dovute a titolo di risarcimento del danno biologico nei confronti dell’effettivo responsabile. Al riguardo si era affermato il principio della piena ed incondizionata risarcibilità del danno biologico riconosciuta nei confronti del lavoratore, e contemporaneamente si era segnalata la mancanza nell’assicurazione obbligatoria di un danno biologico di origine lavorativa. La mancanza di una copertura assicurativa adeguata del danno biologico dovuto a attività lavorativa è stata ribadita spesso anche dalla Corte di Cassazione, ad esempio nella sentenza n. 16519 del 2003. In tale pronuncia la Suprema corte richiama le sentenze della Corte Costituzionale n. 319 del 1989 e n. 356 e 484 del 1991 con cui si è modificato il precedente assetto secondo cui “l’unico limite quantitativo che l’assicuratore incontra quando agisce contro il terzo responsabile per il recupero di quanto versato all’assicurato a titolo di indennizzo, va individuato nell’ammontare del risarcimento dovuto al terzo, sicché l’assicuratore subentra nel diritto e nell’azione riferiti al danno complessivo subito dall’assicurato, senza che sia

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possibile distinguere tra le diverse componenti del danno stesso, anche con riferimento, in particolare, al caso in cui fra esse vi siano voci non coperte dal contratto di assicurazione”, e sancisce che “per effetto degli interventi della Corte Costituzionale, la giurisprudenza ha superato il tradizionale orientamento, sopra riportato” e che “in conclusione, il principio oggi correntemente enunciato in giurisprudenza è che il diritto di surroga dell’assicuratore non può estendersi al danno non coperto dalla garanzia assicurativa e, dunque, non può avere ad oggetto le somme corrisposte a titolo di danno biologico o morale, perché le prestazioni previste dal D.P.R. n. 1124 del 1965 sono collegate e commisurate esclusivamente ai riflessi che la menomazione psicofisica ha sull’attitudine al lavoro dell’assicurato, mentre nessun rilievo assumono gli svantaggi, le privazioni e gli ostacoli che la menomazione comporta con riferimento agli altri ambiti ed agli altri modi in cui il soggetto svolge la sua personalità nella vita di relazione”. Da ciò si deduce espressamente che “nella nozione che se ne è data, siccome appartenente alla sfera inviolabile della persona e la cui tutela spetta al danneggiato, la capacità lavorativa generica appare ontologicamente differente da quella che, per prassi ha una denominazione analoga, ma nel significato di attitudine al lavoro la cui menomazione si presume essere causa di perdita patrimoniale per mancato guadagno e da diritto alle prestazioni INAIL”, concludendosi “In altri termini, non esiste un ‘danno biologico previdenziale patrimoniale’ la cui liquidazione è posta a carico dell’INAIL, escludendo il diritto del lavoratore assicurato all’integrale risarcimento del danno garantito dall’art. 32 Cost. e 2043 cod. civ.”.

Vi è stato, correlativamente con riferimento all’affermata illegittimità costituzionale della mancata protezione del lavoratore per tale tipo di danno alla persona, ormai riconosciuto dal “diritto vivente” nel sistema della responsabilità civile di diritto comune, l’invito ed il monito per una revisione del T.U. n. 1124/1965280. Tale revisione consentirebbe di garantire l’automatica e integrale copertura assicurativa del danno alla salute del lavoratore. La Corte Costituzionale ha richiesto al legislatore di individuare le modalità idonee a introdurre nell’ordinamento giuridico un’idonea copertura da parte dell’INAIL proprio per realizzare quest’indirizzo evolutivo della protezione sociale dei lavoratori, da realizzare tramite la legislazione speciale, essendo inadeguato il meccanismo risarcitorio previsto dal codice civile.

Ogni fattispecie assicurativa, sia essa privata o sociale, comporta l’immanenza del c.d. principio indennitario, che a sua volta comporta la necessaria e indispensabile definizione

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OSSI,Il ristoro del danno biologico di origine lavorativa, in FACELLO (a cura di), Il sistema di tutela

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dei rapporti che nascono tra il sistema della responsabilità civile e quello dell’assicurazione in dipendenza dal danno e dal ristoro da parte dell’assicuratore. Il legislatore per attuare l’indirizzo fornito dalla Consulta ha deciso di delegare al Governo il compito della ridefinizione di alcuni profili dell’assicurazione obbligatoria; l’art. 55 comma 1, lett. s) della L. n. 144/1999281 affermava infatti la necessità di prevedere “nell’oggetto dell’assicurazione contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali e nell’ambito del relativo sistema di indennizzo e di sostegno sociale un’idonea copertura e valutazione indennitaria del danno biologico, con conseguente adeguamento della tariffa dei premi”. La delega dunque ha l’intento dichiarato di incidere sull’oggetto dell’assicurazione obbligatoria, che è disciplinato dagli artt. 2282 e 3283 del T.U. n. 1124/1965, con tutte le implicazioni connesse a un’innovazione del genere nell’ambito del rapporto assicurativo, da una parte sotto il profilo delle condizioni di indennizzabilità dell’evento che ha causato il danno, non più limitato danno che cagiona “la morte” o “l’inabilità lavorativa per un periodo superiore a tre giorni”284, dall’altra sotto il profilo delle prestazioni assicurative destinate a realizzare un’idonea copertura e valutazione indennitaria del danno biologico. Nell’idea del legislatore l’attuazione di questa delega comportava interventi sia sul sistema di finanziamento, con un meccanismo di adeguamento della tariffa dei premi, sia sulla

281 Art. 55 comma 1 lett. s) L. n. 144/1999 “Disposizioni in materia di assicurazione contro gli infortuni sul

lavoro e le malattie professionali.

Il Governo è delegato ad emanare, entro nove mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, uno o più decreti legislativi al fine di ridefinire taluni aspetti dell'assetto

normativo in materia di assicurazione contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali, nel rispetto dei seguenti principi e

criteri direttivi:

s) previsione, nell'oggetto dell'assicurazione contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali e nell'ambito del relativo sistema di indennizzo e di sostegno sociale, di un'idonea copertura e valutazione indennitaria del danno biologico, con conseguente adeguamento della tariffa dei premi;”

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Art. 2 D.P.R. n. 1124/1965 “L'assicurazione comprende tutti i casi di infortunio avvenuti per causa violenta in occasione di lavoro, da cui sia derivata la morte o un’inabilità permanente al lavoro, assoluta o parziale, ovvero un’inabilità temporanea assoluta che importi l'astensione dal lavoro per più di tre giorni. Agli effetti del presente decreto, è considerata infortunio sul lavoro l'infezione carbonchiosa.

Non è invece compreso tra i casi di infortunio sul lavoro l'evento dannoso derivante da infezione malarica, il quale è regolato da disposizioni speciali”.

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Art. 3 D.P.R. n. 1124/1965 “L'assicurazione è altresì obbligatoria per le malattie professionali indicate nella tabella allegato n. 4, le quali siano contratte nell'esercizio e a causa delle lavorazioni specificate nella tabella stessa ed in quanto tali lavorazioni rientrino fra quelle previste nell'art. 1. La tabella predetta può essere modificata o integrata con decreto del Presidente della Repubblica su proposta del Ministro per il lavoro e la previdenza sociale, di concerto con il Ministro per la sanità, sentite le organizzazioni sindacali nazionali di categoria maggiormente rappresentative.

Per le malattie professionali, in quanto nel presente titolo non siano stabilite disposizioni speciali, si applicano quelle concernenti gli infortuni”.

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regolamentazione generale dei rapporti tra assicurazione sociale e responsabilità civile, in presenza del principio indennitario espressamente richiamato dal testo della norma, in cui vi è un esplicito riferimento “all’idonea copertura e valutazione indennitaria” del danno biologico. Quest’ultimo aspetto in particolare deve essere tenuto in adeguata considerazione, per evitare di avere una concezione sbagliata della funzione indennitaria dell’assicurazione che causi soluzioni incoerenti con il sistema giuridico e con le indicazioni della Consulta. Spesso infatti non si considera la circostanza che l’infortunio sul lavoro non è solo fonte di una situazione di bisogno in relazione alla quale la Costituzione ha predisposto un sistema di assicurazione sociale285 che intervenga per sollevare dal bisogno tramite la garanzia di “mezzi adeguati alle esigenze di vita”. L’infortunio sul lavoro può essere infatti considerato anche una fonte di responsabilità, in quanto presupposto per il sorgere di un rapporto di tipo privatistico tra autore del fatto illecito e soggetto leso.

Da ciò si comprende bene come la funzione indennitaria dell’assicurazione contro gli infortuni e le malattie professionali debba essere letta alla luce di questo complesso rapporto, qualificando la natura dell’attività svolta dall’INAIL per sollevare il lavoratore assicurato dalle conseguenze dannose dell’infortunio sul lavoro, che altrimenti seguendo i principi di diritto comune (il sistema di responsabilità civile) graverebbero sul responsabile del danno.

Leggendo le indicazioni fornite dalla legge delega risulta immediatamente chiaro anche a un’interpretazione superficiale dell’art. 13 del D.Lgs. n. 38/2000 che il legislatore delegato non ha dato particolare rilievo normativo all’adeguamento della tariffa dei premi, realizzato semplicemente prevedendo una mera addizionale sui premi assicurativi. Inoltre non sono stati modificati gli artt. 2 e 3 de T.U. n. 1124/1965, in cui è disciplinato l’oggetto dell’assicurazione, così come è rimasto invariato l’assetto regolamentario dei rapporti tra sistema di assicurazione sociale e quello della responsabilità civile.

Quest’ultima scelta in particolare comporta una lacuna interpretativa circa l’ambito delle azioni che spettano sia al lavoratore assicurato verso il responsabile e l’Istituto assicuratore per effetto della nuova copertura assicurativa del danno biologico, sia all’INAIL nei confronti del responsabile come conseguenza dell’erogazione delle prestazioni assicurative. Infatti il nuovo regime di prestazioni previsto per la copertura assicurativa del danno biologico da attività lavorativa, con cui adesso si estrinseca la garanzia

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previdenziale cui tende l’attività dell’Istituto assicuratore, di per se non sembra essere sufficiente a regolare in modo puntuale e compiuto la fattispecie del risarcimento del danno di origine lavorativa, da un parte perché la copertura prevista è in forma parziale, dall’altra perché la legge non ha chiarito i rapporti che sorgono dall’evento di danno lavorativo e che di conseguenza assumono rilevanza giuridica. Questa considerazione viene in rilievo specialmente “nell’ipotesi in cui l’evento dannoso trovi la propria causa nel fatto illecito del datore di lavoro o di un terzo estraneo al rapporto di lavoro o assicurativo: in tale ipotesi, con il riconoscimento della risarcibilità del danno biologico, è stata ampliata la sfera di risarcibilità dei danni alla persona con la previsione di una piena e integrale risarcibilità anche del danno non patrimoniale, che non può non essere recepita anche nei confronti dei lavoratori assicurati dall’INAIL”286

. Infatti sussistendo un danno ingiusto non si può prescindere dal considerare i profili di responsabilità presenti nella fattispecie per poter individuare il soggetto obbligato al relativo risarcimento che per legge è colui verso il quale l’INAIL eserciterà la sua azione di rivalsa. L’intervento dell’Istituto assicuratore non può comportare anche l’automatica liberazione del responsabile dell’obbligo di risarcimento ex art. 2043 cod. civ.; conseguentemente occorre necessariamente prendere in considerazione i rapporti che intercorrono tra INAIL, responsabile del danno e soggetto leso, al fine di poter definire in maniera compiuta la fattispecie normativa. È proprio in vista dell’esigenza di definire i citati rapporti che nel nostro ordinamento risulta disciplinato il meccanismo, non semplice, delle azioni che spettano al lavoratore verso il responsabile del danno e nei confronti dell’INAIL in virtù del rapporto assicurativo, e di quelle che l’Istituto ha verso il responsabile come corrispettivo del pagamento delle indennità di assicurazione, che sono le azioni di regresso e surroga dell’Istituto in relazione alla risarcibilità del danno biologico riconosciuta al lavoratore.

Anche se ora in seguito all’entrata in vigore dell’art. 13 del D.Lgs. n. 38/2000 abbiamo la copertura assicurativa del danno biologico ad opera dell’INAIL, il meccanismo su descritto non è stato preso in considerazione dal legislatore delegato, perciò deve essere ricostruito ad opera di un’elaborazione giurisprudenziale e dottrinale. La disciplina dell’art. 13 non è di per se idonea a risolvere i problemi in tema di risarcibilità del danno biologico dei lavoratori, da una parte perché si è limitata alla mera previsione di un nuovo regime di prestazioni assicurative, dall’altra perché non fornisce nessuna indicazione riguardo al meccanismo delle azioni di rivalsa dell’Istituto assicuratore.

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