• Non ci sono risultati.

Il risarcimento del danno da mobbing

3. Il danno da mobbing

3.1. Il risarcimento del danno da mobbing

I diversi comportamenti attraverso cui si realizza il mobbing possono integrare singoli reati; sarà compito del giudice penale dunque esaminare ogni singolo atto perpetrato nei confronti del lavoratore vittima di mobbing per individuare le norme che risultano violate. In sede civilistica la questione è un po’ meno semplice. Innanzitutto bisogna prendere atto della sentenza n. 179 del 1988 della Corte Costituzionale che aveva stabilito l’ammissibilità all’indennizzo di tutte le patologie di cui sia dimostrata la causa lavorativa, e della più recente circolare dell’INAIL, la n. 71 del 2003, con cui l’Istituto riconosce che “la nozione di causa lavorativa consente di ricomprendere non solo la nocività delle lavorazioni in cui si sviluppa il ciclo produttivo aziendale (siano esse tabellate o non) ma anche quella riconducibile all’organizzazione aziendale delle attività lavorative. I disturbi psichici quindi possono essere considerati di origine professionale solo se sono causati, o concausati in modo prevalente, da specifiche e particolari condizioni dell’attività e dell’organizzazione del lavoro. Si ritiene che tali condizioni ricorrano esclusivamente in presenza di situazioni di incongruenza delle scelte in ambito organizzativo, situazioni definibili con l’espressione “costrittività organizzativa”.

Le condizioni di “costrittività” maggiormente ricorrenti sono state inserite in un elenco a scopo orientativo per eventuali altre situazioni che fossero a esse assimilabili; ad esempio nell’elenco troviamo espressioni quali “marginalizzazione dell’attività lavorativa”,

189

“mancata assegnazione di compiti lavorativi, con inattività forzata”, “esercizio esasperato e eccessivo di forme di controllo”. Tali incongruenze delle scelte organizzative devono essere strutturali, durature e oggettive, dunque verificabili per mezzo di riscontri non suscettibili di essere discrezionalmente interpretabili.

La vittima di mobbing può aver maturato, a seguito degli atti vessatori, delle vere e proprie patologie fisiche o psichiche, e di conseguenza chiedere un risarcimento. Per il ristoro del danno patrimoniale non ci sono particolari problemi, il lavoratore che abbia ad esempio anticipato le spese mediche sarà sempre in grado di dimostrare la somma pagata e ottenere così il relativo indennizzo, per il danno non patrimoniale invece le cose sono differenti. Le persecuzioni di cui il lavoratore è oggetto sul luogo di lavoro possono dar luogo a un danno esistenziale (rappresentato dal danno che ha inciso sull’esistenza del lavoratore in quanto uomo), a un danno biologico (rappresentato dalle patologie che possono colpire la vittima a seguito di mobbing, ad esempio malattie psicosomatiche o depressione) o anche a un danno psichico, il tipico danno subito dalla vittima di azioni di mobbing che presenta diversi disturbi, prevalentemente di origine psicosomatica come stress, ansia, fobia, attacchi di panico, disturbi del sonno, aritmie, cefalee.. La quantificazione del danno non patrimoniale avviene utilizzando delle Tabelle predisposte dal Tribunale di Milano ma diffuse su tutto il territorio italiano che monetizzano il danno a partire da un accertamento effettuato dal medico legale delle conseguenze che le persecuzioni possono aver avuto sulla salute psicofisica del lavoratore.

È sempre molto difficile fornire al giudice la prova dei fatti da cui è scaturito il mobbing: il lavoratore infatti è tenuto a dimostrare i singoli fatti in cui sono consistiti gli atti vessatori, prova che può essere quasi e solo esclusivamente testimoniale. I testimoni di cui il lavoratore potrebbe avvalersi saranno nella maggior parte dei casi i suoi stessi colleghi, restii per ovvi motivi a andare contro il datore di lavoro presso cui ancora prestano la propria attività.

Tendenzialmente per quanto riguarda la prova della finalità verso cui sono rivolti gli atti di

mobbing la vittima potrà avvalersi anche di semplici presunzioni (purché gravi, precise e

concordanti349) da cui desumere lo scopo vessatorio del comportamento complessivamente inteso. Il lavoratore poi dovrà provare il nesso di causalità tra condotta (gli atti vessatori) e

349 Art. 2729 cod. civ. “Presunzioni semplici.

Le presunzioni non stabilite dalla legge sono lasciate alla prudenza del giudice, il quale non deve ammettere che presunzioni gravi, precise e concordanti.

190

danno subito; in questo caso è necessario il contributo del medico legale che sarà chiamato a verificare scientificamente l’esistenza, l’entità del danno e il rapporto di causa tra questo e il comportamento del datore (o dei colleghi).

191

Osservazioni conclusive

La particolarità e l’importanza del tema, come già evidenziato all’interno della trattazione, hanno fatto si che nel tempo si susseguissero leggi e si verificassero mutamenti che ancora oggi non consentono di ritenere completamente definito il tema della responsabilità del datore di lavoro. Il punto storico da cui si è partiti per ricostruire la responsabilità dell’imprenditore è quello immediatamente successivo alla rivoluzione industriale. Solo all’epoca, infatti, il contratto di lavoro iniziava a affermarsi come categoria autonoma, anche se negli ultimi anni dell’800 sono ancora pochi gli interventi del legislatore volti a migliorare la salubrità dell’ambiente lavorativo. È vero infatti che inizia a farsi strada l’idea che sia colui che si avvale della prestazione lavorativa a doversi far carico di garantire condizioni di lavoro adeguate e misure di sicurezza che prevengano gli incidenti, ma questo concetto non trovava corrispondenza nella normativa vigente: mancava, infatti, una norma su cui fondare la responsabilità contrattuale del datore e per quanto riguarda quella extracontrattuale, la stessa presentava l’inconveniente del più gravoso onere della prova a carico del lavoratore, onere che nella maggior parte dei casi risultava, nella pratica, molto difficile da assolvere. In ogni caso, a partire dagli ultimi decenni dell’800 e nei primi del ‘900 assistiamo ad un susseguirsi di normative volte tutte a creare un modello prevenzionistico che consentisse in primis la prevenzione degli infortuni e malattie e, quindi, l’obbligo di instaurare misure di sicurezza adeguate e la predisposizione di un ambiente di lavoro salubre e, poi, in secondo luogo, un meccanismo che consentisse il ristoro del lavoratore che avesse subito un danno sul posto di lavoro. Tre sono le tappe attraverso cui si è raggiunto questo risultato; la prima è l’emanazione di tutta una serie di disposizioni che, a partire dalla fine dell’800, hanno iniziato a prevedere l’adozione obbligatoria di misure di sicurezza e antinfortunistiche. Si tratta di un processo che ha visto il proprio culmine nel D.Lgs. n. 626 del 1994 e le sue successive modificazioni (la più significativa delle quali è il D. Lgs. n. 81 del 2008). Se andiamo a vedere nel dettaglio, possiamo notare come da semplici accorgimenti per rendere più sicure le lavorazioni delle imprese dell’inizio del secolo scorso si sia giunti a un apparato di sicurezza molto complesso, che comprende l’individuazione dei soggetti che devono predisporre le misure di sicurezza, degli organi preposti al controllo e all’aggiornamento delle misure e delle misure di sicurezza specifiche per ogni tipo di impresa e/o lavorazione.

192

Gli altri punti fondamentali attraverso cui si è giunti all’attuale sistema di prevenzione di infortuni e malattie sono sostanzialmente collegati tra loro; il riferimento è all’istituzione, con la l. 80 del 17 marzo 1898, del sistema assicurativo obbligatorio e al D.P.R. n. 1124 del 1965 che, tra l’altro ha previsto e disciplinato i presupposti per il diritto del lavoratore all’erogazione dell’indennità da parte dell’ente assicuratore (INAIL) a ristoro dei danni subiti. Si è così creato un modello in cui: a) l’imprenditore ha l’obbligo di predisporre tutte le misure di sicurezza necessarie e adeguate al caso concreto (adempiendo in tal modo anche al precetto dell’art. 2087 cod. civ.); b) qualora, nonostante l’adempimento di tale obbligo il lavoratore subisca un infortunio o contragga una malattia, sarà indennizzato automaticamente dall’INAIL con esonero del datore da qualsiasi responsabilità; c) tale esonero verrà invece meno, e il datore dovrà indennizzare il proprio dipendente per il danno subito se l’infortunio è avvenuto in conseguenza di un fatto costituente reato perseguibile d’ufficio commesso dal datore (o da un suo dipendente); in tale circostanza l’INAIL avrà infatti diritto a esperire azione di regresso nei confronti dell’effettivo responsabile per le prestazioni già erogate al lavoratore.

Fino a qualche anno fa la tutela assicurativa non comprendeva il danno biologico; il lavoratore che lamentasse anche questa voce di danno doveva inserirlo nella richiesta del c.d. “danno differenziale”, che veniva risarcito dal datore e consisteva nella differenza tra quanto sarebbe spettato all’infortunato in sede civile e le prestazioni effettivamente erogate dall’INAIL. Oggi questa previsione non esiste più; il D.Lgs. n. 38 del 2000 ha introdotto quello che può essere definito come “danno biologico INAIL”; nella somma che l’Istituto assicuratore eroga al lavoratore infortunato è compresa anche questa voce di danno.

Il sistema così descritto sembrerebbe perfetto, un modello in cui le norme sono chiare e consentono la predisposizione di misure di sicurezza che siano le migliori possibili e in cui il lavoratore infortunato ottiene un risarcimento esattamente corrispondente al danno subito per l’infortunio o per la malattia contratta. Se però andiamo a vedere la realtà dei fatti le cose non stanno esattamente così. Uno dei problemi maggiori nasce dall’oscillazione della giurisprudenza riguardo al tema del risarcimento del danno biologico: nonostante i riferimenti normativi siano chiari350, altrettanto non si può dire delle definizioni che troviamo nelle varie pronunce sull’argomento, che spesso continuano ad assimilarlo al danno non patrimoniale, rendendo complicato determinare l’entità del risarcimento

193

spettante al lavoratore infortunato. A questa difficoltà si aggiunge poi la circostanza che ancora nei procedimenti per risarcimento del danno da infortuni subiti sul lavoro viene richiesto anche il ristoro del c.d. danno complementare. Quest’ultimo, diverso dal danno differenziale, comprende tutte quelle voci di danno che non rientrano nella copertura assicurativa INAIL, e anche in questo caso non siamo in grado di sapere con certezza cosa effettivamente vi rientri e cosa invece ne esuli. Ad esempio sembrerebbe rientrare nell’area del danno complementare il c.d. danno biologico temporaneo, qualitativamente diverso dall’indennità giornaliera per inabilità temporanea erogata dall’INAIL, che invece ha natura patrimoniale, ma la questione si fa già più controversa per il danno morale, che alcuni tendono a considerare parte del danno biologico (così da poterlo ricondurre a quello differenziale351) e altri invece ritengono appartenere esclusivamente al danno complementare352.

Il quadro in cui oggi si va a inserire la responsabilità del datore di lavoro è dunque quello di una proliferazione di norme che attengono alla sicurezza sul lavoro e che mirano soprattutto a prevenire i rischi, prevedendo misure molto severe e sanzionate anche penalmente nei confronti non solo del datore ma anche di chiunque sia stato da lui delegato a provvedere all’adempimento dell’obbligo. Il difetto del sistema sembra scorgersi in sede processuale, dove in ogni caso i procedimenti per risarcimento del danno contro il datore di lavoro continuano a essere presenti in misura esorbitante e dove la predominante incertezza circa gli esatti confini del c.d. danno differenziale e la suq quantificazione anche in tema di prove degli elementi costitutivi della responsabilità datoriale (da ricercarsi nell’art. 1218 cod. civ., attesa la pacifica natura contrattuale di tale responsabilità), collidono irrimediabilmente con il diritto delle parti ad una decisione rapida ed equa della controversia.

351 Così Trib. di Vicenza, 10 febbraio 2009, inedita per quanto consta. 352 Così Trib. di Genova, n. 2116/2009, inedita per quanto consta.

195

BIBLIOGRAFIA

- ALPA, Il danno biologico, Padova, 1993.

- BALANDI, Un caso di archeologia giuridica ciò che resta oggi del rischio

professionale, in Riv. giur. lav., 1976, III.

- BARASSI, Il contratto di lavoro nel diritto positivo italiano, Milano, 1915.

- BASENGHI, La legge delega e le norme immediatamente precettive, in Tiraboschi (a cura di), Il testo unico della salute e sicurezza nei luoghi di lavoro: commentario

al decreto legislativo 9 aprile 2008 n.81, Milano, 2008.

- BIANCHI D’URSO, Profili giuridici della sicurezza nei luoghi di lavoro, Napoli, 1980.

- BIFFI, Infortunio in itinere e danno biologico, in Inail: tutte le novità della

riforma, in Dir. e prat. lav., n. 15/2000.

- CARINCI, Habemus il testo unico per la sicurezza e la salute dei lavoratori: il

D.lgs. 9 aprile 2008, n.81, in ADL, 2008.

- CASALE, L’assicurazione Infortuni e malattie professionali, Milano, 2001. - CENDON, Non di sola salute vive l'uomo, in Riv. crit. dir. priv., 1998.

- CIRIOLI, Classificazione dei datori di lavoro, soggetti obbligati, settore agricolo e

autoliquidazione, in Inail: tutte le novità della riforma, in Dir. e prat. lav., n.

15/2000.

- D’EUFEMIA, Norme inderogabili e interessi legittimi nel rapporto di lavoro, in

Riv. dir. lav. 1969.

196

- FANTINI - FAVENTI, Il comitato: composizione e indirizzi, in Zoppoli, Pascucci, Natullo (a cura di), Le nuove regole per la salute e la sicurezza dei lavoratori,

Commentario al D.lgs. 9 aprile 2008 n.81, Aggiornato al D.lgs. 3 agosto 2009 n.106, Milano, 2009.

- FERRARI, La normativa sull’assicurazione obbligatoria contro gli infortuni sul

lavoro e le malattie professionali, Giuffrè, Milano, 1984.

- FIORELLA, Il trasferimento delle funzioni nel diritto penale e dell’impresa, Firenze, 1984.

- GAETA, Infortuni sul lavoro e responsabilità civile: alle origini del diritto del

lavoro, Napoli, 1986.

- GAETA, Sulla responsabilità civile dell’imprenditore nella legislazione

infortunistica, in Riv. it. prev. soc., 1955.

- GAGLIANO CANDELA, Il contenuto prevenzionale dell’art. 2087 c.c., in Giur. it. 1979.

- GALLIGANI, Infortunio sul lavoro e condotta “anormale” del lavoratore, in Riv.

it. prev. soc., 1979.

- GALLO, Sul diritto d’interpello istituita la Commissione per rispondere ai quesiti, in Ambiente e Sicurezza, 6 dicembre 2011, n. 22.

- GIARDA, Procedimento di accertamento della “responsabilità amministrativa

degli enti” (d. lgs. 8 giugno 2001, n. 231), in Conso, Grevi, Bargis, Compendio di procedura penale, Padova, 2012.

- GIUGNI, Intervento alla tavola rotonda sugli aspetti applicativi degli artt. 5-9-11-

12 dello Statuto dei diritti dei lavoratori, in Rass. med. lav., 1971.

- INNOCENZI – RULLO – SFERRA – OSSICINI (a cura di), Malattia-Infortunio,

197

- LIPARI, In tema di responsabilità del datore di lavoro per gli infortuni sul lavoro e

le malattie professionali che colpiscono i dipendenti, in Riv., it, prev. soc. 1980.

- LO MONTE, Sicurezza sul lavoro: la problematica valenza in sede penale

dell’interpello, in Lavoro e Previdenza oggi, 2009.

- MAGLIOCCA, Il servizio di prevenzione e protezione, in Iarussi - Miscione,

Codice della sicurezza negli ambienti di lavoro, Roma, 2014.

- MAGLIOCCA, Le attribuzioni del servizio di prevenzione e protezione, in Iarussi - Miscione, Codice della sicurezza negli ambienti di lavoro, Roma, 2014.

- MARANDO, Le azioni di responsabilità contrattuale per infortuni sul lavoro e

malattie professionali, Milano, 1977.

- MARINO, La responsabilità del datore per infortuni e malattie da lavoro, Milano, 1990.

- MAZZOTTA, Diritto del lavoro, Milano, 2013.

- MAZZOTTA, Salute e lavoro, in Busnelli - Breccia (a cura di), Il diritto alla

salute, Bologna, 1979.

- MISCIONE, Fine prevenzionistico attraverso azioni pubbliche e sociali in spirito

di leale collaborazione, in Iarussi - Miscione, Codice della sicurezza negli ambienti di lavoro, Roma 2014.

- MONATERI – BONA - OLIVA, Il nuovo danno alla persona: strumenti attuali

per un giusto risarcimento: dalla riforma proposta dall'Isvap all'adeguamento all'Europa, Milano, 1999.

- MONTESANO, Sulle azioni civili a tutela dell’integrità fisica del lavoratore, in

Securitas, 1965.

198

- MORANDINI, Ambito soggettivo di applicazione, in Iarussi - Miscione, Codice

della sicurezza negli ambienti di lavoro, Roma, 2014.

- MORANDINI, La sicurezza sul lavoro tra Stato e Regioni, in Iarussi – Miscione,

Codice della sicurezza negli ambienti di lavoro, Roma, 2014.

- NATULLO, La disciplina della sicurezza sui luoghi di lavoro nel labirinto delle

competenze legislative di Stato e Regioni, in Pascucci (a cura di), Il testo unico sulla sicurezza del lavoro, Atti del convegno di studi giuridici sul disegno di legge delega approvato dal Consiglio dei Ministri il 13 aprile 2007, Urbino, 4 maggio

2007.

- NAVARRETTA, Diritti inviolabili e risarcimento del danno, Torino, 1996. - PADOVANI, Diritto penale del lavoro, Milano, 1976.

- PICCININNO, L’evoluzione tecnologica ed i limiti soggettivi ed oggettivi del

rischio professionale, in Riv. it. med. leg., VIII, 1986.

- RAUSEI, L’interpello, in Tiraboschi - Fantini (a cura di), Il Testo Unico della

salute e sicurezza nei luoghi di lavoro – Commentario al decreto legislativo 9 aprile 2008 n.81, come modificato e integrato dal decreto legislativo n.106/2009,

Milano, 2009.

- ROSSI A., La responsabilità civile del datore di lavoro per gli infortuni sul lavoro

e le malattie professionali: il sistema di parziale esonero, in Il sistema di tutela degli infortuni e delle malattie professionali. Soggetti, funzioni, procedure, in

Facello (a cura di), Milano, 2005.

- ROSSI P., Il ristoro del danno biologico di origine lavorativa, in Il sistema di

tutela degli infortuni e delle malattie professionali, soggetti, funzioni, procedure, in

199

- SANTORO PASSARELLI, La nuova sicurezza in azienda. Commentario al titolo

del D.LGS. n.81/2008, Padova, 2008.

- SANTORO PASSARELLI, Nozioni di diritto del lavoro, Napoli, 1987.

- SANTORO PASSARELLI, Rischio e bisogno nella previdenza sociale, in Riv. it.

prev. soc., 1948.

- SIMI, Interesse pubblico ed attività amministrativa nella tutela della sicurezza del

lavoro, in Riv. inf. mal. prof., 1969.

- SINAGRA, Obblighi e responsabilità nella prevenzione degli infortuni sul lavoro e

nella tutela igienica del lavoro, in Securitas, 1966 .

- SMURAGLIA, La tutela della salute del lavoratore tra principi costituzionali,

norme vigenti e prospettive di riforma, in Riv. it. dir. lav., 1988.

- SPAGNUOLO VIGORITA, Responsabilità dell’imprenditore, in Nuovo trattato di

diritto del lavoro, diretto da Riva Sanseverino e Mazzoni, II, Padova, 1971.

- SUPPIEJ, Il diritto dei lavoratori alla salubrità dell’ambiente di lavoro, in Riv., it.,

dir. lav., 1988.

- VETTOR, L’interpello in materia di salute e sicurezza, in Carinci - Gragnoli (a cura di), Codice commentato della sicurezza sul lavoro, Torino, 2009.

- ZACCONE, Responsabilità penale e malattie professionali, in Mass. giur., lav., 1983.

- ZAGREBELSKY, La giustizia costituzionale, 1977.

- ZIVIV, La tutela risarcitoria della persona: danno morale e danno esistenziale, Milano, 1999.