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Il diritto sessuato dell’immigrazione

L’uguaglianza, i diritti umani e le donne di O RSETTA G IOLO ∗

2. Il diritto sessuato dell’immigrazione

Il diritto dell’immigrazione, come del resto tutto il diritto, agli occhi dei più si presenta come neutro, come non connotato in termini di genere e non sessua- to. Le ragioni presunte di tale “neutralità” sono diverse e non intendo indagarle in questo contesto di indagine. Limitatamente alla disciplina dell’immigrazione, è sufficiente notare che questa si applica indistintamente a uomini e donne: le norme su permesso, rinnovo e diniego del soggiorno, sul contratto di soggiorno, sul reato di clandestinità e così via sono infatti destinate a tutti i migranti, senza alcuna differenziazione di genere.

Per di più, le rare norme previste a tutela delle specifiche esigenze delle don-

5 Sulla difficoltà di individuare e denunciare le forme odierne del sessismo, cfr. B. CA-

SALINI, Soggetti in discussione: rappresentazioni della femminilità, postfemminismo e sessi-

smo, paper, I seminario del gruppo interuniversitario sulla Soggettività politica delle donne,

Firenze, 3 febbraio 2011. Sul “sessismo ordinario” si veda anche B. GRESY, Petit traité con-

tre le sexisme ordinaire, Albin Michel, Paris, 2009, trad. it., Breve trattato sul sessismo or- dinario. La discriminazione delle donne oggi, Castelvecchi, Roma, 2010.

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“[…] il patriarcalismo continua a governare indisturbatamente la relazione tra lo spazio in cui le donne sono confinate e tutti gli altri spazi cui è loro impedito di accedere” [A. BE- SUSSI, L’ideale antidiscriminatorio e la difesa dell’individualità con riferimento alla discri-

minazione delle donne, in Th. CASADEI (a cura di), Lessico delle discriminazioni: tra socie-

tà, diritto e istituzioni, cit., pp. 109-123, alla p. 111].

7 Questo paragrafo riprende alcuni dei temi approfonditi nel mio saggio O direito

sexuado da imigração. A partir de algumas reflexões de Judith Butler, in “Prim@Facie.

ne ruotano prevalentemente attorno ad un’unica tipicità: la maternità. Sulla gra- vidanza e sulla nascita dei figli vertono le poche eccezioni che permettono di derogare all’applicazione delle norme generali e che attribuiscono alla donna incinta o puerpera alcune – ma pur sempre minime – tutele. Al di fuori di que- ste ipotesi, pochissime norme e prassi sanciscono garanzie specifiche a vantag- gio – esplicito o implicito – delle donne.

Quanto alle norme, la garanzia contenuta nel noto art. 18 del Testo Unico sull’immigrazione mira ad offrire protezione allo “straniero” vittima della tratta e della prostituzione forzata nel caso in cui egli denunci i propri sfruttatori. La norma suddetta non menziona palesemente le donne – si riferisce genericamente allo “straniero” – ma è cosa nota che le vittime in questione, nella stragrande maggioranza dei casi, siano donne 8. Va inoltre citata la normativa che ha per-

messo la regolarizzazione delle c.d. “badanti e colf” nell’estate del 2009, al fine di evitare che le disposizioni più repressive contenute nel c.d. “pacchetto sicu- rezza” appena entrato in vigore (in particolare, il c.d. “reato di clandestinità”) finissero per colpire anche le numerosissime persone, in assoluta prevalenza donne, che prestano assistenza a minori, malati e anziani a vantaggio di molte famiglie (e donne) italiane 9.

Quanto alle prassi, vale la pena ricordare la locuzione in uso nella compila- zione dei moduli predisposti dal Ministero dell’Interno per l’applicazione del- l’art. 27, comma 1, T.U. suddetto (“Ingresso per lavoro in casi particolari”) che alla lett. n) cita “ballerini, artisti e musicisti da impiegare presso locali di intrat- tenimento”: in base alla circolare Enpals (Ente Nazionale di Previdenza e di As- sistenza per i Lavoratori dello Spettacolo e dello Sport Professionistico) n. 8 del 30 marzo 2006, le ballerine “su piano rialzato” dei night di tutta Italia rientrano

8 Si tratta, con tutta evidenza, di una disposizione importante, che potrebbe contribuire

notevolmente al contrasto del traffico di esseri umani e delle nuove forme di schiavitù, ma la sua applicazione è demandata alle scelte delle singole questure, che in alcuni casi preferisco- no non darvi attuazione.

9 Legge n. 102 del 2009, art. 1 ter. Si vedano gli appelli, provenienti da diversi ambienti

politici e non, che hanno preceduto e sollecitato l’emanazione di una normativa ad hoc: La

proposta di Giovanardi: ora regolarizzare colf e badanti, in http://www.corriere.it/politica/ 09_luglio_05/giovanardi_colf_badanti_b9a66b64-6963-11de-b037-00144f02aabc.shtml; A.

LAMATTINA, Regolarizzare colf e badanti clandestine. La proposta Giovanardi divide il cen-

trodestra, in http://www.lastampa.it/redazione/cmsSezioni/politica/200907articoli/45262girata. asp; Immigrati, la Cei al governo “Sì a sanatoria per badanti”, in http://www.repubblica.it/ 2009/07/sezioni/politica/ddl-sicurezza-8/cei-sanatoria/cei-sanatoria.html; Vescovi: “Sì alla sanatoria per le badanti”, in http://www.corriere.it/politica/09_luglio_06/cei_badanti_ giovanardi_e03472be-6a15-11de-801a-00144f02aabc.shtml. Cfr. il decreto flussi del di-

cembre 2010, il quale recita: “considerata l’esigenza di dare riscontro ai bisogni delle fami- glie; consentendo gli ingressi per lavoro domestico e di assistenza e cura alla persona” (in

   

nella categoria di “ballerina – codice 092 (ballerini e tersicorei)” e godono, di conseguenza, di un regime di trattamento preferenziale.

2.1. Madri, prostitute e serve. Le tutele specifiche per i ruoli “tradizionali” Dall’analisi della normativa derogatoria citata, la quale mira a tutelare alcune (presunte) classiche specificità femminili, emerge una visione della vita e del- l’identità delle donne di impronta assolutamente patriarcale, che concorre a dare forma all’antropologia maschilista che sottende alla politica e alla disciplina dell’immigrazione. La disciplina eccezionale mira solamente a tutelare la ma- ternità(ma esclusivamente nel suo momento iniziale), a favorire la denuncia dello sfruttamento della prostituzione, a proteggere il lavoro delle ballerine dei

night e delle c.d. “badanti”. L’immagine delle donne che ne affiora ricalca in

tutto e per tutto quella più tradizionale e vetero-sessista: le donne meritano una disciplina ad hoc in quanto madri, prostitute o serve.

Dunque, la casistica legislativa mira a tutelare le donne migranti ricacciando- le all’interno degli stereotipi che le donne stesse da secoli combattono, e senza prendere in considerazione la possibilità che esse non rientrino e non intendano rientrare in quella atavica tripartizione: “il diritto di scelta di una donna rimane, in alcuni contesti”, scrive Judith Butler, “un termine improprio” 10:

L’“umano” si estenderà sino a includermi nella sua presa? Se io desidero in un certo modo, mi sarà concesso di vivere? Esisterà uno spazio per la mia vita, sarà es- sa riconoscibile agli altri, dai quali dipende la mia esistenza sociale? 11.

Gli effetti di questa libertà esistenziale negata dalla legislazione vigente so- no molteplici, alcuni addirittura grotteschi.

Paradossalmente, una donna che non è madre, agli occhi dell’ordinamento, non merita alcuna attenzione peculiare, come se la sua specificità riproduttiva rilevasse solo in agendo, cioè solo nel momento in cui è in gravidanza, e non come potenzialità futura, né come caratteristica perdurante (le mestruazioni, come è noto, non dipendono dal desiderio di maternità, persistono indipenden- temente da esso). Ancora, una donna coniugata che subisce violenza dal marito, e intende denunciarlo e divorziare, con tutta probabilità perderà il permesso di soggiorno (se ottenuto per ricongiungimento familiare) e non godrà affatto delle

10 J. B

UTLER, Undoing Gender, Routledge, New York-London, 2004, trad. it., La disfatta

del genere, Meltemi, Roma, 2006, p. 37.

11 Ivi, pp. 26-27. E ancora, scrive Butler: “Ma se gli schemi di riconoscimento a nostra

disposizione sono quelli che ‘annullano’ la persona conferendole riconoscimento, o ‘annul- lano’ la persona rifiutandole riconoscimento, allora il riconoscimento diviene un luogo di potere attraverso il quale l’essere umano viene prodotto in maniera diversificata” (ivi, p. 26).

tutele dell’art. 18 12. Infine, le donne migranti che lavorano in rami diversi ri-

spetto a quello del mondo dello spettacolo “su pedana” o dell’assistenza fami- liare (il termine “badanti” è linguisticamente assai sgradevole e denota anch’es- so l’approccio latente, tutto maschile, al tema della cura delle persone 13) godo-

no di minori tutele giuridiche e rischiano con più frequenza di incappare nell’or- dine di espulsione, o, peggio, nel reato di immigrazione clandestina.

Ne risulta che, nell’insieme, l’ordinamento trasmette un messaggio ben chia- ro alla società italiana: le donne vanno tutelate soltanto in quanto madri, prosti- tute o serve, mentre, nelle restanti ipotesi, esse vanno trattate come se fossero

uomini 14.

Va ricordato inoltre che nessuna disposizione specifica è prevista per la tute- la delle donne nei c.d. “percorsi dell’immigrazione”, legali o illegali. Se ad esempio prendiamo in considerazione le donne che subiscono un’azione di re- spingimento da parte delle forze militari italiane verso la Libia, difficilmente si potrà negare che queste correranno il fortissimo rischio, una volta raggiunte le coste nord-africane e i campi di internamento ivi presenti, di soffrire vessazioni e privazioni di vario genere ma, soprattutto, di subire violenza sessuale, ripetuta, ad opera di diversi soggetti, come oramai numerose testimonianze documenta- no 15. Del resto, non vi è dubbio alcuno che la minaccia specifica che pende sul-

la vita e sul corpo delle donne, anche nell’ambito dei percorsi drammatici del-

12

Si tratta di una evidente lacuna normativa messa in luce ormai da tempo dalla dottrina, ma che ancora non viene colmata dal legislatore, lasciando alle amministrazioni di polizia locali la scelta sul da farsi. Cfr., in proposito, L. MANCINI, Famiglie musulmane in Italia.

Dinamiche sociali e questioni giuridiche, in A. FERRARI (a cura di), Islam in Europa/Islam

in Italia. Tra diritto e società, il Mulino, Bologna, 2008, pp. 91-110.

13 Cfr., sulla condizione delle cosiddette “badanti” nel contesto globale, B. C

ASALINI,

Schiavitù domestica e mercificazione del lavoro di cura in epoca di globalizzazione, in Th.

CASADEI e S. MATTARELLI (a cura di), Il Senso della Repubblica. Schiavitù, Franco Angeli,

Milano, 2009, pp. 195-212.

14 Tamar Pitch precisa che l’inclusione delle donne nei diritti è avvenuta non attraverso

l’inclusione della differenza sessuale delle donne, ma piuttosto sulla base della capacità delle donne stesse di “liberarsi dai vincoli, dal corpo, dalle relazioni” (T. PITCH, Libertà femminile

e politica, in G. FIUME [a cura di], Donne diritti democrazia, XL ed., Roma, 2007, pp. 31-42,

alla p. 33). Letizia Gianformaggio scrive che una delle strategie maschili di ostacolamento della liberazione delle donne (quella di tipo oscurantista) mira a “oscurare l’immagine fem- minile pubblica”, a “smaterializzare le donne cosicché la luce pubblica non le colpisca, e la loro presenza non sia più riconosciuta come reale” (L. GIANFORMAGGIO, La soggettività po-

litica delle donne: strategie contro, in L. GIANFORMAGGIO, Filosofia e critica del diritto,

Giappichelli, Torino, 1995, pp. 155-173, alla p. 167).

15 Cfr. Guantanamo Libia. Il nuovo gendarme delle frontiere italiane, in http://fortress

europe.blogspot.com/2006/01/guantanamo-libia-il-nuovo-gendarme.html; F. VIVIANO, Li

avete mandati al massacro: in quei lager stupri e torture, in http://www.repubblica.it/2009/ 04/sezioni/cronaca/immigrati-6/reduci-pinar/reduci-pinar.html.

   

l’immigrazione, sia rappresentata dalla violenza sessuale, ma questo pericolo è totalmente ignorato, nello specifico, dalla prassi dei respingimenti, e, in genera- le, dalle normative relative alla c.d. esternalizzazione dei controlli, alla deten- zione amministrativa e alle espulsioni collettive.

Si tratta, a ben vedere, di una questione particolarmente complicata, poiché investe direttamente le competenze penali spettanti ai diversi Stati (i respingi- menti, ad esempio, coinvolgono personale di diversa nazionalità) 16 e l’attuazio-

ne di quelle normative internazionali relative alla violenza sulle donne che fati- cano a veder riconosciute le garanzie necessarie al fine della loro applicazione effettiva 17. Ciò nonostante, occorre, alla luce delle ragioni sopra esplicitate in

materia di tutela del corpo delle donne, che il dramma della violenza sessuata che minaccia le donne migranti emerga sia sul piano del dibattito pubblico sia sul piano delle garanzie normative. Altrimenti, le odierne politiche legislative in tema di immigrazione – che, di fatto, comportano il pericolo della violazione del- l’integrità fisica delle donne – rischieranno di funzionare come una sorta di in- consapevole legittimazione della violenza sulle donne, garantendo, di fatto, l’impunità di chi la usa.

Ancora, potrebbero essere estese alle donne migranti tutte le garanzie previ- ste per le donne lavoratrici cittadine italiane, indipendentemente dallo status di regolarità del soggiorno e dal tipo di lavoro svolto (non limitando le tutele al la- voro di cura o allo spettacolo “su pedana”).

Infine, occorrerebbe rivalutare complessivamente l’impact factor sulle donne di tutta la normativa dell’immigrazione, con particolare attenzione alle disposi- zioni più repressive: il fatto che le donne possano, in determinate condizioni, soffrire maggiormente e rischiare con più probabilità di perdere la vita o di subi- re violenza sessuale deve necessariamente rappresentare per il legislatore una ragione sufficiente per la previsione di deroghe o di regole ad hoc.

Così facendo, si comincerà a porre l’accento sulla preminenza dell’essere

donna rispetto alla condizione, assolutamente mutevole, di migrante regolare o

irregolare.

16 F. VASSALLO PALEOLOGO, Respingimenti in acque internazionali e diritto alla vita, in

http://www.meltingpot.org/articolo12664.html.

17 Cfr. P. DEGANI, Diritti umani e violenza contro le donne. Recenti sviluppi in materia

di tutela internazionale, in “Quaderni del Centro di studi e di formazione sui diritti dell’uo-

mo e dei popoli”, n. 2, Università di Padova – Eurooffset, Maerne, Venezia, 2000, e B. SPI- NELLI, Femminicidio. Dalla denuncia sociale al riconoscimento giuridico internazionale,

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